Serie TV > I Cesaroni
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Autore: ChiaraMad    11/02/2013    4 recensioni
Post quinta serie. Sono passati mesi da quando Marco, ha scelto di partire raggiungendo Maya.
Premetto che è qualcosa di assolutamente strano - assurdo direi - !
E' una one-shot, uscita di getto, sentendo una canzone e ricordando con amarezza quello che era successo. - La mia mente malata, ha prodotto questa roba! o.O -
Ovviamente chi è per Marco e Maya, qui non ha come sempre niente da cercare. - Con tutto il rispetto, ovvio! -
Detto questo, vi auguro - spero o.O - buona lettura!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eva Cudicini, Marco Cesaroni
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gocce di memoria
 
 
Novembre in'oltrato, e quella pioggia sottile che ticchetta sul vetro di una finestra, a ritmo alterno. Ora più forte, ora più piano.
L'aria sempre più fredda che passava tra gli alberi ormai spogli, provocando quel fruscio sordo, rilassante. 
E l'estate, era passata, portando via con se il vecchio. Un nuovo anno, era ormai iniziato. 
Il passato se n'era andato, e aveva portato con se tutte quelle delusioni, quelle ferite, quelle sofferenze inutili che quell'anno passato aveva provocato in tre giovani ragazzi accomunati dallo stesso dolore.
Alice che aveva lasciato Rudi, partendo per quel viaggio assieme a Francesco. 
E Marco, che aveva deciso di seguire, rincorrere Maya in Lussemburgo. La donna che amava, la donna con la quale voleva stare, la donna per la quale aveva lasciato tutto, senza pensarci su due volte. Aveva lasciato la sua città, la sua famiglia e la sua vita. 
Aveva preso un taxi, un aereo, e l'aveva raggiunta, dimenticando di aver lasciato la donna che aveva amato ancora prima, con tutto se stesso, tra le braccia di sua madre, a piangere disperata, per quell'amore finito. Aveva sbagliato, lei. Ma l'aveva ammesso, aveva cercato di rimediare a quell'errore forse sbagliando. Ma a poco, erano serviti i suoi sforzi. Lui, non l'amava più. 
"Eva, io non ti amo più perchè amo Maya."
E in tutto questo, c'èra sua figlia. Loro figlia, avuta solo qualche anno prima, in quel meraviglioso pomeriggio di fine Aprile.
Aveva lasciato anche lei. Senza nemmeno salutarla. Era partito e basta, senza pensare a niente. Era stato terribilmente egoista. 
E per questo, si sentiva in colpa. 
Eva, che dopo quell'estate passata a riflettere, pensare, e soffrire ancora per quella storia finita, aveva deciso finalmente di metterci una pietra sopra, andando avanti. Per sua figlia, per la sua famiglia. Per se stessa.
Non poteva continuare a star male. Non poteva continuare a soffrire per lui, che forse non l'aveva mai amata davvero.
E dopo aver passato quei mesi successivi con sua figlia, aveva trovato la forza per accantonare tutto. Per provare a dimenticare. Aveva piano piano ritrovato il sorriso, ricominciando a vivere quella vita che aveva lasciato in sospeso, quasi a mezz'aria, quando lui aveva scelto l'altra. 
Aveva trovato un posto nella redazione di un giornale, a Roma. Spesso in quei mesi, aveva accarezzato l'idea di poter tornare a Parigi, ricominciando ancora una volta daccapo. Ma poi pensava a Marta, e alla sua famiglia che aveva ancora bisogno di lei. E allora aveva deciso di rimanere li, in quella città, tanto piena di lei e lui assieme. 
Aveva però trovato un appartamento per lei e la piccola, non volendo più rimanere in quella casa. Erano ancora troppi i ricordi. Erano ancora troppi i momenti nitidi e chiari che si susseguivano nella sua mente.
Voleva star lontana da quei ricordi, da quella casa, e da quei momenti. Voleva solo cancellare tutto quello che riguardava lui. 
Cercò però di non far risentire a Marta di quella sua decisione. Lei, aveva il diritto di poter vedere suo padre. E lui, anche se l'aveva abbandonata senza neanche salutarla, aveva il diritto di veder crescere sua figlia, anche se lontano, in un palazzo, a fare il nobile.
Aveva passato quei mesi assieme alla sua famiglia, vivendo però in quell'appartamento in centro che aveva affittato, per non dover esser costretta a mollare la sua autonomia, e vivere di quei continui ricordi di lei e lui assieme, che ancora martellavano nella sua testa, facendole quasi male. 
 
Un ragazzo alto e moro, scese da un taxi davanti a quella grande casa. La casa dei suoi genitori.
Era solo. Una grande valigia nera, e la solita chitarra in spalla. Sospirò richiudendo la porta della macchina, ad occhi chiusi. 
Erano mesi che non faceva ritorno a casa. Sei mesi, sei lunghi mesi passati in Lussemburgo assieme a Maya. 
La donna che amava, la donna che aveva deciso di seguire solo qualche mese prima. 
Credeva che tutto, sarebbe andato bene. Che tutto sarebbe stato perfetto. E per qualche tempo, così era stato. 
Innamorati, felici, vivevano il loro amore giorno dopo giorno, tranquillamente. Al palazzo del padre di lei, tra ricevimenti, feste ed inaugurazioni. Eppure per quanto si sforzasse, giorno dopo giorno, più passava il tempo e più gli sembrava che quel posto non fosse fatto per lui. Che non gli appartenesse. E che nemmeno lei, la donna che credeva con tutto se stesso di amare, gli appartenesse per davvero.
Maya, che era sempre impegnata nella vita di corte, nemmeno si era accorta di quel cambiamento d'umore improvviso di Marco, accanto a lei. Troppo presa da se stessa e dal ruolo che occupava, non aveva più trovato un attimo per stare con lui, assieme. 
E lui, non poteva negarlo, in quel posto si sentiva soffocare. In quel palazzo, chiuso tra quelle quattro mura, non aveva nemmeno trovato quella voglia, quell'ispirazione per scrivere. Erano mesi che prendeva in mano quel maledetto Moleskine, tentando di scriverci qualcosa, senza successo. Non voleva ammetterlo a se stesso, ma in fondo sapeva che, quello, non era il posto fatto per lui. Non era la sua vita. E tanto meno voleva che un giorno, la diventasse. 
E allora perchè aveva seguito Maya, quel giorno? Perchè aveva lasciato tutto, ed era partito per raggiungerla? Perchè aveva lasciato Eva in lacrime, come non aveva mai fatto, per correre da lei?
L'amava davvero, Maya? Era davvero finalmente riuscito a seppellire il fantasma Eva, nella sua mente? 
Era davvero uscito da quella storia di una vita, dopo uno, due, tre passi e poi?
Si, per lei non provava più niente. Le voleva un gran bene, ma niente di più. Per lui era tutto finito, perchè c'èra Maya. Era arrivata lei, a salvarlo. Eppure dopo qualche mese, lui l'aveva lasciata. Non era più sicuro di quello che provava. Ma quando ricordava la grinta, la forza, la determinazione ed il sorriso di quel giorno, non poteva far altro che fermarsi ad inveire contro se stesso, confuso.
Non capiva perchè l'aveva fatto. 
Si avvicinò piano a quel cancelletto in ferro, aprendolo. Un altro sospiro, pensando a quale sarebbe stata la reazione della sua famiglia a vederlo li, solo. 
Voleva riabbracciare sua figlia, voleva stringerla, voleva provare a rimuovere quel brutto ricordo, provando a dimenticare che quel giorno d'inizio Estate, era partito senza neanche salutarla.
Maya non scappava. Sarebbe rimasta li, su quel trono in quel palazzo. Eppure lui come uno stupido - si continuava a ripetere - 
era partito come se non ci fosse un domani. 
Scosse la testa, tristemente, risalendo quel viale in pietra raggiungendo la porta.
Lo sguardo basso, e la mano a stringere la presa su quella valigia che si trascinava dietro. Uno sguardo all'orologio da polso: Le otto di sera. Suonò il campanello, esitando qualche attimo. 
E qualche istante dopo, si ritrovò davanti suo padre, incredulo, che lo abbracciò forte, sorridendo contento. 
"Marcolì! Ma che ce fai qua?"
E lui che cerca di sorridere, lasciandosi però andare a quell'abbraccio forte e caldo, stretto come un bambino alla spalla di suo padre. E qualche istante dopo, anche gli altri erano arrivati ad abbracciarlo. Lucia, Mimmo, Rudi e Alice. Si lasciò abbracciare, cercando di scorgere con lo sguardo l'immagine di lei. Niente, lei non c'èra. Sperava di vedere la figlia, ma nemmeno lei non c'èra.
Si guardò attorno, confuso.
"Ma.. Marta? Non c'è?"
Gli spiegarono che lei ed Eva si erano trasferite, ancora quest'estate. Gli spiegarono che avevano affittato un appartamento in centro, e che qualche giorno la settimana passavano a trovarli. 
Annuì semplicemente.
"Eva, non mi aveva detto niente.."
Guardò un punto fisso sul pavimento, soffiando quelle parole. Lei, non gli aveva detto niente. Anzi, non gli aveva detto più niente. Non avevano più parlato, loro. Come poteva pretenderlo? 
Scosse la testa, cercando di sorridere. Non voleva far preoccupare i suoi genitori. Ma venne risvegliato da una domanda, alla quale però nemmeno lui sapeva dare una risposta.
"Ma Maya? Non è con te?"
Tutti lo guardarono in attesa, lui abbassò lo sguardo.
"Io e Maya ci siamo lasciati, papà."
Tutti lo guardono stupiti. Sembrava che tutto andasse bene, tra loro. 
Lucia si avvicinò a lui, cercando di parlargli.
"Mi dispiace tesoro, sembrava che tra voi, le cose stessero andando bene.."
"Già.. Va beh.."
"Si va avanti, no Marcolì?"
Una sberletta da parte di Giulio, ed il discorso si era chiuso li. Nessuno aveva più parlato di Maya, durante la cena. E Marco, aveva cercato di trattenersi dal chiedere di Eva.
Gli dissero contenti che Marta, aveva iniziato l'asilo a Settembre, e che ci si trovava davvero bene.
"Mi sarebbe piaciuto vederla, il primo giorno.."
Aveva perso il primo giorno d'asilo di sua figlia. Sorrise amaramente, cercando di rimuovere un'altra volta quel pensiero. L'aveva lasciata, per correre da una donna che si era reso conto di non amare, solo qualche settimana prima.
E dopo un po', decise di andare a letto, stanco. Aveva lasciato tutti in cucina, perplessi. Nessuno si aspettava che lui, potesse davvero tornare solo. 
 
