Film > The Phantom of the Opera
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Autore: StarFighter    15/02/2013    2 recensioni
In un momento così solenne non riusciva a far altro se non pensare a quell’uomo,a lui, a colui che l’aveva scottata con la fiamma della sua violenta passione, l’ombra che l’aveva amata fino a morire: Erik.
Cosa è accaduto dopo che Christine è scappata dall'opera con Raoul? Che fine ha fatto Erik? E Christine sarà proprio convinta della scelta che ha fatto? -Ecco quello che ha partorito la mia mente in risposta a queste domande!- Buona lettura ;)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/The Phantom, Madame Giry, Raoul De Chagny, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve a te che stai leggendo queste poche righe d’introduzione! Allora per cominciare grazie di aver cliccato sulla mia storia;se l’hai fatto sai già cosa aspettarti, ma se non è così, fuggi via, perché se non hai visto LND c’è uno spoiler grande quanto il mondo ad attenderti! XD
Allora brevemente: questa è una ff su quello che ,secondo la mia mente malata, succede tra la fine del Phantom of the opera e l’inizio di Love never dies. La storia sarà incentrata su Christine e sui suoi dubbi amletici, ma ciò non toglie che poteri aggiungere qualche parte in cui sono i pensieri di Erik a farla da padrone. Il tutto dovrebbe concludersi nel giro di massimo 5 capitoli, compreso il prologo, per la fine del mese.
Questo è quanto … piccola premessa: è la prima long fic che scrivo, quindi non aspettarti granchè e sii clemente! *-*
PS: mi farebbe piacere se a fine lettura lasciassi un piccola,miserrima recensione … o anche un commento e sono ben accette anche le critiche costruttive XD
Okay, allora buona lettura… ;)

