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Autore: Revysmile    11/02/2013    1 recensioni
Incatenato alla monotona quotidianità di un'esistenza condotta tra molto lavoro e pochi svaghi, Arthur Kirkland era convinto di essere un ordinario giornalista nella vivace Londra del 1969. Cambierà idea quando, trovatosi ad indagare su una serie di sanguinari omicidi, scoprirà di essere molto più coinvolto rispetto a qualsiasi altro normale essere umano. Figure arcane e millenarie vengono alla luce, ed un fosco complotto viene svelato.
[Personaggi principali: Inghilterra, Francia, OC!Scozia, OC!Irlanda, Russia, Prussia, Sud Italia, altri.]
[Pairings: FrUk, a sorpresa.]
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender
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Lucrezia Maria Vargas: Città del Vaticano.

 

05. Incontri (parte due)

 

Londra 18:30

 

Lily, la figlia del custode, non si sentiva più le gambe per il gran correre. Non faceva in tempo ad accompagnare un invitato... *[1]

-Fratellone giochi con me?-

-No, dopo Feliciano. Adesso sto lavorando.-

Le voci dei due fratelli distrassero Francinne da James Joyce, inducendola ad alzare gli occhi dal libro per osservarli, sporgendosi leggermente dal divano del salotto sul quale era seduta.

Stessa domanda, stessa risposta. Erano da ore che andavano avanti così.

Riprese la lettura.

... nello sgabuzzino dietro la dispensa, a pianterreno, ed aiutarlo a togliersi il soprabito, che l'asmatico campanello...

La voce tuonante di Hans, dalla cucina, strappò nuovamente la sua attenzione dalle pagine del libro, riportandola ai litigi tumultuosi che imperversavano per tutta la casa.

Sapeva esattamente con chi stesse parlando al telefono: Mathias.

Era da quando i due nordici li avevano chiamati per dargli la bellissima notizia del loro leggiadro recupero, cosa che aveva peggiorato ancora di più la loro già frustrante giornata, che ogni cinque minuti il biondo era al telefono con il danese per insultarlo.

Al ricordo, Francia scosse leggermente la testa, sospirando in modo irritato.

Danimarca e Norvegia dovevano combinare proprio quel finimondo per trafugare il corpo di Svezia? Non potevano anche questa volta fingersi medici legali così come avevano fatto con Finlandia?

Meglio tornare alla lettura. Dopo aver incontrato nuovamente il piccolo parente ex-fascista reincarnato, affrontato due sessioni di riunioni e pessime notizie doveva assolutamente non pensare a niente oppure avrebbe avuto una crisi isterica.

Infatti Lovino, durante una delle molte ed interminali discussioni, aveva raccontato a tutti il ritrovamento di suo fratello. Già, perchè si erano felicemente reincontrati giusto il giorno dopo l'omicidio di Vaticano a Firenze. Lucrezia, infatti, aveva trovato per prima il bambino ed era giunta a Firenze, dove risiedeva Lovino, per contrattare diversi accordi sia con lui, riguardo al pargolo, che con altre persone, riguardo alla cui indentità e argomento d'affari aveva ritenuto superfluo informare il parente. Cosa che, invece, avrebbe fatto meglio a fare visto che, qualche ora dopo, il Meridione aveva ritrovato Vaticano morta nella campagna fiorentina, in un auto assieme ad uno sconosciuto. Ovviamente, siccome le cose non militavano già in una situazione critica, gli autori dell'omicidio della nazione, o, al massimo, dei loro complici, erano riusciti ad incastrare Lovino che, per colpa di una soffiata nel posto giusto al momento giusto, era entrato nella lista dei sospettati, non solo per l'omicidio di Lucrezia, ma anche per quello di una coppietta trucidata in agosto vicino a Firenze *[2], visto che i due delitti erano avvenuti con lo stesso modus operandi.

Ovviamente l'italiano non sapeva chi avesse architettato tutto ciò, ma con in corso gli omicidi delle nazioni era rimasto ormai con ben pochi dubbi. Inoltre, con il ritrovamento di Feliciano, la situazione andava ad aggravarsi: marcati dalla polizia e da gente interessata ad uccidere quelli come loro, ai due Vargas rimanevano ben poche scelte.

Per questo motivo Lovino non aveva detto del fratello a nessuno, in modo che non ci fossero rischi di intercettazioni e che quindi nessuno cercasse il Settentrione, e si era limitato a fuggire dall'Italia fingendo la morte della sua copertura.

Gli anglofoni l'avevano scoperto solo quando si erano trovati Lovino alla porta, mentre stringeva la mano del piccolo Feliciano.

Invece Belgio, Olanda e Francia ne erano venuti a conoscenza solo una volta giunti a Londra.

...l'asmatico campanello d'ingresso riprendeva a suonare, e lei doveva galoppare lungo un corridoio spoglio per introdurre un altro ospite. Buon per lei che non...

Scosse la testa desolata.

Vuoi per la confusione, vuoi per i pensieri spiacevoli che le affollavano la mente, non riusciva proprio a stare concentrata sulla lettura.

E come poteva non essere altrimenti, quando si aveva a che fare con America?

"Non fate nulla finchè non arrivo io". E' da quando aveva detto quell'idiozia che ognuno di loro aveva un diavolo per capello.

Solo perchè li aveva finanziati con il piano Marshall *[3] e rientravano nella sua zona d'influenza *[4] non gli dava certo il diritto di comandare.