Il mattino seguente, tutti, vedendolo arrivare in cucina, lo salutarono con un sorriso. 
"Ma dò vai così presto?"
"A fare na corsa, a dopo."
Era uscito di casa con l'ipod nelle orecchie, dirigendosi correndo verso quel grande parco poco distante. Voleva correre, voleva stare solo e pensare, voleva evitare di dover dare qualsiasi tipo di spiegazione alla sua famiglia. 
Il cappuccio in testa per ripararsi dal freddo, e il respiro che piano piano ad ogni passo fatto veniva sempre meno.
L'aria fredda di Novembre che soffiava. 
Correva, aveva bisogno di farlo, aveva bisogno di sfogare l'energia, la tensione accumulata in quei mesi passati a palazzo.
Si sentiva leggermente in colpa a pensarlo, ma era così. Per quanto si fosse sforzato, non riusciva a veder niente di suo in quel posto. 
Correva, e senza nemmeno rendersene conto si era ritrovato davanti al cancello di quel grande asilo vicino a quel parco.
Si fermò di colpo, e quasi inconsciamente i suoi occhi iniziarono a muoversi veloci e nervosi tra le figure di quei bambini, in cerca di sua figlia. Voleva scorgerla, voleva trovarla. Aveva bisogno di stringerla tra le sue braccia, per ritornare a respirare.
E allora frugò nelle tasche della felpa, cercando il telefono. Lo guardò qualche attimo, per poi digirare velocemente il numero di Eva, e portarlo all'orecchio.
Uno squillo, due, tre, quattro.
"Pronto, Marco.."
Eva rispose alla chiamata, freddamente. 
"Ciao Eva, tutto bene?"
"Si, grazie.."
Qualche attimo di silenzio, poi lei continuò.
"Marta è all'asilo."
"E me lo dici solo ora?"
Aveva cercato di non farle sentire quella punta di rabbia, che però a lei non sfuggì.
"Scusa se eri lontano, e le uniche volte che chiamavi per sentire Marta chiamavi mia madre, Marco."
Lui chiuse gli occhi, in fondo lei aveva ragione. Non aveva più trovato la forza di chiamarla.
Lei cercò di rimanere calma, sospirando.
"Comunque. Se vuoi sentirla, chiama verso le quattro e mezza."
Qualche attimo di silenzio, poi lui riprese la parola.
"Va.. Va bene. Chiamerò dopo. Ciao Eva."
"Ciao."
Lei aveva richiuso il telefono, buttandolo sul letto. Scosse la testa, cercando di calmarsi.
Lui rimase a guardare il telefono per qualche attimo. Perchè non le aveva detto che era tornato? 
Si aspettava qualche parola amara, pesante. Si aspettava che lei gli rinfacciasse quel giorno, in cui lui l'aveva lasciata piangere tra le braccia di sua madre per correre da lei.
Ma erano passati mesi, si diceva, e tutto era finito. Lei, non provava più niente per lui. E nemmeno lui, l'amava più - continuava a ripetersi -.
Scosse la testa, e riprese a correre, cercando di non pensarci. 
Incontrò una lunga scalinata in pietra. Un gradino, due, tre, quattro. Sembravano non finire mai.
Gli occhi chiusi, a salire velocemente quella scalinata che ad ogni gradino, era come se riportasse nella sua mente un ricordo in più. Un gradino, e nella sua mente era partito il flash-back del loro primo vero bacio alla macchinetta, sul lungo Tevere.
Un altro gradino, e la notte a teatro, si era fatta largo tra i suoi pensieri. Continuava a salire, ad occhi chiusi. 
E come diapositive si susseguivano nella sua testa tutti i loro momenti.
La notte della maturità, Alex, New York, la gravidanza nascosta che avevano vissuto fino all'ultimo assieme. Poi la radio, Sofia, quell'errore che gli aveva rovinato l'esistenza. Poi la stazione, Parigi. "Ti amo" "Anche io ti amo, Marco."
Il respiro affannato, gli occhi ancora chiusi, una mano stretta sul petto. 
Mise un piede in fallo, cadendo, rotolando giù di qualche gradino, sbattendo la testa.
Aprì gli occhi un istante, prima di richiuderli di nuovo, avvolto da una forte luce bianca. La tempia sanguinante.
Rimase svenuto, fermo, fino a quando un'anziana signora chiamò il 118, vedendolo disteso a terra, con la fronte sanguinante.
 
