.Upsy-daisy
Dei brividi alquanto spiacevoli lo svegliarono.
Con voce impastata dal sonno mugugnó qualcosa a Jarvis, ma
ne lui ne il computer capirono di cosa si trattasse.
Stark si tiró le lenzuola fin sopra la testa, solo per
realizzare che quel gesto -così dannatamente elaborato, per
essere sveglio da una decina di secondi- non aveva aiutato a placare i
brividi.
Perché diavolo faceva così freddo in quella casa?
Dopo un paio di respiri profondi si decise ad alzarsi dal letto, e
dirigersi verso la stanza-bar (più comunemente nota come
cucina), riaccogliendo i brividi e maledicendosi mentalmente per non
aver indossato qualcosa sopra la tuta con cui si era addormentato.
Aveva quasi sorpassato il divano quando si bloccò sul posto,
per poi girare su se stesso molto lentamente.
«Hai bisogno di qualcosa, Stark? O rimarrai semplicemente a
fissarmi a bocca aperta?»
Se fosse stato sveglio da più di tre minuti non avrebbe
riflettuto molto prima di indossare l'armatura e restituire il favore a
quell'individuo che tanto gentilmente qualche mese prima l'aveva
scagliato fuori dalla finestra, ma dato che -che fosse per il torpore
del sonno, che fosse per la temperatura dannatamente bassa che stava
sopportando, o che fosse per lo shock, non lo avrebbe saputo dire- il
suo cervello non era in grado di emettere impulsi sufficienti a far
muovere un suo qualsivoglia arto, rimase effettivamente a fissarlo a
bocca aperta.
«Loki.» Farfuglió.
L'altro sollevó un sopracciglio. «Stark.»
L'umano spostó lo sguardo dall'Asgardiano bellamente
sdraiato sul suo divano, alle svariate decine di bottiglie vuote
accatastate attorno ad esso, per poi notare con sconcerto che ogni
finestra della sua amata vetrata -che aveva fatto riparare solo qualche
settimana prima- era stata rotta, di nuovo.
«La tua loquacità è deliziosa, di prima
mattina, sai?» Un lieve ghigno di scherno si fece strada sul
volto dell'Aesir.
«Cosa diavolo è successo qui?»
Urló il padrone di casa, ormai completamente sveglio.
«Per quanto abbia sempre detestato i veleni che voi
Midgardiani vi propinate per svago, trovo che siano l'unica cosa
contenuta in questa torre che riesca a sortire un effetto quasi
piacevole. E la temperatura in questo piano era troppo alta, mi
disturbava.»
Stark continuó a fissarlo ad occhi sbarrati, combattuto fra
l'istinto omicida e l'esasperazione.
«Quindi hai pensato di rompere le finestre e far entrare un
po' d'aria fresca, dico bene? Chi non ci avrebbe pensato!»
Loki tornò a poggiare la nuca sul divano, chiudendo gli
occhi.
«Il tuo sarcasmo è terribile, Stark.»
Gli ci volle tutto l'autocontrollo di cui era provvisto per non andare
a indossare l'armatura e giocare a tiro al bersaglio con il
suo ospite.
«Avresti potuto semplicemente chiedere a Jarvis di abbassare
il riscaldamento, lo sai vero?»
Di nuovo quel ghigno.
Oh, se gliel'avrebbe fatta pagare.
«E tutte...tutte queste bottiglie!? Perché diavolo
hai bevuto così tanto? Perché diavolo hai
bevuto?»
Loki si dilettò in un sospiro rassegnato, come se stesse
cercando avere una conversazione con un bambino ottuso e duro di
comprendonio.
«Mi annoiavo. Tu eri nella tua stanza da quasi due giorni e
non davi segni di vita, non avevo molte altre cose da fare.»
Il miliardario scosse la testa, andando verso il bancone su
cui una volta
teneva gli alcolici, trovandoci solo un paio di bottiglie di cherry.
Al diavolo Pepper e il suo "niente alcol appena sveglio, Tony". Lei non
viveva con un'alieno psicopatico.
Aveva bisogno
di bere.
«Eri preoccupato per me?» Chiese l'umano,
versandosi il liquore in una tazza.
«Niente di tutto ciò, Stark. La mia unica
preoccupazione era che tu mi avessi abbandonato alla mia prigione, a
morire di noia.»
Svuotó la tazza in un unico sorso, augurandosi che gli desse
la pazienza necessaria per sostenere una conversazione civile con il
semidio.
«Oh, non avrei mai potuto. Chi mi avrebbe tormentato
ininterrottamente, poi?»
L'altro aprì gli occhi, serrando la mascella.
«Sono lieto che tu mi ritenga utile per qualcosa, alla
fine.»
Quando il sussurro dell'Aesir raggiunse Stark, questo si
bloccò sul posto.
Oh, non di nuovo.
Non aveva abbastanza alcol per reggere anche questo.
«Ti prego, Loki, non ricominciare.»
L'altro gli scoccó un'occhiata indecifrabile, aggrottando
lievemente le sopracciglia.
«Ricominciare cosa, Stark?»
Grandioso. Era già
cominciato.