Peccato che anche Europa, quella vecchiaccia, aveva dato un consiglio simile e, dopo ore di litigi, anche la loro assemblea, con quartier generale la casa di Arthur, aveva deciso per appoggiare questa decisione.

Infatti sapevano troppo poco sul loro nemico, cosa che rendeva impossibile intavolare un'azione di squadra, mentre agire singolarmente, oltre che troppo pericoloso, non avrebbe portato ad alcun risultato rilevante. Per cui avevano deciso di raccogliere, al momento, il maggior numero di informazioni possibili e poi, quando il quadro sarebbe stato più chiaro, sarebbero passati all'attacco.

Inoltre l'idea che Arthur fosse da solo, da qualche parte di Londra, ignaro della sua reale identità, di lei e soprattutto del pericolo che incombeva su di lui, le distruggeva l'animo.

Sbuffò tentando di togliersi questi pensieri dalla testa, riprendendo a leggere.

... che non doveva occuparsi delle signore.

A quello avevano pensato la...

Il rumore di una porta sbattuta la fece sobbalzare.

-Non me ne frega niente, stupido di uno scozzese! Io ho il diritto...-

Nonostante la voce dell'Eire arrivasse attutita nel piccolo soggiorno, era chiaro che fosse scoppiata l'ennesima lite con Scozia.

Francinne ne era sicura. Altro che raccogliere informazioni e rimanere uniti, in modo da essere più forti, sarebbe stato un miracolo se non si fossero accoltellati a vicenda nelle prossime quarantotto ore.

Per questo motivo Francia era rigorosamente in salotto mentre Belgio era in cucina, luogo dal quale Lovino avrebbe fatto meglio a tenersi distante, a meno che non fosse ansioso di affrontare le ire di Olanda.

Meglio tornare a Joyce.

... A quello avevano pensato la signorina Kate e la signorina Julia, che avevano trasformato il bagno del piano di sopra in uno spogliatoio per signore. Erano appunto...

Alzò nuovamente lo sguardo dalle pagine, scuotendo la testa con disappunto.

Era appunto il piano più stupido che Francinne avesse mai sentito ed inoltre non vedeva l'ora di andersene da quella casa.

Stare nella villa delle persona che amava da secoli, e che non vedeva da decenni, non produceva certamente, nel suo animo, una bellissima sensazione.

Ed a proposito di Arthur, nonostante tutte le sue insistenze, non avevano un piano preciso.

Okay che ancora nessuno di loro, dopo secoli, aveva ben capito come funzionasse il meccanismo delle reincarnazioni e del recupero della memoria, ma aspettare che la coscienza di Arthur si risvegliasse naturalmente, proteggendolo e tenendolo all'oscuro di tutto, era pura follia.

Infatti, normalmente, il risveglio avveniva quando si raggiungeva l'età in cui la reincarnazione precedente ha incotrato la morte, tuttavia i tempi non erano certi.

Arthur prima o poi si sarebbe ricordato di esser stato l'Inghilterra, realizzando, ad esempio, di avere 1142 *[5] anni e non 23. Siccome ormai aveva raggiunto l'età della sua precedente morte, ciò non si sarebbe fatto attendere molto. Tuttavia era impossibile stabilire quando sarebbe avvenuto. Sarebbero potuti passare persino un paio di anni.

... che non doveva occuparsi delle signore. A quello avevano pensato la signorina Kate e la signorina Julia, che avevano trasformato il bagno del piano di sopra in uno spogliatoio per signore. Erano appunto...

Francinne ne era certa. Per come era fatto Arthur, se avesse fiutato qualcosa di strano attorno a lui, non avrebbe esitato a gettarsi a capofitto in qualsiasi situazione pur scoprire la verità, nazione o umano.

A questo punto era meglio che venisse coinvolto come Regno Unito, una delle più influenti nazioni al mondo, e non come Arthur Kirkland, giornalista schizzofrenico.

Le sembravano tutti impazziti.

...che non doveva occuparsi delle signore. A quello avevano pensato la signorina Kate e la signorina Julia, che avevano trasformato il bagno del piano di sopra in uno spogliatoio per signore.

-Fratellone giochi con me?-

-Più tardi ho detto!-

Lacrime di delusione.

...che non doveva occuparsi delle signore. A quello avevano pensato la signorina Kate e la signorina Julia, che avevano trasformato il bagno del piano di sopra in uno spogliatoio per signore.

Chiuse il libro esasperata e lo lanciò in un angolo del divano, dopo essersi accorta di aver letto per ben tre volte la stessa frase, incurante del fatto che, in quanto copia autografata dallo stesso James Joyce, avrebbe dovuto trattarlo con maggiore cura.

Doveva andarsene al più presto da quella casa.

Ogni cosa, ogni stanza, ogni oggetto le diceva qualcosa di lui. Per Francinne era una sofferenza.

Dopo alcuni minuti si alzò dirigendosi al piano terra, senza degnare di uno sguardo le altre nazioni e senza proferir parola. Prese il suo cappotto dal guardaroba della hall e dopo uscì in giardino, nella fresca aria dell'imbrunire di gennaio.

Nell'attimo in cui aveva lanciato "Gente di Dublino" dall'altro lato del divano l'idea che aveva tentato, con tutte le sue forze, di sopprimere con la lettura era tornata prepotente nella sua mente.

Voleva vederlo.

Non dovevano per forza parlarsi.

I loro nemici non erano i soli ad avere delle informazioni su di lui: avevano indagato su Inghilterra.