Lucia corse a rispondere al telefono, asciugandosi le mani in uno strofinaccio.
"Pronto.. Si, certo. Come? Oddio, ma come? Quando? Si, si, certo, arriviamo subito. La ringrazio, buongiorno."
Terrorizzata richiuse la chiamata, telefonando a Giulio ancora in bottiglieria. Entrambi si erano precipitati in ospedale, cercando di fare il più infretta possibile. 
E dopo un po' di tempo, erano arrivati al reparto di neurologia intensiva, al quinto piano di quell'ospedale. 
Spalancarono le porte di vetro, nervosi. Si trovarono di fronte ad un primario, che spiegò loro la situazione.
"Signori, vostro figlio è stato ritrovato su una scalinata privo di sensi. Pare abbia battuto la testa in modo violento."
"E ora? Come sta?"
Giulio che non riusciva a stare calmo, assieme a Lucia, che nervosa e preoccupata quanto lui aveva ascoltato le parole del dottore, incredula.
"Per ora, non possiamo dire niente di certo. Ora dorme. E' in uno stato di coma molto profondo. Dobbiamo aspettare che si risvegli, per accertare la situazione."
Entrambi tristi, avevano ascoltato il dottore. 
"E.. Possiamo vederlo?"
"Si, seconda stanza a destra, lungo il corridoio."
Si congedò con un cenno del capo, dirigendosi verso l'infermiera poco più distante da lui.
Giulio e Lucia si guardarono increduli. 
Si avviarono veloci verso quella camera indicata qualche attimo prima dal dottore, velocemente.
Aprirono piano la porta socchiusa, entrando nella stanza. 
Giulio con le mani sul viso e le lacrime agli occhi, guardava il figlio, disteso in quel letto, privo di sensi. Si avvicinò piano, sfiorando piano quelle bende bianche che avvolgevano la sua testa, lasciando scendere quelle lacrime.
Lucia si avvicinò piano al letto, stringendo la mano di Marco. Guardò verso Giulio, cercando di tranquillizzarlo.
"Amore? Amore? Stai tranquillo. Hai sentito il medico? Dobbiamo solo aspettare che si risvegli. Andrà tutto bene.."
"Se se risveglia!" 
Giulio aveva iniziato a piangere silenziosamente, stringendo la mano del figlio. A poco erano valse le parole della moglie.
Vennero distratti dalla suoneria di un telefono, che proveniva dalla borsa di Lucia. Rispose alla chiamata, sospirando.
"Tesoro, pronto.."
"Ciao mamma. Tutto bene?"
Lucia guardò verso Marco, scuotendo la testa, triste.
"No tesoro, non va per niente bene. Siamo in ospedale."
Eva si allarmò.
"Si è sentita male la nonna? Giulio?"
"No, no Eva. Siamo qui per qualcun altro."
Lucia non sapeva se era il caso di dirle di chi si trattava. Sapeva quanto avesse sofferto la figlia. E non voleva che lei tornasse a star male ancora.
"Mamma, ci sei? Che succede?"
Eva, preoccupata dall'altra parte del telefono, non capiva di chi si trattasse.
"Tesoro.. Siamo in ospedale con.. Marco."
Silenzio. Eva rimase immobile, lasciando cadere la matita che teneva tra le dita. La bocca socchiusa, e la fronte corrucciata. Il respiro accelerato.
"Come.. Quindi, siete in Lussemburgo?"
"No Eva, a Roma, al Gemelli."
E quelle parole, bastarono per farla alzare in piedi, in cerca delle chiavi della macchina. 
"Un quarto d'ora, e sono li. A dopo mamma."
E aveva chiuso velocemente la chiamata, senza nemmeno dare alla madre modo di replicare. Nemmeno lei sapeva spiegarsi il motivo. Ma lui era in ospedale, stava male, e al solo pensiero che gli fosse successo qualcosa di grave, si sentiva gelare il sangue nelle vene. Dopo mesi. 
 
Entrò anche lei in quel reparto, spalancando quelle porte di vetro. 
Aveva preso la macchina, e cercando di fare il più in fretta possibile, era arrivata all'ospedale.
Non sapeva cosa l'avesse spinta a farlo. Non sapeva cosa l'avesse spinta a correre da lui. Ma non potè fare a meno di farlo. Doveva andare da lui, doveva vederlo, doveva vedere come stava. Poco importava se li con lui, ci sarebbe stata anche Maya.  
Si rivolse ad un'infermiera, chiedendo di "Marco Cesaroni". 
Si diresse velocemente verso quella stanza indicatale col dito, nervosa, agitata. 
Aprì anche lei la porta socchiusa, sospirando. 
Si ritrovò davanti sua madre, che la guardò triste, salutandola. Giulio la guardò, con le lacrime agli occhi. Si guardò attorno, cercando di scorgere l'immagine di lei in quella stanza. Niente, non c'èra.
Si avvicinò piano anche lei a quel letto, incredula. Gli occhi spalancati, che piano si stavano velando di lacrime. La borsa sulla spalla, si portò i capelli indietro con una mano, sospirando.
Lo guardò in silenzio, notando le bende, soffermandosi a guardare quel taglio sul labbro inferiore. Alzò piano lo sguardo verso sua madre.
"Che.. Che è successo?"
"L'hanno.. L'hanno trovato svenuto su una scalinata. Quella in centro. Ha battuto forte la testa."
"Che ha detto il dottore?"
"Ha detto che.. Non possono ancora dire niente di certo. Dobbiamo aspettare che si risvegli."
Eva annuì piano, lentamente. Si avvicinò a Giulio, vedendolo in lacrime. Una mano sulla spalla. Lui si girò piano verso di lei, abbracciandola forte. E anche lei si strinse a lui. Incapace di smettere di guardarlo.
"Giulio, non ti preoccupare. Dobbiamo.. Solo aspettere."
Cercò di tranquillizzarlo, parlando più a se stessa che a lui. Vederlo disteso in un letto d'ospedale, era una cosa strana per lei. 
Rimasero tutti e tre in quella stanza, immobili. Si scambiavano qualche parola ogni tanto, continuando a guardare Marco disteso in quel letto. Nella stanza, solo il rumore dei macchinari medici collegati. 
Poco dopo, Lucia era riuscita a convincere Giulio a scendere a prendere un caffè, per tranquillizzarlo.
Eva rimase nella stanza, seduta sulla sedia accanto al letto. Rimase a guardarlo immobile, incapace di smettere. 
Non riusciva a spiegarsi il motivo. Eppure l'unica cosa che voleva in quel momento, era stargli accanto, aspettando che lui aprisse gli occhi risvegliandosi. Poco importava cosa avrebbe pensato se l'avesse ritrovata accanto a lui, non appena sveglio. Lei doveva essere li in quel momento, e tanto bastava per farle reprimere in un piccolo angolo quella rabbia provata per lui in quei mesi.
Fece uno sforzo immane per provare a dimenticare per qualche attimo quei mesi passati a piangere, soffrire, perchè lui non c'èra, e aveva scelto un'altra. Cercò di accantonare momentaneamente in un angolo tutti quei momenti, quella sofferenza, provando a rimuovere l'immagine di quel giorno dalla sua testa. "Io non ti amo più, amo Maya". "Io voglio lei. Voglio stare con lei. Ho bisogno di lei."
"Eva e Marco non esistono più, e tu lo sai." Chiuse gli occhi, cercando di rimuovere quelle parole e quel momento, tornando a guardarlo. 
Scosse la testa, alzandosi da quella sedia, allontanandosi da quel letto. Si portò le mani sul viso, sospirando. 
Eppure si sentiva attratta come da una calamita a quel letto. Si avvicinò piano, titubante. 
Non aveva la forza di toccarlo. Voleva solo guardarlo, provando a non fare del male a se stessa. Se l'avesse toccato - lo sapeva -
si sarebbe solo fatta del male inutilmente. 
Rimase vicina a quel letto, sedendosi di nuovo su quella sedia, accanto a lui ancora addormentato.
 
