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Autore: harinezumi    14/02/2013    1 recensioni
Rimase steso, ansimando anche se i suoi polmoni non avevando bisogno di riprendere fiato, chiudendo gli occhi che sentiva inspiegabilmente pizzicare, senza che una sola lacrima ne potesse uscire.
Erano mesi che aveva lasciato Dean, e non era passato un singolo giorno da allora in cui non avesse sentito il bisogno disperato di tornare sui suoi passi.
[Purgatorio]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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Titolo: Reasons
Parole: 1325
Genere: Generale, Angst, Introspettivo
Personaggi: Castiel, Dean Winchester (accennato)
Avvertimenti: Slash (onsided, Castiel POV)
Disclaimer: la storia e i personaggi di SPN appartengono a Kripke ed egli va amato.
Note: la fic è ambientata nel Purgatorio, e riporta una scena della puntata 8x02, molto breve.

 

Ho scritto questa fic mooolto tempo fa ed è il classico lavoro che ho buttato giù di getto, perciò al momento non mi è parso degno di pubblicazione. Ora invece voglio condividerlo, così, tanto perché il mondo sappia quanto adoro questi due e tutto l'angst che irradiano insieme e singolarmente :3 non disdegno commenti quindi se vorrete lasciarmi un'opinione sarei felicissima (anche perché è un fandom in cui non ho mai pubblicato nulla)!
Comunque, vi ringrazio per la lettura ^^


harinezumi

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Reasons




 

Castiel cadde a terra, il volto premuto contro l'humus umido da un lurido stivale, senza nemmeno il tempo di sollevarsi puntellando i palmi delle mani. Tossì, soffocandosi con terra e foglie secche, strizzando gli occhi e gridando, riprovando ad alzarsi e spingendo all'indietro con una spallata quello stivale con tutte le sue forze.

Il suo assalitore fu colto di sopresa, e lo sollevò; Castiel si voltò di schiena, ringhiando in una maniera che fino a pochi anni prima non avrebbe nemmeno creduto possibile per un angelo. Fieri combattenti, ma mai adirati, sempre equilibrati... tutto ciò che lui ora non era. Tirò svelto un calcio allo stinco più vicino della creatura, che, mentre ancora cercava di tornare in equilibrio, gli cadde addosso. Il suo volto finì giusto tra le mani di Castiel, che sprigionò la sua luce angelica per friggergli il cervello quanto bastava per fare a pezzi anche quello che restava della sua anima.

Poi, l'angelo si tolse di dosso il corpo senza vita, ma non si sollevò da terra. Rimase steso, ansimando anche se i suoi polmoni non avevando bisogno di riprendere fiato, chiudendo gli occhi che sentiva inspiegabilmente pizzicare, senza che una sola lacrima ne potesse uscire.

Erano mesi che aveva lasciato Dean, e non era passato un singolo giorno da allora in cui non avesse sentito il bisogno disperato di tornare sui suoi passi. Il cacciatore era rimasto all'oscuro dalle sue intenzioni, e la sua voce implorante continuava a martellargli in testa per ore ogni volta che Dean, ovunque si trovasse, apriva bocca e cominciava la frase con "Cass"; la cosa non lo aiutava per niente a lasciarselo alle spalle.

Del resto, Dean non gli aveva mai reso la vita particolarmente semplice.

Castiel sapeva fin dal primo momento che aveva posato gli occhi su di lui quale sarebbe stato il suo destino, eppure il cacciatore aveva sempre fatto a pugni con qualunque cosa fosse già stata decisa al suo posto. Non contento, l'aveva costretto con il tempo ad aprire gli occhi e a fare lo stesso. All'inizio si era trattato soltanto di acquistare una propria libertà: poi si era trattato di scegliere come usarla.

L'angelo chiuse gli occhi, spossato, cominciando ad alzarsi da terra senza nemmeno darsi peso di spolverarsi gli abiti, scivolando in maniera patetica sul terriccio umido. Rimase accucciato, coprendosi il volto con le mani, nel tentativo di scacciare dalla mente gli incubi che le sue scelte gli avevano portato.

«Tu guarda, un pennuto caduto a farci visita» sibilò una voce, interrompendo i suoi pensieri quasi sul nascere; Castiel si sforzò di abbassare le mani, sentendo nel contempo tutti i muscoli del suo tramite contrarsi, in allerta.

Aveva davanti due leviatani. Non li aveva sentiti arrivare, o forse sì, non che la cosa gli importasse per davvero; ogni sua percezione era attutita, per quanto vicina, tranne quelle piuttosto forti che gli davano le grida di Dean rivolte a sè stesso e che non riusciva ad ignorare. Non aveva occhi per il resto e, dallo sguardo vacuo che lanciò ai mostri distanti appena pochi metri, non gli interessava nemmeno.

«Fate del vostro peggio» raccomandò allora, con un sorriso tirato, sollevandosi dalle ginocchia in piedi e stringendo i pugni, senza capire se quell'improvvisa sensazione di stanchezza derivasse dal suo involucro o fosse realmente quello che provava la sua grazia.

