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Autore: CBradbury    14/02/2013    3 recensioni
Tratto dal secondo capitolo: "Il TARDIS lo aveva portato da quelle persone e pareva che fossero tutte collegate perché erano sole. Sole perché avevano perso la loro famiglia, i loro amici, i loro amati… e più andavano avanti, più si sentivano soli. Presto la loro vita si sarebbe trasformata in un buco nero senza via d’uscita, dove loro erano nell’occhio del ciclone, e non sarebbero mai più potuti uscire. Una vita triste, solitaria, dove il dovere e il lavoro duro sarebbero diventati la cosa più importante. Non ci sarebbe più stato spazio per l’amore e oh, il Dottore capiva. Era lì per un motivo preciso, e non poteva perdere altro tempo"
Crossover Doctor Who - Sherlock BBC - Supernatural - Glee - Hunger Games - Thor
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Amy Pond, Angeli Piangenti, Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Angolinoinoino!
Eeeeeed eccomi qui!
Lo so, non ve ne importa nulla di me e volete solo leggere la schifezzuola che c'è qui sotto, ma prima devo rompervi un po' per spiegare due cose.
Quest'idea mi è balenata in mente qualche mese fa e l'ho buttata subito giù, solamente che a causa studio l'ho mollata e fino ad adesso sono arrivata a quattro capitoli.
In principio era una OS, ma poi ho deciso di spezzarla per motivi di lunghezza, quindi credo che aggiornerò un giorno a settimana così da avere un pochettino di tempo per continuarla çWç
Dopo di che, qualche avvertimento: questa fic contiene SPOILER per ogni serie/libro/film e mi dispiace moltissimo, ma purtroppo ho dovuto utilizzare alcune scene proprio per iniziare la fic. Diciamo che sono il fulcro della fanfiction e non potevo proprio evitare di descriverle. Quindi, mi spiace per tutti coloro che non potranno leggere la fic o dovranno evitare gli spoiler. Ad ogni modo, vi avverto solo per non dare dispiaceri a nessuno!
Ringrazio tutti quelli che leggeranno e recensiranno! Non siate timidi e inviatemi pure tutte le vostre critiche, che siano positive o negative :)

Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono frutto della mente super-geniale di Ryan Murphy, Eric Kripke, Steven Moffat,
Sydney Newman, Conan Doyle, , Suzanne Collins e Stan Lee. Non scrivo a scopo di lucro, né intendo offendere qualcuno.









 

Anything Could Happen

 






Fermi uno di fronte all’altra. Tre cuori che battevano. Il cuore di lei, che quasi stava per scoppiare. I cuori, di lui, che stavano bruciando assieme al sole.

Rose Tyler, il difensore della Terra, stava piangendo lacrime di dolore, d’amore, di sconfitta… di un addio che presto sarebbe avvenuto. L’orologio immaginario nelle loro menti stava ticchettando incessantemente, ricordando loro che il tempo stava per scadere.

“Ti amo” sussurrò Rose in un’ultima confessione, prima che il Dottore la guardasse negli occhi più intensamente di quanto mai avesse fatto prima, facendole capire che anche lui l’amava. L’amava più dell’universo stesso, anche se prima di incontrarla, lo riteneva davvero la cosa più bella del mondo, dopo il TARDIS. E non poteva descrivere quanto tenesse a lei a parole. Non poteva dirglielo con un semplice “Ti amo”, perché sarebbe stato troppo poco per Rose Tyler.

Non aveva potuto evitare che diventassero una cosa sola… Rose e il Dottore, il Dottore e Rose. Era successo e basta, perché lui le aveva mostrato l’universo, e lei gli aveva mostrato l’affetto nella sua forma più profonda. Ci avevano guadagnato entrambi inconsapevolmente, e tutto era durato troppo poco, perché Rose avrebbe desiderato vivere altre mille vite con lui, e il Dottore avrebbe voluto vivere una sola vita con lei, che ne valeva infinite.