Qualche ora dopo, a prendere Marta dall'asilo, c'èra andata Lucia. La bambina aveva chiesto della madre, e lei le aveva risposto che presto la mamma sarebbe tornata a casa.
Giulio era rimasto in ospedale, assieme ad Eva. Poco dopo, erano stati raggiunti da Ezio, Cesare, Rudi, Alice e Mimmo.
La sera, Lucia, anche se titubante all'idea che la piccola potesse vedere il padre in quelle condizioni, tornò all'ospedale con Marta.
E la piccola non appena vide la madre fuori da quella stanza, le corse subito in contro, abbracciandola.
"Amore della mamma! Come stai?"
Eva la abbracciò forte, cercando di ricacciare indietro quella tristezza che l'aveva invasa per tutta quella giornata passata all'ospedale.
"Bene mamma, te?"
Eva, rispose alla piccola, anche se poco sicura.
"Anche io, sto.. Bene.."
"Mamma, pecchè papà è in ospedale?"
Eva la guardò incredula, corrucciando la fronte, triste.
"Amore.. Papà è caduto. E adesso dorme."
Cercò di trattenere le lacrime, guardando negli occhi di sua figlia che la guardava triste.
"Io lo voio vedere!"
Eva alzò velocemente lo sguardo verso Lucia, rimasta poco più dietro. Lei sospirò, annuendo leggermente. 
Allora la mamma la prese in braccio, portandola piano verso quella stanza poco più distante. Lucia le seguì, preoccupata.
Aprì piano la porta, trovandosi davanti tutti gli altri, che erano rimasti nella stanza. Tutti rimasero stupiti nel vedere Marta, tra le braccia di Eva. 
La lasciò scendere piano, per poi vederla correre verso quel letto, chiamando suo padre.
"Papà? Papà? Papà?"
Vicina al letto, aveva oltrepassato Giulio che la guardava triste, con le lacrime agli occhi. 
"Pecchè non rispondi?"
Gli aveva preso la grande mano, tra le sue piccole manine, stringendola. Eva rimase indietro, assieme agli altri, che guardavano la scena tristi, quasi piangendo per quella piccola bambina che voleva solo che il suo papà si risvegliasse.
 
Poco dopo, era tempo di tornare a casa. Lucia si avvicinò piano a Giulio, invitandolo a seguirla a casa. 
Lui scosse la testa, contrario. 
Eva, intervenì.
"Dai, voi andate pure. Qui ci rimango io. Se ci sono novità, vi chiamo, promesso."
I suoi fratelli la guardarono stupiti. Ricordavano bene quanto Eva avesse sofferto quando lui era partito. 
Gli adulti annuirono sconsolati, uscendo piano da quella stanza. 
"Tesoro, sei sicura, si?"
Eva annuì, cercando di abbozzare un sorriso. Si avvicinò a Marta, dandole un bacio sulla fronte.
"Mamma, io voio rimanere con te!"
"No amore, tu domani devi andare all'asilo, che ti piace tanto.. Dai piccola, che stasera dormi con i nonni, sei contenta amore?"
Marta annuì semplicemente, lasciandole un bacio sulla guancia. 
"Ciao mamma!"
In braccio a Lucia, che faceva ciao ciao verso Eva, in piedi vicino a quel letto.
"Ciao ciao papà!"
Salutò anche Marco, che però non poteva sentirla.
Lucia richiuse la porta alle sue spalle, dando un'ultimo sguardo ad Eva. Lei lo sapeva: Nonostante tutto, sua figlia non aveva mai smesso d'amarlo. 
 
Eva rimase a guardarlo con gli occhi stanchi, fino a tarda notte. Poi, dopo aver comunque provato a resistere ancora, era crollata anche lei, addormentandosi su quella sedia. Aveva trovato la forza di accarezzare la sua testa, e di stringergli la mano. 
E così, con la mano unita alla sua, avvolta da quel calore, si era addormentata. 
L'alba che piano faceva capolino, e qualche raggio di luce che entrava dalla finestra. 
Quel raggio, che aveva colpito il viso di lui. Strizzò di più gli occhi, per poi aprirli piano. Il mal di testa forte.
Sentì qualcosa di caldo nel palmo della sua mano. La strinse piano, continuando ad aprire e a chiudere piano gli occhi. 
Strinse di più quella che sembrava una mano, risvegliando la ragazza che gli stava accanto, e lui non aveva ancora visto.
Eva aprì piano gli occhi, sentendosi stringere la mano. Voltò velocemente lo sguardo verso di lui, preoccupata.
E vide i suoi occhi aperti, e la fronte corrucciata in un'espressione di dolore.
Si avvicinò ancora a lui. Sentì solo un sorriso distendersi sul suo viso, e quella sensazione avuta fino a poco tempo prima dissolversi piano dentro di sè.
"Marco.. Marco.."
Pronunciò piano il suo nome, cercando di guardarlo negli occhi. Si alzò di scatto, uscendo dalla stanza per andare a chiamare il dottore.
"Si è svegliato!"
Entrarono velocemente nella stanza, avvicinandosi a lui, che li guardava confuso.
"Ragazzo, come ti senti?"
Il dottore si avvicinò a lui.
"Scusi ma.. Lei che è?"
"Come? Sono un dottore."
Marco si guardò intorno, allarmato. Si alzò a sedere nel letto, agitandosi.
"Ma dove sono? Chi siete voi?"
Eva spalancò gli occhi, incredula. 
Il dottore abbassò lo sguardo, capendo. Si rivolse ad Eva, portandola in disparte.
"Signorina.. Non sembra che il ragazzo abbia riportato danni permanenti, ma.. Il forte colpo alla testa, deve avergli fatto perdere la memoria."
"Come? Ma.. E' temporanea questa cosa?"
"Possono volerci giorni, come possono volerci mesi. L'unica cosa che le posso consigliare, è di rievocare più ricordi possibili, in modo da stimolare il sistema nervoso. Però non si deve preoccupare, il ragazzo sta bene. E' solo.. Smemorato."
Eva lo guardò stupita, sospirando. 
Il dottore sorrise, tranquillizzandola, uscendo dalla stanza, lasciandoli soli.
Si avvicinò piano a lui, vedendolo confuso.
"Marco?"
Titubante, aveva provato a richiamarlo.
"E chi è Marco?"
"Sei tu!"
Incredula, aveva risposto a quella domanda assurda.
"E tu chi sei?"
"Io? Non ti ricordi proprio niente?"
Lui abbassò la testa, triste. La scosse piano, per poi tornare a guardarla.
"No.."
Si avvicinò piano a lui. Si sedette sul bordo del letto, più o meno vicino a lui.
"Io.. Io sono Eva. Non ti dice niente?"
Lui scosse la testa, negando.
"Come ci sono finito qui?"
"Hai.. Sbattuto forte la testa su una scalinata. E.. Hai perso la memoria, credo.."
Incredula, si portò i capelli indietro con una mano, sospirando ancora.
"Scusa ma.. Che posto occuperesti tu nella mia vita?"
Lo guardò per qualche attimo, rendendosi conto di aver pronunciato lei stessa quelle parole, qualche anno prima, davanti a quella fontana in centro. 
 
E poco dopo, Eva aveva chiamato la sua famiglia per dar loro la notizia. Tutti corsero in ospedale, felici di quella notizia data solo solo per metà.
Entrarono nella stanza, sorridenti. Giulio si precipitò verso di lui, abbracciandolo, vedendolo sveglio.
Marco corrucciò la fronte, confuso. Si scostò dall'abbraccio di suo padre, lasciando Lucia ed i suoi fratelli perplessi. 
Guardò verso Giulio, confuso.
"Scusi ma.. Lei chi è?"
"Ma che me stai a prenne en giro?"
Confuso, guardò verso Eva che aveva solo scosso la testa, negando.
Spiegò loro ciò che era accaduto. Ciò che aveva detto il medico. 
Aveva perso la memoria, e non ricordava assolutamente niente. Ne chi fosse, e ne tanto meno chi fossero tutti loro. Spiegò loro ciò che aveva consigliato il dottore. Cercare di stimolare il sistema nervoso, rievocando più ricordi possibili. 
Tristi ed increduli, l'avevano guardato notando quell'espressione corrucciata nel vederli di fronte a lui.
 
