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Autore: unicorn_inthemind    10/02/2013    4 recensioni
Jonson.
Quel pomeriggio era iniziato male, Joe era andato a prendere il figlio a scuola e da lì ne era tornato abbattuto. Ma quando tutto sembra andare nel verso sbagliato una proposta inaspettata e incredibile sconvolgerà Joe.
[...]
"Mi ami?" sussurrò il trentenne staccandosi un secondo.
"Più di ogni altra cosa al mondo."
"E ce la passeresti tutta la vita con me?"
"Certo che si."
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Jonson.'
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Il noce nel rovere.


Era un pomeriggio tranquillo, nonostante la bassa temperatura invernale il cielo risplendeva azzurro contornato appena da qualche sparuta nuvola grigiastra. I prati tagliati all’inglese rilucevano delle tante piccole gocce di pioggia avanzate al temporale che, passeggero, aveva fatto tremare le imposte delle case quella mattina.
Era incredibile come il tempo mutasse in quel periodo, neanche fosse Marzo con le sue piogge sottili e improvvise.
Joe si era rintanato in camera da letto, mogio mogio era tornato a casa e si era seduto sulla trapunta pesante e blu che ricopriva il letto. Victor lo aveva lasciato stare, soprattutto vedendo il figlio scuotere la testa mentre tentava di avvicinarsi al compagno.

Era andato a prendere il figlio a scuola quella mattina, cosa c’era di strano? In un padre che va a prendere il proprio figlio all’uscita di scuola. Ma no, lui non era il solito padre normale, era uno di quei due gay che rovinavano la vita di un povero ragazzino facendolo crescere un una famiglia anormale. Testuali parole riportate da una loro amica che aveva sentito spettegolare due madri, a detta sua due oche antipatiche, un giorno al cancello di scuola.
Joe sospirò tirandosi le ginocchia al petto e stringendole con forza quasi stesse per crollare a pezzi. Li sentiva ancora addosso, quegli sguardi a metà tra il curioso e il disgustato che lo avevano scandagliato per tutto il tempo dell’attesa.

“Seth mi ha detto cosa è successo.”un cono di luce inondava la stanza dalla porta, spezzato solo dall’ombra di Victor che si stagliava sul pavimento. Joe sorrise amaro spostando lo sguardo sullo scorcio di strada che si vedeva dalla finestra della camera.
La loro casa era di media grandezza, ben illuminata in ogni anfratto dalle grandi finestre dai vetri trasparenti e sempre ben puliti, con la camera matrimoniale e il salone nella parte anteriore, il bagnetto ad un angolo e la camera di Seth e la cucina che si affacciavano sul giardino del retro.
Il compagno si fece avanti sedendosi di fronte a lui in un sospiro e intrecciando piano una mano con quella dell’altro sulle sue ginocchia.
Joe era sempre stato un tipo tranquillo e riservato, allegro quando voleva ma per il resto alquanto silenzioso.
A quegli sguardi, quelle parole bisbigliate all’orecchio, quelle malelingue raccontate incuranti dell'udito, a poco a poco, tutti ci facevano l’abitudine ma ciò non significava che non facessero male.
E Joe di tanto in tanto implodeva, si rannicchiava silente in un angolo a rimettere in ordine le cose rotte nella sua testa.
“Ah si? – alzò appena il viso su Victor – e che ha detto?”
“Ha detto: Papà Joe è coraggioso, guarda avanti e fa finta di non vedere come ci guardano. Ma li vede, e fa male; se fa tanto male a me pensa a lui!” si sciolse in un sorriso l’uomo tirandoselo al petto. Joe si strinse alla maglia del trentenne con forza, cercando in lui quel qualcosa che lo tenesse assieme e lo cucisse che non aveva trovato accartocciandosi su se stesso. Era sempre stato così tra loro, Victor la roccia e lui la creatura che ci si aggrappava per non essere sbalzata via dal vento. Trasse un sospiro lunghissimo tentando di acquietare il respiro irregolare e ricacciare indietro le lacrime che chiedevano d’uscire agli angoli degli occhi.
Non voleva piangere, sentirsi debole, gli bastava già quell’opprimente senso di impotenza nel non poter fermare tutti quegli occhi puntati su di lui come fari.
“Joe, non fare così” gli sussurrò il compagno piegandosi a raggiungere il suo orecchio. In risposta il più giovane strinse più forte la maglia di Victor un’ultima volta prima di lasciarlo andare e risollevare gli occhi un po’ arrossati su di lui.
“E... e se avessero ragione, Vic? Se stessimo realmente rovinando la vita a Seth? Insomma, adesso è solo qualche occhiata da qualche madre, ma poi? Un giorno Seth crescerà, e anche gli altri ragazzi e allora lo prenderanno in giro e lo insulteranno. Oddio, Vic potrebbero anche picchiarlo. Non voglio, non voglio gli sia fatto del male a causa mia! Ci hai mai pensato a questo?”
Victor poggiò la sua fronte su quella dell’altro socchiudendo gli occhi scuri per un istante per poi puntarli in quelli dell’altro, il noce nel rovere.
“Ci ho pensato, Joe, tante volte – occhi negli occhi un sussurro debole – ho avuto paura del mio modo di essere, quando ho preso con me Seth ero terrorizzato. Ma poi, poi ho capito che di certo non potevo cambiare me stesso, che comunque ci sarebbero stati problemi. E sai che ti dico? Che i problemi si affrontano meglio quando si è felici, quindi perché dovremmo negarci la felicità? Non ha senso. E tu, Joe, tu sei la mia felicità.”

