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Autore: Ever Lights    08/02/2013    8 recensioni
«Tornerai presto?»
Mi baciò la fronte, stringendomi. Sentii le guance inumidirsi contro la sua divisa militare e provai a trattenermi. Percepivo l’odore di guerra, sangue, dolore, sudore, forza e amore su quel tessuto, ma una cosa in particolare mi colpiva e volevo cancellarmela dalla mente: odore di morte.
Ogni volta che mi avvicinavo a quell’uniforme, ogni volta che la prendevo fra le mani e me l’avvicinavo al petto, in lontananza scorgevo delle urla, dei rombi, degli ordini, lo scoppiare di bombe, mitragliatrici che scoppiettavano… Senza accorgermene, chiudevo gli occhi, li serravo e provavo ad allontanarmi da quei rumori.
«Ancora prima che tu possa dirmi ‘ti aspetto’ e sarò qui, amore.» Mi accarezzò i capelli, mentre io nascondevo il mio viso preoccupato e triste sul suo petto.
[...]
«Ricordi cosa ti avevo detto?»
«Non è facile vivere questa situazione, Edward.», mormorai, guardandolo intensamente. «Non posso lasciarti andare se non ho la garanzia che tornerai.»
[...]
Posò all’improvviso le labbra sulle mie. Non era un bacio come un altro: sapeva di addio, lo percepivo come un ultimo contatto prima della fine, prima che lui mi scivolasse dalle dita.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Be still

Be still
Epilogo




Bella.

«Dobbiamo per forza?»
Guardai Edward che rideva davanti a me, con quella cinepresa in mano. «Mi pare ovvio. Dobbiamo immortalare tutti i primi attimi di vita di questa signorina.»
Risi con lui e quel movimento scosse per qualche secondo nostra figlia, che dormiva tranquilla fra le mie braccia. «Allora fai in fretta, non vedo l'ora di riposarmi.»
Sorrise e accese la videocamera. «Saluta!»
Mi sembrava tanto una farsa da commedia, così alzai gli occhi al cielo. «Ti prego.»
«Dai, non fare la scorbutica!», borbottò, puntando l'aggeggio verso di me. «Di' qualsiasi cosa.»
Sbuffai. «Inizia tu, sei il più bravo in certe cose.»
Sospirò e girò la cinepresa verso di sé. «Da dove comincio? È l'una e mezza del primo gennaio duemila e tredici, siamo al Memorial Hospital di Jacksonville e be... Oggi è avvenuto il miracolo più grande che potesse capitarmi.»
Guardai la nostra piccola, accoccolata sul mio petto, che respirava velocemente.
«Lei», sussurrò, indirizzando la telecamera verso di me. «È mia moglie, la donna più bella del pianeta.»
Ridacchiai, sminuendo il fatto. «Che ora sembra per lo più uno zombie, dato che non dorme da quanto, sette ore?»
«Stt, rovini il filmino!», mugugnò, per poi tornare a riprendere. «Stavo dicendo. Lei è la donna che oggi ha saputo rendermi la persona più felice del mondo.»
Zoommò il più possibile sul viso della figlia, con un sorriso sul volto che non si poteva decifrare se non si conosceva il perché. «Lei, mia moglie, mi ha reso padre di questo gioiellino qui. E lei... è Zoe Nevaeh Joy Cullen...»
«Sai vero che ci odierà quando sarà grande?», intervenni io, sapendo già come la pensavo su quel nome lungo metri. «Dovrà firmare tutti quei nomi... Poverina.»
«Penso taglierò tutte le parti in cui parlerai a sproposito.», disse Edward, visibilmente infastidito. «Riprendiamo, e ora non dire altro. Dicevo che lei è la nostra Zoe, la signorina che stanotte, a mezzanotte e tre minuti, mi ha rubato il cuore come la sua mamma ha fatto quasi sei anni fa.»