Qualche giorno dopo, Marco uscì dall'ospedale, accompagnato dalla sua famiglia. 
Avevano cercato di fargli capire che si poteva fidare. Che loro, erano la sua famiglia. Rudi, Alice e Mimmo, erano suoi fratelli. Giulio suo padre. Lucia, sua moglie. 
Sfogliando fotografie, in quei giorni successivi, aveva provato a ricordare qualcosa della sua vita precedente. Niente. 
Aveva capito più o meno i ruoli di tutti nella sua vita. Ma non quello di quella ragazza che aveva trovato accanto, al suo risveglio quel giorno in ospedale. "La mamma di Marta, nostra figlia. Non ricordi nemmeno di lei?"
Eva si era avvicinata a lui, con Marta in braccio che scalciava per correre ad abbracciare suo padre. 
Lui sorrise istintivamente, vedendo quella bambina per la prima volta. Quella, era davvero sua figlia? Poi rimase immobile. Lei aveva detto "nostra figlia". Era rimasto subito incantato a vedere quella ragazza. Era bellissima - pensava -. 
Sconvolto, boccheggiò incredulo.
"Come.. Come, nostra figlia?"
Lei sospirò. Nessuno gli aveva ancora parlato della loro storia. Spettava a lei farlo.
"Si, nostra Marco."
"Intendi.. Mia e tua?"
Eva annuì, sorridendo leggermente divertita dall'espressione sul volto di lui.
"Si, Marco.. Mia e tua."
"E.. Come.. Cioè, io e te stiamo assieme?"
Eva smise di sorridere. Sapeva che prima o poi, sarebbero arrivate le domande difficili. Lasciò scendere Marta dalle sue braccia, lasciandola correre in cucina. 
Sospirò, sedendosi sul divano vicino a lui.
"No, Marco. Noi, non stiamo più assieme."
Lui corrucciò la fronte, non capendo. 
"E perchè?"
Eva sospirò un'altra volta. Stava diventando difficile andare avanti. Erano mesi che non parlava più della loro storia. Erano mesi che dopo mille sacrifici, era riuscita a smettere di pensare continuamente a lui. "Ha il diritto di sapere" si diceva nella sua testa, per autoconvincersi a parlare e spiegargli perchè la loro storia fosse finita.
Rimase qualche attimo, a specchiarsi negli occhi di lui. Faceva ancora troppo male. Quella ferita che ancora bruciava, che si sarebbe potuta riaprire da un momento all'altro. "E' giusto così" continuava a dirsi per convincere se stessa a mettere ancora una volta tutto da parte, per iniziare a parlare. 
"Ci siamo lasciati, l'anno scorso."
"Perchè?"
"Perchè.. Non andavamo più d'accordo."
Come si spiegano le cose ad un bambino, Eva aveva cercato di spiegare in parole sintetiche ma chiare ciò che era successo alla loro storia, trascurando, lasciando in un angolo quei ricordi brutti che l'avevano piano piano distrutta.
"Tornerà a ricordare tutto. Ci vorrà del tempo."
Ricordava ancora le parole del dottore, dette qualche giorno prima.  "Cercate di stimolare la mente, senza però stancarlo o peggio provocargli uno shock mentale. Andateci piano, insomma."
Non poteva dirgli tutto. Si limitò a dirgli che tra loro era finita, per un motivo che nemmeno lei all'ora aveva capito.
Lui, ancora più confuso, aveva annuito tristemente, non capendo. Come aveva fatto a lasciare che tra lui e lei finisse? - si chiedeva, incredulo -
 
Le settimane passavano, e tutti cercavano di riportare alla luce tanti ricordi, tanti momenti, tanti attimi passati, per risvegliare la mente di Marco. 
Lui si sforzava di ricordare, sensa successo. Non sapeva niente. Non era sicuro di niente.
L'unica cosa che sapeva davvero, era che il suo cuore iniziava a battere furioso quando lei, la madre di sua figlia, lo guardava, gli stava accanto, oppure gli sorrideva. Sentiva lo stomaco contorcersi in una morsa. Sentiva brividi a lui sconosciuti pervadergli il corpo. 
Non poteva essere finita tra loro - si diceva -. Quelle sensazioni dentro lui, gli avevano fatto capire che quella donna per lui, era stata davvero importante. E che inevitabilmente, lo era ancora. 
Una mattina sentì campanello suonare, e corse ad aprire. Si trovò davanti una ragazza bionda, non molto alta, che gli era saltata al collo abbracciandolo forte. Confuso, si lasciò abbracciare da quella ragazza per qualche attimo, per poi scostarla e guardarla negli occhi. Lei lo guardò, stupita.
"Marco, io.."
"Scusa ma.. Tu chi sei?"
Maya scosse la testa, non capendo.
"Lo so, lo so che sei arrabbiato e che vorresti non avermi mai conosciuta, ma.."
"No, ferma, guarda che io non ti conosco davvero."
Maya lo guardò seria, quasi arrabbiata.
"Mi stai prendendo in giro? C'è, io sono venuta fino a qui solo per te, e tu ti comporti da bambino fingendo di non sapere chi sono, Marco?!"
Aveva sbottato arrabbiata, spaventandolo. Lui la guardò sofferente, non capendo.
"No, io, davvero, non mi ricordo.."
Scosse la testa, guadandola.
"Qualcosa che non va?"
Eva sopraggiunse alle sue spalle, preoccupata. Non aveva vista Maya, ancora fuori dalla porta.
Arrivò vicino alla porta, avvicinandosi a lui. Guardò stupita verso Maya, che aveva abbozzato un sorriso vedendola.
"Ciao, Eva."
"Maya.."
E poi entrambe, guardarono verso Marco, che era rimasto immobile davanti a loro, non capendo.
Lui abbassò lo sguardo, per poi guardare triste verso Eva. Lei gli sorrise, accarezzandogli la testa. Poi si rivolse a Maya, seria.
"Maya.. Ci sono delle cose che non sai.." Si guardò attorno, per poi invitarla ad entrare. 
Seduti al tavolo in soggiorno, Eva aveva cercato di spiegare a Maya - seppur controvoglia - ciò che era successo a Marco. 
Lei rimase stupita, incredula. Non ricordava proprio nulla. 
 
Eva si alzò dal tavolo, lasciandoli soli. Ma rimase immobile, non appena vide Marco seduto vicino a lei voltarsi di scatto, prendendola per un braccio. Rimase stupita, guardandolo. La pregò con lo sguardo di non andarsene, implorandola. 
Maya lo guardò tristemente. 
Si alzò da quel tavolo, abbozzando un sorriso verso Marco, che cercò di ricambiare, ancora stretto al braccio di Eva, in piedi vicino a lui. Se ne andò, lasciandoli soli, richiudendo la porta alle sue spalle.
E Marco guardò Eva, confuso.
"Scusa ma.. Chi era quella?"
Guardò verso la porta, indicandola con l'indice.
Lei lo guardò, seria. 
"Lei era.. Maya. Credo che.. Si possa definire una tua ex."
Lui la guardò incredulo.
"Ex? Sono stato con lei? Quando?"
Eva, iniziava davvero ad odiare quella situazione. Ogni volta che lui le faceva una domanda, non poteva far altro che rispondergli, anche se a volte dire certe frasi e parole, faceva ancora male.
"Qualche mese fa.."
Poi continuò.
"Ma davvero non ricordi.. Niente di niente?"
Lui scosse la testa, tristemente.
Tutti in quelle settimane, avevano provato ad aiutarlo. I vecchi album di fotografie, sfogliati assieme. Le canzoni. L'avevano portato in posti che per lui avevano significato davvero molto. I suoi genitori. Ma non Eva. Non voleva ricordare la loro storia. Non voleva esser un'altra volta costretta a soffrire inutilmente. 
Lei alzò un attimo lo sguardo, pensierosa. Poi si risvegliò, guardandolo.
"Non ti ricordi nemmeno come si suona una chitarra?"
Lui la guardò confuso, non capendo. 
"Non lo so, non ricordo di aver mai suonato una chitarra in vita mia. Sai, ho perso la memoria!" Disse lui sarcasticamente, guardandola.
Lei rise divertita, guardandolo. E lui si era in pochi attimi incantato a guardarla ridere, quasi ipnotizzato da quella risata cristallina.
 
