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Autore: Chemical Lady    17/02/2013    10 recensioni
[Enjolras / Nuovo personaggio]
Il rosso è il colore degli uomini irati e del cielo dipinto dei toni dell’alba, ma contiene anche le sfumature di un’anima innamorata e avvolta dalle fiamme del desiderio. E questo Enjolras lo sa benissimo, anche senza che il giovane Marius glielo spieghi alla vigilia delle barricate….
Qual è, quindi, il sentimento umano più forte dell’amore?
*
Ringrazio in anticipo coloro che leggeranno questa storia! Spero sia di vostro gradimento^^
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Enjolras, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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bananissima2

Titolo: Le couleur du Désir
Rating: 
Arancione.
Betareader:  ElfoMikey

Avvertimenti: Ho modificato alcuni eventi, rispetto all’opera originale, cercando però allo stesso tempo di mantenere integre le personalità originali dei protagonisti e di dare loro l’opportuna gloria che meritano. .

Genere: Romantico, malinconico e, naturalmente, storico.

Coppie trattate: Het.

Enjolras/Nuovo personaggio.

Disclaimer: Non possiedo la maggior parte dei personaggi di questo racconto, poiché essi sono usciti in un primo momento dalla penna di Victor Hugo e, successivamente, rielaborati dal genio di Claude-Michel Schönberg. I soli personaggi che mi appartengono sono quelli che ho io stessa inventato, ovvero Camille Dupont e la sua famiglia.  I fatti narrati sono in parte inventati da me e in parte sempre ispirati dall’opera ‘Les Miserables’ di Hugo, seguendo però il filone narrativo del musical.

 

Sommario: Enjolras ci è sempre stato presentato come un personaggio tutto di un pezzo, fiero e determinato verso i suoi obbiettivi, al pari di un ‘Dio greco’ anche secondo Grantaire. Ma, come ogni uomo mortale, egli ha anche un lato umano….

 

Il rosso è il colore degli uomini irati e del cielo dipinto dei toni dell’alba, ma contiene anche le sfumature di un’anima innamorata e avvolta dalle fiamme del desiderio. E questo Enjolras lo sa benissimo, anche senza che il giovane Marius glielo spieghi alla vigilia delle barricate….

 

Qual è, quindi, il sentimento umano più forte dell’amore?

 

 

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Per qualsiasi cosa, contattatemi!

 

Enjoy…

 

 

 

Le couleur du Désir

A love story behind the barricades.

 

 

 

 

Part One: The first glance.

 

 

 

 

1828, Paris.

 

 

 

La pioggia le scendeva sul viso come una lenta carezza, portando con se l’odore forte del marciapiede fetido e delle zolle di terra smosse del vicino campo santo.

I capelli le si attaccavano continuamente al collo, nonostante fossero parzialmente raccolti in uno stretto chignon, e lei li scostava infastidita, cercando di frenare il tremore alle labbra causato dal freddo e, al tempo stesso, di scaldarsi le braccia sotto allo scialle leggero nella quale si era avvolta per uscire.

Camminava veloce, cercando di tenere stretto il piccolo cestino di vimini che portava sull’avambraccio. Era mattina presto, l’alba non aveva ancora tinto con spruzzi rosati la tela celeste.  

Doveva sbrigarsi a comprare il pane e tornare a casa per preparare qualcosa di caldo per il padre, prima di vederlo recarsi come ogni giorno al lavoro.

Per poi dedicarsi alla sua, di giornata.

A lei sarebbero toccati i soliti compiti giornalieri. Essere la seconda figlia, per Camille Dupont, era una benedizione e una maledizione allo stesso tempo. Mentre suo padre lavorare presso Monsieur Leblanc alla conceria di pelli sulla Senna e sua sorella maggiore Eloise cuciva le vesti dei soldati presso una sartoria alla fine Rue De Battignolles, lei passava la giornata tra le quattro mura della loro modesta casa, ad occuparsi di sua sorella minore Odette e della loro madre, Yvonne.