Mi sciolsi a quella frase e accarezzai i capelli di nostra figlia. «Bisogna spiegare che dietro a questo nome c'è un suo significato.», mormorò Ed, totalmente rapito. «Non riuscivamo a metterci d'accordo, prima del parto, perché a me piaceva Joy, a Bella Nevaeh... Che poi mi spieghi come ti è venuto in mente?»
«Hai detto che non posso più intervenire.», borbottai sarcastica.
«Che pizza... Comunque. Alla fine, quando l'abbiamo vista per la prima volta, quando ha deciso di farsi conoscere, ho capito quale nome era perfetto per lei. Zoe è... divino. Significa vita, ed è quello che è per noi questa bambina stupenda. Nevaeh, anche se può sembrare strano, è uno dei nomi che più amo, proprio perché l'ha scelto Bella. È l'acrostico di Heaven, paradiso. E Joy... Be', questo è abbastanza chiaro.»
«Rettifico: ci odierà quando diventerà più grande.»
Borbottò qualcosa sottovoce. «Ti ricordo che ho fatto mettere le virgole fra un nome e l'altro, così per la legge lei potrà firmare con solo Zoe.»
Sorrisi e mi adagiai nei cuscini. «Zoe è... l'amore. È stupenda, morbida, profumata e incredibilmente...»
«Perfetta.», conclusi io, sfiorandole le guance piene.
«Pesa tre chili e cinquecentoventi grammi ed è lunga cinquanta centimetri. È perfetta in tutto.»
«Credimi, il peso si è sentito eccome quando è dovuta uscire.», confabulai e Edward rise. «Su, non fare la melodrammatica.»
«Fai uscire un'anguria da un limone.», constatai e lo feci ancora sorridere.
«Devi essere sempre volgare.», ridacchiò e i suoi occhi brillarono quando Zoe, tra le mie braccia, si svegliò.
«Ecco, l'abbiamo svegliata. Non ha neanche due ore e già le rompiamo le scatole.»
Era così piccola fra le mie braccia... Sembrava essere leggera come una piuma, altro che tre chili e mezzo...
«Ciao, amore.», sussurrai contro il suo naso e le sue labbra si arricciarono. Ben presto la sua voce si espanse per tutta la stanza e in tutti i modi tentai di tranquillizzarla.
«Dici che ha fame?», sussurrai, vedendo che ogni tentativo era invano.
Edward fece spallucce e provai a ricordarmi come avevano detto le infermiere, sebbene fossi molto impacciata.
Slacciai la camicia da notte tanto da scoprire il seno e ben presto la piccola trovò il capezzolo e prese a succhiare.
«Sì, direi che ha molta fame.», mormorò Edward, filmando tutta la scena. Fino a qualche ora prima, glielo avrei proibito, forse per uno stupido fatto di imbarazzo. Ma ora, con Zoe finalmente tra le braccia, era diverso. Essere madre mi rendeva diverso, anche se lo ero da relativamente poco.
Ed spense la videocamera appena vide che cominciavo ad abbandonarmi al mondo dei sogni e mi posò un bacio sulle labbra.
«Vi amo.»
Sorrisi. «Anche noi.»
Zoe, tra di noi, si era un attimo staccata e aveva cominciato a gorgogliare.
«Be', direi che anche lei approva.», rise lui e baciò la testolina della figlia.
                   
«Ma quanto è piccola!»
«Amore, ma sei stupenda!»
«Posso tenerla un po'? Ce l'hai da tutto il tempo.»
«Ma se l'ho appena presa!»
Osservai sorridendo quella scena che ormai da qualche ora si ripeteva senza sosta nel salotto di casa nostra. Le nostre famiglie si erano quasi accampate da noi, e tutti volevano tenere in braccio per molto più tempo Zoe.
«Spero non la facciano cadere.», borbottò Edward al mio fianco, che guardava quelle persone spupazzarsi sua figlia.
Gli sfiorai la spalla, appoggiandoci il mento. «Rilassati. Penso che i nostri genitori abbiano un po' di esperienza, no?»