Le settimane continuavano a pensare, e ad ogni controllo medico gli venivano dette sempre le stesse cose. "E' questione di tempo, deve stimolare il più possibile il sistema nervoso."
Poi, il dottore continuò, scherzosamente.
"Anche un bacio dalla persona giusta, può essere efficace!"
Giulio scoppiò a ridere assieme al dottore, mentre Marco era rimasto pensieroso. "Un bacio dalla persona giusta".
E se fosse stato vero? - si diceva - E se un semplice bacio avesse potuto riportargli la memoria? "La persona giusta". 
E' vero, era la sua ex. Ma allora perchè continuava a sentire il cuore battere, ogni volta che lei gli si avvicinava? Perchè sentiva la testa che girava, ogni volta che lei lo abbracciava? Perchè una parte di lui, non credeva al fatto che fosse finita? 
E sopratutto, come era finita? Che era successo? Cosa c'era stato prima?
Vuoto, nero, non vedeva ne tanto meno ricordava niente. 
E poi c'èra quella bambina tanto dolce, che lo stringeva sempre forte, abbracciandolo. Le bastava guardarla, per sorridere spontaneamente, e per sentire una strana e sconosciuta sensazione di benessere attraversargli il corpo e il cuore.
Poi continuava a pensare a quel bacio dato alla persona giusta, che forse avrebbe potuto restituirgli la memoria.
Sarebbe stato giusto, chiederlo? Avrebbe dovuto farlo e basta? Non lo sapeva. L'unica cosa che sapeva, è che era finita. Nessun motivo, nessuna spiegazione. Era finita e basta, eppure lui non riusciva a farsene una ragione. Perchè allora lei era così con lui?
Così gentile, così buona e premurosa, attenta, affettuosa e presente. Se era davvero finita, perchè lei c'era ancora?
 
I giorni continuavano a passare, ma la situazione era sempre la stessa. Più Marco si sforzava di ricordare qualcosa, e più tutto sembrava inutile. 
Lucia, seduta in cucina a sfogliare un libro, nemmeno vide Eva appoggiata allo stipite della porta.
"Che leggi?"
Guardò verso di lei, distogliendo lo sguardo dal libro. Eva si avvicinò a lei, sedendosi al posto che di solito era occupato da zio Cesare.
"E' un libro che spiega la mente. Parla anche di perdita di memoria, e altri casi simili.."
Eva si avvicinò curiosa al libro.
"Che dice?"
Appoggiò un dito sulla riga, scorrendola piano.
"Qui dice che, per riportare indietro la memoria, è necessario far rivivere alla persona interessata delle emozioni molto forti, difficili da dimenticare. Non so, qui dice.."
Guardò verso Eva, fingendo innocenza, che teneva lo sguardo fisso sul libro.
Poi Lucia, continuò.
"Dice che, ad esempio, il primo amore non si scorda mai.. E Marco, si, insomma.."
Eva spalancò gli occhi, guardando la madre, incredula quanto irritata.
"Mamma, smettila."
"Tesoro, ti sto solo chiedendo di.. Non so, parlargli della vostra storia?"
"Mamma, perchè dovrei farlo?"
"Perchè non dovresti?"
Eva guardò la madre, per poi abbassare lo sguardo. Aveva ragione, non aveva motivo per non farlo. Vero?
"Tra te e lui è finita, l'hai detto tu stessa. Non c'è motivo per la quale lui non debba sapere di quello che un tempo, c'è stato tra voi."
"Un tempo.."
Fece eco Eva, sussurrando piano, con la testa bassa, ancora seduta su quella sedia.
Lucia, aveva cercato di convincerla che era giusto che lui sapesse. Che non c'èra motivo per tenergli nascosta la loro storia. 
Si convinse, dopo una lunga chiaccherata con la madre. 
La sera stessa, gli avrebbe parlato.
 