“Fatemi ritornare all’inizio, al punto di partenza, vi prego” fu l’ultimo pensiero del Dottore prima di svanire alla vista di Rose, tornando nel suo TARDIS a piangere lacrime silenziose.


 

***


“Ferma tutto questo- fermalo-“
John osservò il nome inciso sulla lapide e non riuscì a trattenere altri singhiozzi che presto lo scossero, ancora e ancora.  Non ce l’avrebbe fatta, non sarebbe riuscito a respirare un altro minuto senza Sherlock. Faceva male vivere senza di lui, non ne valeva neanche la pena.

S'incamminò verso l’uscita del cimitero con i piedi così pesanti da fargli male; sembrava che qualcosa volesse trattenerlo in quel posto e non volesse che uscisse. Sentiva la pelle scottare e la carne staccarsi dalle ossa. E tirava, tirava, faceva così male che stava per credere sul serio di star morendo. Il cuore stava per scoppiargli in petto, ma nonostante tutto il dolore in corpo era l’unico che aveva ancora un po’ di speranza. Senza il cuore John non avrebbe mai più creduto in Sherlock Holmes.


Prese il taxi per tornare a Londra assieme a Mrs. Hudson, e mentre guardava fuori dal finestrino, una lacrima traditrice gli solcò il volto. Presto delle braccia familiari gli circondarono le spalle. 

“Vorrei poter tornare indietro, all’inizio di tutto questo” fu l’ultimo desiderio di John Hamish Watson, prima di intravedere il meraviglioso tramonto Londinese, che gli ricordò le mille sfumature degli occhi di Sherlock, che ancora non era riuscito a dimenticare.


Era consapevole del fatto che prima o poi avrebbe dimenticato il suo odore, o la forma perfetta delle sue labbra, o persino il timbro della sua voce… ma mai, mai avrebbe potuto dimenticarsi qualcosa come gli occhi di Sherlock Holmes.

Quelle due iridi di quell’azzurro cielo parlavano da sole quando si posavano negli occhi di John. Non c’era bisogno di parole, ma solo di qualche sguardo fuggente ogni tanto, e John sapeva esattamente cosa passava per la mente del suo migliore amico e collega. O forse di più, molto di più di queste banali etichette. Era stato decisamente un qualcosa di speciale, e lo sarebbe stato per il resto della sua vita.


***

 

Let you put your hands on me
In my skin tight jeans
Be your teenage dream tonight

 

La canzone si concludeva in lacrime di un ragazzo che aveva perso tutto, che guardava negli occhi la persona che amava e si rendeva conto di quello che si sarebbe lasciato alle spalle. Tutto, avrebbe lasciato tutto.

Realizzarono entrambi che era finita e che non c’era una possibilità, che i loro sforzi erano stati vani, nonostante tutto il loro amore.


Kurt non ce la fece. Uscì di corsa fuori da quel locale, mentre il suo piccolo cuore si spezzava in mille pezzi, che mai più nessuno avrebbe mai potuto ricongiungere.

Si lasciò cadere a terra, in un angolo della strada, mentre ogni singola persona che gli passava accanto non ci faceva caso. Era una briciola dentro quel grosso formicaio che era New York, che era il mondo.

Una figura a lui così familiare gli si sedette accanto, avvolgendolo in qualcosa simile a un abbraccio, che lo fece sentire così completo ed allo stesso tempo così vuoto. Restarono immobili per dei minuti interi, con l’aria fredda della Grande Mela che sfiorava i loro corpi così vicini, e allo stesso tempo così dannatamente lontani.


“Questo è un addio?” domandò con voce flebile Kurt, cui il cuore, in quel momento, stava cedendo.

“Tu vuoi che lo sia?” disse in risposta Blaine, che fece aggrottare la fronte al ragazzo che stringeva ancora tra le braccia.

“E questo cosa significa? Sei tu che mi hai cantato quella canzone, e sei tu quello che vuole rompere!”