«Ti stanno cercando in molti sai? A te e a quel tuo amichetto» rise il secondo leviatano, dall'aspetto di una ragazza. «Non sei curioso di sapere l'ultima su di lui? Un uccellino mi ha detto che lo hanno tolto dalla circolazione».

«Sta zitta» ringhiò il suo compagno, senza tuttavia staccare lo sguardo da Castiel, la cui espressione era comunque rimasta impassibile al commento dei lei. «Non siamo qui per parlargli. Ma per strappargli via tutti i pezzi di grazia che gli sono rimasti».

Castiel ignorò anche l'inquietante ghigno di quello che sembrava un uomo. «So che menti» ribatté invece, serafico, alla ragazza. «Non ho staccato gli occhi da Dean nemmeno un istante, da quando sono qui. Se pensassi che non può affrontare tutto questo, non l'avrei mai lasciato solo... quindi, non insultarlo insinuando che si farebbe battere da rifiuti come voi».

I leviatani scoppiarono a ridere, ma ora quello con l'aspetto di donna era visibilmente nervoso, e non si azzardò a dire un'altra parola.

Non rimasero a squadrarlo a lungo; probabilmente, il suo commento li aveva resi irrequieti e a Castiel sfuggì un piccolo sorriso appena percettibile, nel notare quanto la propria bocca fosse diventata simile a quella di Dean e Sam, nel tempo. Quando i leviatani aprirono le loro bocche ringhiando, così simili a buchi neri, melmosi, contornati da denti di squalo, l'angelo stava ancora sorridendo, ma non si lasciò sfuggire i movimenti dei mostri contro di lui.

Un attimo, e le dita della sua mano destra si serravano nel collo della femmina, stringendo con tutte le forze, penetrando nella carne e facendo presto zampillare il sangue nero, che scese ad un rivolo a bagnare il suo trench, ormai martoriato dal viaggio.

Castiel alzò l'altro braccio, il palmo in avanti contro il secondo leviatano, che si era fermato, forse spaventato, e ora lo fissava con odio misto a impotenza per il non poter salvare la compagna, ancora imprigionata dalla morsa dell'angelo.

«Vattene. Il più lontano possibile da me. E Dean» sibilò Castiel, sentendo la rabbia che gli faceva formicolare le tempie, trasferendosi in fretta al braccio; un attimo dopo, percepì l'osso del collo del mostro che si spezzava, e un crack sinistro accompagnarlo.

Il secondo leviatano scomparve in quel momento.

Castiel lasciò cadere la testa e il corpo, ormai separati, senza nemmeno abbassare lo sguardo su di essi. Scomparve a sua volta, lasciando la radura di un attimo prima e materializzandosi accanto ad un fiume, accucciandosi a guardarne lo scorrere dell'acqua, con un sospiro.

Infilò le mani sporche di sangue nero e fango nella corrente, e le osservò mentre progressivamente tornavano pulite, incontaminate, come se nulla fosse successo. Certo, c'erano altre parti del suo aspetto al momento che avrebbero avuto bisogno di un bagno del genere, ma lui si limitò a passarsi appena le mani bagnate sul volto, risollevando lo sguardo.

Si ritrovò a sorridere senza volerlo, improvvisamente in pace con quello che era appena successo, con il luogo in cui si trovava, con le cose com'erano rimaste tra lui e Dean. In fondo, andava bene così, ed era più di quanto avesse mai sperato di ottenere dopo quello che aveva fatto. Non aveva la possibilità di stare accanto al cacciatore, di aiutarlo, di sostenerlo, ma per lui Dean ancora lo stava facendo; il potersi comportare di nuovo in maniera giusta, protettiva nei confronti dell'altro riempì Castiel di una felicità che non avrebbe mai pensato di provare ancora.

Non era importante il fatto che il Paradiso gli fosse stato precluso per sempre, o che la sua grazia potesse d'ora in poi progressivamente lasciarlo. Dean era vivo e lui poteva fare qualcosa per salvarlo. Se fuggire da lui era l'unico modo per proteggerlo, Castiel non avrebbe mollato per nulla al mondo, a costo di non vederlo mai più. Almeno a quello sarebbe servita la sua libertà.

La stanchezza, quella che aveva provato un attimo prima dell'attacco dei leviatani, scomparve di colpo a quel pensiero, sia dal suo tramite che dalla sua grazia. Castiel si sentì leggero, pronto a continuare, pronto a vivere.

 

E proprio in quell'istante, quella voce, quel nome. Cass.

Prima, si convinse di averlo sentito soltanto nella sua testa: succedeva spesso. Poi, si sollevò, voltandosi verso il sottobosco da dove lui e nessun altro gli stava venendo incontro. Il cuore di Castiel si strinse in una morsa di terrore, quando il suo sguardo incontrò quello di Dean e capì che l'ennesimo dei suoi sforzi, l'ennesima strada lastricata di buone intenzioni che aveva imboccato, erano andati in frantumi.

Perché come il cacciatore gli aveva dato in quei mesi la forza di stargli lontano, in quell'istante, in quell'abbraccio, se la riprese per sempre.









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