Scozia e Galles l'avevano individuato ormai due mesi addietro e da allora avevano speso gran parte del loro tempo raccogliendo informazioni riguardo ad Arthur.

Inizialmente era per accertarsi della sua identità e sapere della sua vita ma ora avevano intenzione di usare queste notizie per poterlo tutelare e proteggere. Anche se, secondo Francinne, una scorta nascosta nell'ombra era insufficente.

In ogni caso quelle informazioni ora tornavano utili anche a lei per i suoi fini: sapeva che staccava sempre alle 19:30, tranne in rare occasioni.

-Dove vai?- era ormai già davanti al cancelletto d'uscita quando la voce di Hans fermò la sua avanzata.

-A fare un giro, torno fra poco.- mentì sorridendo all'olandese. Olanda era in piedi sulla porta soglia della casa, mentre sottili nubi di fumo si alzavano dalla sua pipa verso il cielo scuro.

Il biondo non rispose e Francia ne approfittò per voltargli le spalle, continuando la sua fuga.

-Aspetta.- sentì i passi di Hans sul vialetto che attraversavano il giardino. Francinne si voltò con aria tranquilla, mostrandosi calma.

- Se non la sfasci e prometti di tenere il tuo italico parente lontano da mia sorella te la presto, così puoi intercettare l'inglese fuori dal lavoro.- disse l'olandese tenendo le chiavi dell'auto fra il pollice e l'indice, facendole oscillare appena.

- Non ho mica intenzione di andare ad incontrare Inghilterra.- rispose Francinne allungando la mano per prederle. Quando fu a pochi centimetri da toccarle Hans, con un movimento brusco, le portò fuori dalla sua portata.

-Il fumo non mi ha reso idiota, non ancora. Crederei di più nel vedere America, con una bandiera comunista, correre nudo per le strade piuttosto che alla tua cazzata.-

-In cambio della tua promessa non ho intenzione di fermarti, ne di avvertire gli altri.- aggiunse guardando Francinne negli occhi, dall'alto della sua statura.

Ormai per Francia era inutile mentire con Olanda. Si conoscevano da troppo tempo.

-Okay. Affare fatto.- disse la ragazza dopo un attimo di riflessione. Hans adagiò le chiavi nella sua mano e voltandosi, senza dire una parola, tornò verso la villa.

Francia sorrise ed in pochi passi raggiunse l'auto. Olanda poteva apparire burbero ma, alla fine, rimaneva sempre un ottimo amico.

 

Londra, 20:37

L'atmosfera che regnava in quello squallido pub londinese era pesante e deprimente, esaltata dal fumo che aleggiava nell'aria e dalla luce fioca e che, a malapena, riusciva a rischiarare l'ambiente. Lungo le pareti le uniche decorazioni erano delle vecchie cornamuse e dei consumati cartelli, pubblicizzanti qualche alcolico, mentre gli arredamenti consistevano pricipalmente in vecchi tavoli e vecchie sedie di polivinile nero. In un angolo c'era persino un piccolo palchetto su cui un giovane aspirante musicista stava disponendo delle chitarre.

Al bancone di questo pub vi stava seduto, ormai da diverse ore, Arthur Kirkland, con l'umore ancora più tetro dell'atmosfera di quel locale, troppo alcool in corpo e, purtroppo, tre colleghi urlanti al suo fianco.

Quel giorno era stato un vero e proprio inferno per lui.

Da quando aveva scoperto che Feliciano ed il bambino scomparso erano la stessa persona era stato preso da un'enorme smania di agire, cosa che gli impedì persino di lavorare.

Ogni fibra del suo essere gli urlava di aiutare quel bambino ma non aveva la più pallida idea di cosa fare.

Non poteva chiamare la polizia. Scotland Yard non avrebbe dato molto peso ad una segnalazione di uno schizzofrenico che sosteneva di aver visto a Londra un bambino che era ritenuto da tutta Europa, con ogni probabilità, morto in Italia.

Già un paio di volte aveva fatto delle segnalazioni che poi si erano rivelate essere il frutto di allucinazioni. Non poteva permettersi altri sbagli. Non poteva rischiare di venire rinchiuso da qualche parte.

Avrebbe dovuto portare delle prove concrete, ma come fare?

L'unica cosa che gli impediva di dubitare di se stesso era il fazzoletto che sentiva premere sulla sua coscia da dentro la tasca dei pantaloni.

Non era nemmeno sicuro che abitasse in quella villa.

Quel pomeriggio era uscito prima dal suo lavoro con l'intenzione di agire lui in prima persona ma, preso dallo sconforto, dopo esser andato nel panico per la sua incapacità di stilare un piano decente, aveva finito per chiudersi nel suo solito, abitudinale pub.

Aveva iniziato subito a bere a stomaco vuoto con la speranza sia di dimenticare, almeno per qualche attimo, il bambino sia per attuire quella onnipresente emicranea ed ormai, dopo diversi rhum, whiskey e birre era completamente ubriaco.

Era da sempre stato un gran bevitore ma non aveva mai retto bene l'alcool ed ,a peggiorare la situazione, ci mancava persino Brian che era riuscito a trovarlo una volta uscito dal lavoro, portandosi dietro, purtroppo, anche altri due colleghi.

-Allora Artie, non mi hai ancora detto che cosa ci fai qui solo soletto e ubriaco?- chiese Brian sorridendo al biondo burbero.

- Sto commiserando la mia inutile esistenza. Ma questi non shono affari tuoi...- biascicò il biondo. Parlare correttamente l'inglese era un concetto ormai astratto ed estraneo per Arthur.

