Redemption
-
there is always another chance to love for everyone -
St
Laurent, France 1867
La pallida
luce lunare sfiorava i contorni dell'alta torre ormai diroccata, sulla
cima
della collina che dominava la valle. Il piccolo villaggio era avvolto
nell'oscurità e nel silenzio. Soltanto il vento sibiliva
leggero fra le fronde.
Sola,
accoccolata fra le radici di un grande albero, una giovane donna
ascoltava la
voce del silenzio, lasciando vagare lo sguardo sulle case addormentate.
Indossava una sottile veste celeste, che morbidamente avvolgeva il suo
corpo
dalla pelle candida, evidenziandone le belle forme, ma lasciava
scoperte le
lunghe gambe e i piedi nudi.
Nonostante il
freddo pungente, non un brivido attraversava il suo esile corpo.
Imperturbabile, continuava a scrutare la valle, immobile, lasciandosi
andare
ogni tanto a profondi sospiri.
Come
è
possibile, domandò alla notte una figura nascosta tra le
rovine, che una così
fragile creatura non sia nemmeno scalfita dalla crudele
realtà?
Continuò
ad
osservare il suo petto sollevarsi e abbassarsi ritmicamente, i capelli
dorati
abbandonati in balia del vento, una viola quasi nascosta dietro
l'orecchio.
E
più la
guardava, più il rimorso si faceva strada nel suo cuore che
da più di duecento
anni aveva smesso di battere. Il rimorso di essere la causa della fine
di
quella creatura. Ma non aveva scelta. Quello era ciò che
era. Un mostro. Non
poteva sconfiggere la sua natura.
Abbassò
le
palpebre sugli occhi del colore dell'oceano in tempesta e si
lasciò andare ad
un profondo sospiro.
Si
avvicinò
quindi lentamente alla giovane donna, senza il più minimo
rumore, più leggero
della brezza notturna.
Sfiorandole
un braccio, all'improvviso, prese posto accanto a lei; la ragazza non
si voltò,
ma continuò a tenere lo sguardo fisso sull'orizzonte.
“Pensavo
non
saresti venuto”
“Non
avrei
dovuto infatti” mormorò lui, prendendo una ciocca
di fili dorati fra le dita.
“E'
per
quello che dice la gente del villaggio?”
Il tenebroso
angelo non riuscì a trattenere un sorriso, mentre ancora
giocherellava con i
suoi capelli e memorizzava il più piccolo particolare delle
labbra sottili e
del profilo delicato dell'innocente creatura al suo fianco.
“E cosa dicono,
Aurore?”
“Che
sei
pericoloso. Che hai fatto del male a delle persone. Che nessuno
dovrebbe
avvicinarsi” balbettò lei insicura e scuotendo la
testa.
“E'
la
verità”
“Non
è vero!”
proclamò lei risoluta, voltando finalmente la testa e
fissandolo con i suoi
grandi e adirati occhi nocciola. “Tu non sei pericoloso. Io
non credo a quello
che dicono! Sono solo menzogne! Tu non mi hai mai fatto del
male”
“Ma
potrei
fartene” sospirò lui, lasciando andare i suoi
capelli e spostando lo sguardo
colmo di tristezza verso la luna, unica testimone del mostro che era in
lui. Te
ne farò, e non sai quanto.
“No
invece”
lo rassicurò Aurore, posando una mano sul petto algido e
marmoreo del giovane,
esposto al suo sguardo attraverso la camicia aperta.
Sfiorò
quella
mano tiepida per poi stringerla e avvicinarla sempre più al
gelo della sua
anima. Quanto amava quel calore.
“Perchè
sei
tanto triste?” domandò la ragazza inginocchiandosi
al suo fianco e avendo preso
il suo mento fra le mani lo costrinse a guardarla negli occhi.
“Io non ti
lascerò mai. Resterò sempre con te. Non mi
importa quello che dicono gli altri”
lasciò passare le dita fra i suoi capelli corvini, sugli
zigomi alti, sulle
sopracciglia scure e poi su quelle labbra color del sangue.