"Posso?"
Qualche ora dopo, convinta da sua madre, aveva deciso di andare al piano si sopra, per parlargli. Bussò piano alla porta socchiusa della mansarda.
Lui si voltò verso di lei, sorridendole. Non sapeva quasi niente di quella ragazza, eppure qualcosa dentro lui, lo spingeva sempre verso di lei. Un sorriso, uno sguardo, un abbraccio. Quella per lui, sarebbe dovuta essere la sua ex. Ma allora perchè ogni volta che lei gli sorrideva, sentiva qualcosa dentro di lui muoversi? Perchè sentiva il cuore battere? Non ricordava niente, ma era come se il suo corpo in qualche modo rispondesse solo a lei. Qualche giorno prima, aveva incontrato quella che sarebbe dovuta essere la donna della sua vita. "Maya, è la donna che fino a poco tempo fa amavi." Ricordava le parole di quella donna premurosa, che sarebbe dovuta essere la moglie di suo padre, e la madre di lei, Eva. 
Annuì verso di lei, sorridendo leggermente. Lei richiuse piano la porta alle sue spalle, portando dentro una grande scatola bianca. 
Si avvicinò piano al letto, appoggiando quella grande scatola. 
Lui la guardò curioso, non capendo.
"Cos'è?"
Eva sorrise verso di lui, sedendosi sulla punta del letto, più o meno accanto a lui. Aveva deciso di racchiudere in quella scatola tutta la loro storia. Sapeva che a parole, sarebbe stato difficile spiegargli tutto quello che avevano vissuto in quei anni passati assieme, che però lui non ricordava.
"Ricordi. Tanti, tanti ricordi."
Prese la grande scatola tra le mani, appoggiandola sulle sue ginocchia. Lui si avvicinò a lei, curioso. Aprì piano la scatola.
Aveva rinchiuso in quella scatola tutti quegli anni passati assieme, cercando di lasciarla in un angolo dell'armadio, rimuovendo in quei mesi quella tentazione irrefrenabile di aprirla.
Sospirò, iniziando a tirare piano fuori da quella scatola tutto quello che c'èra dentro. Le foto fatte alla macchinetta, la notte in cui lui le aveva finalmente detto di amarla. 
Marco le prese dalla mano di lei, guardandole attentamente. 
"Quando le ho scattate?"
Lei sospirò, guardando il contenuto di quella scatola.
"Cinque anni fa. Era Settembre, ma faceva ancora caldo. Quella sera, mi avevi invitata a cena. Io sono andata al ristorante, ma tu alla fine non sei venuto. E poi, dopo l'ennesima delusione che mi avevi dato, tornando a casa decisa a non parlarti più, mi sono fermata appoggiandomi ad una di quelle macchinette per le foto."
Si bloccò per qualche attimo, guardandolo negli occhi.
"E sono uscite delle foto. Queste." Cercò di abbozzare un sorriso, guardandolo.
Lui continuò a guardare le foto, quasi incredulo.
"Wow! Non sapevo di esser un tipo così romantico!"
Lei rise leggermente, annuendo.
"Già.. Lo sei.."
Lui la guardò ancora sorridente, per poi tornare a guardare il contenuto di quella scatola.
"E dopo quella notte?"
Lei sorrise leggermente, raccontandogli poi della loro storia clandestina. I loro nascondigli, e baci rubati davanti la porta del bagno al mattino, stando attenti che qualcuno non li vedesse. 
Gli raccontò dei loro amici, Walter e Carlotta, che sapevano della loro storia, e li avevano aiutati a nascondersi. 
Continuò, dicendogli di quando avevano deciso di dirlo ai loro genitori. E poi dell'infarto, Londra, di lui che era scappato perchè si sentiva troppo in colpa nei confronti di suo padre.
E poi Alex, che era arrivato nella vita di lei, e di lui che era tornato quando era ormai troppo tardi. Lui l'ascoltava parlare, annuendo di tanto in tanto, a volte confuso, a volte dispiaciuto per quello che aveva fatto.
Gli raccontò della notte della maturità, di New York, e di Milano. Poi ancora, la gravidanza nascosta vissuta assieme, in quei mesi passati al magazzino di Walter. Man mano che raccontava, Eva tirava fuori da quella scatola bianca un oggetto, qualcosa che nella loro storia aveva significato davvero molto. Ora una foto, ora un disco, poi un album da colorare, il libro dei nomi. 
Man mano che estraeva i ricordi da quella scatola, sentiva il magone nello stomaco aumentare di dimensione e volume. Sentiva quella sensazione di tristezza che non l'aveva abbandonata nemmeno per un istante, mischiata a quella voglia di rivivere in un certo senso quella che era stata la loro storia, attraverso quei ricordi sbiaditi dal tempo, ma nitidi e chiari nella sua mente e nel suo cuore.
E poi la nascita di Marta, l'X Tour, e quel periodo scuro che avevano passato entrambi alla radio. 
Raccontò con orrore del periodo in cui si erano separati, sperando di non dover entrare nei dettagli, che però lui pretendeva ad ogni ricordo rispolverato.
"Perchè ci siamo lasciati, quella volta?"
Si portò indietro i capelli con una mano, sospirando. Doveva dirgli la verità. Cercò di ritrovare la voce, distogliendo lo sguardo dagli occhi di lui.
Prese forza, raccontandogli di Sofia, del tradimento, di Venezia, Milano, del periodo che avevano passato lontani perchè il dolore che lei aveva provato, era davvero insopportabile. 
"E' stato come sentire il mondo crollarmi addosso." Confessò lei, cercando di tenere a bada quelle lacrime ribelli che avevano iniziato a spuntare dispettose dai suoi occhi. 
Lui la guardò dispiaciuto, triste. Aveva notato i suoi occhi lucidi. E l'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento, sarebbe stata stringerla al suo petto, tranquillizzandola, cercando di rimuovere per quanto possibile quei brutti ricordi dalla sua mente.
Gli raccontò poi della stazione, di Parigi, e di quei mesi passati in quella città di nuovo assieme. Raccontò poi di Jean, quel collega francese per la quale si era presa una sbandata, sbagliando. Con tristezza poi, riuscì a parlare lui di Maya, di quella ragazza che era entrata nella sua vita, guardendolo in un certo senso dal male che era riuscita a fargli lei. 
Lui rimase stupito nel sentire che quella Maya, era la donna che lui amava. La donna che lui, aveva addiruttira scelto di seguire dopo che Eva, era tornata per confessargli di aver sbagliato, e che non aveva mai smesso d'amarlo. 
Scosse la testa, incredulo. Quasi arrabbiato con se stesso. Come aveva fatto? Come aveva potuto lasciare che lei uscisse dalla sua vita? Come aveva fatto, quell'idiota, a scegliere un'altra donna al posto di lei? Che cosa aveva nella testa? Le pigne? - si diceva -
Abbassò lo sguardo, in silenzio. 
"E' finita per colpa mia, giusto?"
Lei scosse piano la testa, chiudendo gli occhi.
"Non è solo colpa tua. Anche io ho sbagliato, Marco."
Sospirò, cercando di cambiare discorso, sorridendo.
"Allora? Ricordi.. Qualcosa?"
Lui scosse la testa, sbuffando.
"Non ricordo niente. Il fatto è che.."
Lei lo guardò curiosa, aspettando che lui continuasse. Marco si bloccò, scuotendo ancora la testa, sospirando.
"Che?" Cercò di risvegliarlo lei, guardandolo meglio.
"No, niente, niente.."
Lei si avvicinò a lui, appoggiando una mano sulla sua, stringendola.
"Marco.. Se ricordi qualcosa, devi solo.."
Lui allora aveva iniziato a parlare, lasciando andare quel pensiero che stava girando per la sua mente, senza una meta.
"Il fatto è che.. Non lo so, so che può sembrare strano, stupido, e assolutamente inutile. Ma.. Perchè se non ricordo niente di tutto quello che c'è stato tra noi, sento comunque qualcosa di strano, qui, alla bocca dello stomaco, di forte, che a volte.. Mi impedisce anche di respirare, ogni volta che.. Mi sei accanto?"
La guardò negli occhi, confessandogli quella strana sensazione da cui si sentiva avvolto ogni volta che lei gli sedeva vicina. 
Lei rimase stupita, immobile, accanto a lui, incapace di dire niente, davanti a quelle parole che aveva appena sentito. 
"Non riesco a ricordare, ne tanto meno a capire niente di tutto quello che è successo. Non.. Io, non riesco a capire come ho potuto lasciare che finisse, Eva. Non lo so, non me lo so spiegare, ma.. Anche se la mia mente non ricorda niente di te, di me, di noi.. E' come se il mio corpo in qualche modo rispondesse a te. Ai tuoi sguardi, ai tuoi sorrisi, ai tuoi abbracci. E.. Non me lo spiegare, credimi, non so come tutto questo sia possibile. Mi hai detto che tra noi è finita, ma è come se il mio corpo, e il mio cuore, non fossero d'accordo con quello che dici. "
Sconvolta, rimase ad ascoltare lui che come un fiume in piena si stava liberando di quei pensieri e quei sentimenti, senza più nasconderli per paura di non esser compreso, accettato. 
Le lacrime agli occhi, il respiro accelerato, ed il cuore di lei che aveva iniziato quella corsa di battiti sfrenati, senza voler accennare a fermarsi. Si sentiva bruciare dal suo sguardo. Sentiva brividi percorrerle tutto il corpo. E non se ne sapeva spiegare il motivo. In fondo, tra loro era finita mesi fa. E lei, ne era uscita - dopo mesi di sofferenza - . L'aveva dimenticato, l'aveva lasciato andare, estraendolo dalla sua testa, con forza. Ma allora perchè continuava a sentire quella sensazione mai spenta, dentro di lei? Perchè aveva improvvisamente sentito quel fuoco caldo, scoppiettante, riaccendersi in lei ancora una volta, subito dopo averlo sentito confessarle quei sentimenti combattuti? 
Scosse la testa, alzandosi velocemente da quel letto. Non poteva. Lei, non poteva tornare indietro. Non poteva essere ancora innamorata
di lui. Lui poi, amava Maya. E se anche non lo sapeva, lei non aveva di certo il diritto di aprofittare della sua perdita di memoria, per poterlo amare ancora. Non voleva perdersi di nuovo. Non poteva saltare un'altra volta nel vuoto, senza nessun materasso sotto. 
Non voleva farsi ancora del male. 
Lui rimase poi in silenzio, vedendola di spalle, appoggiata a quella scrivania. 
"Marco.. La donna che cerchi, è Maya."
Lui corrucciò la fronte, scuotendo la testa. Intendeva forse quella ragazza bionda dell'altro giorno, che era venuta a posta per lui?
Si alzò piano, avvicinandosi a lei, ancora voltata di spalle.
"Se è davvero lei la donna che cerco.. Quella giusta.. Allora perchè quando l'ho vista la prima volta, non ho sentito niente di quello che riesci a trasmettermi tu? Perchè quando mi ha abbracciato, non ho sentito quella.. Sensazione dolce, che mi ha avvolto quando ti ho vista per la prima volta, in ospedale?"
Si voltò verso di lui, arrabbiata.
"E' perchè hai visto prima me! Se avessi visto lei al tuo risveglio, ora non saresti di certo qui a dirmi queste cose!"
Lui rimase colpito da quelle parole, in silenzio. Lei continuò, arrabbiata.
"Tu ami lei! Lei, e non me! Hai sempre amato lei! L'hai detto tu! Non ricordi?"
Lei alzò poi lo sguardo, avendo dimenticato del fatto che lui, non ricordasse più nulla.
Lui scosse la testa, negando.
"E come faccio a ricordare quello che ti ho detto? Ricordi? Ho perso la memoria!"
Alzò le braccia, sarcastico, strappandole un sorriso che lei aveva cercato di trattenere, nascondendolo, portandosi una mano sul viso. 
Lui sorrise, vedendola divertita. Era di gran lunga meglio vederla sorridere, che arrabbiata contro di lui, per qualcosa che nemmeno ricordava di aver fatto.
"Allora? Mi dici che cosa ti ho detto?"
Lei tornò seria in un attimo, guardandolo. Abbassò lo sguardo, ricordando la discussione che avevano avuto in quella mansarda, solo qualche mese prima. Con dolore, alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi scuri.
"Hai detto che.. Che non mi amavi più, perchè amavi lei. Che noi, non esistevamo più. Che dovevi andare da lei, che volevi lei, che volevi stare con lei."
Un breve attimo di pausa, per poi continuare con amarezza quella frase.
"Più o meno le parole, sono state queste."
Lui spalancò gli occhi, incredulo. Scosse la testa, allibito.
"No, no no, mi stai prendendo in giro, vero?"
Eva lo guardò seria, incrociando le braccia.
"No, è quello che hai detto. Adesso mi credi, quando ti dico che è lei che ami?"
Lui continuò a scuotere la testa, non capendo. 
"E' impossibile!"
"Ti dico che è così, fidati. E se anche non ricordi niente.. Il tuo cuore sicuramente si ricorda di quella donna."
Si mosse velocemente, per raggiungere la porta ed uscire da quella stanza. Non poteva rimanere li ancora. Doveva andarsene. 
La aprì, guardando verso di lui un'ultima volta, rimasto immobile vicino a quella scrivania. Voltò la testa, uscendo da quella stanza, richiudendo la porta alle sue spalle. 
E lui era rimasto immobile vicino a quella scrivania. Non era riuscito a dire niente. L'aveva lasciata uscire, guardandola tristemente, incapace di muoversi per fermarla. 
 