Da qualche tempo, la donna era malata e Camille iniziava ad avere cupi presagi su quella malattia che in molti chiamavano Tisi. Ne aveva sentito parlare, si era a suo malgrado informata e nell’apprendere che il degenerare progressivo di quella tosse vermiglia avrebbe condotto sua madre tra le braccia del Signore, una fitta al cuore l’aveva quasi fatta piegare su se stessa.

Cosa poteva fare? Erano poveri.

Non così tanto da dover passare le giornate sui marciapiedi a chiedere l’elemosina o a vendere un po’ di amore a soldati e gentiluomini dal dubbio onore, ma abbastanza da impedire che un dottore potesse occuparsi di quel morbo con le opportune cure.

Era così concentrata su quei pensieri tristi, da non accorgersi che aveva smesso di piovere e i primi raggi di sole caldo presero ad illuminare i marciapiedi di Place de la Concorde, facendoli brillare.

Passando accanto alla fontana al centro della piazza vi si fermò, sedendosi un istante per concedere ristoro ai suoi piedi, infreddoliti a causa della pioggia che aveva impregnato il tessuto logoro delle scarpe che indossava.

Appoggiò accanto a sé il cestino, levandosi lo scialle. Sospirò, scostando una ciocca che, sfuggita al concio, le dava fastidio. Poi si voltò verso sinistra, sentendosi improvvisamente osservata.

Fu allora che li incontrò.

Un paio di bellissimi occhi grigi, che spuntavano appena sopra il bordo di un libro dalla copertina rossa ed eleganti scritte dorate sul dorso.

Passarono diversi istanti prima che la giovane potesse trovare la forza di rompere quell’incanto venutosi a creare in modo tanto inaspettato, potendo così rimirare infine la figura del giovane che sembrava a sua volta così interessato dalla sua presenza.

Non credeva di averlo mai visto – un volto così bello non se lo sarebbe dimenticata facilmente. Aveva un viso dai tratti decisi, ricci capelli color grano e un bel portamento.

Era senza ombra di dubbio ricco, lo poteva notare dalle vesti che indossava.

Poi sapeva senza dubbio leggere e l’istruzione era un bene che solo i privilegiati potevano avere.

Sembrava uscito da una di quelle favole che suo padre raccontava ad Odette in quelle sere in cui non era troppo stanco da andare a dormire subito dopo un piatto di zuppa.

Ed era, al tempo stesso, fuori luogo.

Cosa ci faceva un ricco da quelle parti? Al mercato, poi. La Rue Des Champs-Elysees iniziava proprio alla fine di quella piazza, erano un covo di prostituzione e malavita. Non erano un posto dove un giovane di buona famiglia doveva cercare il suo svago.

Quel giovane, invece, sembrava quasi possedere quella fontana, visto il modo in cui vi sedeva sopra. Sicuro, fiero.

Aveva un’aria decisa.

Camille sentì il viso andarle a fuoco, constatando che erano parecchi minuti che i due si stavano studiando a vicenda. Abbassò lo sguardo, sentendo la ciocca di prima ricaderle nuovamente sugli occhi, mentre le guance si tingevano di rosso vermiglio.

Trovò il coraggio di guardarlo nuovamente solo dopo aver cercato inutilmente di frenare il suo cuore, che correva più veloce di quattro giovani purosangue al traino di una carrozza, e ancora lui la stava guardando con interesse.

Un piccolo sorriso si disegnò sulle labbra rosee del ragazzo, e lei non riuscì a non ricambiarlo. Il giovane abbassò il libro, poggiandolo sulla coscia e muovendosi in avanti con il busto e alla ragazza mancò il fiato.

Che stesse per andare da lei? A parlarle?

