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Autore: Ziggie    16/02/2013    2 recensioni
It's never too late to mend, perchè non è mai troppo tardi per redimersi. Un'avventura per i fratelli Blues lunga una vita, ma al loro fianco non vi era solo la Banda, ma anche Ziggie. Recensite se vi va :) Buona lettura.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ce l'ho fatta a scrivere prima di riprendere l'uni, wow! 
Grazie a chi legge e chi mi commenta, davvero :) Sono felice che vi piaccia :) Un grazie particolare alla mia sist Sax, a Joliet e a JakeandElwood :)
Questo è un piccolo capitolo di transizione, la raccolta dei tre anni insomma che non si poteva evitare di fare. Buona lettura ;)
Ile                                


                                                   27. Semplicemente tre anni


Piatti, ecco com'erano i giorni.

Vuote, le ore in quel piccolo appartamento che, poco prima delle sbarre, avevo imparato a condividere.

Il tempo scorreva là fuori e la sopra elevata me lo ricordava di continuo  scandendo, le piccole ruote sulle rotaie, come le lancette di un orologio.

Nonostante fossi fuori, definibile donna libera, Joliet la vedevo tutti i giorni, tanto che il vetro che mi divideva da Elwood non era più così spesso, ma, forse, non lo era mai stato. Jake, invece, lo vedevo saltuariamente, il suo isolamento gli permetteva visite uno o due giorni al mese. Frank, il secondino, aveva fatto per un pò di tempo la stessa domanda ironica con cui mi accolse la prima volta, dopo due anni si era stancato della mia solita risposta glaciale e, ironicamente, pungente.

Due anni, già! Erano passati due anni ed io mi chiedevo quanto ancora Jake sarebbe dovuto restare in quel buco stretto e poco luminoso dell'isolamento. Erano passati due anni e il direttore di Joliet si era degnato, solo allora, di definire tempo e scadenza di quella lunga messinscena: Jake sarebbe stato in quel buco fino al giorno del suo rilascio.

Un colpo quando lo seppi, perchè non era mantenendolo in quel quadrato a sbarre che l'avrebbero mantenuto lontano dalla droga. Un colpo quando lo rivelai ad Elwood, ma non potevo nasconderglielo. La giustizia andava a scatafascio, Joliet non era più quella di una volta.

I giorni scorrevano lenti e monotoni, sentivo suor Mary, di tanto in tanto, solo al telefono. Il lavoro l'avevo ripreso, Kensy mi aveva dato il mio tempo e, alla fine, decisi di accettare quella possibilità e tornare al locale, conciliando i miei orari con quelli di Joliet.

Ero migliorata in cucina e, quando capitava, portavo qualche dolcetto ai fratellini. I ragazzi della banda, invece, non li sentivo da un pezzo, tanto da non saper più che lavoro facessero o dove abitassero, finchè un giorno, per le vie di Calumet City, non incontrai Lou e venni a conoscenza che la moglie di Matt Murphy aveva venduto il Soul Food Cafè aprendo una concessionaria d'auto e lui lavorava lì. Al bar, invece, avevo sentito alla radio due voci ben conosciute condurre un programma, quelle di Duck e Steve. Qualcosa avevo comunque scoperto senza muovermi troppo. Chissà gli altri? Chissà se ci saremmo rivisti?

Chicago era cresciuta in quegli anni e stava crescendo ancora: i jukebox erano spariti, i walkman erano in lotta con i nuovi lettori cd, i pub furono costretti a rimodernarsi, perchè le mode tornano, i vecchi tempi no.
Il mio calendario era un campo da battaglia, ogni giorno trascorso era un giorno barrato, un giorno in meno all'uscita di prigione.

Eravamo entrati da poco nel periodo finale, il terzo anno, il vero e proprio countdown.

Una fredda mattina di metà Febbraio, Elwood mi accolse con una lettera, al di là del vetro, ed un sorriso lieve e stanco dipinto sul volto, come a nascondere qualcosa.

- Cosa ti turba, signor B? - gli chiesi gentilmente.

- Jake mi ha scritto una lettera - abbassò appena lo sguardo gesticolando con le mani.

Mi stupii - Jake che scrive lettere? E' successo qualcosa? - era strano che il fratellone scrivesse, ma era anche piacevole udire una notizia simile, dopotutto che poteva esser successo?

- Nulla. Sono solo sorpreso e sollevato nel sentire che sta bene, ma il tutto mi appare come nota stonata e non so come spiegarmelo -.

- Avrà voluto, semplicemente, sfogarsi un pò su quel pezzo di carta, El! - gli feci notare pacata.

Ci riflettè un attimo e parve convinto, non del tutto, ma il sorriso divenne seriamente sollevato: - te la leggo perchè, pare di parlarvi faccia a faccia, per quanto si è sfogato - gli sorrisi ed annuendo lo invitai ad introdurre.

"Ehy fratello,

come va nell'altra ala? Sono mesi, probabilmente anni, che sto chiuso in questo buco e non riesco a scandire il tempo in questa fottuta cella! Pensavo di esser abituato all'aria di Joliet, non è la prima volta che faccio la conoscenza dell'isolamento, ma stavolta, cazzo, è diverso! Mi spiace averti preso a pesci in faccia, sputandoti addosso parole che nemmeno pensavo. Mi spiace saperti da solo, perchè io ho fatto il coglione. Spero che il soggiorno qui dentro finisca presto, mi manca quel sano e grezzo blues, che suonavamo di tanto in tanto. Sono contento che Ziggie passi qualche volta a trovarmi, fattelo dire El, la tua bimba è ben fiorita! Quando usciremo di qui, datti da fare, voglio un nipotino!

Ciao fratello, sempre in gamba!

Jake"

Elwood finì di leggerla quando il tempo a nostra disposizione terminò. Sorrisi alle parole scritte e ai complimenti ricevuti via inchiostro. C'era, però, una nota stonata in tutto quello: Jake non era tipo che scriveva lettere, ma, forse, lo aveva semplicemente fatto per comunicare con il fratello che non vedeva da tanto: la scrittura, dopotutto, era l'unico mezzo a sua disposizione là dentro! Perchè non usufruirne?

Mancavano poche settimane all'uscita, Jake stava bene, a parte la concezione del tempo smarrita; Elwood e io continuavamo a darci forza l'un l'altra e tutto stava per chiudersi per il meglio, ma sarebbe davvero stato così?

 
  
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