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Autore: Cracked Actress    18/02/2013    12 recensioni
"L'amore è un azzardo che una mente razionale non può permettersi. È anarchia e caos totale.
Due persone che si innamorano non si legano in modo logico e sensato come l'ossigeno e l'idrogeno in una molecola d'acqua."

Sherlock, ormai anziano e prossimo alla morte, riflette sul rapporto con John e sulla sua incapacità di amare.
[Ispirata alla canzone "Un chimico" di Fabrizio De André]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La canzone citata in questa triste e delirante one-shot è “Un chimico” di Fabrizio De André, tratta dal meraviglioso album del 1971 ispirato all'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, “Non al denaro, non all'amore né al cielo”.
 


 

Da chimico un giorno avevo il potere di sposare gli elementi e di farli reagire...”
 

“Sherlock Holmes, il vecchio scienziato pazzo.”
Così mi chiamano medici ed infermieri quando pensano che non li senta.
Non mi è mai interessato il parere della gente, gli assurdi nomignoli ed i pettegolezzi.
Non mi è mai interessata la gente, scriteriata folla di persone comuni col cervello tarato e lo sguardo vacuo. Eri tu, John, che leggevi i giornali, borbottavi convenzionali frasi di scuse al mio posto e ti preoccupavi della mia reputazione. Un'occupazione stupida e superflua, come non ho mai mancato di farti notare. Non mi hai mai dato retta.
Per numerose decine di anni mi sono dedicato invano a tenermi lontano da coloro che passano le proprie giornate ad emozionarsi per le partite di calcio e le soap opera trasmesse in televisione, ed eccomi invece in un edificio pieno di persone del genere. Una residenza per anziani facoltosi, ovvero un ospizio. Probabilmente quando i gestori ricevono l'assegno da mille sterline ogni mese pensano che la richiesta di dare a quel posto un nome più dignitoso sia implicita.
È stupido pensare che cambiando nome alle cose si possa influire sulla loro essenza. I soldi non rendono la vecchiaia meno detestabile, l'intelligenza la rende invece più gravosa. Io sono abbondantemente fornito di entrambe le cose e biasimo in ogni momento il mio corpo per avermi tradito ed aver resistito così a lungo senza avvicinare gli occhi ad un microscopio, inutile al mondo ed alle mie dita. [1]
Da giovane non avrei mai pensato di invecchiare: le droghe, il pericolo costante a cui mi esponevo, lo scarso nutrimento e le poche ore che dedicavo al riposo abbassavano notevolmente la possibilità di oltrepassare la soglia dei quarant'anni. John la chiamava “incoscienza”, ma non si accorgeva di quanto fosse un termine inappropriato. Nessun aspetto della mia vita è mai stato incosciente, ho sempre cercato con successo di tenere sotto controllo parole, azioni, pensieri e sentimenti. Soprattutto i sentimenti. Come quella sera, quando pronunciai poche significative parole dandoti le spalle.



...ma gli uomini mai mi riuscì di capire perché si combinassero attraverso l'amore, affidando ad un gioco la gioia e il dolore.”

 

“Non posso darti quello che cerchi, John.”
Sei parole pronunciate velocemente, una pausa ed infine il tuo nome. Ho ripetuto questa frase nella mia testa innumerevoli volte, prima e dopo averla emessa a voce alta in tua presenza. Non ho mai capito fino in fondo cosa l'opinione comune considerasse crudele e cosa invece generoso, ma pensavo che fosse giusto che tu sapessi. Troppe volte avevo colto nei tuoi occhi un'espressione rapita mentre mi ascoltavi enunciare le mie teorie, troppe volte cercavi un contatto fisico fingendo che fosse casuale, troppe volte ti esponevi per proteggermi. Dovevo porre un freno a tutto questo e dovevo farlo per te. Questa è la mia concezione di altruismo.
Non mi hai risposto, quella sera, ed io non mi sono girato per vedere la delusione sul tuo volto perché era già ben presente nella mia mente. Settimane prima mi ero figurato la tua reazione: occhi spalancati per lo stupore, respiri corti e spezzati, rossore diffuso. Speravi ingenuamente che non avessi capito i tuoi sentimenti verso di me o che in qualche modo potessi ricambiare. Una sciocca speranza adatta ad una persona semplice ed ordinaria come te.
Non ho mai sperimentato l'amore, l'ho sempre considerato a ragione un gioco pericolosamente insensato, una sorta di roulette russa. Mio caro John, definivi incosciente non mangiare per un paio di giorni mentre ti innamoravi di Sherlock Holmes. Nella tua ammirevole normalità, non hai mai smesso di stupirmi.

 

...ha le labbra di carne e i capelli di grano, che paura, che voglia che ti prenda per mano.”