Prologo: Nightmares and Red Roses

Le campane della piccola chiesetta di campagna, appena fuori Parigi,che Christine e Raoul avevano scelto per celebrare le loro nozze,suonavano a festa. L’aveva scelta Christine, insistendo che il matrimonio si celebrasse in un luogo lontano dalla città e con pochi intimi, perché negli ultimi mesi i loro nomi erano passati sulle bocche di mezza Francia. L’aveva scelta perché le ricordava la chiesa di Perros, dove mamma Valerius insisteva per portarla ogni domenica mattina di buon ora…le ricordava tanto la sua fanciullezza. Non che fosse passata da molto in effetti: aveva appena vent’anni! Ma la spensieratezza e la gioia che l’avevano caratterizzata da bambina, ora non le appartenevano più. Aveva fatto un viaggio andata e ritorno per l’inferno e questo aveva spazzato via la sua innocenza e ,senza ombra di dubbio, aveva stravolto il suo spirito ingenuo.
 I ricordi e le immagini degli eventi di qualche mese prima non l’abbandonavano mai, erano ormai suoi fedeli compagni in una vita grigia,che si era spenta con l’incendio dell’operà Garnier . L’enorme teatro era stato divorato dalle fiamme, che non avevano risparmiato niente e nessuno. Ma già da un po’ di tempo erano cominciati i lavori di ricostruzione: non era cosa degna di una città come Parigi, essere priva di un teatro dell’opera!
Le mancava quel posto, ma da quell’infausto giorno non c’aveva più messo piede, anche perché Raoul glielo aveva impedito: temeva che sarebbe scomparsa di nuovo nei meandri del grande teatro. Ma nonostante lei lo avesse supplicato e gli avesse ripetuto mille volte che non c’era nulla da temere poiché, stando a quello che titolavano i giornali, il famigerato fantasma dell’opera era morto, lui non aveva voluto sentir ragioni. In effetti lei stessa non credeva a quello che diceva, ma pur di ritornare in quella che era stata la sua casa per lungo tempo, avrebbe fatto carte false. Eppure c’era stato un tempo in cui non avrebbe voluto altro se non fuggire da quel luogo; ma ora i ricordi le riempivano la mente.
 Quel posto era il paradiso dei cinque sensi,nessuno di questi veniva deluso. Se chiudeva gli occhi riusciva ancora a vedere i mille colori dei costumi di scena,le sfumature dei fondali,l’andirivieni di costumisti e truccatori, il rosso della platea e l’oro dei palchi. Se invece ascoltava meglio riusciva a sentire le risatine delle ballerine, lo scricchiolio delle assi del palcoscenico,il fruscio degli spartiti, il chiacchiericcio che si alzava dalla buca dell’orchestra, i richiami del maestro Reyeur, le bizze della Carlotta e le conseguenti preghiere degli impresari e sopra ogni cosa la musica che regnava sovrana. Ricordava anche la sensazione del tulle e della crinolina che sfregavano sulla pelle,il sapore forte del liquore che le ballerine più anziane le avevano fatto assaggiare una volta e il dolce gusto dei macaron che rubavano dal camerino della diva; l’odore del gas delle mille lampade che illuminavano ogni angolo buio di quel tempio della musica, lo scintillio dell’immenso lampadario … l’odore acre del fumo, il rosso vivido delle fiamme che avvolgevano ogni cosa, l’umido dei sotterranei che le entrava nelle ossa e lo squittire degli abitanti di quel labirinto. Ma un suono sopra tutti le sarebbe rimasto impresso a fuoco nella mente: l’urlo disumano del suo maestro. “VA VIA!”- le aveva urlato-“Fuggi e dimentica questo angelo all’inferno”. Lei era fuggita via, sorretta da Raoul, ma non aveva potuto dimenticarlo, ansi l’angelo della musica continuava ad albergare in ogni suo pensiero.
Ecco la chiesa era così vicina che riusciva a sentire il brusio degli invitati stipati nelle panche,in attesa di vederla. La carrozza si fermò e lei scese, aiutata dal valletto, con il suo vestito bianco, il velo di pizzo e i guanti che le facevano sudare le mani. All’entrata, ad aspettarla per condurla all’altare, c’era l’unica persona della sua vecchia vita che le era rimasta: Madame Giry,con il suo solito abito scuro e la treccia stretta in una crocchia elegante. Era stata la prima ed unica persona a cui aveva pensato per quel compito. Le porse il braccio e si avviarono verso l’entrata: la chiesa era deliziosamente decorata con fiori bianchi di centinaia di specie. Al suo ingresso gli occhi di un centinaio di persone si voltarono verso di lei, e a quel punto tutta l’emozione e l’imbarazzo trattenuti fino a quel momento, fecero capolino sulle sue guance arrossate. Cercò di non badare molto agli ospiti che Raoul aveva insistito per invitare, ma si concentrò proprio su di lui che raggiante l’aspettava in fondo alla navata. Quanto aveva aspettato quel momento? Quante volte aveva sognato ad occhi aperti come sarebbe stato quel giorno e con chi l’avrebbe condiviso! Tutto era perfetto,fin nel più piccolo dettaglio. Eppure c’era qualcosa che disturbava quella perfetta armonia di colori ed emozioni … aveva come un peso all’altezza dello stomaco, come quando si ha l’impressione che stia per accadere qualcosa di  spiacevole, ma non si può fare nulla per fermare le cose,si deve solo attendere che gli eventi si evolvano da soli e stare  a guardare cosa succederà.
Provò ad analizzare quel sentimento: non era paura, perché ne avrebbe dovuta avere; non era tristezza, nessuno più di lei era felice in quel momento; no era panico e nemmeno ansia… era…era senso di colpa! Si,si, non c’erano dubbi, era proprio quella bestia nera del senso di colpa! Non se lo ricordava più tanto lontana era l’ultima volta che l’aveva provato: era successo quando aveva all’incirca otto anni e aveva accidentalmente fatto cadere il portaritratti con l’immagine della mamma e quando suo padre si era arrabbiato, lei aveva incolpato  Cherì , il gatto che le aveva regalato mamma Valerius. Per colpa sua il povero animaletto era rimasto due notti fuori casa, ed era stato in quell’occasione che aveva avvertito quella strana sensazione, che il padre aveva chiamato senso di colpa.
Si, però perché provare quella cosa proprio nel momento che una donna aspetta tutta la vita? Si guardò intorno in cerca di una risposta, ma l’unica cosa che riuscì a pensare fu … LUI! Come poteva fare questo; come poteva costruire la sua felicità sull’infelicità di qualcun altro, e quel qualcun altro era stato come una famiglia per lei, e lei l’aveva condannato alla solitudine più nera, abbandonandolo nel suo inferno personale.  Ecco cos’era quel buco che le si era aperto nel petto … dopo tutto quello che le aveva fatto, continuava a mancarle. In un momento così solenne non riusciva a far altro se non pensare a quell’uomo, a colui che l’aveva scottata con la fiamma della sua violenta passione, l’ombra che l’aveva amata fino a morire: Erik.
Ecco che madame Giry le lascia la mano e l’affida a Raoul, che tremante d’eccitazione fa segno al parroco canuto di cominciare. Il vecchio parla d’amore, fedeltà, spirito di sacrificio ma ad un tratto le sue labbra non emettono più suono,ma continuano nella loro corsa. Christine si volta per vedere se qualcuno se n’è accorto, ma tutti i presenti sono presi dall’orazione,che evidentemente solo lei non riesce a sentire. Poi una richiamo spezza il silenzio che le tappa le orecchie: la chiama, una voce suadente, e il suo nome rimbomba negli angoli più remoti di quel luogo sacro. Sembra quasi una preghiera sussurrata a fior di labbra… -Christine, Christine, oh mia Christine!-ripete la voce di tenebra. Lei si gira ,alla ricerca della fonte di quel tormento. Nessuno vede il suo turbamento, nessuno si è accorto del suo esitare: tutti,chi più chi meno,pendono dalle labbra dell’officiante. Sta per cedere alla tentazione di urlare quando un piccolissimo, quanto insignificante particolare le salta agli occhi: tra i mazzi di fiori bianchi spicca scarlatta come un rubino, una rosa rosso sangue.
Poi non un suono né un colore. Tutto è nero. Ad accoglierla con le sue fredde braccia c’è solo la notte, pronta a consolare il malessere causato da un nuovo incubo …


L’angolino di Farah: spero tanto che questo primo capitolo sia piaciuto a qualcuno, o che almeno vi abbia incuriosito. Se così non fosse potete anche dirmi che scrivere non è cosa che fa per me! Comunque grazie per essere arrivati fino alla fine di questo piccolo esperimento ;) Ci si legge al prossimo capitolo… XD

   
 
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