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Autore: marig28_libra    16/02/2013    5 recensioni
Nelle terre dell’Himalaya, Suikyo vaga nella solitudine cieca, muta e spietata. Non è più il Generale Garuda. Non ha più le sue grandi ed insostituibili ali: Violate di Behemoth. Lasciandosi travolgere dal passato, il giovane rimembrerà i momenti di vita condivisi con la guerriera prima della Guerra Sacra. Un fiume di passione, errori commessi e paure mai risolte lo attanaglierà. In questa storia , classificata quarta al contest “ La speranza vive in una creativa realtà” ( indetto da Hope Giugy ) , un viaggio nell’anima di uno specter in cui albergano la contraddizione e il desiderio disperato di amare senza angoscia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Garuda Aiacos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum'
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 Fissa la morte: costellazïone
lugubre che in un cielo nero brilla:
breve parola, chiara visïone:
leggi, o pupilla.

Non puoi. Così, se fissi mai l'immoto
astro nei cieli solitari ardente,
se guardi il sole, occhio, che vedi ? Un vòto
un vortice, un niente.


(G. Pascoli )

 
 
 
 
 

La Fine continuava.
La Fine non si vuotava.
La Fine era una laida bugiarda: prometteva eccitanti cadute, vene recise , felici decapitazioni per poi non liberare nulla.
 
Non esistevano mappamondi su cui scegliere e tracciare rotte di dissanguamento. Penzolavano,  dall’aria, innumerevoli cappi ma impiccarsi con uno di essi sembrava impossibile.  
In quale direzione ci si ammutoliva nell’eterno?
In quale istante l’anima sarebbe diventata vegetale fossile?
In quale crepa ci si poteva tumulare masticati da una coltre di paralisi, terra e vermi?
 
Suikyo capiva che se anche avesse scritto l’epilogo della sua esistenza, infilzandosi con chissà quale lama,  avrebbe proseguito il suo itinerario nel Vuoto.
Sì…perché la Fine, in realtà,  era la sintassi del Vuoto,  la balia del Vuoto, la meretrice del Vuoto.
Era l’ingresso di un’immensità amorfa e liquescente.
 
Il ragazzo errava, come un poliomielitico, orfano di precetti e alternative. Ronzava derubato di fortezze da albergare o d’abbattere. Si strascicava scevro di fame, sete, sonno. Arrancava spolpato dall’insensata e sconfinata natura che lo circoscriveva.
Da quanto non era più Eaco di Garuda? Da quanto era stato calato nel pozzo dell'essenza mortale col suo antico nome mortale? Erano  sbriciolati due giorni? Una settimana? Un mese?
Non lo sapeva e non gliene importava niente.
Aveva fallito la sua missione.
Ade lo aveva castigato scarnificandolo del titolo di Generale degli Inferi.
Sisifo del Sagittario,  il più nobile dei paladini di Atena, si era mostrato d’una brillantezza devastante. Col suo potere, con le sue  ali d’aquila eterea e di fulminante arcangelo, era riuscito a travolgerlo.
La nave volante della Parthenos, figlia di Zeus, avrebbe avanzato  verso la Tela Perduta.
 
Lui, invece? Dove si sarebbe recato?
 
Guardò, con occhi arenati, la catena dell' Himalaya: il  gigantesco promontorio, dai crani canuti,  s’immolava ad un cielo  giallognolo e fetido.
Tutta la volta era stata  astersa dal  buio ma insudiciata da nuvole sbavanti di febbre. Il sole, caliginosa e putrefatta medaglia d’inutilità, sbadigliava in attesa di essere spodestato dalla Notte. Se ne infischiava dei propri raggi deboli e asfittici, della propria chioma pagliareccia. Non provava gusto nel far risplendere un deserto concavo e convesso di rocce.
 
Non provava gioia nello scaldare un giovane uomo ritornato alla normalità.
 
Eaco era declinato per sempre.
Kagaho di Bennu, il nuovo generale, gli aveva distrutto il surplice…
 
Eaco era declinato per sempre…con le sue Ali.
Le sue Ali… La più grande e umiliante mutilazione…
Non erano mai state  di ferro ma di carne, ossa, bellezza… Bellezza di ciclone, d’amore fedele e forsennato. Avevano brillato   della granitica e somma brutalità di un rinoceronte.
 
Behemoth.
 
Suikyo  s’era inciso , nel diaframma dell' anelo, uno sguardo, un cuore, un pugno.
 
Un solo nome: Violate.
La sua Venere dai tuoni di sangue.
La sua Venere sconfitta e morta.
                                                    
L’aveva seppellita nella terra scoscesa tra le rocce, nella  mente scoscesa dal deserto.
L’aveva seppellita sperando nell’assurdo, immaginando che la sua splendida figura gli sarebbe comparsa di nuovo annientando la  Fine.
 
Violate…” meditònon ritorni da me? “
 
Il vento e la polvere vogavano rachitici e solinghi.
 
“ Continui a star zitta…e io continuo ad aspettare la tua ombra…potrei ammazzarmi, perché no? Ma dopo sarà sempre così? Camminerò schifosamente solo? ”
 
Le montagne non aggiungevano nulla dai loro sagrati irremovibili e ignoranti.
 
“ Hai ragione…Sono stato un idiota. Un bastardo. Lo so che questo desideravi dirmelo. Tu…eri fortissima però anche sciocca, troppo sciocca.  “ 
 
Il cielo farfugliava con la gola invasa da muchi nembosi.
 
Tu ci credevi. Mi guardavi veramente. Io mi accontentavo…di averti come prediletta specter e giocarti  nel mio letto. “
 
Suikyo  fu arso da una lacrima gelata.
 
Avevo terrore della tua luce. Maneggiavi le ombre ma le tue ombre scaturivano da un astro.  Un astro che mi avrebbe scoperto.”
 
Il Sole, all’improvviso, dardeggiò riesumato dalla sua ibernazione.
Splendette misterioso e ferente.
 
Dove si trovava la Morte? Tra le costellazioni nere dell’universo ultraterreno oppure in quei riverberi di pianto ustionante?
 
“ Vedi quanto sono  penoso? Avevo paura di dirti una cosa normale, semplice e…troppo immensa. È troppo tardi,  adesso…”
 

Provò a fissare il Giorno ma si ricoprì subito gli occhi.
 
Ti amo…”
 
Rise livido, spossato, frantumato.
 
“ Quant’è inutile, vero? “
 
Il passato lo investì come un rapace nero e lucente, un re Garuda dalle piume d’ossidiana aguzzate.  
 
 
 
 

   
 
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