Lo poteva avvertire dal modo in cui gli parlava.
Niente insulti velati -o no-, niente rabbia, o irritazione, nessuna
traccia di quel tono pomposo che aveva capito lo contraddistingueva.
Solo stanchezza.
«La tua fase di autocommiserazione. Non ne uscirei vivo, da
appena sveglio.»
L'Asgardiano, se possibile, lo guardó ancor più
trucemente.
«Non presumere di conoscermi, Stark. Sono annoiato, nulla di
più.»
Il filantropo fece il bis di cherry, tentando di infondersi un'indole
più pacifica.
«Ma io ti conosco. Solo che tu non lo accetti,
perché non sia mai che qualcuno possa capirti, Loki, orrore!
Potresti addirittura trovare una persona che non prova istinto omicida
al solo guardarti, quale disgrazia!»
No, decisamente lo cherry non stava funzionando.
«Ti consiglio di smettere questa buffonata, Stark. Sei
più irritante del solito, per quanto impossibile possa
sembrare.»
Loki gli sorrise freddamente, di quel sorriso folle che aveva
così spaventato Manhattan giusto poco tempo prima.
«Tu ammetti che ti mancavo, allora.» Tony
ridacchió dell'occhiata oltraggiata che gli rivolse l'altro.
«Non ammetterò niente del genere. Sei il mio
carceriere, non la mia dama da compagnia.»
Fu il turno di Stark di scoccargli uno sguardo freddo e innervosito,
detestava quando lo chiamava in quel modo.
Sicuramente non erano amici, loro due, ma pensava che fossero comunque
riusciti ad instaurare una strana sorta legame.
Anche solo un muto patto di reciproca sopportazione -che era comunque
più di quello che riuscivano ad ottenere gli altri, se si
trattava di Loki-.
L'altro forse notó il risentimento dell'altro,
perché si affrettó a spiegare.
«Sono ben consapevole degli ordini di Fury, secondo i quali
devo essere ucciso a vista se oso tentare di lasciare questa torre. Tu
sei incaricato di tenermi qui e fare in modo che non possa
più nuocere a nessuno. E ovviamente uccidermi, se
necessario.»
Tony serró la mascella, conscio del fatto che l'Asgardiano
avesse ragione.
«Sì, ne sono ben consapevole anch'io, grazie.»
Sibiló l'umano.
«Ma questo non fa' di me il tuo carceriere. Puoi fare quello
che ti pare in questa torre, purché sia qualcosa di
definibile 'civile'. Sei tu quello che decide che tutto ciò
che vuole fare è stare immobile in un angolino a serbare
rancore all'universo.»
Stark, sospirando, si sistemó sulla poltrona -dato che
l'intero divano era occupato dall'altro, che si lasciò
scappare una lugubre risata-.
«Tutto ciò che voglio fare è dimenticare,
Stark.»
Loki alzò leggermente la voce, per poi ridurla ad un
sussurro.
«Ogni cosa.»
Solitamente, Tony Stark sarebbe stato quasi impietosito da certe
uscite.
Solitamente, Tony Stark si sarebbe limitato a fare una qualche battuta
di cattivo gusto, cercando di celare il suo intento di cambiare
discorso.
Solitamente, Tony Stark avrebbe sospirato di sollievo non appena
l'altro avesse cominciato a criticarlo per il suo pessimo umorismo
Midgardiano.
Ma lui lo aveva capito da un pezzo (e trovare l'Asgardiano circondato
da alcolici era stato uno degli indizi), che quella era davvero una
strana giornata.
Nemmeno l'altro si sorprese più di tanto quando Tony si
alzò di scatto e lo raggiunse, prendendolo per il bavero
della sua casacca.
«Tu
vuoi dimenticare?» Ringhiò, ad un soffio dal suo
viso.
«Tu,
non i fratelli, le mogli, i padri, o i figli, di tutte le persone che
sono morte a causa tua? Che resti qui a fare la vittima della giustizia
solo perché nulla è abbastanza per te da
solleticare il tuo interesse?»
Lui fece un sorriso malato.
«Solamente uccidere
solletica il mio interesse, Stark.»
Sussurró Loki sul volto dell'altro, del tutto indifferente
alla presa che teneva su di lui.
«Bugiardo.» Disse Tony fra i denti, in un tono
basso e bisbigliato, con un leggero ghigno.
«A te non piace uccidere.»
Loki serró la mascella. «Tu non mi
conosci.»
«Tu odi
uccidere.»
A quel punto non gli importava più che il semidio potesse
colpirlo, voleva solo sbattergli la verità in faccia, far
crollare quella sua dannatissima maschera, e vederlo in
difficoltà, come un quel momento, se poteva.
«Ti ho detto di stare zitto.» Stark sorrise della
sua voce strozzata, che, ne era sicuro, avrebbe voluto essere una
minaccia.
Quanto sarebbe resistito prima di colpirlo?
«E' per questo che vuoi dimenticare, sei solo-»
Ecco.
Evidentemente molto poco, se l'aspettava.
Quello che Tony non
si aspettava, peró, era che fossero le sue labbra, a
colpirlo.
Se volevano zittirlo senza dubbio servirono allo scopo.