-Non vi sembra che Kirkland sia un po' meno acido quando è ubriaco?- chiese Stark, decisamente allegro per aver potuto finire in fretta il lavoro, grazie anche al ritrovamento della foto.

-Crepa.-

-Direi di no.- replicò Nathan, uno degli altri occupanti della stanza che condividevano il biondo e Brian.

Arthur non ne poteva più. Considerando che ormai anche i suoi colleghi erano belli alticci e che il mal di testa non sembrava migliorare, l'inglese era sull'orlo di una crisi di nervi.

- Vado in bagno.- disse alzandosi a fatica dallo sgabello.

I suoi colleghi tentarono di dire qualcosa ma Arthur si limitò ad ignorarli.

Le toilette si trovavano in fondo al locale e l'inglese riuscì ad arrivarci non con poca fatica. Il pavimento e le pareti non volevano saperne di stare ferme.

Quando riuscì, finalmente, a stringere la maniglia della porta, dopo fatiche inenarrabili, per poco non diede una gomitata involontaria a due persone alle sue spalle, in attesa che lui varcasse la soglia per accedere ai bagni.

Arrosì per l'imbarazzo, non solo stavano per ritrovarsi il suo gomito nello stomaco ma, probabilmente, si erano goduti anche la penosa visione della sua camminata a zig-zag.

Una volta dentro, mentre soddisfava uno dei suoi bisogni primordiali, notò, non senza un certo disagio che i due uomini non si erano affatto avvinicinati ai servizi, anzi, restavano sulla porta immobili, guardandolo con un'aria corruciata. Il biondo sorrise tristemente, quei due avevano fatto una mossa intelligente: mai avvicinarsi ad un ubriaco mentre è il bagno, il vomito potrebbe essere in agguato.

Finito si diresse al lavandino e riuscì a raggiungerlo giusto in tempo prima di cadere.

Guardò il suo riflesso allo specchio e, nonostante fosse completamente ubriaco, riuscì comunque a capire quando il suo aspetto fosse pessimo.

Aprì l'acqua fredda ed iniziò a lavarsi le mani ed il viso nella speranza di far diminuire, almeno un po', sia la nausea che il mal di testa ed intanto teneva d'occhio i due tizi appostati ai lati della porta.

Erano una presenza inquietante. Stavano fermi, ad osservarlo.

Erano entrambi abbastanza corpulenti, vestiti in modo anomino ed uno dei due aveva il naso che, chiaramente, era stato spaccato.

Tuttavia, considerando la loro immobilità, Arthur arrivò a chiedersi persino, visto il mal di testa, se non fossero allucinazioni. Sperò fortemente che non fosse così. Non era il momento.

Finito di rinfrescarsi si avviò, sempre e perennemente barcollando, verso la porta ma, quando fu sul punto di varcarla, una stretta ferrea bloccò la sua avanzata.

L'uomo alla sua destra, quello con naso rotto, con un movimento fulmineo gli aveva stretto la spalla, costringendolo a voltarsi verso di lui.

-Mr. Kirkland? Potrebbe fare la cortesia di venire un attimo con noi?- disse con voce baritonale.

Con la coda dell'occhio intanto vide l'altro mettere una mano sotto la giacca.

Le dita che stringevano la sua spalla sembravano scottargli la pelle, attraverso i multipli strati di stoffa. Il suo respiro sembrava essersi fermato mentre le sue orecchie non percepivano più alcun suono, se non il battito del suo cuore che aumentava sempre più di intensità.

L'uomo dal naso rotto lo strattonò verso di sè, mentre l'altro gli strinse il braccio sinistro. Non appena il tizio di sinistra lo spinse leggermente verso la porta, improvvisamente, tutti i suoni sparirono dal suo mondo percettivo, ad eccezzione di un fischio acutissimo che gli inondò la testa, trapanandogli il cervello. Nel giro di pochi attimi un'anormale emicranea, simile a quella avvenuta in mattinata, lo costrinse a piegarsi in avanti dal dolore, sulle sue gambe rese instabili dall'alcool. Senza le due poderose strette sarebbe probabilmente crollato a terra; il che rendeva chiara l'amara verità: i due non erano certamente delle allucinazioni e, sicuramente, non avevano buone intenzioni.

Mentre anche l'uomo con il naso rotto si muoveva, Arthur strizzò gli occhi dal dolore, lasciandosi scappare un singolo gemito di dolore.

L'inglese si sentì come se fosse trascinato in un vortice, fatto di paura e sofferenza. Anche a causa dell'alcool, tutto gli sembrava confuso, alterato. Il fischio ed il malessere era come se si fossero messi a danzare uno strano ballo sfrenato, fatto di tonalità caotiche che raggiunsero ben presto il loro apice. Quando questo accadde Arthur riaprì gli occhi.

La sensazione di confusione ed instabilità, causata dall'alcool, era totalmente sparita, al suo posto vi era una menta lucida e vigile. Le sue percezioni, tuttavia, gli arrivavano come se fossero filtrate attraverso un filtro, o meglio, come se la sua psiche fosse ospitata in un corpo non suo e non fosse altro che uno spettatore in grado di osservare un mondo, tinto totalmente di rosso, attraverso degli occhi altrui.

I due uomini si muovevano come se fossero a rallentatore, inoltre Arthur capì che, nonostante per lui fosse passata un'eternità, nella realtà non erano passati nemmeno che una manciata di secondi.