Le iridi rovere di Joe sfavillavano dolci. Victor, il Victor solitamente un po’ serio e un po’ musone che parlava con frasi melense? Schiuse le labbra alla ricerca di quelle dell’altro facendole schioccare lievemente a quel contatto, e il suono rimbombò per la stanza favorito anche dal silenzio della casa. Se non per il brusio di sottofondo della tv in sala.
L’uomo lasciò la lingua scivolare calda nella bocca del minore, avvolgendolo con le mani forti per tirarlo su di se per posizionarselo sulle cosce. Joe gli lasciò il completo dominio dopo appena un attimo di quella che era stata una dolce lotta tra lingue calde e morbide che ormai si conoscevano a memoria. Intrecciò le dita tra i capelli corti e scuri di Victor.
“Mi ami?” sussurrò il trentenne staccandosi un secondo.
“Più di ogni altra cosa al mondo.”
“E ce la passeresti tutta la vita con me?”
“Certo che sì.”
Victor lo abbracciò per la seconda volta incastrando la sua testa tra il collo e la spalla; le mani sul suo petto, una all’altezza del cuore che pulsava lento sotto i polpastrelli. Joe rimase interdetto a quel gesto, Victor che concentrava tanta dolcezza e romanticismo in un momento solo lo mandava fuori di testa, lo faceva sentire leggero e dimenticare tutto il dispiacere che gli era crollato addosso.

