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Autore: StelladelLeone    10/02/2013    2 recensioni
Jasper si guardò intorno: c’era qualcosa che non andava. Ma cosa? Emmett era seduto di fianco a lui a guardare la partita di baseball ed Edward era seduto sulla poltrona a leggere, il silenzio regnava sovrano e…
Il silenzio regnava sovrano?!
E le ragazze dov’erano finite?!
Ecco tre capitoli sul ventitré, ventiquattro e venticinque dicembre in casa Cullen!!
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Emmett/Rosalie, Jacob/Renesmee
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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 YOOOO MINNAA!!! Sono tornata con un nuovo capitolo! Se devo dire la verità questa volta, avendo cercato di puntare più sul romantico, non ho idea di come mi sia venuto e mi abbandono al vostro giudizio. Ovviamente il pairing centrale è il Jasper/Alice, ma ho dedicato momenti di dolcezza anche agli altri. Per farmi perdonare nel caso di fiasco completo, ho deciso che scriverò un capitolo extra e lo pubblicherò entro due settimane (credo e spero):D

Buona lettura!!!

Il venticinque Dicembre

 
Jasper assaporò la calma e gioia che in quel momento pervadeva la loro casa; finalmente erano tutti seduti a tavola: Carlise ed Esme a capotavola, Edward e Bella di fronte a Jacob e Renesme, a sua volta vicino a Seth che parlava animatamente riguardo a ad una partita di rugby con Billy ed Emmet, che teneva la mano a Rosalie, che invece spettegolava di moda con Alice, seduta di fronte a lei e vicino al nostro vampiro biondo che chiacchierava con Charlie e Sue Clearwheter.

Quella mattina aveva creduto che avrebbero finito col trasformare l’allegro pranzo di Natale (pranzo per gli umani) in una strage di massa…
 
“ESMEEEEEEEEEE!!!!!!” Alice si precipitò in cucina come un tornado seguita da un esasperato Jasper che non sapeva più a capire come fermare le donne di casa Cullen: nemmeno con i suoi poteri riusciva a tranquillizzarle.

“ESMEEE!!” urlò ancora il folletto, disperato, alla povera donna immortale che stava lottando accanitamente con un sbattitore elettrico a fruste.

“Amore cos’è successo? È tanto grave? Perché in questo momento sarei un po’ occupata…”  Stringendo le labbra in una buffa smorfia di concentrazione Esme cercò di imporre la sua volontà al malefico strumento elettrico: perché quella stupida crema non si montava?!

“Non riesco a trovare le lame del robot da cucina che mi hai chiesto!! Sono sparite!” disse lei affranta scuotendo per le spalle la madre che aveva finalmente smesso di lottare col suo acerrimo nemico e l’aveva riposto sul bancone in marmo, pronta a riprender battaglia una volta affrontato il nemico sul secondo fronte.

“Sei sicura? Ne ho assolutamente bisogno per tritare il farcimento del tacchino!” La cosa era grave e Jasper captò immediatamente la tensione nell’aria.

“Assolutamente.” Rispose con tono tragico Alice.

“Bene, allora passiamo al piano B: Alice, Jasper, prendete la Porsche gialla e volate al supermercato a prendermene una scatola nuova. Avete…mezz’ora al massimo.” Impartì il comandante supremo del
dipartimento Cucina al suo fidato luogotenente e alla sua guardia del corpo.


I due assentirono prima di sparire in un battito di ciglia.

Esme si girò con lentezza esasperante a guardare il malvagio sbattitore: la crema al mascarpone doveva riposare almeno tre ore in frigo per raggiungere il perfetto consolidamento e lei doveva ancora cucinare altre sei portate, ma quella si ostinava a rimanere liquida e per niente spumosa; Esme non capiva: nel libro e nel video di cucina sembrava così facile! Quell’anno aveva deciso che il pranzo si sarebbe fatto a casa Cullen invece che da Charlie e Sue, ormai sposati, e che avrebbe cucinato lei insieme alle sue figlie adottive nonostante loro non avrebbero mangiato niente, ma la missione si era rivelata più ostica del previsto.

Con aria battagliera afferrò per il manico lo strumento del demonio e con forza lo immerse nella crema.

Fece un inutile respiro profondo.

Con le dita schiacciò il pulsante per l’accensione.

Con un ruggito lo sbattitore prese vita.

Esme cominciò a compiere dei cerchi regolari in senso antiorario nella crema.

La bestia cercò di farla desistere spruzzando crema ovunque, in particolare sul suo grembiule bianco e blu e sui suoi capelli.

