Fanfic su attori > Josh Hutcherson
Segui la storia  |       
Autore: Teikci Ni Kare Suh    11/02/2013    3 recensioni
Elizabeth è costretta a trasferirsi a Los Angeles a causa del lavoro del padre. Dopo aver litigato con la sua migliore amica, ed essere stata tradita dal fidanzato, inizierà una nuova vita, conoscendo persone nuove.
Ma sarà l'incontro con Josh, a sconvolgere letteralmente la sua vita.
***
"Tu non sai cos'è l'amore"
"Come ti permetti di pensare questo!"
"Non credo tu abbia mai ricevuto un vero bacio"
"Ma cosa ti passa per la testa, ti sbagli"
"Allora baciami. Ora"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Josh Hutcherson.
Quel nome continua a gironzolarmi per la mente, senza dirmi niente di niente.
Avrei dovuto conoscerlo?
Evidentemente  per Rose, si.
Peccato che non avesse potuto dirmi di più, visto che il prof. aveva minacciato interrogazione a chiunque avesse parlato.
Eravamo andati in laboratorio di chimica e fatto qualche esperimento, di cui non ricordo neanche le sostanze usate.
Le due ore erano passate in fretta, ma mi sentivo già male pensando alla marea di compiti da fare.
Varcata la porta di casa, mia madre mi assale con voce ansiosa
“Allora, com’è andata?”
“Mamma, ti prego. Fammi almeno riprendere fiato.”
Vado in cucina, tiro fuori una bottiglia di aranciata e ne bevo un bicchiere.
Mi sento sfinita, e siamo solo all’inizio.
“Ho conosciuto una ragazza, si chiama Rose. E’ molto simpatica”
Mia madre mi sorride compiaciuta.
“E i professori come sono?”
“Oh, il professore d’inglese è molto bravo, ma il prof. di chimica è….”
E così inizio a raccontarle di tutto, come sono i compagni, i prof più antipatici, quelli lunatici e così via.
Dopo mezz’ora salgo in camera mia, getto la cartella in un angolo e mi butto sul letto.
Mi rilasso completamente e mi sento meglio.
Sento la tasca che vibra e tiro fuori il cellulare.
Ho un messaggio di James
James: Spero che la giornata sia andata bene :D
Scusa se non ti chiamo ma sono al lavoro, mi raccomando studia.
Il tuo Fratellone.
P.S. Chiama Jane.
Cavolo, me n’ero quasi dimenticata!
Dovevo assolutamente chiamare Jane.
Ma cos’avrei dovuto dirle, e come?
Fisso intensamente il cellulare, quasi pensando che possa darmi una risposta.
Chiamarla o non chiamarla, chiamarla o non chiamarla?
“Chiamala, scema! Avresti già dovuto farlo prima, senza la richiesta di James!”urla una vocina nella mia testa.
Le do ragione, perciò afferro il cellulare e scelgo nella rubrica il profilo Jane.
Lo porto all’orecchio e aspetto.
Qualche secondo e parte la segreteria telefonica.
“Salve questa è la segreteria telefonica di Jane Evans! Al momento sono occupata nel difficile studio dell’ozio, perciò non posso rispondere. Lasciate un messaggio!”
Bene, perfetto!
Arrabbiata mi infilo la giacca, prendo le chiavi ed esco.
“Lizzy, dove vai?” urla mia madre.
“A fare un giro nei dintorni, non preoccuparti”
Cammino lentamente per sbollirmi un po’.
Miseriaccia, e adesso quando ritrovo il coraggio di chiamarla?
“Non sarà mica questo il problema? Devi solo ritrovare il telefono libero” interviene la vocina.
Si, grazie, la fai facile tu.
Intanto ripasso a mente la lezione d’inglese, tanto per tirarmi più avanti.
Beh, dopo inglese mi sarebbe rimasto da fare storia e scienze.
Vago per le strade ancora un po’, immersa nei ricordi.
Mi viene in mette di tutte quelle volte che mi ero sentita triste, quando ero al mio paese, e correvo al bar dello zio Jack a strafogarmi di ciambelle alla Homer Simpson e frappè al cioccolato.
Certo la mia linea non faceva i salti di gioia, ma era un problema sul quale cercavo di riflettere il meno possibile: vedere quanti chili hai preso dall’ultima volta che ti sei pesata, come vedere il credito residuo nel telefono, è una di quelle cose che ti rovina come minimo la mattinata.
Poi altri ricordi.
Quando ero giù, lui c’era sempre.
Tom.
Scaccio il suo viso dalla mente, ma un groppo mi sale alla gola e devo sedermi su una panchina lì vicino, per calmarmi.
Liz, keep calm, non pensarci, è solo un brutto ricordo, non ti mancherà di certo?
Ovvio che non mi manca…no.
Ma chi voglio prendere in giro?