Il suo braccio sinistro, intanto, senza che il cervello desse alcun ordine, con un movimento deciso ed improvviso, ruotò in senso antiorario liberandosi dalla stretta dell'uomo di sinistra per poi colpire con un pugno la mascella dell'altro. Il colpo non lo atterrò di certo ma, per la sorpresa e per la forza con cui era stato inferto, lo sbilanciò. Fu allora che Arthur si liberò dalla presa e, afferrando a sua volta le spalle dell'avversario, usò una sua gamba tesa per fargli perdere definitivamente l'equilibrio, scagliandolo addosso al suo compagno, che intanto si stava avvicinando in suo soccorso, mandandoli entrambi rumorosamente a terra, fra gemiti ed imprecazioni.

I due, tuttavia, fecero subito per rialzarsi ma, proprio in quel momento, la porta del bagno si spalancò, sbattendo rumorosamente contro il lato destro di Arthur. L'inglese, appena avvertì il colpo, chiuse istintivamente gli occhi.

Quando li aprì il mondo era tornato con i soliti colori, e non solo. Arthur si sentì nuovamente padrone del suo corpo e non un estraneo nella propria mente. Assieme alle abituali sensazioni, un senso di torpore e vertigini tornò ad assalirlo, facendolo precipitare nuovamente in quella sensazione di confusione e malessere causata dall'ebrezza dell'alcool.

Mentre il pavimento tornava ad essere pericolosamente instabile, Brian irruppe sulla scena.

-Ehy Artie! Quanto ci metti!? Devi venire a vedere, c'è una biondina niente male che...- la voce allegra di Brian si interruppe ben presto non appena vide i due uomini per terra ed Arthur con il fiato pesante.

-Ehy! Ma che cos'è successo qui!?-

Uno dei due fece per alzarsi di scatto ma quello che era stato colpito dall'inglese lo fermò - Aspetta John.-

-Che cosa è successo?- chiese insistentemente Brian mettendosi al fianco di Arthur con aria spaesata.

-Niente. Non preoccuparti.- rispose quello dal naso rotto, spolverandosi i vestiti -Il tuo amico ha bevuto un po' troppo.-

-Col cazzo, volevate portarmi da qualche parte!- sbraitò Arthur barcollando - Che cazzo avevate intenzione di farmi? Abbusare di me!?-

-E' evidente che c'è stato un fraintendimento. Io ed il mio amico porgiamo entrambi le nostre scuse.- disse massaggiandosi la mascella. John intanto non proferiva parola.

-Immagino di sì.- disse Brian, prendendo Arthur per un braccio -Dai Artie, gli altri ci stanno aspettando.-

-Col cazzo, che cosha volevate da me?- chiese l'inglese divincolandosi, non riuscendo più a coniugare bene le parole.

-Andiamo Arthur, sei ubriaco.- Brian stava tentando in tutti i modi di far uscire l'amico dal bagno ma quest'ultimo sembrava irremovibile.

-Andiamo John, mi dispiace per l'incomprensione.- disse l'altro uscendo per primo dai servizi.

John seguì, visibilmente a malincuore, il compagno mentre Arthur e Brian rimasero fermi, in modo da far uscire per primi i due uomini. Quando passò a fianco del biondo, guardandolo dritto negli occhi, si chinò leggermente, visto la sua elevata statura, e disse, appoggiandogli una mano sulla spalla -Bella reazione. Sei in forma, Regno Unito - e detto questo sparì oltre la soglia.

-Si può sapere che cosa è successo?- chiese Brian scandalizzato.

-Niente, loro volevano che li seguissi da qualche parte.- rispose Arthur pensieroso, ripensando in particolare alle ultime parole dell'uomo, uscendo dal bagno e dirigendosi verso il bancone dove erano seduti i loro colleghi.

- Forse volevano venderti quella merda di eroina. Avevano la faccia da spacciatori e di questi tempi sono ovunque. Comunque... tu?- disse Brian seguendo a ruota l'inglese.

-Io...- Arthur si fermò in mezzo al locale, interrompendo la risposta.

Bella domanda, che cosa era successo li dentro?

Da dove aveva tirato fuori quella forza combattiva?

-Io... Non lo so. Penso di averli colpiti, credo.- era incredulo, seriamente aveva preso a pugni quei due energumeni in quel modo?

- Ti sei picchiato con i due spacciatori?-

-No.- Arthur tentò di riprendere a camminare ma, in quel momento, venne fermato nuovamente da Brian che lo trattenne con forza per un polso.

-Arthur, se non vi foste colpiti non ti sanguinerebbe il naso in quel modo.-

Il biondo, in modo esitante, si toccò il naso. Con un brivido, sentì sotto le sue dita il viscoso liquido cremisi.

Forse, a causa dell'alcool, non si era accorto di esser stato colpito?

No, non era così tanto ubriaco.

Si rovistò nelle tasche ed infine estrasse il fazzoletto.

Appena lo vide il ricordo di Feliciano si vece vivo e presente nella sua mente ed, a fatica, si trattenne dal bestemmiare.

Doveva trovare un modo per aiutare quel bambino.

Tamponandosi il naso continuò a camminare, seguito Brian.

-Arthur?-

-Andiamo a sederci, sono stanco.-

Non ci volle molto perchè Brian tornasse ad essere quello di sempre e, ancor prima di arrivare ai loro posti, grazie anche ai due whiskey che aveva ingurgitato, cominciò a spiegare ad Arthur il motivo per cui era venuto a chiamarlo.