Esme non si arrese e con un trillo di gioia selvaggia si accorse, grazie alla sua vista perfetta, che si stava solidificando.

Dieci minuti dopo Esme lanciò vittoriosa il suo nemico sconfitto nel lavandino, ammaccandolo, e pose il premio di quella disputa, nel frigo. Morbida e spumante anche più di quella del video.

“E-Esme…?” Ancora con la luce della vittoria negli occhi Esme si girò a guardare la figlia bionda che, sulla porta del suo regno, insieme a Emmet, la guardava con gli occhi spalancati per lo shock.

“Cosa c’è cara? Ho appena finito la crema al mascarpone: è perfetta!” esclamò trillando prima di lanciarsi verso Rosalie.

Rose spalancò gli occhi per il terrore mugolando un “no” terrorizzato.

Il mostro al mascarpone, alias Esme, proseguì imperterrita a braccia spalancate.

Rose chiuse gli occhi per non vedere.

SPLASH!

Rose aprì gli occhi sorpresa, non sentendo nessun’abbraccio alla crema di mascarpone stingerla in una morsa soffocante.

Davanti a lei Esme, con la faccia estasiata in versione cucciolo, abbracciava il martire Emmet, che, per la donna della sua vita, si era frapposto fra lei e il mostro ricoperto di dolce e appiccicosa, non ché
impossibile da togliere dai vestiti senza rovinarli, crema, salvando il vestito da cocktail della moglie e sacrificando il suo completo con un sorriso rassegnato.


“Emmet…?” chiese Esme un po’ stupita di trovarsi tra le braccia il figlio sbagliato.

Lui, con un sorriso tirato la abbracciò ancora di più e la strinse tra le sue braccia irsute con più delicatezza che poteva.

“Avevo voglia di abbracciarti Esme: era un po’ che non lo facevo!” si giustificò staccandosi.

Esme fece un sorriso scintillante e commossa gli schioccò un bacio sulla guancia prima di tornare al campo di battaglia.

Emmet si girò verso sua moglie trovandola a guardarlo anche lei commossa per il suo gesto.

“Grazie Em!” disse sincera prima di avvicinarsi a lui e stampargli un dolce bacio sulle labbra, sempre attenta a non sporcarsi di crema.

“Ora vatti a ripulire: se ti vede Alice gli viene un infarto!” Emmet, ancora rimbambito, si diresse a passo umano verso camera sua.

“Esme ti ho portato gli ingredienti che mi avevi chiesto…” disse Rosalie cauta, spostandosi in modo da mettere fra sé e la madre adottiva un tavolo blocca-abbracci.

“Grazie cara! Mi dedico subito al tacchino; tu potresti iniziare a preparare gli antipasti?” la chiamata in causa annuì, grata che non dovesse far niente che la potesse ridurre nello stato di Esme, che invece estrasse il
tacchino dal sacchetto brandendolo come un arma.


Rose si interrogò per un po’ su cosa potesse preparare e infine il suo lato artistico optò per dei crostini con caviale, funghi, gamberetti e salsa rosa (già pronta), formaggio, prosciutto e altri condimenti vari.

Ridacchiando come una bambina iniziò a cercare gli stampi natalizi e aprì quindici sacchetti di pancarré; una volta trovati, li dispose sul tavolo e incominciò a tagliare il pane a forma di alberello, di stellina, stella cometa, pallina di natale, babbo natale, renna e di un’altra infinità di forme.


“Esme, Rose! Siamo arrivati!” Edward, Bella e Nessie entrarono in cucina sorridenti.

Edward, avendo sentito i pensieri della sorella mentre cercava le “formine” e si dilettava a cucinare i suoi antipasti, incominciò a ridacchiare.

“È bello vedere che anche tu hai un lato bambino, Rose.” Commentò infine.

“Mph, taci e renditi utile, Ed!” borbottò lei infastidita e imbarazzata senza però riuscire a trattenere un sorrisino divertito.

“Ovvio: sono qui per questo!” rispose Edward poggiando a terra un sacchetto gigante che si era cavallerescamente offerto di portare al posto della moglie, “Ecco a voi tutto l’armentario per produrre biscotti di distruzione di massa!” spiegò orgoglioso, già in linea con i pensieri di Esme.

“Ottimo lavoro Edward! Nessie, Bella al lavoro!” il comandante mise in riga i suoi soldati.

“Sissignora!” esclamarono i tre cominciando a spargere la farina sul bancone e a preparare gli ingredienti per l’impasto.

DRINNN!