«Mi preoccupo di più di Emmett: è grande e grosso... E se la schiacciasse?»
Risi e vidi il suo migliore amico girarsi con Zoe tra le braccia. «Ti ho sentito!»
Sembrava essere così sicuro di come tenere un bambino... Be', ovvio. Anne aveva ormai un anno e mezzo e ancora ricordavo i primi periodi a casa loro, quando la piccola piangeva e lui si fiondava nella culla per consolarla.
«Hai visto? È  quasi il grande gigante gentile.», mormorai ma comunque Ed non si tranquillizzò.
«La stanno sballottando troppo...», borbottò e capii che avrebbe voluto tenersi la figlia solo per sé. Anche per me era difficile vedere Zoe fra le braccia degli altri, perché... Perché era mia, era nostra, ero gelosissima della nostra bambina. Ancora dovevo abituarmi a non averla dentro di me, e soprattutto non potermela sempre tenere sul petto. Nonostante tutto, era nata da solo un giorno, e forse non era stata un'ottima idea portarla già a casa...
«Ancora mi chiedo come abbiate fatto a creare un simile capolavoro!», esclamò Rosalie, carezzando il viso paffuto della neonata.
Stavo per dire qualcosa, ma Emm mi anticipò. «Eeeh, Rose, come pensi che ci siano riusciti?»
Tutti scoppiarono a ridere e quel trambusto scombussolò Zoe, che iniziò a piangere. Io e Edward ci alzammo assieme e subito prese la piccola fra le braccia.
«Sttt», le sussurrò all'orecchio, cullandola. «Amore, sttt...»
«Probabilmente c'è troppo rumore, e tutto questo la spaventa.», fece mia madre, massaggiandomi le spalle. Dio, ero rigida come un manico di scopa... Ogni volta che Zoe piangeva, mi saliva l'ansia, perché non riuscivo a capire cosa avesse.
E se aveva caldo o freddo, o aveva fame oppure doveva fare il ruttino, oppure aveva sonno o se era solo infastidita da qualcosa...
«Cos'ha?», chiesi allarmata e piano piano il pianto della piccola scemò. «Probabilmente si è solo spaventata.»
Annuii e mi sentii solo inutile. Perché non capivo cosa avesse mia figlia? Tutte le madri avevano una specie di sesto senso e intendevano al volo di cosa avesse bisogno il piccolo. Ma perché io no?
«Quando ha mangiato?», chiese Esme. «In auto, prima di arrivare qui.»
Sì, tre o quattro ore prima, più o meno.
«Allora è probabile che abbia fame... Forse è meglio se andiamo a casa.»
«No!» La mia voce si alzò di qualche ottava e Zoe sussultò. «Non ci dà fastidio, anzi.»
Edward mi posò la bambina fra le braccia, che subito formarono una culla per accoglierla. Quando avevo la piccola, tutto diventava naturale, ma quel pensiero nella mia testa ancora non mi dava pace.
«Ti fa male?», chiese Renée, vedendo la mia espressione corrucciata. «No, no, anzi.»
Guardai mia figlia che teneva una manina sul mio seno. Le guance piene erano segno che, comunque, qualcosa mangiava, dato che quando era nata avevo avuto anche quel timore.
«È proprio una bambolina...», sussurrò Charlie e vidi nei suoi occhi la stessa luce che aveva brillato nei miei occhi quando avevo visto Zoe nascere.
Ebbi l'impressione che la bambina avesse il dono di far innamorare tutte di sé, e come non poteva? Sembrava una bambola di porcellana, con quella pelle così candida, le gote rosate, le mani così piccole...
«In ogni caso, è tardi... Dobbiamo tornare a casa.» Tutti si alzarono e uno per uno vennero a salutarmi, per poi dare un bacio sulla testolina di Zoey.
«Se hai bisogno, tesoro, chiamami.», mormorò mia madre, accarezzandomi i capelli. Io annuii, sorridendo. «Spero che vada bene, la prima notte a casa.»