Istintivamente alzò lo scialle rimettendolo sulle spalle affinché lui non notasse quel vestito vecchio e sbiadito che indossava, ma non accadde nulla. Un altro ragazzo si affiancò al biondo, sedendosi accanto a lui  e iniziando a parlargli concitato di qualcosa, distogliendo del tutto il suo interesse da Camille.

Lei sospirò, spostando di nuovo i capelli indietro e alzandosi dalla fontana. Aveva indugiato anche troppo, doveva assolutamente tornare a casa per portare il pane.

Si avviò così verso il banco del panettiere, sospirando al pensiero di quegli occhi freddi che l’avevano fissata per lungo tempo. Freddi, certo, ma con una scintilla di pura passione ad illuminarli e renderli più vivi del fuoco scoppiettante.

Stava per avvicinarsi alla bottega del fornaio quando, sulla sinistra, notò una piccola bancarella, quasi nascosta tra le altre. Tra i piccoli scaffali di cui era composta, notò tanti piccoli barattoli di erbe così, incuriosita, si avvicinò. La Belladonna faceva mostra di sé, appesa  accanto a moltissime altre erbe e la giovane riuscì a riconoscerla solo dalla forma singolare delle foglie larghe.

La guardò, pensando che sarebbe stata un ottimo rimedio all’insonnia di sua madre. Non dormiva bene a causa dei frequenti colpi di tosse e si svegliava di soprassalto, non riuscendo più a conciliare il sonno. Aveva così tanto bisogno di dormire…

Prese il borsellino di cuoio conciato che aveva nel cesto e contò le monete, notando che non ne aveva abbastanza per comprarsi poi il pane.

Sospirò, alzando di nuovo gli occhi verso i rametti della pianta, appesi e lasciati ad essiccare. Lanciò uno sguardo alla donna che gestiva la bancarella e la trovò troppo impegnata a discorrere con quella che pareva un’amica per poterle prestare attenzione.

Si morse il labbro, decidendo che nessuno si sarebbe accorto della mancanza di un paio di foglie.

Si avvicinò maggiormente, fingendosi interessata ad una particolare varietà di fiore e appena la proprietaria distolse lo sguardo da lei allungò la mano oltre lo scialle strappando una foglia e nascondendola sotto di esso.

Fece per prenderne un’altra ma il suo polso venne catturato da una mano quasi scheletrica. Sobbalzando per lo stupore, Camille si voltò trovandosi davanti la proprietaria che la guardava con sguardo crudele “Cosa vedo qui? Una ladra!” disse a voce alta, facendo sbiancare la giovane e attirando molti sguardi.

“No,Madame, io-”

“Conserva il fiato per la corte, ladra!” inveì la donna, strattonandola lontana dalla bancarella e spinta. Cercando di conservare l’equilibro pestò sulla veste e caddè, rovesciando il cestino e perdendo  così la foglia.

Si guardò attorno intimorita mentre un crescendo di mormorii si alzava sempre di più e una piccola folla la accerchiava.

Tentò di rialzarsi e andarsene, ma una voce la bloccò, lasciandola impietrita in quanto la riconobbe immediatamente “Cos’è questo scompiglio? Fate rapporto a me!”

L’ispettore Javert.

Camille deglutì, alzandosi in piedi, reggendo con le mani tremanti il cestino; l’ispettore aveva una triste fama, tra il popolo. Non c’era mai pietà nel suo sguardo e sicuramente l’avrebbe portata in galera anche solo per una misera foglia di belladonna.

Quando apparve tra la folla, seguito da un paio di poliziotti, Camille si sentì venir meno e solo la paura la tenne in piedi, come bloccata. Strinse di più il cestino.

“Questa giovane ha tentato di derubarmi!” la proprietaria si fece subito avanti, dopo aver raccolto la foglia da terra, come prova del reato appena commesso ai suoi danni.

L’ispettore la guardò per un istante, prima di ruotare il busto e rivolgersi a Camille “Avete qualcosa da dire Madamoiselle?” domandò con voce sottile l’uomo, fronteggiandola con sguardo duro “Potete giustificarvi?”