Il campanello interruppe le operazioni di guerra: che fosse già il luogotenente con le armi per l’operazione farcitura?!

“EHI CULLEN! MI VOLETE APRIRE?! SONO VENUTO AD AIUTARE!! EHIIII!”

Rosalie sbuffò sonoramente e borbottò qualcosa riguardo i cani che non possono entrare, mentre Nessie si precipitava alla porta.

Edward incominciò a canticchiare Jingle Bells cercando di zittare i pensieri urlati da Jacob al mondo su sua figlia.

Dopo qualche minuto Jake e Nessie fecero la loro apparizione, tenendosi per mano, in cucina.

“Jake, caro, sei stato molto gentile a venire per aiutarci” iniziò Esme ignorando i brontolii di Rose, che ancora non lo poteva soffrire, “ora, ti dispiacerebbe aiutare Rose con gli antipasti?”

Jake spalancò la bocca per lo shock.

“NO ESME! CON IL CANE NO!”

“Scusa Esme ma non credo sia un buona idea che io collabori con la bionda psicotica.” Disse digrignando i denti Jacob, che non aveva il coraggio di comportarsi da cafone con Esme, troppo “mamma” dal suo
punto di vista.


La figura di Esme parve ingigantirsi a dismisura mentre i suoi occhi lampeggiavano e un’aurea nera la circondava.

Rose e Jake, abbandonato vigliaccamente da Nessie che aveva ereditato lo stesso senso di autoconservazione della madre e che era corsa a fare i biscotti con Bella ed Edward, che sogghignava soddisfatto, si fecero piccoli piccoli.

“P-però s-se c-ci t-tieni tanto p-potremmo p-provare…” balbettarono entrambi intimoriti.

Lei si ritrasformò in se stessa e con un sorriso gigante li ringraziò, prima di girarsi ad affrontare le insidie di un tacchino arrosto.

“Cane: se mi rovini i crostini ti stacco la testa a morsi e la getto nel fiume!”

“Bionda psicopatica: dammi ordini o fammi sgridare ancora da Esme che do fuoco al tuo guardaroba!”

Dopo essersi guardati in cagnesco per alcuni secondi fecero partire una gara a chi preparava i crostini migliori, senza esclusione di colpi.

 
 
Intanto Alice e Jasper sfrecciavano lungo la strada asfaltata sulla poco appariscente macchina di Alice alla ricerca di un centro commerciale; Jasper aveva provato ad obbiettare che anche un il piccolo
supermercato di Forks avrebbe potuto averle, ma la sua dolce metà si era intestardita che un centro commerciale vero e proprio era meglio e non c’era stato verso di convincerla.


“Alice, rallenta.” riprovò esasperato il vampiro per la tredicesima volta. Stava andando talmente veloce da preoccupare perfino un vampiro.

La moglie per ripicca schiacciò ancora di più il pedale.

“Voi maschi non potete capire: è una questione di vitale importanza!” trillò infine mentre Jasper, prendendole le mani tre le sue, la obbligava a calmarsi.

“Capisco, che tu ci tieni che questo pranzo sia perfetto e soprattutto che non vuoi deludere Esme, ma credo che tu stia leggermente esagerando.” La rimproverò cauto Jasper mentre lei, sentendosi scrutata nel profondo da quegli occhi dorati, in poco tempo cedette.

“Solo per te!” mugugnò mentre decelerava e prendeva la prima svolta per Port Angeles, per raggiungere il supermercato, invece che proseguire per Las Vegas, suo obbiettivo primario.

Dopo qualche minuto si fermarono in un enorme parcheggio dove lasciarono la macchina.

Alice scese, sbattè la sua portiera e ringhiò all’indirizzo del supermarket: aveva pochissimo tempo per trovare le pale perfette e doveva comportarsi da umana!

Jasper scese, sbattè la portiera e si portò a fianco del folletto cingendole le spalle con un braccio: sia per scoraggiare eventuali ammiratori, sia per trattenere la piccola furia.

Dopo aver oltrepassato le infide porte automatiche ed esser giunti nel cuore del supermercato, i due si dedicarono ad un’attenta ricerca del reparto elettrodomestici.

Alice era trattenuta a stento dalle braccia di Jasper e avrebbe voluto fiondarsi a cercare la sua preda, ma sapeva che troppo gente li stava guardando…

Infine si trovarono di fronte ad un infinito corridoio pieno di centinaia e centinaia di elettrodomestici, che dall’alto delle loro postazioni li guardavano maligni.

Jasper gemette scoraggiato mentre la sua dolce metà ringhiando si dirigeva a passo di carica verso il primo scaffale; aveva una missione da compiere e avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarla a termine.