“Se vuoi fuggirò
con te. Ce ne andremo da questo posto. Lascerò la mia
famiglia, non mi importa!
Voglio solo stare con te Adrian”
Basta. Ti
prego, basta.
Ad ogni
parola la stretta che attanagliava il suo cuore spento si faceva sempre
più
forte. E più dolorosa.
Quella
fragile creatura stava distruggendo tutte le sue difese, ogni singola
barriera.
Ma non poteva cedere ad una mera illusione. Non sarebbe cambiato nulla.
Non
avrebbe mai potuto sconfiggere il mostro dentro di lui.
“Io...”
balbettò Aurore, prima di nascondere il viso contro il suo
petto. “Io non
potrei vivere senza di te” un sussurro soffocato
uscì dalle sue labbra.
Era ora,
doveva farlo adesso. Non avrebbe sopportato un altro suono. Doveva
sigillare
quella bocca con la morte prima che riuscisse a rendere quell'esistenza
dannata
ancora più insopportabile. Un'esistenza eterna. Che non
avrebbe mai avuto fine.
In alcun modo. Avrebbe continuato a mietere vittime per sempre.
Perchè
quella
donna nella sua vita? Come aveva fatto a sconvolgere tutto in quel
modo? Da
duecento anni era un vampiro, ma solo dopo averla incontrata aveva
iniziato a
vedere se stesso come un mostro e il suo passato aveva cominciato a
tormentarlo. Ma era certo di non avere la forza per contrastare gli
istinti.
La strinse
forte tra le braccia e sfiorò con la punta del naso il suo
candido collo.
La
sentì
ridere spensierata e ancora una volta si bloccò. Non
posso.
“Mi
fai il
solletico” gli sorrise la ragazza risollevandosi.
“Scusa”
borbottò lui spettinandole i capelli.
Un'irresistibile
broncio comparve sul suo viso, mentre Aurore soffiava
all'insù per scostare la
frangia dagli occhi. Quel gesto lo sconvolse. Aveva rivisto in lei il
suo unico
amore. Susanne. La donna, che gli era stata sottratta tanto tempo
addietro
insieme alla sua anima.
Doveva porre
fine a quella situazione, prima di perdere completamente la ragione.
Ma prima che
potesse muovere un muscolo, le sue fredde labbra vennero sfiorate da un
caldo
soffio delicato.
Un solo
secondo. E gli parve che tutto il mondo gli crollasse addosso.
Sentendolo
irrigidirsi la ragazza si allontanò subito.
“Mi
dispiace”
bisbigliò, tenendo lo sguardo basso.
Da
così tanto
tempo non si era più lasciato andare ad un bacio. Anche un
solo e innocente
bacio a fior di labbra. Ma si accorse che adesso era tutto quello che
desiderava.
Sorrise a
quei grandi occhi nocciola e prendendo il suo delicato viso fra le mani
la
riavvicinò a se.
Assaggiò
il
dolce sapore delle sue labbra calde e mentre il bacio diveniva sempre
più
profondo desiderò di poter porre finire alla sua esistenza
dannata in
quell'istante, in quell'abbraccio.
Memorie di
una vita passata sfiorarono la sua mente. Susanne, la sua risata
argentina, le
corse senza fiato tra campi di papaveri, rossi come le sue labbra dalle
quali
non avrebbe mai allontanato le proprie. Il loro dare un senso alla vita
stando
insieme. E poi il tentativo inutile di salvarla da quel mostro. E il
fragile
filo della sua vita che si spezzava. La sua morte era stato l'inizio
del suo
incubo, quando, osservandola spirare fra le sue braccia, si era reso
conto di
star mutando per diventare forse peggiore del carnefice della sua
Susanne.
E ancora
l'immagine di Aurore e dei suoi occhi innocenti riempì la
sua testa. I volti
delle donne dai lui amate si sovrapponevano in un'infinta danza, fin
quando gli
parve che fossero nient'altro che la stessa persona.
Non voglio.
Non voglio ucciderla. Non voglio più strappare nessuna vita.