-Ascolta, mentre eri in bagno è entrata una biondina niente male e si è seduta in fondo alla sala, tuttavia è da quando è qui che non fa altro che guardarci e... Ehy mi ascolti?-

-Sì.- ed invece no. Arthur non stava ascoltando una parola e continuava a guardare i due uomini di prima, i quali si erano seduti dall'altra parte della sala. In particolare John, ammesso e non concesso che fosse il suo nome, continuava a fissare Arthur di rimando con occhi di sfida. Invece "naso rotto" si limitava a dargli le spalle.

Si lasciò cadere praticamente a peso morto sullo sgabello del bancone, riuscendo, a fatica, a non ribaltarsi.

I suoi colleghi chiaccheravano allegri, dandosi delle piccole gomitate, ed indicando qualcuno seduto vicino alla porta.

- Che avete?- chiese Arthur allungando scuotendo una bottiglia di vetro per sentire se contenesse ancora la sua birra oppure fosse stata, molto probabilmente, crudelmente finita mentre era in bagno.

Grazie al cielo sembrava ancora piena.

-Te l'ho detto prima Artie!- esclamò Brian allegro, passando un braccio attorno alle spalle del biondo -In fondo alla sala c'è una biondina da urlo! Edmund voleva provarci ma secondo noi gli darebbe un bel due di picche! Non è vero, Ed?-

-Non è assolutamente vero! Ho un gran successo con le donne! Non come voi due.- rispose Edmund offeso, biascicando le parole in maniera sconnessa.

Ormai erano praticamente tutti ubriachi.

-Passi per Brian, ma Kirkland non avrebbe una sola possibilità!- disse Nathan.

Arthur inizialmente non aveva prestato molta attenzione al discorso dei suoi compagni, infatti era ancora preso ad osservare i due uomini, tuttavia non poteva proprio ignorare un'affermazione simile.

-Cosa vorresti dire!? Che ne sai della mia vita sentimentale?-

-Oh andiamo Arthur! Lo sappiamo tutti che non hai successo con le donne!- il biondo giurò di prendere a pugni, un giorno o l'altro, quella faccia di merda di Edmund.

-Se per avere successo intendi andare con sgualdrine imbottite di eroina per rapporti occasionali come fate voi allora no, non ho successo. Preferisco delle donne di classe io!- ribattè deciso l'inglese, concludendo fieramente il suo discorso con un lungo sorso di birra bevuto direttamente dal collo della bottiglia.

Ormai era troppo ubriaco per badare alle buone maniere che era solito tenere.

Ricacciò in angolo del cervello i pensieri tristi causati dalle parole, purtroppo veritiere, di Edmund.

Inutile dire che mentre era da solo al bancone aveva già pianto, lamentandosi della sua inutilità, mentre si lambiccava il cervello alla ricerca di un modo per aiutare Feliciano.

Fortunatamente l'unico testimone era stato il barista ed una coppietta seduta in un tavolo non distante da lui. Non avrebbe mai permesso di farsi vedere in lacrime dai suoi colleghi. Non nuovamente almeno!

Infatti, purtroppo per il giovane giornalista, era già successo e per più di un mese era stato lo zimbello della redazione.

-Oh, che paroloni! Touchè!- esclamò Brian facendo seguire alle sue parole un ululato di scherno.

- Tutte cagate Kirkland, la tua vita è fottutamente triste! Dimostracelo, che non sei uno sfigato!- Edmund battè la mano sul tavolo, facendo sobbalzare alcuni clienti seduti vicino a loro, mentre gli occhi gli ardevano per la sfida.

-Andata.- anche se Arthur era ubriaco il suo orgoglio era ancora vivo.

Sapeva di non essere di certo un play boy ma non lo avrebbe mai ammesso davanti ad Edmund, inoltre l'alcool gli dava coraggio. O meglio, sarebbe stato più corretto dire che aveva completamente annebbiato la sua mente ed il suo cervello aveva ormai sganciato ogni freno inibitore.

-Dimmi solo chi e vedrai come cadrà ai miei piedi.- aggiunse sbilanciandosi pericolosamente dal

suo sgabello, rischiando di cadere per l'ennesima volta.

-D'accordo, scelgo io!- rispose il suo rivale puntandogli un dito contro- Signori mettete mano ai portafogli: si aprono le scommesse! Puntate gente!- cominciò a dire in tono plateale e canzonatorio

-Kirkland riuscirà a conquistare la biondina vicino alla porta?-

Arthur si girò, guardando finalmente l'oggetto dei desideri dei suoi colleghi.

Non ci volle molto a trovarla: c'era solo una donna bionda seduta vicina alla porta. Dopotutto non c'erano molti clienti: non erano nemmeno le nove ed era un giorno lavorativo. La loro piccola, ubriaca combricola rappresentava una vergognosa eccezione.

Quella, praticamente simultaneamente, alzò gli occhi verso di lui ed, inspiegamente, mentre il suo sguardo venne incatenato da quei grandi occhi azzurri, il mondo gli parve fermarsi, non accorgendosi quasi che i due uomini con cui aveva litigato erano silenziosamente sgusciati fuori dal locale, sparendo nella sera.