La giovane socchiuse le labbra, cercando di spiegarsi ma sapeva che era inutile. Sarebbe andata in galera, avrebbe deluso la sua famiglia e chissà cosa sarebbe potuto accaderle. Cosa ne sarebbe stato di lei se sui suoi documenti avessero letto, in futuro, che era una ladra?

Abbassò lo sguardo, sapendo che solo quello sarebbe stato inteso come un evidente segno di colpevolezza e aspetto di sentire la sentenza.

Ma essa non arrivò.

Una mano calda le si poggiò sulla spalla, mentre una voce nuova arrivava alle sue orecchie come un balsamo “Sono io a cui dovete rendere conto.”

Si voltò quasi di scatto ed eccoli di nuovo. Un paio di occhi grigi, su di un volto stupendo.

 

Enjolras aveva iniziato a non condividere più la visione della vita dei suoi genitori da parecchio tempo, ormai. Loro lo giustificavano quando si assentava dalle cene e dai balli, sostenendo che a diciotto anni l’animo ribelle si risveglia in ogni giovane di buon cuore, ma non mancavano mai di rimproverarlo per quell’atteggiamento.

Era il loro unico figlio, l’onore della famiglia e colui che avrebbe portato avanti il nome della casata, non potevano permettersi di vederlo mandare tutto al diavolo.

Come un uccellino, non potevano stringerlo troppo o lo avrebbero soffocato. Non potevano nemmeno concedergli troppa libertà, però, o sarebbe volato via, lontano da loro, così come continuava a giurare che avrebbe fatto alla prima opportunità.

Era stufo di vivere in una gabbia dorata.

Non era quello il suo posto.

La Francia non era come i suoi genitori la dipingevano, ma così come la vedeva lui giorno dopo giorno, per le strade.

Scappava presto, la mattina presto quando ancora il sole non aveva bussato alle imposte delle case, per evitare le lezioni con il precettore e per leggere in pace i diari di Robenspierre, ispirato da quell’uomo che aveva dato tutto per la Francia, fino alla sua vita. Aveva fatto di tutto per liberarla dai tiranni oppressori e che poi si fosse lasciato un po’ calcare la mano era un dato di fatto, certo, ma era giusto ciò che aveva tentato di fare.

Ridare la patria alla gente, poiché erano egli stessi la patria.

Ogni uomo doveva essere un re, era nell’ordine naturale delle cose.

 

Quella mattina non fece eccezione, naturalmente.

Camminando velocemente per i corridoi ancora bui aveva lasciato alle spalle il cancelletto di casa, alla volta di Place de la Concorde, dove sicuramente non lo avrebbero rincorso. Suo padre sarebbe uscito come ogni mattino senza nemmeno controllare che il caro figlio fosse ancora vivo, figurarsi nei suoi alloggi. Sua madre invece lo avrebbe atteso per colazione fino a quasi all’ora di pranzo, prima di inveire verso le serve come se la colpa fosse loro.

In ogni caso, nessuno lo avrebbe mai seguito.

Arrivato alla fontana, vi si era seduto come era solito fare, aprendo il libro e posizionandolo davanti al naso, elargendo di tanto in tanto qualche moneta d’argento ad ogni mendicante che chiedesse la carità.

Amava trascorrere il tempo in mezzo alle persone comuni, sentendo lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli lungo il viale ciottolato e il profumo di pane appena sfornato uscire dal panificio di Madame Chartier.

Voltò pagina dopo essersi inumidito l’indice con la punta della lingua per facilitare la presa sulla carta ruvida e si concesse un istante per alzare gli occhi.

Ma poi non riuscì più ad abbassarli poiché, davanti a lui, era appena apparsa la giovane più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita.

Era molto magra, fragile a prima vista, con la pelle più bianca dell’alabastro più puro.