Vic, dal canto suo rimase fermo per un po’ in quella posizione prima di sussurrare pelle su pelle, il fiato sulla cute che rabbrividiva entusiasta; “Joe... – fece scorta di coraggio – Joe, sposami.
Joe, sino ad un attimo prima rilassato e tranquillo tra quelle braccia calde che lo stringevano s’irrigidì di colpo, dimenandosi leggermente per tentare di sciogliere quell’abbraccio.
“CHE COSA?!” quasi strillò tra lo sbalordito e lo spaventato.
Ma Vic non si fece scoraggiare da quella risposta, avrebbe preferito un o anche che svenisse per la sorpresa, sempre meglio di quando si metteva ad urlare come un adolescente.
Si sporse oltre la sua spalla per aprire il cassetto del comodino e scavò sino in fondo, sino a raggiungere quello scatolino nero lucido nascosto sul fondo. Se ne stava lì da quasi due mesi, da quando Vic lo aveva recuperato dalla moltitudine di gioielli appartenuti alla madre, e lo aveva riposto lì in attesa del momento propizio.
“Scusa se non mi inginocchio.” sussurrò appena senza muoversi dalla posizione iniziale, con Joe sulle sue cosce che lo guardava shockato mettergli lo scatolino sotto al naso.
“Joe Alexander Matthews – fece scattare il coperchio scoprendo l’anello – vuoi farmi l’onore di diventare mio marito?”
Joe rimase paralizzato per diversi istanti metabolizzando quella notizia come se fosse stata un macigno, poi allungò la mano per prendere l’anello con due dita e maneggiarlo come se fosse fatto di cristallo, o porcellana.
Era una anello abbastanza semplice, di quelli antichi spessi e un po’ pesanti, una semplice fascetta d’oro giallo con su inciso, probabilmente a mano, un motivo astratto vagamente floreale.
Aveva una linea femminile, ma non gli importava.
Era vero? O era solo un sogno splendido, come una bolla di sapone nei giorni estivi che risplende d’arcobaleno ai raggi del sole prima di scoppiare con un pop lieve. Percepibile da solo chi segue la sua parabola.

“Oh Victor, - gli si lanciò al collo infilando l’anello all’anulare sinistro – sì! Sìsìsìsìsìsì...”, e continuò a ripetere quel migliaia di volte, sempre più forte, come per paura che il compagno non lo avesse sentito. L’ultimo sì risuonò tanto forte da rimbombare per tutta la casa e far persino accorrere Seth, preoccupato per quel grido.
“Co-cosa succede?” domandò titubante il piccolo tranquillizzandosi un po’ vedendo i genitori seduti sul letto stretti in un abbraccio. Almeno non era successo qualcosa di brutto.
Joe balzò su per andare incontro al ragazzino fermo sul ciglio della porta. Lo afferrò per i fianchi e se lo tirò addosso, camminando all’indietro sino a cadere di schiena sul letto matrimoniale con un tonfo. Il bambino sul suo stomaco che lo guardava stralunato.
“Seth, Seth io e papà ci sposiamo!” la sola idea lo mandava in fibrillazione, il viso si era fatto tutto rosso e parlava a velocità altissima tanto che il piccolo capì a stento quella valanga di parole.
Gli occhi scuri di Seth, identici a quelli di Victor, sfavillarono improvvisamente capendo infine il senso di quelle parole.
“Davvero?!” domandò entusiasta passando gli occhi da un padre all’altro. Incredulo. E al cenno d’assenso di Vic si mise a ridere felice abbracciando il padre sotto di lui.
Joe ricambiò quell’abbraccio morbido e caldo come il maglioncino di lana che il bambino aveva addosso, poi si ricompose alzando il piccolo da suo ventre e scappando a rotta di collo fuori dalla stanza. Victor e Seth rimasero basiti a quel cambiamento improvviso del ventisettenne che trottava fuori dalla porta come un idiota, o un cavallo.

“Ehi, dove vai?” domandò Vic seriamente preoccupato per la sanità mentale del futuro marito.
“A dirlo a mia madre.” rispose la voce di un Joe ormai lontano, che probabilmente sferragliava impaziente e nervoso con i tasti del telefono. Vic già se l’immagina, la scena, quella di Joe che rideva entusiasta alla cornetta mentre all’altro capo della città i paramedici entravano in casa della signora Matthews per farla riprendere dallo svenimento.


Angolo autrice:
Il noce nel rovere sta ad indicare la due differenti tonalità di marrone degli occhi di Victor e Joe. Il primo, il noce, è un legno scuro che indica le iridi più scure di Victor; mentre il secondo, il rovere, è un legno chiaro che indica le iridi più chiare di Joe.
Ma io, bho, *^* mi sono sciolta da sola.
Victor e Joe, ancora non riesco a capacitarmi da sola, ma francamente era ora u.u
Questo è un orario un po' insolito per pubblicare per me ma, vabbè, l'ho appena finita e non vedevo l'ora di pubblicare!
Sommergetemi di recensioni!!!
Uni.
   
 
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