In casa nostra, all'improvviso, calò il silenzio, rotto solo dai gorgoglii prodotti da Zoe che ciucciava come una forsennata.
«Sono tutti innamorati di lei.» Edward sorrise e si sedette accanto a noi. Ricambiai il gesto, posando il capo sulla sua spalla. «Eh già...»
«Sono un po' geloso, devo ammetterlo.», ridacchiò e mi baciò la tempia. «Vorrei che fosse solo mia...»
«Pensi che anche per me non sia così? È strano non averla più dentro di me... Prima potevo sentirla solo io, adesso tutti la desiderano.»
«La rinchiuderò in una torre fino ai quarant'anni.», bisbigliò contro i miei capelli e insieme ridemmo, per poi tornare a osservare nostra figlia. Ci guardava incuriosita, con gli occhietti spalancati.
«Ha i tuoi occhi...», sussurrai convinta e un sorriso di Edward sfiorò la mia guancia.
«Amore, tutti i bambini nascono con gli occhi grigi, o azzurri. Secondo me diventeranno come i tuoi.»
Scossi il capo, convinta. «Sono certa che no, avrà i tuoi bellissimi occhi verdi. I capelli sono chiari... Be', io da bambina ero quasi bionda, quindi.»
Ed mi scostò una ciocca di capelli da davanti al volto e mi baciò la spalla. «Sei stanca?», mormorò, vedendo il mio sguardo assonnato. Be', in ospedale avevo dormito ben poco, ma mi avevano avvisato le infermiere, dato che i neonati dormono di raro i primi giorni.
«Mh, un po'.», ammisi, carezzando a folta peluria chiara di Zoe. Si era staccata e ci fissava, anche se il suo viso trapelava l'imminente bisogno di dormire.
«Ciao...» Quella frase uscì in un sussurro, contro la fronte della bambina. Con una mano sola riallacciai la camicia e iniziai a cullarla, ma Edward la prese con sé.
«Perché non vai a dormire? Finisco io con lei.», mormorò amorevolmente.
Gli sorrisi. «Anche tu avresti bisogno di dormire, sai?»
«Tu sono tre giorni che non dormi, e hai ancora addosso tutta la stanchezza del parto. Io al massimo ho una mano un po' gonfia, ma cosa vuoi che sia?»
Non so come avevo fatto, ma durante il travaglio le mie contrazioni erano state tanto forti che l'unico modo per scaricare la tensione fu di stringere la mano di Ed... Che si era gonfiata in modo improponibile.
«Dai, vieni.» Presi la mano che Edward  mi stava porgendo e salimmo le scale che portavano nella nostra stanza. Posò Zoe nella culla, accanto al letto, e mi aiutò a indossare il pigiama. Riusciva a essere così dolce anche con poche ore di sonno arretrate...
Mi sdraiai a pancia in su e lui mi adagiò Zoe sul petto. La circondai con le braccia, e sembrava ancora più minuta nell'oscurità.
«Siete bellissime...», disse, accarezzando prima il mio viso e poi quello della neonata. «Ora però dormite.»
Prese a canticchiare la sua ninnananna e dopo pochi secondi mi ritrovai nel mondo dei sogni.


Edward.

La vita, nei miei ventotto anni, non aveva ancora smesso di riservarmi tutte le sorprese possibili. Da quando ero tornato a casa, avevo cominciato a sentire dentro di me formarsi qualcosa simile a una gioia indescrivibile, e neanche io ero riuscito a decifrarla.
Ogni volta che guardavo il pancione di Bella deformarsi sotto i calci della bambina sorridevo, e capivo cosa mi ero perso. Ma in quella settimana avevo recuperato alla grande, avevo fatto tornare a Bella la voglia di vivere la fine di quella gravidanza nel migliore dei modi. L'avevo portata in giro per negozi, le avevo fatto scegliere tutti i vestitini per la bambina e soprattutto le prime tutine: una blu con un camioncino se fosse stato maschio, e una rosa con gli orsetti se fosse stata femmina.