Passavano i giorni, ma Marco non aveva più avuto occasione di vederla. Quando la invitavano, accampava scuse, cercando di evitare accuratamente di entrare ancora in quella casa. Non voleva rivederlo. Non voleva, dopo quella sera. 
 
Qualche settimana dopo, lui aveva finalmente imparato a riconoscere le strade del quartiere. Aveva deciso uscire a fare un giro, per la prima volta dopo mesi da solo, camminando senza meta per quella città, di sera. Voleva camminare, voleva camminare e pensare, cercando di ricordare qualcosa della sua vita. "Fino a quando i piedi, non mi faranno male. Ne ho bisogno." Rispose a suo padre, che gli aveva chiesto dove fosse diretto da solo. 
Camminava per le vie del corso, in quella sera di metà Febbraio. "Oggi è San Valentino." Aveva sentito da sua sorella Alice, quella mattina. Camminava solo, a testa bassa, pensieroso. Aveva visto tante coppiette felici, camminare tenendosi per mano, innamorati, felici. Le guardava curioso, chiedendosi se magari anche lui avesse fatto le stesse cose, avesse vissuto quelle stesse emozioni, assieme a lei. 
Stava salendo una grande scalinata in pietra, pensieroso. Le mani in tasca, ed il colletto del cappotto alzato per ripararsi dal freddo. 
Sentì poi un forte mal di testa, che gli fece girare la testa. Una strana luce bianca annebbiare la sua vista. Si portò una mano alla testa, dolorante. Gli occhi chiusi, piegato in due su quelle scale, immobile. E dopo qualche minuto, aprì gli occhi, guardandosi attorno. La luce bianca non c'èra, il mal di testa era svanito. Guardò poi verso l'edificio poco più distante, riconoscendolo. La bottiglieria, quella di suo padre e suo zio. Quella in cui da piccolo, dopo scuola, andava per giocare con Walter. Pazzesco - pensò - ricordava tutto. Finalmente, dopo mesi di amnesia, era tornato a ricordare. Si guardò ancora attorno, sorridendo contento. E riconobbe subito la scalinata sulla quale si era trovato seduto. Quella che aveva percorso correndo quella notte. La notte in cui aiutato da Walter, aveva finalmente deciso di correre da lei ed urlarle che l'amava. A lei, Eva. 
Era tornato a ricordare, ogni attimo, ogni singolo momento, ogni singolo istante passato assieme a lei. La corsa per raggiungerla.
E allora decise di cominciare a correre. Correre, correre, senza fiato, con una meta però ben precisa in testa. Quella macchinetta per le foto, sul lungo Tevere. Sorrideva, rideva come un matto e correva a perdifiato, incuriosendo i passanti che si erano fermati a guardare quel ragazzo. 
Ricordava tutto, lui. La sua famiglia, la sua infanzia, tutto il suo passato. Ricordava anche di Maya. Ma ora nella sua testa, c'era solo Eva. Nient'altro. Solo lei, la loro storia, i loro momenti, loro figlia. Era tornato a ricordare davvero tutto. Anche i mesi di amnesia, ricordava ogni singolo istante di quei mesi.
Arrivò finalmente davanti a quella macchinetta, appoggiandosi sopra, ansimando stanco ma contento. Un altro sorriso, prima di sfiorare piano quella tendina blu, ed iniziare a correre di nuovo come un ragazzino, dimenticando la stanchezza ed il fiatone, per raggiungere un altro posto. 
Casa sua. Quella che finalmente ricordava fosse casa sua. Quella in cui era cresciuto assieme ai suoi fratelli e alla sua famiglia. Quella casa che aveva visto nascere il loro amore. 
Ma si fermò di colpo. Nella sua testa, balenò all'improvviso il ricordo di quel pomeriggio d'inizio estate. La sua scelta, le lacrime e la disperazione di Eva che si stringeva forte a sua madre. La corsa assurda che aveva fatto per raggiungere un altra donna, spezzandole il cuore.
Non poteva tornare da lei, dopo essersi comportato così. Non poteva nemmeno pretendere che lei lo guardasse negli occhi ancora, dopo il ricordo delle parole orribili che aveva usato per lasciarla quel giorno. 
E proprio in quel momento, tornarono a riecheggiare nella sua mente quelle parole. "Non ti amo più, amo Maya. Eva e Marco non esistono più."
Scosse la testa bassa, per poi sentire delle gocce calde inondargli il viso. Stava piangendo. Fermo davanti alla via che portava a casa sua. 
Non era riuscito a continuare a camminare. I ricordi, la loro storia, Maya, Jean. 
Cercò di asciugare coi polpastrelli quelle gocce salate sul suo viso, sentendo quel dolore interno aumentare. 
Come gocce di memoria, quelle lacrime racchiudevano la verità, il dolore e la sofferenza di quei mesi. 
 
"Sono gocce di memoria queste lacrime nuove
Siamo anime in una storia incancellabile. "
 
Sussurrò piano le parole di quella canzone, cercando di smettere di piangere. Si era reso conto di aver sbagliato scelta. Ma ormai, era troppo tardi. 

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Tadà! :D Eccomi qui con una cosa assurda - ve l'ho detto o.O - uscita di getto dopo aver ascoltato una canzone che io amo alla FOLLIA! **
Insomma, Marco perde la memoria, dimenticando assolutamente tutto. Eva non può far altro che stargli accanto - seppur con dolore o.O - cercando assieme alla sua famiglia di riportare i suoi ricordi alla luce. Quanto però potrebbe far male?
Insomma, ripeto: Qualcosa di assurdo! xD Mi sembrava però l'unico modo, per cancellare quella cagata assurda che siamo stati costretti a vedere. -.-"
L'idea iniziale, era di una one-shot che doveva finire esattamente così. Poi, ho pensato che se l'avessi fatta finire in questo modo, parecchie persone che seguono le mie storie, mi avrebbero poi voluto morta! xD Quindi, ho evitato. o.O
Avrà una continuazione, formata da un altro solo capitolo. Due, per intenderci - è già bella lunghetta cosi! -. - Devo continuare l'altra, lo so! o.O -
Detto questo, spero che questa idea malsana possa esservi piaciuta! - A me, un po' piace, anche se non troppo -.-" -
Ringrazio tutti! :D Prometto che in settimana, mi precipiterò a leggere e recensire le storie che ho lasciato in sospeso! D: - Il tempo va e viene! -.-" -
Un grandissimo bacio a tutti, e ancora grazie

Chiara. <3 
  
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