Ti prego. Prendi
la mia in cambio. Lasciami morire adesso. Rivolse la
sua disperata
preghiera ad un Dio che non avrebbe mai esaudito quel desiderio. Non la
richiesta di una creatura del diavolo. E il Demonio stesso non sarebbe
mai
stato così misericordioso.
Il petto
oppresso dal dolore e dalla sofferenza, d'un tratto gli parve che i
suoi occhi
stanchi fossero riusciti finalmente a versare lacrime che non avevano
più
bagnato il suo viso da un'eternità. Ma era impossibile. Ad
un mostro quale egli
era non era concesso poter versare nemmeno una lacrima.
Ma quando il
sale raggiunse le labbra tremanti si rese conto che era tutto vero.
Sconvolto, si
allontanò da Aurore e portò una mano agli occhi
umidi.
Il suo
sguardo pieno di stupore e di incertezza si posò sul candido
viso della
ragazza, che lo osservava con un sorriso dolce e sereno.
“Ma...”
cercò
di parlare, ma un dito dalla pelle morbida si posò
dolcemente sulle sue labbra.
“Shh”
la
giovane donna prese una delle sue mani, e gliela portò al
petto.
Subito si
accorse che non era più duro e freddo come il marmo, ma un
lieve tepore emanava
dalla pelle candida. E poi un leggero rumore.
No, non
poteva essere.
Eppure quei
fievoli battiti nascevano proprio dal suo cuore.
Sbattè
più
volte le palpebre, mentre una luce troppo intensa colpiva la radura
all'ombra
delle rovine.
Cercò
di
sforzare la vista, nel tentativo di vedere cosa stava accadendo. Tese
una mano
cercando di sfiorare la ragazza che poco prima gli stava accanto, e
un'angoscia
profonda lo colse quando non riuscì nel suo intento.
“Aurore”
chiamò in un singhiozzo.
La luce si
fece un poco più lieve e potè scorgere una donna
bellissima, il cui corpo
risplendeva più della luna lontana.
I capelli
argentei le sfioravano il volto e le spalle, muovendosi sotto il giogo
del
vento. Gli occhi dalle iridi violacee non lo perdevano un istante. Chi
era
quella creatura sconosciuta? Dov'era Aurore?
Sentiva la
testa sempre più pesante. Forse se avesse abbassato le
palpebre...No! Non
poteva! Doveva trovarla!
“Dov'è?
Dov'è
Aurore?” domandò cercando di alzarsi a
fronteggiare la donna.
“Silenzio
Adrian! E resta fermo, ti prego. Ti è stata concessa
un'altra occasione. Hai
una nuova vita davanti. Dimentica il passato.”
“Ma...”
protestò con fievole voce, prima di cadere in un profondo
sonno senza sogni e
abbandonarsi all'oblio.
**
L'angelo dai
capelli argentei si accostò al corpo addormentato del
giovane, sfiorandone con
delicatezza il profilo del volto.
“Il
tuo amore
ti ha salvato Adrian. E il tuo cuore tornerà a battere per
un'altra donna. La
amerai e la renderai felice. E non ricorderai più nulla del
dolore passato. Non
ti ricorderai più di me. Della tua Susanne. Della tua
Aurore. Ma io veglierò
sempre su di te” sussurrò al suo orecchio sordo.
“Addio” gemette, posando un
ultimo bacio sulle sue labbra cremisi.
E poi
scomparve nell'oscurità, come se non fosse mai esistita.
**
Il sole di un
nuovo giorno carezzò dolcemente la pelle del giovane
addormentato sotto le
fronde di un vecchio albero.
Socchiudendo
le palpebre dei suoi occhi color del mare Adrian si sollevò
per godere meglio
di quel calore. Pace e serenità regnavano nel suo cuore. Non
ricordava dove
fosse. Non ricordava chi fosse. Si sentiva felice e non ne sapeva il
motivo. Ma
poco importava, almeno per il momento. Rimase ad ascoltare la melodia
del
mattino. Un sorriso sulle labbra.
E una fragile
viola fra le mani.
The end