Tra loro cadde il silenzio. Non era mai successo perché non avevano mai pensato di rompere veramente… mai. E ora che il loro peggiore incubo si stava concretizzando e non sapevano come comportarsi.

Rimasero abbracciati ancora per un po’, mentre il momento di dirsi addio si faceva sempre più vicino. L’orologio del cellulare segnava un minuto a mezzanotte, e mentre Blaine faceva per alzarsi, Kurt lo afferrò per quello stupido bowtie che si era messo quella sera.

Si ritrovarono incredibilmente vicini, con i respiri che creavano piccole nuvolette di aria fredda, e Blaine che sarebbe voluto scappare subito. Non ce la faceva più, stava diventando troppo anche per lui.


“Non ti sto lasciando perché c’è qualcun altro che mi rende felice tanto quanto tu mi hai reso felice. Neanche perché mi hai stancato o altre mille cause idiote. Io ti sto lasciando perché è arrivato il tuo momento. Devi spiccare il volo, Kurt Hummel. Non hai bisogno di me, adesso” furono le ultime parole di Blaine, che gli stampò un ultimo bacio sulla fronte, e si incamminò verso la via dell’albergo.

Il giorno seguente sarebbe tornato a Lima, a chilometri e chilometri dalla persona che ancora amava con tutto se stesso.


E mentre una lacrima bollente gli solcava il volto, e il tramonto di Lima si mostrava ai suoi occhi, un ragazzo, a New York, osservava la sua stessa vista, sperando di tornare indietro a quando tutto era più semplice, e non esisteva solo un “io”, ma un “noi”.




 

***



Asgard non era mai parsa così vuota da quando Loki era caduto nel vuoto… e Thor non si era mai sentito così vuoto da quando aveva perso una delle persone più importanti della sua vita. Per lui non era solo suo fratello, ma era di più. Era stato il suo migliore amico, la sua spalla destra, il suo amante e il suo peggior nemico. Era stato tutto quello che avrebbe potuto essere e in quel momento non riusciva a far altro che pensare a quanto gli mancasse. Non esistevano Jane, Lady Sif o altre stupide ragazze, ma solo Loki, il suo fratellastro perduto.

Lasciò penzolare le gambe sopra quell’infinita cascata lucente, dove il Bifrost si era spezzato in mille pezzi pochi giorni prima, e ora non era soltanto che un ammasso di acqua rumorosa che avrebbe potuto perfettamente essere l’insieme di tutte le lacrime che Thor stava trattenendo da giorni.

E mentre pensava a quanto potesse essere ingiusto il mondo, a quanto l’amore in sé fosse ingiusto, perché troppo grande anche per un dio come lui, un giovane dio dall’altra parte dell’universo stava pensando a quanto gli mancasse suo fratello. Loki si sentiva come un pesce fuor d’acqua in quel mondo di mostri, che pur di arrivare al potere, avrebbero anche usato un dio come tramite per giungere sulla Terra. Avevano un piano, un piano così grande che neanche Loki stesso poteva minimamente immaginare. Eppure era entusiasta di quello che avrebbe potuto fare se mai gli umani si fossero inchinati al suo prospetto. Avrebbe potuto comandarli, e loro lo avrebbero amato senza contraddirlo mai, senza mai tradirlo una volta. Ma allo stesso tempo sentiva come un peso sul cuore, come se qualcosa o qualcuno s'insinuasse nella sua mente e gli ricordasse che stava facendo la cosa sbagliata.

E Thor, Thor stava pregando che suo fratello fosse vivo. Passava ore e ore a sperarci, e l’unico vero desiderio che avrebbe voluto che si avverasse all’istante, era quello di tornare in dietro, al principio. Avrebbe voluto una partita alla pari, dove entrambi sarebbero stati allo stesso livello, e entrambi sarebbero potuti diventare re. Niente preferenze, niente inganni… solo due fratelli, che sognavano il trono di Asgard, ma prima di tutto, sognavano di essere fianco a fianco, per sempre.
 