Avevamo preso alla leggera l'idea che il parto potesse anticiparsi, perché tutto era tranquillo e non c'era bisogno di preoccuparsi inutilmente. E invece... Invece la situazione era andata per il verso opposto.
Fu strano vedere Bella stare male, per giunta per colpa mia... Le facevo stringere la mia mano, cercando di darle più conforto possibile nonostante il dolore.
Ma tutto divenne reale per me quando la vidi per la prima volta. Avevo intravisto solo le mani della dottoressa uscire dall'acqua tenendo un corpicino coperto di sangue, pieno di grinze e piegoline, per poi posarlo sul petto di Bella. In quel momento tutto prese il posto giusto nella mia vita.
Sentire la voce di mia figlia per la prima volta, vedere i suoi occhi aprirsi, i pugnetti agitarsi nell'aria... Tutto aveva finalmente un senso, la mia vita aveva acquistato un senso.
Ero nato per amare Bella, e per creare con lei la mia più grande soddisfazione: mia figlia.
La prima volta che incrociai i suoi occhi capii che era mia, era parte integrante di me, lei era metà me, geneticamente. L'avevo guardata così intensamente da intendere che il mio dovere, ora, era proteggerla, così piccola e fragile contro il mondo intero. Il mio cuore si era improvvisamente sdoppiato per una nuova persona, la mia seconda donna.
Ogni fotogramma l'avevo custodito avaramente, nei minuti dopo; avevo fotografato tutto di lei: la prima pesata, le infermiere che la vestivano, Bella che mi sorrideva nonostante il dolore appena passato... Erano i primi passi della nostra grande avventura.
Averla stretta tra le mie braccia, qualche minuto dopo la sua nascita, era stata un'emozione incredibile: era così minuta, così morbida, profumata... così mia, così nostra.
«Benvenuta al mondo, amore mio.» Erano state delle parole che mi erano nate spontanee prendendola in braccio. Ancora non mi capacitavo di essere diventato padre, e anche Bella ancora non assimilava l'idea.
Un pianto cominciò ad espandersi dal baby phone, segno che Zoe aveva deciso di aver dormito fin troppo, forse.
«Ma quanto è passato dall'ultima poppata?» Bella era in uno stato di catalessi e non aveva neanche aperto gli occhi.
«Due ore, ma stai tranquilla, vado io.» Le baciai la fronte e scesi dal letto, per poi dirigermi nella cameretta di Zoe. Piangeva a pieni polmoni, gli occhi pieni di lacrime, le guance umide.
«Ehi, ehi, principessa.», le mormorai, alzandola dal materassino e posandomela sul petto. Più la cullavo, e più i suoi lamenti si abbassavano, fino a diventare un rantolo.
«Brava, amore di papà, brava.» La mia voce doveva suonarle quasi come una nenia, perché si calmò e potei portarla fuori dalla cameretta, arrivando poi nel piccolo soggiorno al fondo del corridoio.
Guardai fuori dalle finestre: il cielo era limpido, senza una nuvola, e potevano vedersi benissimo le stelle, che trapuntavano tutto come minuscoli puntini bianchi.
«Guarda, Zoey, guarda quante stelle.» Mi posizionai in modo che anche la piccola potesse guardare fuori. La leggera luce dei lampioni esterni le illuminarono il viso, e ancora una volta mi persi a rimirarla: gli occhi così chiari, il naso perfetto, le guance paffute, quella piccola bocca a cuore, uguale a quella di sua madre... Ero innamorato, ero innamorato di mia figlia.
«Vedi quelle stelle lassù, amore? Su una di loro, c'è un angelo che ti osserva e veglia su di te, una persona che per noi era speciale ma che ora è lassù... Ma, anche se tu non l'hai conosciuta, tua zia era la persona più dolce sulla terra. Si chiamava Joyce, e il tuo nome deriva da quello, solo che è un'abbreviazione. Era la sorella più grande di papà, oggi avrebbe trent'anni, sai?»