I capelli scuri, quasi neri, erano stretti in un alto chignon, ma da esso ne sfuggivano molti, dando alla ragazza un’aria più vera, ma non per questo trasandata. Una ciocca poi le cadeva in avanti, sul profilo reso netto dal naso perfetto. Poi gli occhi…

Enjolras credette per un attimo di naufragare nell’oceano blu che erano gli occhi di quella ragazza, non appena essa lo notò ricambiando lo sguardo.

Erano grandi, di un taglio particolare, sottili e allungati.

Non ne aveva mai visti di così stupefacenti.

Cercò di mantenersi distaccato come per sua attitudine, sentendosi però lusingato nel constatare che la giovane sembrava interessata quanto lui.

Non notò la veste logora, lo scialle tarlato o le scarpe zuppe; Vide solamente la bellezza più pura mista alla semplicità.

Il suo cuore perse di un battito.

Per un istante riprese a fissare con sguardo fisso le pagine del libro che, in un batter d’occhio, sembrava esser stato scritto in una lingua a lui sconosciuta. Tornò a guardarla, incapace di negare ai suoi occhi tale spettacolo e arrischiò un pallido sorriso che venne ricambiato.

Doveva forse andare a parlarle? Chiuse il libro, appoggiandolo accanto a sé.

Poteva essere una possibilità unica, quell’incontro. Doveva sapere di più di lei, quanto meno il suo nome. Così fece per alzarsi, ma una mano lo trattenne.

Enjolras, sei qui! Che gran giorno oggi, ho sentito che l’esercito sfilerà per il Re, magari potremo tentare di…

Perse metà del discorso di Cambeferre perché, riportati gli occhi sulla fontana, notò che la giovane era sparita. Si alzò in piedi tenendo un dito tra le pagine del libro e prese a guardasi attorno stranito.

L’amico lo guardò senza capire “Cosa ti prende, oggi? Non hai mai rifiutato di creare un po’ di scompiglio…

“L’hai vista?” domandò appoggiando una mano sulla spalla di Cambeferre, che subito trasalì, meravigliato.

“Vista?” chiese, prima di soffocare una risatina “Ti conosco da quando non eravamo altro che due bastardi che si rotolavano nella polvere, nel giardino dei Coudrier e non ti ho mai sentito parlar di nulla che non fosse politica. Hai per la prima volta visto una donna, Enjolras?”

Il biondo scosse il capo, distanziandosi dall’amico di un passo prima di guardare verso la folla che iniziava a formarsi nel mercato “Non è nulla di che, Cambeferre. Fingi che io non abbia detto nulla. Di cosa mi stavi parlando?”

“Sei distratto come il più maldestro degli innamorati?” sussurrò con un pizzico di malizia Cambeferre, beccandosi un’occhiataccia “Almeno il nome della giovane che ti ha distratto a tal punto potresti confidarmelo.”

“Non posso soddisfare questa tua curiosità, mi dispiace.”

“Oh andiamo! In  segno della nostra amicizia!”

Enjolras scosse di nuovo il capo, tornando a guardare speranzoso verso il mercato “Il suo nome mi è sconosciuto… E qui si sta ingigantendo la cosa. Ho solo trovato una giovane molto graziosa. Non ho di certo chiesto la mano di nessuna.”

“Una giovane graziosa?” domandò divertito l’altro “Parli come mio nonno, Ras! Dovremmo fare qualcosa per questi tuo modi austeri. Devi uscire più spesso da quella bellissima villa in cui vivi.”
“Come posso uscire di più di casa, se mai mi trovo la?” chiese  con un pizzico di sarcasmo il biondo, mentre un terzo giovane si avvicinava, con le mani ben piantate nelle tasche e un sorriso luminoso.

Courferyac! Arrivi giusto in tempo” esordì Cambeferre, voltandosi verso il moro che li aveva rapidamente raggiunti.

“In tempo per cosa?”

“In tempo per goderti uno spettacolo più raro di Grantaire sobrio! Enjolras innamorato!”