Rimase immobile, sentendo la pressione su di lui scemare
finchè, lentamente, Loki non si
allontanó dalle sue labbra, e fece salire il suo sguardo ai
suoi occhi, trovandoli spalancati.
Stark deglutì, lasciando la presa sulla casacca dell'Aesir.
Aesir che lo guardava con le sopracciglia aggrottate e un'espressione
di confusione, quasi si stesse arrovellando per capire qualcosa.
Il milionario, in ogni caso, approfittò di quel momento per
superare furtivamente l'ospite e dirigersi
velocemente verso l'uscita più vicina.
Sarebbe diventato pazzo, restando lì.
Una presa ferrea sul suo avambraccio, a prova del suo precedente
pensiero, lo bloccó a tre quarti di strada, facendolo
voltare, e le labbra del Dio furono ancora sulle sue.
Più decise e determinate, lo spinsero fino a schiacciarlo
contro il muro.
Tony sentì una mano afferrargli i capelli, un'altra andarsi
a poggiare sul suo fianco, e dopo il momento di stupore iniziale, si
ritrovó a rispondere al bacio.
Ok, bene. Forse era disposto ad ammettere che i superalcolici da appena
sveglio non erano stati una buona idea -perché per quale
altro motivo avrebbe dovuto avvertire la sua mente così
annebbiata?-.
Sapeva che tutto ció non aveva il minimo senso, lui era un
uomo etero, e Loki...beh...era qualunque dannata cosa fosse, oltre che
lo psicopatico che aveva attaccato la Terra, ma sentendo la pressione
delle sue labbra sulle sue, il suo corpo schiacciarlo contro la parete,
si sentì -oltre che un emerito idiota- come una dannatissima
ragazzina alla sua prima cotta.
Loki lasciò un leggero gemito sulle sue labbra quando, forse
per ripicca, Stark gli morse quello inferiore, e di nuovo la sua mente
gli gridó che era sbagliato, stupido e sbagliato.
Il semidio gli accarezzó il viso con le labbra, scendendo
verso il suo collo, e, paradossalmente, Tony riuscì ad avere
un momento di lucidità.
«Loki...cosa diavolo..?» Biascicó.
L'altro, del tutto incurante, continuó la sua discesa.
«Loki.»
L'interpellato emise un verso seccato, e gli si allontanó un
poco, rimanendogli comunque pericolosamente vicino.
«Non è certo la prima volta che bacio qualcuno,
Stark. Ed ogni volta, non ho provato niente.»
Tony alzò gli occhi sui suoi, e subito se ne
pentì.
Gli occhi di Loki lo mettevano a disagio, erano
troppo indagatori,
voleva distogliere lo sguardo dal suo ma allo stesso tempo non se lo
sarebbe perso per nulla al mondo.
«Baciare te, anche se per zittirti,
è stato...» Loki deglutì, ed i suoi
occhi tornarono alle sue labbra, guardandole come se le odiasse
profondamente.
«Strano.»
Tony lo guardó per qualche istante, con quel sussurro che
gli echeggiava nella testa, poi -per l'ennesima volta in quella
mattina- mandó al diavolo la ragione, e si sporse per poter
poggiare le proprie labbra su quelle di Loki.
Fu in quel momento che sentirono aprirsi la porta dell'ascensore
Pepper fece la sua entrata tempestivamente, con delle cartelle sotto
braccio ed un sorriso metà fra il confuso e il divertito,
notando le espressioni quasi terrorizzate dei due uomini davanti a
sè.
«Che cosa stavate facendo?» Chiese, spaventata
dall'idea di un loro litigio (l'ultima volta avevano fatto quasi
saltare il laboratorio).
Loki -che aveva messo parecchi metri di distanza fra lui e l'umano non
appena aveva sentito la porta aprirsi-, lanció una strana
occhiata a Stark.
«Non lo so. Non lo voglio sapere.»
E con quella frase il Dio uscì di scena, sbattendo
la porta della sua stanza dietro di sè.
Nda
Quanto tempo è passato? Millemila mesi?
Probabile.
Il fatto è che riesco a scrivere solo di notte, ma
ultimamente di notte dormivo.
Anyway, dato che nell'altro capitolo non mi sono spiegata lo faccio ora.
Gli eventi da un capitolo all'altro non sono messi in modo cronologico.
Il che significa che come il primo capitolo era ambientato quando loro
già sono una strana sorta di "coppia", questo è
ambientato prima, quando sono solo dei conviventi forzati, ed
è quindi la prima volta che hanno un "contatto" del genere.
Non so ancora che cosa farò nel prossimo capitolo...forse il
primo giorno di convivenza, forse qualche dramma di coppia...
Se vi state chiedendo "Perchè diavolo questa malata non va
semplicemente in ordine cronologico come fa ogni persona sana di
mente?" la risposta è una sola: non sono psicologicamente in
grado di sviluppare una trama. Le idee mi vanno e vengono
continuamente, e, per mia sfortuna, non seguono l'ordine temporale che
dovrebbero seguire.
Vi ringrazio del vostro tempo :)
Farewell.
I am the
Litghtning, The rain transformed