Insieme, come sempre, si misero con ostinazione vampira a cercare quel maledetto modello di lame del robot; a metà del corridoio, circa trecento quattro prodotti dopo, Jasper era entrato in modalità stratega e stava pianificando cento modi diversi per sfuggire a quella orrenda tortura: avrebbe potuto rovesciare i prodotti, saltare in cima allo scaffale, cominciare a saltare da uno scaffale all’altro per poi correre verso l’uscita ed essere libero…oppure avrebbe potuto abbattere direttamente gli scaffali…tutto questo ovviamente senza farsi prendere dal suo luogotenente che l’avrebbe ritenuto un ammutinato, un traditore della causa e della patria…

“JAPEEEEEEERRRRRRR!!!!!” trillò Alice spaventando a morte e forando il timpano del chiamato in causa che, giratosi, la trovo ferma immobile con il dito puntato verso un punto imprecisato del corridoio con un’espressione di gioia folle sul volto che spaventò a morte Jasper.

“Jasper: l’ho trovato!” senza dare nemmeno il tempo al suo ragazzo di esprimersi si lanciò alla conquista.

Dieci passi.

Otto passi.

Tre passi.

Allungò la mano.

Sorrise vittoriosa verso l’ultimissimo modello di lame da robot che voleva Esme.

Un mano bianca e rugosa afferrò l’ultima scatola di tutto il supermercato.

La faccia di Alice si distorse in una smorfia di orrore.

Alice, aggrappandosi al vuoto, cadde a terra di faccia.

“Alice!” Le mani di Jasper afferrarono la piccola vampira, ancora stordita della sua prima caduta da quando era diventata un essere perfetto e immortale, e nella sua voce si lessero rimprovero e preoccupazione:
Alice era troppo confusa e su di giri perfino per i suoi standard.


Lei si fece tirar su come una bambola di porcellana, ma, una volta in piedi, si mise a fissare insistentemente la rattrappita vecchietta che le stava davanti che a sua volta fissava Jasper.

“Mi scusi, signora, sarebbe così gentile da lasciarmi quella scatola? È una vera emergenza!” Alice approcciò il suo nemico con voce suadente e ammaliante, mentre Jasper, che stava contemplando l’idea di rifugiarsi in Antartide, la guardava esasperato.

“L’ho presa prima io!” disse la vecchietta strizzando gli occhi.

“Lo so, ma vede, è molto, molto importante…” Alice fece un passo in avanti tendendo una mano, gentile e aggraziata, come una pantera prima del balzo che la porterà a sbranare la sua inconsapevole preda.

La nonnetta fece un passo indietro, abbracciando convulsamente la scatola e puntandogli contro il bastone da passeggio.

“Anche a me serve urgentemente, ragazzina! Non ho intenzione di cederla!” intimò poi brandendo il bastone davanti al suo naso.

Alice impietrì. Esme, la persona che l’aveva accolta in casa sua, che l’aveva tratta come una figlia, che l’aveva protetta ogni santa volta che aveva esagerato con lo shopping, che assecondava tutte le sue piccole pazzia, le aveva chiesto una sola cosa: quelle lame da robot! E le aveva fatto capire che erano di vitale importanza per il pranzo, a cui teneva più di qualsiasi altra cosa. Non poteva deluderla. A qualsiasi costo.

Alice ringhiò scoprendo i denti e si accucciò in posizione di attacco.

Ebbe una breve visione: lei, che si scagliava contro la vecchietta, che incominciava a colpirla con bastone e borsetta, ma che nonostante i suoi sforzi non riusciva a difendere il suo bottino; poi Alice glielo strappava di mano e la scagliava lontano. Ed ecco che Alice alzava al cielo il suo premio, vittoriosa.

Alice sogghignò.

Esme l’avrebbe lodata e si sarebbe commossa.

Fece un passo verso la nonnetta, terrorizzata.

Tese tutti i muscoli.

Due braccia forti e decise l’afferrarono per la vita, la sollevarono, la capovolsero in modo tale che lei si trovasse faccia a faccia con la schiena del loro proprietario.

“Jasper?!” Mugolò Alice sorpresa.

“Mi scusi signora, le assicuro che la mia ragazza non aveva cattive intenzioni; deve sapere che l’hanno appena ricoverata in un ospedale psichiatrico…” la voce di Jasper era un cucchiaiata di miele mentre si scusava con quella nonnetta e ignorava Alice, che si era messo in spalle come un sacco di patate.