Un groppone mi salì in gola, guardando mia figlia e pensando a quello che era successo. «La mamma l'ha conosciuta e... Anche lei sa che persona meravigliosa era. Purtroppo la zia è volata in cielo quando era giovane, aveva solo vent'anni... Una brutta malattia l'ha portata via, ma ora sta meglio, e da là ti osserva e prega per te, amore mio.»
Un singhiozzo dall'altra parte della stanza attirò la mia attenzione, e quando mi girai trovai Bella sulla soglia della porta che si asciugava le lacrime.
«Ehi, amore...» La chiamai e mi venne vicino, nascondendo il volto sul mio petto. «Stavo.. Stavo ascoltando quello che dicevi.»
«Scusa se ti ho fatta piangere.», mormorai, baciandole la fronte. «È che Joyce mi manca, e tanto anche.»
La mano di Bella si posò sulla mia schiena. «Lo so, amore... Però ora è lassù che veglia su di noi, giusto?»
Annuii. «Spero che le faccia piacere che Zoe abbia il suo nome, anche se un po' storpiato.»
«Ne sarebbe felicissima, tesoro.» Le sue labbra si posarono sulle mie, dolcemente, e sapevo che era un bacio di conforto.
«Spero che continui a guardarci da lì, soprattutto che protegga Zoey...»
Bella mi carezzò la guancia. «Lo farà, lo aveva promesso.»


È passato un altro giorno, e ancora non ci sono notizie.
Ormai attendevo solo di ricevere risposte, un segno, qualunque cosa. Mi sentivo strano, quasi estraniato dal mondo. Improvvisamente, neanche Zoe riusciva a rendermi spensierato e cancellare dalla mia mente ogni traccia di preoccupazione.
«Ehi, Edward, stai bene?»
Bella mi posò una mano sulla spalla. Aveva in braccio Zoey, che continuava a piangere ininterrottamente ormai da un'ora.
Annuii e lasciai che si sedesse. I suoi occhi erano contornati da occhiaie livide, i capelli erano arruffati e aveva l'aria di uno zombie.
«Vuoi darla un po' a me?», chiesi e fece segno di no. «Non si calma in nessun modo... Ho provato a cantarle qualcosa, farle ascoltare la musica, farle i massaggi alla pancia... Nulla, non funziona nulla!»
«Magari ha solo fame...», mormorai e mi lanciò un'occhiataccia. «Ha mangiato solo un'ora fa! »
«Cosa vuol dire? Ha due giorni, quanta fame vuoi che abbia?»
Sospirò. «Ti prego...»
«Riattaccala, vedi se ho ragione!», sbuffai e attaccò Zoe al seno. Secondo i miei presupposti, quella bambina aveva fame, e anche molta.
«Mi prosciugherà, ne sono certa.», borbottò costernata e mi avvicinai a loro. Quella scena ormai si presentava davanti a noi ogni tre ore da due giorni, eppure, nonostante fosse normalissima, continuavo a perdermi davanti a mia figlia e a mia moglie.
«Mi fa male tutto. E meno male che le infermiere avevano detto:”Vada a casa e si riposi!”. E certo, con una figlia che non fa altro che mangiare è facile.»
Risi e Bella mi dette uno scappellotto sulla nuca. «Zitto tu, non ridere.»
«Rido perché penso che se qualcuno entrasse adesso, ci prenderebbe per pazzi.»
«Già, è... Dorme!»
Quella frase le uscì in un sussurro e quando abbassai lo sguardo mi accorsi che la bambina aveva chiuso gli occhietti e aveva lasciato andare il seno di Bella.
«Prima ha fatto a mo' di ventosa.», mugugnò e lentamente infilò un dito nella boccuccia di Zoe, che prese a succhiare la pelle della madre.
«Tienila un pochino tu. Mi è sembrato di sentire il postino.»