Qualche volta ho immaginato la mia ipotetica vecchiaia, durante folli sogni ad occhi aperti che non si addicono certo ad una mente razionale. Talvolta non riuscivo ad impedire ad immagini disgustosamente sciocche e sdolcinate di affollarmi il cervello: una versione anziana di me – non dissimile dal mio stato attuale – che si dedicava ad attività dozzinali come l'apicoltura nel Sussex assieme al suo ex blogger oppure gli leggeva trattati di filosofia seduta sotto al portico di una fattoria mentre quello piantava insulsi fiori nelle aiuole con addosso un rivoltante grembiule verde da giardinaggio sopra al maglione color panna.
Avrei voluto lobotomizzarmi ogni volta che ho disgraziatamente pensato a cose del genere. Uno strizzacervelli probabilmente ci avrebbe riconosciuto un inconsapevole e romantico desiderio di passare il resto della mia vita insieme a te, ma era solo uno dei tanti indizi del rischioso ascendente che esercitavi su di me, ascendente che io temevo e ripudiavo. Ci sono stati dei momenti in cui avvertire il tuo odore appena prima che entrassi in una stanza mi causava una extrasistole, e tali momenti non sono rimasti circoscritti ad un periodo soltanto. Sono esistiti prima di Mary, durante Mary, dopo Mary. La sua morte ed il tuo ritorno in Baker Street sono stati tra gli eventi più felici della mia vita – se ho ben chiaro il concetto di felicità – e non ho mai capito perché tu non mi abbia parlato per giorni dopo che te l'ho confidato, sincero e sicuro di farti piacere.
A ben guardare, la tua reazione mi ha salvato. Nell'attimo in cui ho percepito di nuovo il tuo odore diffondersi nel mio – nostro – appartamento, ho avvertito uno sconsiderato impulso di stringere le ciocche dei tuoi capelli tra le mie dita e morderti le labbra fino ad assaggiare il sapore del tuo sangue.
Non è successo, fortunatamente, né quella volta né mai, ed abbiamo passato anni sereni tra omicidi, esplosioni e rapimenti.

 

Ma è forse diverso il vostro morire? Voi che uscite all'amore, che cedete all'aprile.”



In questi giorni di insopportabile ozio tra le pareti di un'ampia stanza asettica e ben illuminata, comincio a perdere il controllo sui miei pensieri. Mi sono chiesto se ricambiare i tuoi sentimenti e cedere agli impulsi della carne avrebbe cambiato la mia vita. Rotolare insieme tra lenzuola sporche del nostro seme avrebbe fatto la differenza? Sarei un'altra persona oggi? Ne dubito fortemente. Questo luogo è pieno di uomini con demenza senile che probabilmente nella loro vita hanno dedicato gran parte delle loro energie ad amare e farsi amare. La loro condizione è esecrabile: invece di prepararsi alla morte con consapevolezza e dignità si crogiolano in ricordi e rimpianti su amori finiti ed amori mai iniziati. Eppure, in nulla la loro morte solitaria sarà diversa dalla mia, perché la convinzione che l'amore sia connaturato alla condizione umana è spaventosamente errata. È possibile vivere serenamente senza abbandonarvisi, ed io ne sono la prova vivente.
La morte è connaturata alla condizione umana.



“Ma guardate l'idrogeno tacere nel mare, guardate l'ossigeno al suo fianco dormire: soltanto una legge che io riesco a capire ha potuto sposarli senza farli scoppiare.”



Mio caro John, non avrei potuto provare qualcosa di più o qualcosa di diverso per te, non ne sarei stato capace. Il dolore irrazionale che ho provato alla tua morte mi ha sconvolto. Mi aspettavo di soffrire per la tua assenza, dopo aver passato così tanti anni assieme, ma l'intensità di quello che ho provato non era prevedibile. L'angoscia mi ha turbato per mesi, impedendomi di ragionare lucidamente. Continuavo a ripensare ai tuoi occhi impauriti mentre i tuoi respiri si trasformavano in rantoli e alla mia totale incapacità di rassicurarti. Sono riuscito a mormorare uno sciocco “È tutto ok” a voce talmente bassa che non sono nemmeno sicuro che tu l'abbia sentito.
Se fossi stato innamorato di te, probabilmente non sarei più riuscito a riassumere il controllo delle mie facoltà mentali e sarei sprofondato in una fatale disperazione.
L'amore è un azzardo che una mente razionale non può permettersi. È anarchia e caos totale.
Due persone che si innamorano non si legano in modo logico e sensato come l'ossigeno e l'idrogeno in una molecola d'acqua. Non so in base a quale legge io avrei potuto legarmi a te, e non ho voluto mettere a rischio la mia mente – la cosa più cara che ho – per scoprirlo.

Sei parole pronunciate velocemente, una pausa ed infine il tuo nome. Continuo a ripeterle come un mantra mentre faticosamente allungo la mano destra verso il comodino e afferro il porta-pillole. Ho già predisposto tutto quanto, sono pronto a porre rimedio all'ostinata resistenza del mio corpo. Presto sarà solo uno dei tanti a dar fosforo all'aria[2]: ho già assunto l'antiemetico per impedirmi di vomitare e macinato la dose giusta di tutti i farmaci. Non mi sto suicidando, ho semplicemente deciso il momento esatto della mia morte. Avere il controllo sulla più grande incognita della vita riesce a farmi avvertire per l'ultima volta il brivido di soddisfazione ed orgoglio che tanti anni fa segnava la fine di ogni caso che accettavo.
So per certo che non mi aspetta una qualche forma di aldilà, ma soltanto – in ordine – la cessazione dell'attività circolatoria e respiratoria, la disidratazione, il raffreddamento, la rigidità ed infine una lenta decomposizione. Niente di trascendentale o spirituale in un evento che coinvolge solo la chimica e la biologia.
Eppure, per uno stupido attimo mi sembra di sentire la tua voce, John, di avvertire la tua presenza mentre la polvere amara mi gratta la gola. Questo debole cuore di vecchio che non mi appartiene spera scioccamente di rivederti ed accelera per bruciare in fretta gli ultimi battiti ed anticipare il momento del ricongiungimento. È solo un folle istante, e mentre adagio la testa sul cuscino e congiungo per l'ultima volta le dita appoggiandole sotto il mento, mi rendo conto che Sherlock Holmes sta per morire da solo in una squallida stanza di un ospizio.



E qualcuno dirà che c'è un modo migliore.”


 



[1] Citazione da “Un medico”, canzone contenuta nello stesso album.
[2] Citazione da “Un chimico” che ho preferito inserire qui piuttosto che riportare interamente in corsivo.

   
 
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