***



Katniss Everdeen aveva perso tutto: la sua casa, la sua famiglia, i suoi amici… il suo migliore amico. Aveva lasciato alle spalle la sua infanzia, ed era dovuta diventare donna troppo in fretta. Si sentiva come soffocare in quella grossa città di nome Capitol City, dove tutto pareva perfetto, ma in realtà non era altro che un ammasso di palazzi e persone che potevano benissimo non essere ritenute tali. Era disgustata da loro e dai loro giochi.

Eppure era costretta ad accettare quella realtà che stava stretta a lei come stava stretta a tutti, ma a contrario degli altri, lei – anche se inconsapevolmente – reagì e si ribellò contro Capitol City.

Quelle bacche, i Morsi della Notte, erano tornate finalmente utili a qualcosa che non aveva a che fare con la morte. La voce del presentatore rimbombò in tutta l’arena annunciando la vincita dei due tributi del distretto dodici, facendo sospirare i due giovani, che terrorizzati dal cambio delle regole, avevano preferito morire entrambi pur di non uccidere l’altro. E Katniss era così felice che avrebbe voluto abbracciare Peeta in quel momento. Lo avrebbe fatto così forte da soffocarlo, e forse gli avrebbe anche stampato un bacio talmente si sentiva sollevata. Ma tutto questo non accadde.

Una strana cabina blu della polizia apparve proprio accanto ai due “Innamorati Sventurati” lasciando a bocca aperta l’intera Panem, e gli stessi ragazzi, che non potevano credere ai loro occhi.

“Katniss non capisco- cosa sta succedendo?” domandò Peeta alla ragazza accanto a lui, che sembrava così stupita da non riuscire ad aprir bocca.

Gli Strateghi e Seneca pensarono bene di concludere i giochi e chiamare degli overcraft a prelevarli, ma quella strana cabina aveva lasciato tutti di stucco, entrando in scena inaspettatamente, e ora non potevano rinunciare allo spettacolo che si stava manifestando proprio sotto ai loro occhi. Erano tutti incollati allo schermo, ma nessuno riusciva a capire cosa stesse succedendo.

“Io credo che ci debba essere una risposta più che razionale a… questo” disse ancora Peeta, mentre tentava di afferrare la ragazza per un abbraccio, per fermarla dall’avvicinarsi a quella strana cabina.

Katniss spinta dalla curiosità non dette conto al suo compagno di distretto che aveva accanto e si diresse verso la cabina, ritrovandosi proprio di fronte ad essa. Era enorme, blu ed emanava una strana energia. Katniss non si sapeva spiegare il perché ma era come se qualcosa la spingesse ad aprire quella porta.

Cosa ci sarebbe mai stato di così interessante in un semplicissima cabina della polizia? Non se ne vedevano così da moltissimi anni in Inghilterra. Anzi, l’Inghilterra non esisteva neanche più!

La giovane appoggiò la mano lentamente sopra la maniglia della porta, facendo scivolare la mano sopra di essa e spingendo infine con vigore. Peeta avrebbe voluto essere lì vicino a lei, ma sembrava muoversi con consapevolezza, allora decise di lasciarla in pace, tanto alla fine non sarebbe accaduto assolutamente nulla. Era solo una cabina. Una stupida e vecchia cabina telefo-

“Peeeeeeeta!” il suo nome riecheggiò per tutta l’arena, insinuandosi tra gli alberi, le radici e le rocce. Peeta sarebbe quasi svenuto se non fosse corso direttamente verso Katniss e non fosse entrato dentro la cabina della polizia.
Ma forse sarebbe svenuto ugualmente visto quello che in quel momento aveva davanti agli occhi.

 





Nel prossimo capitolo: "“Non dovresti startene qui tutto solo, potrebbe essere pericoloso a volte girano delle bestie selvagge di notte, e non vorrei mai che ti succedesse qualcosa-“

“Bestie selvagge? A New York?” domandò perplesso il ragazzo. Katniss si allontanò velocemente da lui, boccheggiando per attimi che parvero secoli"

  
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