Il morettino lo guardò stranito “Stai scherzando voglio sperare? E dov’è il giovane Don Giovanni?” chiese divertito, pronto a elargire anch’egli battute.

Non era una cosa da tutti i giorni.

Cambeferre lo guardò stranito “Perché mi chiedi dove si trova? Lui è…” si voltò verso Enjolras, ma dell’amico non c’era più nemmeno l’ombra.

Aveva voltato le spalle per pochi secondi ed eccolo, si era volatilizzato come suo solito.

“Dovremo far qualcosa per queste sue fughe…

 

Enjolras non aveva saputo trattenersi.

Appena notata la piccola folla che era venuta a crearsi vicino all’ingresso del panettiere, si era diretto lì ignorando Cambeferre che nel frattempo si era rivolto a Courferyac.  

Si era insinuato tra le persone lì ferme, con un brutto presentimento che si era rapidamente tramutato in certezza alla vista della ragazza dai capelli neri e i grandi occhi.

Ma non solo.

Con lei c’era Javert e questo non presagiva nulla di buono.

“Che succede qui?” sussurrò ad una donna che osservava maligna la scena, sussurrando nell’orecchio ad un’amica.

Questa si voltò verso il ragazzo, guardandolo attentamente con un certo interesse prima di rispondere. “Quella giovane è stata sorpresa a rubare, Monsieur.” Rispose immediatamente.

Enjolras riportò di nuovo gli occhi sulla figura della ragazza, incredulo. Era davvero una ladra?  Cercò di capirlo.

Dallo sguardo  che aveva non sembrava avvezza ai furti. Era spaventata, la paura le impregnava  gli occhi. Cercò di capire quale fosse il motivo della contesa, ma non gli fu chiaro.

Ma doveva rischiare.

“Permesso, scusatemi, lasciatemi passare…

Si fece strada ancora di più tra la calca e riuscì ad arrivare laddove Javert fronteggiava la giovane. Appoggiò con sicurezza una mano sulla spalla, rivolgendosi direttamente all’ispettore “Sono io a cui dovete rendere conto.”

La ragazza si voltò stupita, guardandolo come se fosse al pari di un angelo sceso sulla terra per aiutarla, mentre Javert raddrizzava le spalle, guardandolo con gli occhi resi sottili come due fessure “A cosa vi riferite, Monsieur Enjolras?”

“Questa è una serva alle mie dipendenze.” Rispose sbrigativo, per nulla stupito dal fatto che Javert conoscesse bene il suo nome. Quando era più giovane e fuggiva nel cuore della notte, sua madre si era spesso rivolta alla polizia per trovarlo e Javert lo aveva più e più volte ricondotto a casa, tirandolo per un orecchio. “Le ho chiesto io di prendere ciò che ha preso. Stavo finendo di discorrere con una persona, poi sarei personalmente passato io per pagare.”

Javert lo guardò per nulla persuaso, appoggiando il manganello alla spalle e facendo un passo avanti, con espressione quasi minacciosa. Istintivamente, Camille fu percossa da un tremito, ma Enjolras non avrebbe permesso che le accadesse nulla. Portò un braccio dietro alle sue spalle e una mano appena sotto al gomito della giovane, sostenendo fiero lo sguardo dell’ispettore.  “Mi state dicendo… Che questa donna ha preso per voi una singola foglia di belladonna e che voi sareste passato a pagare? Una sola foglia?”

Il biondo fece per rispondere, ma in un sussurro delicato, fu Camille a parlare “Non ero certa che la pianta fosse di gradimento al mio signore, così ho pensato di portarne un campione da lui per domandargli se poteva andare.”

Enjolras la guardò brevemente, prima di tornare a voltarsi verso Javert “Credo sia tutto, ispettore.”

L’uomo guardò entrambi i ragazzi con severità, prima di drizzare le spalle “Portate i miei saluti a vostro padre, Monsieur Enjorlas.”