“JASPERRR!!!” urlò Alice iniziandolo a prendere a pugni sulla schiena.

La vecchietta fece un sorriso comprensivo, conquistata dalla bellezza e affabilità del giovane, nonché dalla strana calma che emanava.

“Si figuri giovanotto e tenga pure questa scatola, se può far felice la sua povera ragazza…” concluse infine guardandolo adorante e porgendogli l’agognata scatola, che lui prese ringraziando quasi commosso.

Senza curarsi dell’uragano che si abbatteva sulla sua schiena, Jasper si diresse alla cassa, dove pagò il prezzo richiesto sotto lo sguardo attonito di tutti, per poi uscire da quel luogo infernale e dirigersi all’aria aperta.

Con destrezza e velocità scaricò Alice sul sedile, la bloccò con la cintura di sicurezza, le mise tra le mani la scatola, si sedette sul posto del guidatore e ingranò la marcia.

Il silenzio scese nell’abitacolo.

Alice, con un’espressione da cucciolo ferito, abbracciava la scatola e guardava il tappetino immacolato della sua amata Porsche.

“Jasper…sei arrabbiato?” chiese infine titubante Alice portandosi le ginocchia al petto e circondandole con le braccia.

Jasper sospirò.

Alice si allarmò ancora di più e si voltò a guardarlo con il terrore negli occhi.

Lui la guardò impassabile.

Lei, per un infinitesimo di secondo, temette che stesse per dire le parole che popolavano i suoi “incubi” più oscuri: “Mi sono stufato di te, Alice! Torno da Maria.”

Jasper sorrise, illuminando e riscaldando il cuore della piccola vampira pazza.

“Se non sapessi che l’hai fatto per una buona causa…cavolo Alice!! Quella vecchietta era terrorizzata!” disse alzando gli occhi al cielo esasperato.

“Le sta bene…” borbottò Alice mettendo il broncio, sollevata che non avesse detto le parole che più temeva, e stringendosi al petto la scatola.

“Perché?” chiese Jasper incuriosito, percependo l’umore del folletto che, da sinceramente dispiaciuto e spaventato era passato a un misto di felicità, rabbia e gelosia.

Lei sfuggì il suo sguardo e voltò la testa, guardando gli alberi che sfrecciavano fuori dal suo finestrino.

“Alice…” la richiamò il biondo prendendole delicatamente il mento e obbligandola a guardarlo negli occhi.

Lei si mordicchio il labbro inferiore.

“Le sta bene…” ripeté, prima che un lampo di collera passasse nei suoi occhi ambrati, “Quella nonnetta ti guardava come se ti volesse mangiare! E non è nemmeno un vampiro! Probabilmente è andata a casa a creare un Jasper fan-club! Ti rendi conto?! E lo sapeva benissimo che io ero la tua ragazza! Se non l’avessi distratta ti sarebbe saltata addosso!” urlò Alice in preda ud una furia omicida: si capiva benissimo che, se fosse stato per lei, sarebbe tornata indietro a staccare la testa alla nonnetta, a suo dire, assatanata.

Jasper la guardò un attimo sbalordito, senza parole per lo shock, poi scoppiò in una risata fragorosa che riempì tutto l’abitacolo; Alice si fermò un attimo in contemplazione della sua risata, che per molto tempo in passato aveva pensato di non sentire più, poi mise il broncio e si girò a osservare i particolari del vetro del finestrino, offesa.

Jasper ridacchiò ancora per un po’ prima di osservare la sua ragazza.

“Alice…non ci posso credere che fossi gelosa di un ultra-ottantenne!” disse posandogli una mano sulla schiena.

“IO. NON. SONO. GELOSA. JASPER WITHLOCK!!” urlò lei arrabbiata puntandogli un dito in faccia.

Lui la guardò scettico, sollevando un sopracciglio.

“Stai cercando di mentire a uno che riesce a percepire le emozioni degli altri?!” chiese Jasper retorico mentre parcheggiava la macchina nel garage (o parco auto) dei Cullen.

Lei emise un trillo infastidita e scese di corsa dalla macchina, scardinando la portiera, con sua grande frustrazione.

Stava già per lanciarsi in casa quando la mano di Jasper l’afferrò per il polso e la costrinse a girarsi vero di lui, per poi baciarla con passione e dolcezza.

Inizialmente Alice fece resistenza, ma se c’era un persona che poteva convincerla o scioglierla, quella era Jasper Withlock, che ci riuscì anche questa volta, egregiamente.

Quando si staccarono, lei lo fulminò con lo sguardo ma lui le sorrise di nuovo.