Accolsi Zoe ben volentieri e mi persi nell'ascoltare il suo respiro regolare contro il mio petto. Passava dalle urla di totale disperazione al silenzio... Incredibile.
«C'è qualcosa per te.»
Alzai lo sguardo verso Bella, che fissava interrogativa la busta bianca. Già sapevo, e il mio cuore cominciò a correre come mai prima.
«Aprila.», sussurrai e lasciai che si appoggiasse sulla mia spalla.
«Viene dall'esercito.» La sua voce si ruppe, temendo già il peggio.
«Cosa dice?» Cominciò a leggerla velocemente, corrugando sempre di la fronte.
«Allora?»
Il suo sguardo si posò sul mio. «Cosa diavolo è?»
Le tolsi di mano il foglio, e subito capii. «Quello che c'è scritto.»
Mi guardò ancora una volta e i suoi occhi si riempirono di lacrime. «Vuol dire... Vuol dire...»
Posai Zoe nella carrozzina, aspettandomi che Bella mi saltasse fra le braccia. «Vuol dire che sono in congedo a tempo indeterminato.»
Intese alla perfezione le mie parole e si lasciò andare in un pianto liberatorio. Ben preso la mia maglia fu inzuppata ma poco mi importava: ora Bella sapeva, e io ero felice, leggero.
«Cosa vuol dire?»
Le presi il volto fra le mani, con un sorriso per metà di felicità e per l'altra... Non sapevo neanche come definire quel sentimento così strano.
«Vuol dire che rimarrò, rimarrò qui, con te, con Zoe, con voi.»
Le sue labbra ritrovarono le mie e tutto si scatenò dentro di esso.
Felicità, amore, sollievo, liberazione, rabbia, rassegnazione... Centinaia di emozioni contrastanti, che avevano preso posto nelle nostre anime per troppo tempo.
«La vedrò crescere, sorriderci, fare le prime pappe, i denti spuntare, gattonare, parlottare, camminare... Tutto, questa volta non mi perderò nulla. Starò qui per sempre.»
«Sul serio?»
Annuii, accarezzandole i capelli. «Per sempre, amore mio. Questa volta è una promessa.»
E, da buon gentiluomo che ero, quella volta l'avrei mantenuta. Non le avrei mai abbandonate.
Sul mio viso nacque un sorriso che trapelava tutta la verità di quelle parole.
Eravamo una famiglia: io, Bella, Zoe...
Ero un soldato, ma prima di tutto ero un uomo, un marito, un padre. Eravamo solo noi: fatti per amarci, per rimanere uniti.
«Per sempre.», ripeté Bella, sulle mie labbra. E in quel momento, dentro di me, di noi, nacque una consapevolezza.
Ora avremmo vissuto sapendo che non ci saremmo mai più divisi.
Il “Per sempre”, adesso, era stato marchiato, divenne incancellabile, e dopo tanto tempo, poté essere considerato tale.

Angolino tutto mio :3        
È strano, lo ammetto. Non ho mai scritto un epilogo in vita mia, questa è stata la mia prima volta e... sono leggera, sono felice.
È una sensazione stramba, davvero. Ogni giorno dicevo: oggi posto l'epilogo!, eppure mi mancava sempre la forza per cliccare quel tasto "la tua storia è completa?", per dire addio...
Ma so che tanto non ha senso rimandare, prima o poi avrei dovuto farlo, perciò eccomi qui.
Come dicevo, è strano, per me, scrivere dei ringraziamenti, e aver completato una storia per la prima volta. Ho passato giorni a chiedermi se quello che faccio è buono, serva a qualcosa o se fa emozionare qualcuno... Ancora adesso, mentre scrivo, me lo sto chiedendo.
In qualche modo, con questa storia, ho voluto farvi provare quello che provavo io, quello che centinaia di famiglie, là fuori, sono costrette a sentire, perché qualcuno di caro si è allontanato per amore della Patria, e proprio come questi Edward e Bella non smettono di amarsi anche se li dividono migliaia di chilometri.