“Datti una svegliata! Ehi, devi riprenderti. Non vorrai rimanere uno zombie per colpa sua?”
E riecco la vocina seccante.
Penso a cosa risponderle, e nel mentre comprendo che sto letteralmente dando i numeri se mi metto a litigare con una voce che è frutto della mia immaginazione, quando  il mio sguardo viene attirato da qualcosa: un piccolo locale che assomiglia a una scatola di sardine, in mezzo ai grattacieli e agli enormi edifici di Los Angeles.
Qualche tavolo fuori, una luce soffusa proviene da dentro e un’insegna al neon che dice “New Paradise”.
Non so perché, ma mi ispira ed entro.
Forse perché sembra talmente fuori posto in questa città così grande…un po’ come me.
Mi siedo su una delle sedie alte vicino al bancone e richiamo l’attenzione della cameriera.
“Si?” mi domanda con una voce che sembra sia appena tornata dal regno dei morti, mentre mastica una mentina che purtroppo non sminuisce il puzzo di fumo del suo alito.
“Un frappè al cioccolato, per favore” dico trattenendo il fiato.
Pago e aspetto il mio frappè, osservando il posto.
Ci sono vecchi poster della coca cola appesi alla parete, un’immagine di Capitan America e un jukebox.
Mi sembrerebbe di essere negli anni cinquanta, se non fosse per l’enorme televisione appesa all’angolo che trasmette una partita di baseball.
Arriva il mio frappè e mi metto a guardare la partita per distrarmi un po’.
Il battitore fa due strike, ma riesce a colpire la terza palla e inizia a correre.
Mi protendo in avanti, senza accorgermene, interessata al tiro: il giocatore in seconda base parte come un razzo e arriva alla casa base, ma il battitore rischia troppo ed è out.
Arriccio le labbra con disappunto e mi rimetto dritta sulla sedia.
Sento una risatina alle mie spalle e mi volto: due splendidi occhi verdi che sembrano smeraldi mi abbagliano, mentre mi guardano divertiti.
Alto, biondo, i capelli scompigliati e un sorriso mozzafiato: è la fotocopia di Pettyfer, solo un po’ più grande e i contorni del viso più dolci.
“Che c’è da ridere?” riesco a balbettare, con meno convinzione, anzi forse proprio senza, di quanto avrei voluto.
Il cameriere-Pettyfer continua a ridacchiare, mentre lo guardo indispettita.
“Avevi una faccia. Non credevo che ad un’adolescente interessasse il baseball”
“Beh, è così” e gli faccio la linguaccia, pentendomene subito.
Dio, che infantile!
Ora penserà che ho seri problemi mentali.
Cerco di non badargli e mi concentro sul frappè.
“Com’è?”
Alzo gli occhi e vedo che il cameriere-Pettyfer si sta rivolgendo a me.
“Buono, non male”
“Guarda che potrei offendermi”
Gli sorrido.
“Io sono Daniel”
“Elizabeth”
Mi osserva concentrato, e questo non mi piace per niente.
“Che succede?”
La domanda mi coglie di sorpresa e non riesco a coglierne il senso, almeno non appieno.
“In che senso?”
Daniel ridacchia, come se la sapesse lunga.
“Hai un’aria talmente…afflitta. Che è successo?”
Lo fisso negli occhi e mi sento così tranquilla e fiduciosa che in due minuti è al corrente di tutto.
“Però. Un bel po’ di problemi”
Sorrido mestamente “Già”
Silenzio.
“Sai, mi sembro uno di quegli uomini lasciati dalle mogli, che si ubriacano e si confidano con il barista. Sono messa così male?”
“In effetti hai la stessa espressione depressa di quegli uomini. Con la differenza che tu sei sobria”
Ci scambiamo uno sguardo divertito.
Una piccola sveglia suona e Daniel volta di scatto la testa verso l’orologio dietro di lui.
Sono le cinque in punto.
Si leva il grembiule e si infila il giubbotto bordò appeso vicino alla porta della cucina.
“Ci vediamo domani, Ester”
L’altra cameriera gli fa un cenno con la mano senza staccare gli occhi dalla tv.
Il rumore della cannuccia che tira su a vuoto mi risveglia.
Daniel mi guarda.
“Hai qualcosa da fare?”
Non so cosa rispondergli, ma poi mi dico che è meglio non correre troppo.
“Beh, è meglio che torni a casa. Non vorrei che mia madre si preoccupasse troppo”
Lui annuisce comprensivo.
“Dove abiti?”
“Flower Street”
Un’aria pensierosa compare sul suo volto, ma dopo poco si illumina.
“Io devo andare da un ferramenta, ma Flower Street mi porta un po’ fuori strada. Se vuoi ti accompagno per un piccolo tratto”
E perché no?
“D’accordo”
Lui sorride raggiante e usciamo dal locale, mentre tre moto parcheggiano lì davanti.
