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Autore: Emily Alexandre    17/02/2013    10 recensioni
"Quando è successo? Quando hai iniziato a disprezzarmi così tanto? Ricordo la bambina che mi sfidava a scacchi nelle sere di pioggia, la regina nera e il cavaliere bianco… Mi arrabbiavo, reclamavo per me il ruolo di re e tu non mi rispondevi, limitandoti a guardarmi con accondiscendenza, come una madre fa con il suo bambino, e io pendevo dalle tue labbra e ti lasciavo fare, perché eri tutto il mio mondo. Anche allora il tuo affetto non era che un’abile messa in scena?
Mi hai chiamato usurpatore, figlio dell’inganno, odiavi Uther che aveva ucciso tuo padre e sposato tua madre, e odiavi me, l’erede che avrebbe avuto ciò che tu reclamavi, senza capire che avrei messo ai tuoi piedi il mondo intero, se tu avessi voluto. Questa Britannia io volevo costruirla con te."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Artù, Morgana
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
- Questa storia fa parte della serie 'Camelot'
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La regina nera e il cavaliere bianco
 

 

 

 

  Terra e sangue.
Terra nei polmoni, sulle labbra, sangue sulla pelle e sugli occhi, che tinge di rosso le stelle di questa notte gelida. Eppure, non lo sento il freddo e non sento neanche più il dolore. È arrivata la fine e ti immagino danzare illuminata solo dalla luna, perché la partita è vinta. Ne è valsa la pena, sorella?
Terra e sangue.
Se avessi la forza di voltarmi verso destra vedrei null’altro che i corpi privi di vita di coloro che erano i miei amici, la mia famiglia, soldati che io stesso ho condotto in battaglia e che ora, semplicemente, non esistono più. Sul campo di battaglia è come se ogni istante si dilatasse, come se il tempo diventasse infinito, senza un passato né un futuro, ma solo quel singolo presente. E basta un istante perché tutto finisca. Lui è morto così, un unico colpo dritto al cuore: ho sentito la spada tremare mentre l’ultimo battito segnava la fine della sua vita, poi siamo crollati entrambi. È lì, se tendessi la mano toccherei il suo corpo freddo, il corpo di un figlio che non sapevo di avere. Ne è valsa la pena, sorella? Sacrificare il frutto del tuo grembo, di una notte segnata dall’inganno che ha legato nuovamente le nostre vite, l’ennesimo filo di una matassa che non saremmo mai riusciti a sbrogliare neppure se l’avessimo voluto. E non lo volevamo.
Terra e sangue.
Quella su cui giocavamo da bambini e che ci sporcava le vesti regali e il sangue che ci unisce e ci condanna.
Vorrei non domandarmi perché, vorrei che gli ultimi istanti della mia vita fossero colmi solo di bei ricordi, della Britannia che stavamo costruendo e dei sogni che hanno riempito la mia vita. Vorrei pensare ai miei cavalieri, al dolce sorriso di mia madre e a quello benevolo di mio padre, vorrei ricordare il profumo del gelsomino che Ginevra ha fatto crescere sotto la nostra finestra e la birra scadente delle taverne in cui io e Lancillotto ci rintanavamo di tanto in tanto, coperti dai mantelli e dalla notte.
La mia mente, però, è colma di te, dei tuoi capelli neri e dei tuoi occhi grigi, di quelle mani che hanno  tracciato il nostro destino, che hanno diretto ogni gesto e che hanno piegato persino le parche, costringendole ad attendere ancora prima di tagliare il filo che mi lega alla vita.
Sognavo una Britannia libera dai Sassoni e in pace, una Britannia che potesse eguagliare la bellezza di quella Roma che ci ha invaso per poi abbandonarci ai nostri litigi e alle nostre guerre interne. Il riotolamo, mi chiamavano, il sommo re, colui che aveva costruito l’alleanza tra i sovrani dell’isola… Eppure tu lo sai che non ho mai aspirato a tanto, che ciò che volevo era la pace.
Lo sai, perché mi disprezzavi per questo, perché non accettavi che io non volessi tutto il potere per me. Non capivi.
Quando è successo? Quando hai iniziato a disprezzarmi così tanto? Ricordo la bambina che mi sfidava a scacchi nelle sere di pioggia, la regina nera e il cavaliere bianco… Mi arrabbiavo, reclamavo per me il ruolo di re e tu non mi rispondevi, limitandoti a guardarmi con accondiscendenza, come una madre fa con il suo bambino, e io pendevo dalle tue labbra e ti lasciavo fare, perché eri tutto il mio mondo. Anche allora il tuo affetto non era che un’abile messa in scena?
Mi hai chiamato usurpatore, figlio dell’inganno, odiavi Uther che aveva ucciso tuo padre e sposato tua madre, e odiavi me, l’erede che avrebbe avuto ciò che tu reclamavi, senza capire che avrei messo ai tuoi piedi il mondo intero, se tu avessi voluto. Questa Britannia io volevo costruirla con te.
Tutte le persone che ho amato ad un certo punto se ne sono andate, Merlino rinchiuso in una prigione di vento da Nimue, Ginevra e Lancillotto complici del peggior tradimento, ma adesso, mentre la vita mi sta lasciando, non riesco a biasimarli, perché erano vittime di una forza che non possiamo contrastare, di un amore troppo forte per poter essere sopito.
Avrei dovuto capirlo, quella notte, che la donna tra le mie braccia non poteva essere mia moglie, troppo passionale, troppo intensa… Ti avrei amato lo stesso, anche senza quelle ciocche color miele e quei lineamenti delicati e candidi. Ti avrei amato lo stesso, anima e corpo, terra e sangue, avrei baciato ogni centimetro della tua pelle, respirando il tuo odore così familiare.
È quel tradimento, vedi, che non riesco a sopportare, quel figlio che hai concepito e cresciuto come carne da macello, in attesa del momento in cui ci saremmo affrontati.
Ho ucciso mio figlio, sorella, tuo figlio, ma tu sembri non curartene. Nostra madre voleva che ci sposassimo, sai? No, forse non lo sai, ma è così. Fu Uther a opporsi, non perché non desiderasse che la figlia dell’uomo che aveva ucciso salisse sul trono; si sentiva in debito con te, perché per assecondare il suo amore ti aveva reso un’orfana. Ma lui non si fidava di te, ti aveva compresa prima di tutti noi.
Ho amato Ginevra, credevo fosse la scelta giusta, ma non posso fare a meno di chiedermi quale vita avrei vissuto se ci fossi stata tu al mio fianco, e un figlio nostro a ereditare un trono che adesso è vuoto e privo di successore.
Saremmo stati felici? Ci saremmo fatti del male e poi avremmo fatto l’amore fino a morirne.
E invece muoio solo, sulla terra di Camlann, della mia Britannia, tra il sangue dei miei uomini. Lontano da te.
Addio Morgana, ovunque tu sia.

 


Note: Cinque minuti di nostalgia e questo è il risultato... Ogni tanto torno qui, in questo fandom, ed è sempre splendido. In realtà, non ho molto da aggiungere, per cui mi limiterò a ringraziare infinitamente Cristina, senza il cui benestare probabilmente non avrei mai pubblicato, e tutti voi che siete arrivati fin qui e, chissà, magari avrete voglia di farmi sapere cosa ne pensate...
Ems

   
 
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