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Autore: advocat    12/02/2013    3 recensioni
In quei due giorni aveva pensato e ripensato a cosa era successo nella sua soffitta e aveva capito di essere in grave torto con lei. Le sue conflittualità stavano portandola all’esasperazione e lui non poteva vederla torturarsi, ma soprattutto non riusciva più a non vederla e a non parlarle.
La verità era che ormai da tempo non sapeva starle lontano, non sarebbe più riuscito a fare ciò che aveva fatto nel suo periodo a Las Vegas, compreso soprattutto andare a letto con un’altra donna.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'red time'
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In “Moderato”
 
Eccola lì davanti a lei la sua via di fuga, appena attraversata sarebbe tornata a respirare e ne aveva tremendamente bisogno.
Ma prima di raggiungere la maniglia  sentì una mano cingerle la vita.
Trattenne il respiro cercando di decidere che fare. Avrebbe potuto dargli uno strattone e liberarsi ma non riuscì a fare nulla tranne stare immobile con le braccia lungo i fianchi che le tremavano leggermente. Aveva paura anche a respirare perché magari avrebbe fatto troppo rumore.
 
 
 E ora…
**************************
Lisbon si agganciò l’orecchino e guardò la sua immagine allo specchio abbastanza soddisfatta. L’occasione per tanta eleganza era una cena formale con Beltram ed il governatore. Il CBI era stato chiamato in appoggio all’FBI, che doveva curare la sicurezza dell’evento, ma in realtà vi erano dei movimenti politici da curare con attenzione, per questo Beltram voleva sfoggiare la sua squadra migliore davanti ai pezzi grossi.
A Lisbon non piaceva essere manovrata per realizzare interessi altrui, e soprattutto non voleva che venisse usata la sua squadra, perciò decise che Cho e Rigsby avrebbero curato la sicurezza insieme ai federali, mentre lei avrebbe affrontato il governatore.
Per questo aveva optato per un completo a pantalone, blu notte, con il bavaro setificato così come i polsini e i risvolti dei pantaloni, aderenti al punto giusto per far risaltare le gambe dritte e toniche. Ai piedi aveva dei stivaletti con tacco quadrato, non troppo alti. La giacca doveva essere portata senza camicia, pertanto aggiunse un collier in pietra azzurra e degli orecchini di acquamarina. Per esaltarne la bellezza si era acconciata i capelli fermandoli sulla nuca in una crocchia morbida.
Sentì un clacson, era la sua squadra che era venuta a prenderla, pertanto spense la luce ed uscì di casa.
Cho e Rigsby erano seduti davanti, e fu solo quando aprì la portiera posteriore per accomodarsi che  vide Jane seduto che la fissava.
Erano  due giorni che cercava di evitarlo e poi non era in programma che lui andasse a quella cena.
“E tu cosa ci fai?”
“Mi ha chiesto Beltram di venire” rispose facendole cenno di salire “ dai ti prometto che mi comporterò bene”.
“Sì, come no..” borbottò la donna per nulla convinta prendendo posto accanto a lui. Si ripromise di non dargli corda e si mise a fissare insistentemente fuori dal finestrino scambiando di tanto in tanto qualche parola con Rigsby.
Ciononostante sentiva i suoi occhi fissi su di sé fino al punto che dovette voltarsi.
Non si era sbagliata, Jane aveva il gomito appoggiato alla portiera e la mano sul mento. Non indossava lo smocking, ma uno splendido completo grigio antracite e per l’occasione persino la cravatta, di un bel rosso granato.
Era senza dubbio affascinante e proprio in quel momento aveva inchiodato quegli occhi in tempesta su di lei.
Si sentì in imbarazzo, non sapeva perché ma aveva bisogno di un diversivo.
“Passiamo dall’entrata laterale” disse a Cho sporgendosi verso i suoi uomini “ c’è troppa ressa davanti a quella principale”.
Fu in quel momento che sentì il gomito sfiorato così delicatamente da pensare di essersi sbagliata, ma il brivido che le scese lungo la schiena la convinse che fosse reale.
Si girò verso Jane ma ne vide solo le spalle, mentre già scendeva dall’auto. Prese un ampio respiro per calmarsi ed abbassare le pulsazioni. Quell’uomo aveva il dono di sconvolgerla nel profondo, maledizione.
La stava aspettando tenendole la portiera, e lei puntò decisa all’ingresso senza aspettarlo, con lo sguardo fisso a terra.
Il consulente la seguì apparentemente senza lamentarsi.
In quei due giorni aveva pensato e ripensato a cosa era successo nella sua soffitta e aveva capito di essere in grave torto con lei. Le sue conflittualità stavano portandola all’esasperazione e lui non poteva vederla torturarsi, ma soprattutto non riusciva più a non vederla e a non parlarle.
La verità era che ormai da tempo non sapeva starle lontano, non sarebbe più riuscito a fare ciò che aveva fatto nel suo periodo a Las Vegas, compreso soprattutto andare a letto con un’altra donna.
Vedeva tutta la tensione pesarle sulle spalle mentre camminava a poca distanza da lui.
Il Governatore stava parlando con un suo collaboratore e Beltram fece loro cenno di avvicinarsi al grande tavolo rotondo, in posizione centrale rispetto alla sala. Il politico si voltò il tempo sufficiente di far loro cenno di accomodarsi.