“Non ho intenzione di scappare da te per andare da un ultra-ottantenne.”

Alice lo continuò a scrutare risentita.

“Né per andare da Maria”.

A quelle parole Alice abbassò lo sguardo colpevole, cercando di liberarsi dalla sua stretta, ma evidentemente la cosa non garbava al biondo.

“Mi leggi nel pensiero Jazz?”

“Io no.”



“EDWARD!!!” trillò Alice scioccata e arrabbiata: quello stupido di suo fratello aveva riferito tutte le volte che in quei tempi aveva avuto paura di perdere Jasper! Lo avrebbe sicuramente ammazzato!

Jasper ridacchiò.

“Non è colpa sua: glielo chiesto io; sai mi stavi incominciando a far preoccupare, cadendo così improvvisamente nel terrore quando mi guardavi mentre pensavi che non me ne sarei accorto.”

Colpevole, abbassò nuovamente lo sguardo: essere così gelosa la faceva sentire come una bambina capricciosa e insicura, e mai avrebbe volito che Jazz lo sapesse, nel terrore che anche lui pensasse che era una stupida.

Sapendo che Edward era in casa mandò vari messaggi di morte e insulti a suo indirizzo.

“Alice? Perché non me l’hai detto?” mormorò: era evidentemente turbato, mentre la tratteneva tra le sue braccia.

“Perché…” iniziò lei titubante, “perché avevo paura o che ti arrabbiassi o che mi rispondessi che facevo bene a essere gelosa perché te ne volevi andare…” la voce le tremava leggermente mentre pronunciava queste ultime parole.

Jasper venne travolto da un’ondata di paura repressa, insicurezza, amore e malinconia che lo stordì momentaneamente.

Poi la abbracciò di slancio, sorprendendola, e la strinse più forte che poteva senza farle male al suo petto.

“Ti giuro, Alice, ti giuro che non ti lascerò mai!” disse con gli occhi che gli ardevano.

Quelle poche parole ebbero il potere di un balsamo sul cuore di Alice. Perché Jasper Withlock non era un ragazzo sdolcinato che sbandierava i suoi sentimenti al mondo, anzi era chiuso e riservato: se diceva quelle parole in quel modo non si poteva non credergli.

Alice annuì mentre un’immensa dolcezza prendeva il posto delle altre cupe emozioni.

Per un instante infinto stettero così, a cullarsi l’uno nelle braccia dell’altra; poi, silenziosi, si presero per mano ed entrarono nella casa: Alice, Jasper e le lame del robot.
 
 

Entrati in cucina impietrirono per lo shock, assistendo ad una scena che mai avrebbero voluto vedere.

Al centro, sopra il tavolo, Jake e Rose si lanciavano piatti, cucchiai, coltelli e barattoli, dandosi la colpa per qualcosa accaduto ai loro antipasti; Esme invece sul bancone, a cavalcioni del tacchino, mentre cercava di sventrarlo barbaramente.

Bella, Edward e Nessie erano impegnati in una difficilissima battaglia con la farina: dal modesto punto di vista del generale Withlock era indiscutibilmente Bella ad avere la meglio e Edward la peggio; Nessie si teneva un po’ ai lati, colpendo all’occorrenza uno dei due.

“ESMEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

L’urlo di Alice ebbe la forza di riportare la calma sulla cucina: tutti si girano a guardare la dolce creatura a fianco del biondo.

“Esme! Le ho trovate!” urlò senza curarsi degli altri e andando incontro ad una commossa Esme.

Jasper guardò interrogativo gli altri, ma ricevette in risposta solo sguardi sconsolati e scuotimenti di testa.

“Oh cara! Sei fantastica! Ora potrò preparare il ripieno.”

“Il ripieno di cosa?” chiese Emmet scendendo tranquillo e ignaro sul campo di battaglia

“Del tacchino, caro.”

“Intendi quello su cui sei seduta?!” chiese Emmet aggrottando le sopracciglia confuso.

Esme, ricordandosi solo in quel momento della sua situazione, scesa da lì per contemplare afflitta il martoriato e smembrato ex-pennuto.

“Ehm…Rose? Passami il robot per favore, dovrebbe essere sul tavolo.”

“MI dispiace Esme, ma qui non c’è…” disse Rosalie guardandosi intorno preoccupata.

“Come non c’è?” borbottò l’altra mentre tutti si scatenavano alla ricerca del fantomatico aggeggio.

“Ehi aspettate un attimo!” esclamò Emmet, folgorato da un’intuizione geniale, “No ditemi che il robot che cercate è quella specie di coso che è volato fuori dalla finestra una quindicina di minuti fa?!”