 

Londra, 20:45

Inghilterra era una delle persone più psicotiche e controverse che Francia avesse mai incontrato, anche se, questi due aspetti della personalità dell'inglese, a dir suo, erano alcune delle caratteristiche che lo rendevano affascinante. Ovviamente questa sua opinione in passato era stata derisa innumerevoli volte da Spagna e Prussia ma, quando i due iniziavano a fare ironia sulle concezioni romantiche di Francia, lei non aveva mai avuto orecchie per ascoltarli.
Una delle tante caratteristiche della personalità, probabilmente disturbata, di Inghilterra era l'odio che provava per la quotidianità nonostante fosse un abitudinario incallito.
Queste sue psicosi, Francia le aveva viste manifestate in tutta la loro potenza, sopratutto durante l'era della pirateria dove Inghilterra, nonostante fosse uno dei corsari più temibili, continuasse a perpetrare nel tempo alcune abitudini di quando conduceva la vita da lord, come ad esempio il tè delle cinque o il ricamo del giovedì sera.
Per questo motivo, quando non l'aveva trovato seduto alla scrivania in ufficio, la postazione dell'inglese era visibile fin dalla strada grazie ad un'ampia finestra, non si era scoraggiata.
Infatti sapeva benissimo che Arthur era una persona ligia al dovere e dedita al lavoro e se lo saltava, o usciva prima, era perchè andava a disperarsi in qualche squallido pub, affogando i suoi dispiaceri nell'alcool. Quindi, grazie alla conoscenza di queste peculiari abitudini dell'inglese, ed al fatto che ormai stavano pedinando il biondo da mesi, Francinne non ci mise poi molto a trovarlo.

Purtroppo, da ciò che poteva vedere dal marciapiede dove si era appostata, attraverso la vetrina del locale, Arthur non aveva perso un'altra abitudine.

Quella di ridursi ad uno straccio grazie ad alcolici vari.

Nonostante la maggior parte dell'umanità sarebbe stata d'accordo nel definire l'inglese "in condizioni pietose, al limite della decenza", Francia per poco non svenne a quella vista.

Erano più di ventitrè anni che non lo vedeva, ma, per lei, rimaneva sempre una sublime visione.

Inutile dire che era quasi scoppiata in lacrime in mezzo alla strada.

Raggiungerlo si era rivelata una delle decisioni più sbagliate e masochiste che avesse mai preso in vita sua.

Guardarlo da lontano senza potersi avvicinarsi, toccarlo, parlare con lui erano delle torture terribili per la donna.

Rimase una buona decina di minuti a fissarlo, inebetita, finchè l'inglese non si avviò verso i bagni, seguito a ruota da altri due tipi, sparendo in questo modo dalla sua vista.

Sarebbe stato meglio per Francia andarsene, eppure non era capace di muovere solo un passo.

Guardare Arthur da lontano le causa sofferenza e tristezza, eppure sapeva che separasi da lui sarebbe stato ancora peggio.

Decise che se ne sarebbe andata appena lui fosse uscito dai servizi, in questo modo avrebbe potuto vederlo un'ultima volta.

- Ehy! Bella signora! Sta aspettando qualcuno?- le chiese un uomo avvicinandosi a lei, con i capelli arruffati, lo sguardo vacuo ed una birra in mano.

Era l'ennesimo sconosciuto che tentava di abbordarla. Evidentemente una donna sola, di sera, inchiodata davanti alla vetrina del locale, faceva abbastanza colpo sugli avventori da spingerli ad avvicinarsi.

Francinne, dal canto suo, sospirò infastidita, girandosi verso di lui con fare scocciato. L'uomo non la preoccupava molto, sapeva come respingerlo in modo che non tornasse mai più a darle fastidio. In fin dei conti non era altro che la reincarnazione vivente della Francia! Aveva combattuto delle guerre, figurarsi se non avrebbe saputo tenere a bada sia lui, che i suoi ghignati amici che, alle spalle dell'importunatore di turno, stavano osservando divertiti la scena.

Cinque minuti dopo era seduta ad un tavolino interno del locale, irrimediabilmente sconfitta.

Aveva sottovalutato gli uomini arrapati ed non aveva potuto fare altrimenti che battere in ritirata dentro al pub. Fortunatamente era ancora presto ed i suoi nuovi, inopportuni amici non avevano avuto l'ardire di seguirla dentro al pub.

Fece vagare lo sguardo per la sala e notò che alcuni si erano messi a guardarla, fra cui, gli amici di Arthur. Dopotutto era entrata come una furia e si era seduta in una posizione che risultava ad un paio di tavoli da loro.

Inghilterra, intanto, sembrava essere ancora in bagno, e questa era una cosa positiva. Se fosse uscito e se l'avesse vista, Francinne non avrebbe saputo come reagire. La cosa che più spaventava la francese era la consapevolezza che l'inglese non avrebbe potuto riconoscerla e l'avrebbe considerata come una delle tante ragazze presenti in quel locale. Questo Francia non avrebbe potuto tollerarlo, non dopo tutto quello che era accaduto fra loro due.

Ordinò ad un cameriere un bicchiere di vino rosso, sentiva un forte bisgno di bere qualcosa.

Intanto gli amici di Arthur continuavano a guardare nella sua direzione, parlando allegramente, finchè, improvvisamente, uno di loro si alzò per dirigersi verso i bagni, dai quali sembrava proveniere una discreta confusione. Un paio di tonfi risuonarono oltre la porta.

Nel bagno c'era Arthur e Francinne pregò che l'inglese non stesse facendo a botte con nessuno.

Cosa molto improbabile, visto che ai servizi, al momento, c'erano solo quattro persone.

La francese si alzò lentamente dal suo posto. Forse sarebbe stato opportuno andare a vedere che cosa stesse accadendo?