Daniel si ferma e s’irrigidisce, il viso scuro e serio.
Poi lo vedo apparire, sorridente e, lo devo dire ragazzi, con un fisico da urlo.
Hutcherson.
La giacca di jeans è aperta su una maglietta bagnata, probabilmente sudore (bleah!), appiccicata al petto di Hutcherson e si vedono i muscoli…
Levo lo sguardo e mi concentro sul viso che è serio e guarda nella nostra direzione.
Si avvicina e noto solo allora quanto sia basso: arriva alle spalle di Daniel ed è leggermente più alto di me.
“Price”
“Hutcherson”
Poi un sorrisetto appare sul suo viso.
“Vedo che hai cambiato lavoro. Di nuovo”
Le mani di Daniel si stringono in pugni e le nocche diventano bianche, ma lui non reagisce.
“Cosa sei venuto a fare qui?”
“Sai com’è, adoro le torte che fate qui…commissioni materne”
Sorride ancora con quel ghigno che mi da sui nervi.
“Ricordati che mi devi una partita a basket” dice.
Mi guarda e non riesco a capire cosa gli passi per la testa.
Vedo curiosità, nervosismo e…rabbia.
Boh, chissà che pensa.
Hutcherson entra coi suoi amichetti e noi restiamo soli fuori.
“Ti dispiace se non ti accompagno? Voglio restare un attimo solo”
“Oh, si fai pure. Don’t worry. Ci vediamo”
Guardo all’interno del locale e vedo Hutcherson che ci guarda.
Anzi, mi guarda.
Saluto Daniel con la mano e mi allontano.
La voglia di camminare mi passa e perciò prendo un taxi.
Entro in casa e corro immediatamente in camera mia.
Storia e scienze non sono poi così difficile e quando sono all’ultima domanda sul calcolo di non so che dello zinco in reazione alla quantità di un certo materiale, mia madre mi chiama.
“Elizabeth, scendi!”
E ora che cosa vuole?
Scendo stancamente le scale e trovo in soggiorno mia madre in compagnia di una donna bionda e dall’aria allegra e un ragazzetto magro di circa 11 anni.
“Eccoti finalmente” mi rimprovera mia madre “Questa è mia figlia Elizabeth” dice, voltandosi verso gli ospiti.
La bionda si alza e, con aria affabile, mi porge la mano.
“E’ un vero piacere conoscerti. Benvenuta a Los Angeles.”
Click, lampadina.
Quelli dovevano essere i vicini.
Mi appiccico sulla faccia un sorriso che spero sembri sincero.
“Grazie”
Poi guardo il ragazzino, che sembra cerchi di non incontrare il mio sguardo e fissa il pavimento.
La bionda allora me lo presenta.
“Questo è mio figlio Connor”
Lui mi guarda e cerco di sorridergli cordialmente, ma il ragazzino abbassa lo sguardo.
Credo sia piuttosto imbarazzato.
Insomma, non posso essere così repellente.
Mia madre colma il silenzio
“Anch’io ho una figlia più piccola, come le accennavo prima, Cornelia. Ma ora è fuori a lezione”
L’altra coglie la palla al balzo sorridente.
“Davvero! E’ meraviglioso pure io ho un figlio maggiore, credo che abbia la stessa età di Elizabeth. Forse lo conosci, cara”
“Come si chiama?”
Domando curiosa.
“Josh”
Quel nome fa nascere in me una strana sensazione…
“Allora, lo conosci?” mi domanda mia madre.
“Non saprei, qual è il vostro cognome?”
“Hutcherson. E’ Hutcherson”
Qualcuno prima o poi mi dovrà spiegare perché il destino ce l’ha con me.
“No, non lo conosco” mento.
Dlin dlon.
Il campanello.
Mia madre e la signora Hutcherson si lanciano uno sguardo d’intesa che non promette nulla di buono.
La porta viene aperta da mia madre e qualcuno, che però non riesco a scorgere, entra.
“Eccomi! Lei dev’essere la signora Clark. Piacere di conoscerla”
Mi si gela il sangue.
“Ho portato una torta. Spero non le dispiaccia” continua il nuovo arrivato mentre entrano in soggiorno.
“Niente affatto, Josh” gli risponde mia madre al settimo cielo.
La signora Hutcherson si alza e va ad abbracciare suo figlio.
“Finalmente sei arrivato. Ti devo presentare assolutamente la figlia della signora Clark. Elizabeth”
Lui si dirige verso di me, il sorriso luminoso, gli occhi da bambino e il fare un po’ impacciato.
Ma non ci mette molto a riconoscermi e il volto si fa serio e risentito.
“Tu qui?”
 
 Mi raccomando, recensite! <3
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Josh Hutcherson / Vai alla pagina dell'autore: Teikci Ni Kare Suh