Ho amato, ho pianto, mi sono arrabbiata, ho pensato di mollare tutto, scrivendo Be Still, però mi sono ripresa, ho capito che non dovevo essere così, perché a voi, a quanto mi è parso - correggetemi, in caso contrario, è piaciuta.
Se è così, ditemelo e sappiate che mi farete piangere come mai prima!
Però penso che siano dovuti dei ringraziamenti, perché senza alcune persone, ora non sarei qui.
Innanzitutto, voglio dire un immenso grazie alla mia Sanya, la mia dolce e tenera Sanya. Tesoro, tu sai perché ho scritto Be Still, sei stata una delle prime persone a venire a conoscenza del progetto, e sai quanto ci tenevo a portarla a termine. So che per te è difficile leggere questa storia, e non so neanche se passeranno mesi prima che tu arrivi qui, ma non importa. Voglio dirti grazie perché tu mi hai ispirata, tu mi hai dettato inconsciamente tutte le vicende di Edward e Bella di questa fanfiction, tu mi hai fatto vivere emozioni mai provate prima. Metà del merito e dei complimenti spettano a te, tesoro. Ti voglio bene.
A seguire, Simona, Bianca, Lulu, Jess, Aurora e Camilla. Ragazze, grazie a voi sono arrivata qui, perché mi avete incoraggiata a non mollare, a non cancellare tutto solo per un mio dispetto; avete passato ore a ripetermi quanto ci tenevate a Be Still, a quanto vi eravate emozionate e perciò non c'era motivo per mandare all'aria tutto. Voi mi avete sostenuta moralmente per tutto questo tempo, e so che ancora lo farete... O meglio, lo spero! HAHAHAAH. Voi mi dite sempre che quello che faccio è importante e se ho bisogno di scrivere, lo devo fare, non devo fermarmi, non devo lasciare che sia qualcuno a dettarmi le mie scelte. Voi siete le mie muse, siete le mie ispiratrici: parlo con voi, e io so che qualunque cosa scriva, è merito vostro, perché con il vostro amore nei miei confronti, mi date il coraggio di tirare avanti e di tirarmi sempre su, qualunque cosa accada. Vi voglio bene, lo sapete perfettamente.
Ad Ania, che legge assiduamente tutto ciò che scrivo, sebbene non ami moltissimo questo pairing AHAHAHAH ti voglio bene tesoro.
A Mary Fely, perché con lei ho sclerato ore HAHAAHAH grazie tesoro, ti voglio tanto bene.
Alle mie compagne di classe Martina, Erica, Lucrezia e alle altre perché, nonostante mi vergogni da fare schifo, mi seguono e mi dicono sempre che sono brava e non devo mollare mai... Sappiate che mi vergogno tutt'ora! AHAHAHA vi voglio bene :)
A tutti voi altri che avete letto Be Still e magari vi siete emozionati davanti a un monitor - lo spero, e che mi avete seguito fin qui. Vi sono debitrice, e anche se non vi conosco, sappiate che tengo a voi veramente tanto, siete la mai certezza per andare avanti :)
E ovviamente un GRAZIE enorme per avermi seguita nonostante le avversità, anche se i miei aggiornamenti arrivano a ogni morte di papa LOL
Nulla... Non so che dire, in realtà sto piangendo...
Proprio ieri, 7 febbraio, sono passati 3 anni da quando cliccai il tasto "Registrati" qui, su EFP... E quale modo migliore se non completare, dopo così tanto tempo, la mia prima storia?
Ovviamente, aspetto le vostre recensioni, anche di chi non si è mai fatto sentire: sarebbe importante per me perché mi fa capire che il mio non è tempo sprecare e non sono parole al vento.
Detto questo, mi ritiro. Grazie, di tutto, di cuore, dal profondo della mia anima. Mi fate sentire bene, voi.
Un bacio enorme,
Giulia.

   
 
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