Intanto nel locale, la cacofonia sembrò risultare indifferente a quasi tutti i clienti.

La francese si allontanò dal suo tavolo giusto di un passo, decisa ad andare a controllare, ma, proprio in quel momento, la porta dei bagni si aprì ed uscirono quattro uomini, fra cui Inghilterra.

Francinne tornò silenziosamente al suo posto, mentre la sua mente veniva annebbiata da emozioni contrastanti che sentiva sorgere dentro al suo animo alla vista dell'inglese, il quale, dopo aver scambiato ancora qualche parola con i due uomini, tornò al suo tavolo, barcollando, insieme all'amico. Arthur non sembrava essere ferito se non per eccezzione del naso, visto che se lo stava tamponando con un fazzoletto.

Avrebbe voluto andare dal biondo e chiedergli direttamente qualcosa riguardo le sue condizioni ma sapeva che non sarebbe stata una mossa saggia, quindi si limitò ad osservarlo da lontano.

Nemmeno una manciata di minuti dopo, mentre l'inglese chiaccherava animatamente con i suoi compari, Francia non potè far a meno di notare che i due contenziosi di Arthur si stavano alzando e dirigendosi verso l'uscita.

Francinne ormai ne era certa che qualcosa fosse accaduta in bagno, e sarebbe stato meglio, e decisamente più utile, accertarsene invece che continuare a fissare l'oggetto dei suoi desideri. In realtà, conoscendo il brutto carattere di Arthur, Francinne aveva ben pochi dubbi sull'origine della lite, tuttavia aveva il disperato bisogno di una qualsiasi scusa per convincersi da sola ad uscire da quel locale. Ormai persino il vino che aveva ordinato aveva perso qualsiasi attrattiva su di lei, anzi, visto che non l'avevano ancora servita, forse, riusciva a fuggire prima di dover pagare ciò che aveva richiesto.

Proprio in quel si voltò nuovamente verso Inghilterra, giusto per vederlo un'ultima volta, e, per poco, non si ingozzò con la sua stessa saliva. L'inglese la stava guardando in modo inebetito.

Per un attimo si dimeticò di tutto, mentre era persa negli occhi verdi di Arthur, ma presto distolse lo sguardo. Inghilterra non sembrava riconoscerla e Francinne non aveva intenzione di stare un attimo di più in quel locale. Quel maledetto inglese! In cuor suo Francia aveva sperato che, vedendola, il britannico recuperasse la memoria, considerando il loro ricco passato, e, visto e considerando che ciò non era successo, l'orgoglio della francese naufragò irrimediabilmente, sbocciando in un senso di oltraggio.

Proprio in quel momento, intanto, i due uomini le stavano lentamente scivolando a fianco, diretti verso la porta d'uscita.

Francia, alienandosi per un attimo dalle sue ire, li seguì attentamente con lo sguardo mentre aprivano la soglia, sgusciando fuori nella sera.

Li tenne d'occhio per un paio di secondi ancora, giusto per vederli voltare a destra attraverso la vetrina del locale.

Si girò di scatto decisa a radunare le sue cose ed a inseguirli. O meglio, mascherò a se stessa dietro questo volere, la seconda ritirata della serata.

Mentre alzò con rabbia la borsa da terra, sentì una sedia vicino a lei muoversi e la superficie del suo tavolo sussultare.

Sbuffò con rabbia. Non era certamente il momento migliore per venire infastidita da marpioni molesti, aveva qualcosa di meglio da fare, come sapere che cosa fosse accaduto in bagno e fuggire; soprattutto fuggire. Proprio per questo motivo si girò con stizza verso il nuovo avventore che si era appena seduto al suo tavolo. Tuttavia, appena i loro sguardi si incrociarono, la lingua di Francinne diventò irrimediabilmente muta, mentre il suo corpo si rifiutò di muoversi.

Seduto davanti a lei c'era Arthur.

 

 

 

 

 

*Note:

[1]- Il libro è "Gente di Dublino" di James Joyce. La parte che Francinne sta leggendo sono le prime righe del racconto "I morti".

 

[2]- Il 28 agosto 1968 vennero trovati morti in un auto, nella campagna fiorentina, Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, uccisi con dei colpi di arma da fuoco. I due erano amanti e dell'omicidio venne inizialmente accusato Stefano Mele, marito della Locci, successivamente vennero considerati come le prime vittime del Mostro di Firenze.

 

[3]- Nel dopoguerra gli Stati Uniti si impegnarono a sostenere economicamente molti paesi europei amici, anche in funzione esplicitamente antisovietica.

 

[4]- Durante la guerra fredda il mondo venne praticamente diviso in zone d'influenza: una americana ed una sovietica. L'Europa occidentale era nella sfera d'influenza americana a cui era legata anche appunto dal piano Marshall.

 

[5]-L'Inghilterra nasce nel 827 unificata quasi per intero dal re del Wessex, Egberto.

 

 

 

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Bene, ecco l'altra parte del capitolo.

Chiedo scusa per il ritardo ma ci sono stati alcuni, uhm, "problemi tecnici". Nel capitolo viene citata Lucrezia Maria Vargas, un mio OC, e rappresenta, come già citato in alto, la Città del Vaticano.

Non ho molto da spiegare visto che ho messo in nota tutti gli avvenimenti a cui ho fatto riferimento.

Alla prossima!
Rebecca.

P.S. Grazie a tutti quelli che seguono questa storia! 

  
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