Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Clars_97    13/02/2013    0 recensioni
"Stavo rovistando nel cappotto in cerca delle mie cuffie, quando sentii una voce.
Era una voce maschile. In treno se ne sentono migliaia, soprattutto nei treni degli orari scolastici, ma quella fu l’unica voce che aveva la capacità di spiccare nel bel mezzo di altre milioni di chiacchiere assordanti."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 4.
 
Arrivai al “Moonshine” dieci minuti prima della Mezzanotte, ma le mie amiche erano già arrivate tutte. Salutai mia madre, scesi dalla macchina e mi precipitai da loro. Ci salutammo, entusiaste di essere lì, finalmente tutte insieme. Ci facemmo i complimenti a vicenda di ogni, anche piccolo, dettaglio che indossavamo, fino a quando non fu l’ora di entrare. Noi avevamo già le prevendite, scortate da un nostro vecchio amico, perciò potemmo evitare la fila, entrando subito. Ci avviammo subito al guardaroba, dato che c’era la fila anche lì, per il numero immenso di persone. Posammo il cappotto e andammo verso la pista.
Era cambiato veramente molto poco dall’ultima volta che ci eravamo andate, ma restava sempre una fantastica discoteca. Quando arrivammo le persone non erano molte in realtà, ma crebbero poco dopo e la pista si fece sempre più piena e affollata. Incontrammo vari nostri compagni di scuola, che ci offrirono gentilmente da bere e ci invitarono anche a ballare. 
Dopo aver ballato intensamente per una buona mezzora, mi sedetti al banco per bere un drink. Stavo per chiedere al barista da bere, quando un ragazzo mi blocca e dice al barista che offriva lui. Riconobbi quella voce immediatamente, mi girai e non potei credere ai miei occhi. Accanto a me, era seduto lo straordinario ragazzo del treno: quello con i capelli neri, il ciuffo rialzato, gli occhi di carbone e il naso perfetto. Sì, era proprio lui: riconobbi lui, ma soprattutto la sua voce, sempre stupenda. Diventai di colpo confusa: perché mai avrebbe voluto offrirmi da bere, se non avevamo mai iniziato un misero discorso insieme? Che cosa lo aveva spinto a venire da me, su tutte le infinite belle ragazze che c’erano? Forse aveva sbagliato ragazza: nessun meraviglioso ragazzo come lui si sarebbe mai interessato a me. Non riuscivo proprio a capire, così iniziai a parlare:
-Ciao! Era semplice da dire… ma perché vorresti offrirmi da bere?
-Ahahah simpatica! Perché cercavo una graziosa ragazza a cui offrirle da bere.
-Ah, quindi pensi che io sia carina?
-Certo che lo penso, sennò perché sarei venuto qui accanto a te?
-Non saprei, non sono un’indovina!
-Oltre che carina, sei anche divertente: mi piaci.
-Ahahah guarda un po’ stasera che corteggiatore mi doveva capitare!
-Perché? Forse non ti vado bene?
-Non ho detto questo, anzi…
-Anzi… balliamo?
-Non dovevi offrirmi da bere? Te ne sei già dimenticato?
-Fanculo il drink, io ho altro da offrirti!
 
Detto questo, mi fece l’occhiolino con quel sorriso che brillava audacemente, si alzò all’istante, mi prese la mano e mi trascinò a ballare. Inizialmente la canzone era una di quelle dance, proprio da discoteca. Ce la mettevo tutta a ballare ed a scatenarmi, ma lui non aveva lo stesso entusiasmo che avevo io nella danza. Ballava, questo è vero, ma soprattutto mi osservava; dritto negli occhi, intensamente e senza guardare mai, neanche per un attimo, altrove. Ero talmente curiosa che gli volsi chiedere il perché, nonostante il frastuono esuberante:
-Ei, ma com’è che mi stai guardando da quando siamo entrati in pista, senza neanche sbattere le ciglia?
-Sei bella, non c’è molto da dire.
La canzone finì e ne iniziò un’altra, ma stavolta era tranquilla.
Io lo guardai e lui mi guardò. Mi fece uno di quei suoi sorrisi sfavillanti, mi rapì il corpo e in un attimo ero sua. Nel frattempo di quel momento così soft, continuai il discorso precedente:
- Io non mi sento bella, però.
-Invece dovresti, perché è la verità.
-Dici?
-Dico.
 