Tutti si girarono a guardare, prima la finestra, allibiti, dove si vedeva la sagoma dell’oggetto in questione e poi, arrabbiati, Rose e Jacob, che erano sicuramente i colpevoli.

I due si guardarono un secondo prima di urlare, indicandosi: “E’ COLPA SUA!!!”

Esme li fulminò, prima di spiegare che bastava andare a recuperarlo in giardino, sperando che non fosse ammaccato.

“F-forse n-non sarà così facile…” mormorò Em guardandoli come se temesse un attacco a sorpresa, “...q-quando ho visto che lo avevate lanciato via…h-ho pensato che non vi servisse più e l’ho scagliato nella foresta…”

Tante statue di ghiaccio non facevano che fissarlo.

“R-ragazzi…?” chiese titubante, arretrando.

“Tu…hai fatto cosa?” chiese Alice mentre tutti cominciavano a ringhiare verso di lui: con la sua forza, ora, quel maledetto affare poteva benissimo trovarsi in Canada!!”

“Hai idea di quanto ci ho messo a recuperare quelle lame?! Di quello che ho dovuto affrontare?!

Alice mirava sicuramente alla gola del fratello e gli altri non sembravano intenzionati a fermarla, quando una mano le si pose sulla spalla.

“Jasper…?” chiese lei guardandolo interrogativamente.

“Stai tranquilla Alice…” disse con un sorriso che avrebbe fatto ghiacciare per il terrore tutto l’esercito dei Volturi, “…ci penso io.”

Il vampiro più forte di casa Cullen ebbe la fortissima tentazione di scappare per non tornare mai più…
 


 
Jasper ridacchiò, ricordando di come aveva obbligato Emmet a perlustrare tutta la foresta fino a che non aveva ritrovato il robot, mentre Esme obbligava Rose e Jake a collaborare, sotto la supervisione di Alice, e Bella, Edward e Nessie a ripulire la cucina da tutta la farina che avevano lanciato in giro.

Era stata una mattinata davvero impegnativa, ma il risultato, a quanto dicevano gli ospiti, era eccezionale.

“Ehi Jake, cosa hai fatto all’occhio?” chiese ad un certo punto Seth, ingozzandosi con i biscotti dei Nessie.

I ragazzi di casa Cullen impietrirono al ricordo del giorno prima che, sotto tacito accordo, avevano deciso di dimenticare.

Jacob fece una smorfia, toccandosi il livido violaceo; ovviamente, era l’unico su cui i lividi erano visibili, ma ciò non stava a significare che gli altri se la fossero passata meglio.

“Abb…Ho avuto una piccola…discussione con Nessie…” mugugnò infine.

“Immagino che il motivo sia lo stesso per cui la vostra casa ha per ogni stanza decorazioni di colori diversi, vero?”

Tutti i maschi annuirono.

“Immagino anche che Nessie ti abbia massacrato per bene, vero?” continuò Seth ridacchiando all’immagine che la sua fantasia stava producendo.

Tutti i maschi annuirono.

“Pfui! Per favore! L’ho fatta vincere apposta.” Esclamò Jake ferito nel suo orgoglio maschile.

“Ah davvero?!” chiese gelida Nessie,

Jake deglutì aspettando l’arrivo dell’uragano sotto lo sguardo divertito di Edward.

La piccola e adorabile Nessie, però, si voltò a parlare con Seth: aveva in mente un piano ben peggiore.

“Seth? Che ne dici se uno di questi giorni io e te usciamo insieme? Da soli, ovviamente.” Disse candida a un lupo sbalordito, che però si riprese piuttosto velocemente dalla sorpresa, sorridendo smagliante.

“Certo Nessie, ma tu intendi uscire con me non come semplice amico, vero?”

“Ovvio.”

Jake sputò tutta la coca che stava bevendo.

“Papà a te va bene, se ho voglia di cambiare un po’? Sai ultimamente mi sento piuttosto attratta da Seth…” disse con voce seducente prendendo per mano Seth, che le passò un braccio intorno alle spalle.

A Jake cadde la mascella e si girò a guardare Edward, non sapendo che altro fare a causa della morte improvvisa del suo ultimo neurone per lo shock, aspettando la sua reazione.

“Certo amore. Lo sai che considero Seth uno dei miei migliori amici e sarei felicissimo se riuscisse a darti la felicità e magari chissà, in futuro, anche una famiglia e un bambino…” disse il padre serio e comprensivo.