La cena fu alquanto noiosa, Beltram ed il Governatore erano presi da una discussione di cosiddetta fantapolitica che poco interessava tanto Lisbon quanto Jane, seppur per motivi diversi.
La prima era indispettita dalla necessità solo formale della sua presenza, il secondo li riteneva dei burocrati stupidi e volgari che non meritavano alcuna attenzione, diversamente dalla donna seduta al suo fianco.
Con la coda dell’occhio le percorreva il mento per scendere al collo sottile ed elegante. Intravedeva la scapola e la pelle chiara fino alla scollatura e dalla sua posizione avrebbe potuto ammirare le sue forme morbide.
“Agente Lisbon” le fece il Governatore “vorrei che svolgesse insieme al sig. Jane un compito un po’ particolare per me”.
La donna fu sopresa da quella richiesta improvvisa, prestandogli quindi attenzione.
“Dovrebbe controllare queste persone per me” le disse allungandole un foglio ripiegato su se stesso  “sono tutti miei collaboratori stretti, ma penso che qualcuno stia facendo il doppio gioco. Ci sono stati degli ammanchi nei fondi  per la mia campagna elettorale, i tecnici dell’FBI non hanno saputo indicare chi sia stato, ma sicuramente è una di quelle persone”.
“Vorrebbe che rivedessi il lavoro dell’FBI? Perché?” chiese l’agente.
“No, non scoprireste niente di più con i soliti metodi” le rispose il governatore “ma il mio amico Beltram mi ha detto che il sig. Jane è molto bravo ad interpretare le persone”.
Il capo del CBI assentì e si voltò verso di loro.
Lisbon era molto contrariata ma Jane le fece un cenno per farle aprire il foglio che le era stato consegnato.
 Lui le si avvicinò per leggere e videro i cinque nomi dei sospettati.
“E se le trovassimo il colpevole a noi che ne verrebbe?” chiese Jane al governatore.
“Jane!” lo redarguì la donna.
Gli altri due si guardarono un po’ straniti.
“Ho capito” fece indicandoli “ avete un accondo per uno scambio di favori”.
Di nuovo sguardi imbarazzati.
“Ok, facciamo così, io e l’agente Lisbon andiamo a rendere onore all’orchestra che ha appena attaccato con una bellissima melodia” fece alzandosi e prendendole il braccio per farsi seguire “ quando torniamo potrete dirci che favore ci farete se troviamo chi fa man bassa nei suoi soldi. Con permesso.”.
Jane si girò portandosi dietro Teresa che protestava. Si ammutolì solo quando l’abbracciò e le prese la mano per iniziare a ballare.
La stava stringendo senza dubbio più del dovuto ma lei non riusciva a dirgli nulla. Lui fece salire la mano oltre il bordo della giacca, sulla schiena, accarezzandogliela.
Quel gesto era voluto, scelto ed eseguito con l’espressa volontà di comunicarle quello che sentiva. Era una carezza languida e sensuale e, malgrado il tocco fosse incredibilmente delicato, era pieno di desiderio.
Non l’aveva mai toccata così, a dire il vero non si era mai sentita toccata così prima d’ora da nessuno.
Lei girò il viso verso quello di lui per cercare una conferma. Jane le incollò gli occhi come per dirle “Si lo sto facendo sul serio, sorpresa?”
Si lei lo era, ma non osava dirgli di smettere perché erano in mezzo alla gente che poteva vederli, anzi voleva che continuasse. Il cuore le usciva dal petto e fissava quello splendido viso non più distante di una spanna.
I suoi occhi erano di un blu intenso, ma era come se bruciassero.
“Cosa vuoi?” gli chiese in un soffio.
Jane avvicinò impercettibilmente il viso rispondendole con la voce roca “Lo sai”.
In quel momento Lisbon vide Beltram e quindi gli andarono incontro, mettendosi più vicino alla parete.
“Ok Jane. Red John: è tuo. Nessuna altra interferenza. Gli unici ad essere competenti per la sua cattura siete tu e Lisbon. Questo basta?”
“ Si “ fece con un cenno Jane “cominceremo domani”.
Il loro capo acconsentì, ritornando poi al suo tavolo.
“Chiamo Cho e Rigsby” disse Lisbon aprendo il telefono “ sono stufa di questo posto”.
Nel giro di pochi minuti erano sulla via del ritorno e mentre Lisbon spiegava ai suoi sottoposti i reali motivi che avevano comportato la loro presenza alla festa e i loro compiti per l’indomani si sentì toccare la mano.
Le dita di Jane la sfioravano di nuovo leggere, nell’ombra dell’auto al riparo dagli altri sguardi.
I polpastrelli si muovevano avanti ed  indietro, lungo il palmo della sua mano.
Le stavano venendo i brividi di piacere e di paura. Cercò di calmare il tremore che la dominava intrecciando le loro dita per fermarlo e per averlo, almeno per un momento, suo.
Rimasero così fino a quando non si fermò davanti a casa di Lisbon.
Le dita si slacciarono ma nel farlo Jane le ripercorse a ritroso prima il palmo poi il dorso della mano.
Era come se le avesse lasciato un bacio da toglierle il fiato.
Lei scese, malgrado le gambe quasi non la reggessero. Si voltò ancora una volta per salutare.
E lui, con la stessa voce roca di prima, le disse semplicemente “Buonanotte”.
Entrambi però sapevano che non sarebbero riusciti a dormire affatto.
 
 
  
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