Dopo la sua ultima parola, mi abbracciò. Un abbraccio lungo, affettuoso, come se ci conoscessimo da un’eternità. Poi si staccò dolcemente, mi accarezzò la guancia, si dipinse un sorrisetto malizioso nel suo viso così limpido e, in un millesimo di secondo, le sue labbra raggiunsero le mie. Fu il momento più incantevole della mia vita: non avevo mai premuto su delle labbra così dolci, così morbide e così assurdamente perfette. Riaprii vertiginosamente gli occhi e apparse di fronte alle mie pupille, ancora una volta, il suo sorriso. Non dimenticherò mai quel sorriso, anzi, riesco ancora a ricordarlo perfettamente. Poi quel bacio: wow! Mai assaggiato un bacio così particolare. Non so come descriverlo bene, ma se a qualcuno capiterà di doverlo affrontare, capirà prontamente di ciò che sto scrivendo.
Proseguimmo per tutta la canzone con baci, carezze e segni di affetto. Io tremavo, la pancia era incasinata e iniziò anche a girarmi la testa. Non capivo bene che cosa mi stesse succedendo in quel momento, ma l’unica e sola cosa che capì fu quella di essermi innamorata dell’essere umano più splendido che avessi mai visto. Fu una sensazione veramente molto strana: lo vidi per la prima volta in treno, rapita dalla sua voce e successivamente dal suo aspetto, poi lo incontrai -quasi per caso- in discoteca, dove mi baciò in un modo affascinante. Non lo conoscevo per niente, eppure me ne innamorai.
La canzone finì. Mi prese le mani con dolcezza e i nostri sorrisi si incrociarono. Con quel gesto e quello sguardo era come se volesse dirmi che avrei potuto contare su di lui per sempre.
All’improvviso, però, sentii urlare il mio nome verso la mia direzione: erano le mie amiche. Mi stavano chiamando incessantemente, perciò a Lui dovetti dire di aspettarmi lì, un attimo, dove eravamo e sarei tornata all’istante. Lui mi disse “Ok”, facendomi l’occhiolino e disegnandomi un sorriso a 32 denti.
Andai perciò dalle mie amiche chiedendo loro cos’era accaduto e loro mi risposero:
-Dobbiamo andare! Mi ha chiamato tua madre, perché ha detto che te avevi la segreteria telefonica, è molto arrabbiata! Era preoccupata e non sapeva come rintracciarti, così ha chiamato me… comunque ci aspetta all’uscita alle 2.00. Sbrigati, mancano dieci minuti!
Non rimasi un granché bene dal fatto che mia madre si era arrabbiata, come era da immaginarsi. Presi il telefono e vidi sette chiamate perse da mia madre. Ci rimasi letteralmente male e mi sentii davvero in colpa, perché mia madre era sempre stata molto comprensiva, ma io ho avuto sempre la stessa paura di perdere la sua fiducia e la sua tolleranza.
Così dissi alle mie amiche che dovevo salutare prima una persona e sarei subito ritornata da loro per andare via. Quindi tornai nel punto esatto in cui avevo ballato fino a quel momento con Lui… ma il mio Lui non c’era più. Lo cercai per tutta la pista, ma Lui non c’era, era scomparso ed io non riuscivo a capire il perché. Gli avevo detto chiaramente di aspettarmi lì e sarei tornata all’istante, ma Lui non fece così. Mi sentii davvero inutile e tradita in quel momento. Pensavo che io piacevo a Lui, ma, evidentemente, non era come la pensavo io, perché sennò non sarebbe mai andato via e non mi avrebbe mai lasciato lì come un’illusa. Lo fece e io ci rimasi a dir poco male. Non conoscevo nemmeno il suo nome, la sua età, sapevo solo dove abitava, ma, in realtà, neanche quello, perché non era assolutamente detto che la fermata in cui scese, pochi giorni prima, portava alla sua residenza.
Quindi tornai dalle mie amiche, molto amareggiata, ma senza evidenziare loro la faccenda, perché non avrei sopportato alcuna domanda e nessun incoraggiamento. Mi videro e mi chiesero:
-Tutto bene?
Abbassando le palpebra, riposi:
-Sì, tranquille, va tutto bene-
Ma in realtà mentii. Non stavo affatto bene: mi sentivo usata, tradita e illusa. Non mi ero mai sentita così stupida, soprattutto a causa di una persona di cui non conoscevo nemmeno il nome. Ero stata troppo idiota a fidarmi di Lui, ma chi avrebbe mai pensato che mi avrebbe piantato lì da sola? Io, almeno, no.
Ci dirigemmo tutte insieme verso l’uscita e vidi subito la macchina rossa di mia madre fuori. Entrammo in macchina e mia madre mi fulminò con lo sguardo. Capii subito che era molto arrabbiata, ma lo ero anche io, quindi preferii restarmene zitta al mio posto.
Accompagnate tutte le mie amiche alle loro rispettive case, mia madre iniziò il discorso per prima:
-è successo qualcosa? Non hai pronunciato parola durante tutto il viaggio-
-Non ho fatto niente mamma, non è andata come avrei voluto che andasse, tutto qui. Non è possibile che ogni volta che mi inizia ad andare bene qualche cosa, mi va subito tutto fottutamente a rotoli e non riesco a capire il perché.
-Racconta, sono tua madre, puoi fidarti di me!
-Mamma, perdonami, ma adesso proprio no, perché finirei per piangere, ma non ho assolutamente voglia di farlo in questo momento-
-D’accordo, come vuoi.
Non volsi raccontarle niente di tutto quello che era successo, anche perché in quel momento ero distrutta. Tanto, come sempre, non mi avrebbe capita e mi avrebbe detto che sono cose che capitano a tutti nella vita, ma noi non possiamo farci nulla e a quel punto mi sarebbe venuta la voglia di mandarla a quel paese, perché se doveva dirmi in quel modo, allora preferivo stare zitta.
Tornai a casa, mi struccai, mi tolsi tutti gli accessori che mi ero messa e indossai il pigiama. Andai finalmente sotto le coperte, col pensiero che quella fu la più bella e la più deludente serata della mia adolescenza.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Clars_97