“CHE COSAAAAA?!?!?!?!” sbraitò Jake, balzato in piedi alla sedia, "TRADITORI!!!!!!"
 
Poi cadde a terra, svenuto.

“Edward, Nessie, Seth! Avete esagerato!” li rimproverò Bella cercando di sovrastare le risate che si alzavano da tutta la tavola e andando a soccorrere il povero malcapitato. Nessie e Seth si scambiarono un cinque mentre Edward cercava di soffocare le risate con una mano, senza ottenere grandi progressi.
 


Il pranzo, dopo che Jake si fu ripreso e gli fu spiegato lo scherzo, proseguì liscio fino al momento dei regali. Il momento più temuto dai nostri eroi, ma soprattutto da Jasper che era l’unico la cui ragazza
prevedesse il futuro.

Solitamente i due si accordavano così: Jazz le regalava qualcosa che gli piaceva e che lei avrebbe sicuramente previsto, poi la vampira gli chiedeva un regalo che desiderava e lui provvedeva. Ovviamente le scelte di Alice erano assurde e imprevedibili.

Mentre Esme scartava commossa il suo nuovo e super accessoriato sbattitore elettrico, generosamente donato da Carlise che aveva notato quello distrutto nel lavandino e che intanto leggeva il suo nuovo libro regalato dalla moglie, e Rose il suo buono per un week-end da due persone a Parigi, città dell’amore, Jasper porse ad Alice una scatolina in velluto nero.

Quando lei l’aprì, spalanco gli occhi per la semi-sorpresa ed emise un gridolino estasiato.

“Ti piace?” chiese leggermente ansioso Jasper; lei in risposta gli gettò le braccia al collo ringraziandolo con un bacio ardente, prima di obbligarlo a metterle al collo quella stupenda collana in oro nero con un ciondolo fatto da una goccia perfetta di ambra dorata, lo stesso colore degli occhi di Jasper.

Dopo essersi rimirata due o tre volte allo specchio e aver “ringraziato” ancora una volta un soddisfattissimo vampiro biondo, si risedette sul divano a fianco a lui per esprimere seria il suo “desiderio”.

“Jazz, ci ho pensato a lungo dopo aver visto lo scherzo che Nessie ha fatto a Jake, e ho deciso che come regalo…” il ragazzo trattenne il respiro, “voglio un primo appuntamento!”

Al poveretto cadde la mascella per la sorpresa e Alice, notandolo, si affrettò a spiegarsi.

“Jasper, guardando mia nipote, mi sono resa conto che anche io voglio provare la gioia di essere invitata fuori dal ragazzo che mi piace e passare con lui una serata normale, dolce e romantica come una qualsiasi altra ragazza!!”

A questo punto i suoi occhioni da cucciolo incominciarono a scrutarlo entusiasti e pieni di aspettativa, mentre lui finalmente riconnetteva il cervello e cercava di capire cosa dovesse fare.

Nella sua mente apparve un’immagine di lui stesso con lo smoking che, inginocchiato davanti ad Alice, le chiedeva se voleva fare una passeggiata con lui al chiaro di luna.


Stava già per esprimere il suo invito quando vide, alle spalle di Alice, Edward, abbracciato a Bella, che scuoteva furiosamente la testa spaventato, sillabando “m-o-d-e-r-n-o”.

Dopo averlo guardato ancora per qualche secondo capì il messaggio subliminale del fratello e creò nella sua mente l’immagina in cui lui, in jeans e camicia bianca, la invitava ad andare con lui al cinema.

Edward si mise ad annuire come un forsennato.

“Va bene, Alice. Vorresti venire con me al cinema sabato prossimo? Ti passo a prendere alle otto!” disse con il suo sorriso sghembo, ignorando che vivevano nella stessa casa.

Alice, commossa, gli saltò addosso, atterrandolo.

“SI’!!” gli urlò felice come non mai. Felice perché questa era una cosa che Jasper, lo sapeva, non aveva mai chiesto a nessun’altra; nessuna era andata con lui ad un appuntamento per veder insieme a lui un film, come due persone normali. Nemmeno Maria. E Alice invece sì. Sapeva che era stupido, ma l’idea che avrebbero avuto un momento tutto loro, che lui non aveva mai vissuto con nessun’altra, la riempiva di sicurezza e amore verso di lui.

Amore che investì in pieno Jasper, inebriante e forte come il vento di primavera ai primi di Marzo.

“Ti amo Alice” gli sussurrò all’orecchio, ancora sdraiati sul tappeto.

“Ti amo anche io Jasper. E buon natale!”

 
 
 
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