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Autore: Severa Piton    09/02/2013    6 recensioni
Dalla storia: «Remus lo stava guardando morire ogni giorno e sapeva che Sirius non faceva altro che morire da quattordici anni. Non poteva più essere salvato, non poteva essere tenuto in vita. Poteva solo essere guardato, perché di nuovo... era troppo tardi.»
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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There are worse things than being alone...


Remus e Sirius erano seduti uno di fronte all'altro nella cucina di Grimmauld Place. Nessuno dei due parlava.

Felpato fissava il tavolo con lo sguardo assorto e Lunastorta lo guardava con il cuore che si spezzava ogni secondo, facendo più male della Luna piena. Gli venne spontaneo chiedersi dove fosse finito il Sirius di una volta, quello che scherzava, quello che rideva. Quello che rideva davvero

Poi si diede dello stupido: dopo tutto quello che aveva visto, dopo tutti gli anni ad Azkaban, forse non era così semplice cancellare tutto e riprendersi l'adolescenza che gli era stata rubata. Perché Lunastorta lo sapeva, sapeva che l'uomo che gli stava davanti non era altro che un automa programmato per imitare quello che era il vecchio Sirius. I sorrisi, le battute, gli scherzi non erano altro che un'amara riproduzione di un ricordo troppo lontano. 

Perché Sirius era stato tradito, spezzato, rinchiuso, torturato; aveva visto i suoi amici morire e andarsene. Tutto quello in cui credeva era stato spazzato via, il muro al quale si appoggiava era stato fatto crollare all'improvviso, senza nemmeno dargli il tempo di ricordare come ci si appoggia a se stessi. Sirius era stato illuso e poi tradito dalla sua stessa vita, dal destino che - come diceva lui - aveva uno strano senso dell'umorismo. Sirius aveva vissuto in un sogno che era stato bruscamente interrotto dall'acuto suono di una sveglia che ti desta in un cupo lunedì mattina. Sirius era una finestra in un giorno d'estate che viene fatta a pezzi da un pallone. Sirius era questo e non poteva essere aggiustato.

La sua anima era rimasta al quel giorno di fine Ottobre, la sua mente era rinchiusa ad Azkaban, il suo corpo seguiva i ricordi, cercando di sentire il meno male possibile, cercando di non rompere i pochi pezzi che gli erano rimasti. Si muoveva con cautela, sperando di non essere ferito. Combatteva, perché si sentiva vivo, perché gli sembrava di tornare indietro nel tempo, a quando James, Lily, Remus e Peter erano ancora lì a ridere la sera, quando tutti riuscivano a tornare a casa vivi.

Remus lo guardò sorridere appena, con rassegnazione, con lo sguardo ancora fisso sul tavolo. A cosa pensava? Pensava ancora alla strana ironia del Destino? Già, perché era a casa che James e Lily erano morti, nel posto che credevano sicuro; non erano salvi e non lo sapevano. Davvero uno strano senso dell'umorismo. 

Remus capì che Sirius si era abituato ad essere solo, non era la solitudine a fargli male, era il rimpianto: perché Sirius continuava a credere - ci credeva davvero! - che se fosse arrivato qualche minuto prima, James e Lily sarebbero stati ancora vivi. O almeno lui sarebbe morto con loro. Invece era arrivato troppo tardi. Troppo tardi. Remus lo stava guardando morire ogni giorno e sapeva che Sirius non faceva altro che morire da quattordici anni. Non poteva più essere salvato, non poteva essere tenuto in vita. Poteva solo essere guardato, perché di nuovo... era troppo tardi.


And there's nothing worse than too late.
  
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