“Sarà fatto…”  Poi Javert si sbrigò a dissipare la folla e sparire, lasciando i ragazzi al centro di quel piccolo spiazzo improvvisato. Subito il biondo prese le distanze, voltandosi verso la ragazza “Come vi sentite, Mademoiselle?”

Lei lo guardò ancora un po’ scossa, arrossendo lievemente “Bene, vi ringrazio per ciò che avete fatto per me, Monsieur.”

“Non vi è nulla di cui ringraziarmi.” Rispose lui, calamitando i suoi occhi a quelli di Camille “Perdonatemi l’imprudenza, ma non conosco il vostro nome…

“Io-”

Enjolras!”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, riconoscendo fin troppo bene quelle voci. Si voltò, dando per un attimo le spalle alla ragazza e vide arrivare i suoi amici, passando tra le persone che passeggiavano per la via e dirigendosi verso di lui.

“Sei sparito nel nulla!”

Enjolras sospirò “Non credevo di dover rendere conto a voi dei miei spostamenti. Siete più esigenti dei miei genitori.”

“Lo sai che abbiamo molto a cuore la tua salute” disse divertito Cambeferre mentre Courfeyrac ridacchiava “Dove eri fuggito? Hai ritrovato la tua dama?”

Enjolras lo guardò stranito. Perché gli poneva quella domanda invece di presentarsi?

Si voltò e si rispose da solo.

Della ragazza non c’era più traccia “Era qui fino ad un istante fa…” sussurrò più a se stesso che agli amici, i quali si scambiarono uno sguardo divertito.

“Beh, quantomeno avete qualcosa in comune…

 

 

Camille si appoggiò con la schiena alla parete di cemento del negozio, stringendosi addosso lo scialle e sospirando. Peggior figura non la poteva fare.

Non solo era passata per ladra agli occhi dell’intera città e di Javert, che sicuramente l’avrebbe sempre tenuta d’occhio da lì in poi…

Ma anche a quelli di quel giovane di buona famiglia.

Enjolras…

 Non conosceva nemmeno il suo nome di battesimo.

Prese un respiro, vergognandosi un po’ anche di quella fuga, ma non sapeva come reagire sotto quello sguardo limpido. L’aveva aiutata nonostante l’accusa.

Nonostante fosse una totale sconosciuta.

Si sporse oltre la parete, stando attenta però a non farsi vedere, e spiò il ragazzo circondato da altri due giovani. Guardò uno di essi, che sembrava anche più giovane, con qui riccioli capelli scuri, mentre appoggiava una mano sulla spalla del biondo prima di incitarlo a seguirlo con un cenno del capo.

Enjolras però attese un istante, guardandosi nuovamente attorno e lei si sbrigò a nascondersi alla sua vista, appoggiandosi totalmente alla parete.

Quando trovò il coraggio di guardare ancora, però, dei tre non vi era più traccia.

Si appoggiò con la schiena al muro esterno, prendendo un respiro profondo e sopprimendo un piccolo sorrisetto.

Cos’era quel sentimento che sentiva nascerle in petto, scaldandola?

Si ci poteva innamorare così in fretta?

Era una sensazione nuova, mai provata e forte.

Così intensa da inebriarla più del vino.

Si strinse sotto allo scialle, decisa ad andare al fornaio più vicino a casa, nonostante il pane fosse meno buono, sperando di non aver perso tutto il tempo e chiedendosi, contemporaneamente, quante possibilità avessi di scontrarsi di nuovo con quello sguardo di ghiaccio.

Si incamminò lungo il sentiero ciottolato tra le case, sorridendo.

Quasi non si accorse che aveva ripreso nuovamente a piovere…

 

Quella mattina la pioggia portava con sé l’odore forte della rinascita. Scivolava delicata lungo la linea nivea delle guance, lavando via lo sporco e l’affanno lasciato dai giorni vuoti, risanando il così presente.

 

 

 

Continua….

  
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