All about us

“Finalmente” pensi mentre stringi tra le braccia quel fagottino rosa e paffutello che hai appena accolto nella tua casa e nella tua vita, che ti ha incredibilmente sconvolta,  che ha spezzato lo strato di ghiaccio che ricopriva il tuo cuore da tempo, troppo tempo ormai.

Tieni il piccolino con il braccio sinistro, mentre con il destro afferri il biberon e , dopo aver controllato la temperatura del latte, osservi beata tuo figlio che beve e poi si addormenta contro la tua spalla, vicino al tuo petto.
 
“Che ne dici, Regina? Vorresti fuggire con me, lontano da tutto, da tutti, da tua madre e dai suoi piani malvagi?” ti chiese Daniel, l’unico vero amore della tua tormentata e infelice esistenza.

“Sì, Daniel, mi piacerebbe, ma come potremmo farcela, noi due soli, senza soldi, senza un posto in cui andare, qualcosa o qualcuno che possa proteggerci?” gli hai risposto tu, felice e dubbiosa al tempo stesso.

Lui ti sorrise e ti baciò dolcemente sulle labbra.

“Ci sarò io a proteggerti, Regina, da qualunque drago si porrà sulla nostra strada. Sarò tuo fino alla morte”.

“Fino alla morte? Che cosa intendi dire, Daniel?” gli hai chiesto tu, curiosa di conoscere la risposta.

“Intendo dire che vorrei restarti accanto tutta la vita, sino all’ultimo dei miei respiri e congedarmi da questo mondo con l’immagine del tuo volto nei miei occhi. Regina, vuoi sposarmi e rendermi l’uomo più felice e fortunato del Reame?”.

Tu gli sorridesti, non un sorriso falso e vuoto, ma uno sincero e sentito, che partiva dal brillio dei tuoi occhi innamorati e arrivava sino alle labbra, dispiegate dolcemente.
“Sì, Daniel, sì, voglio sposarti, voglio trascorrere la mia intera esistenza al tuo fianco, in salute e in malattia, ricchezza e povertà, finchè la morte, da prima e ultima, non ci separi”.

“Davvero?” ti chiese lui, visibilmente emozionato.

Tu annuisti e corresti ad abbracciarlo.

“Regina?”.

“Sì, Daniel?”.

“Posso chiederti una cosa?”.

“Chiedi pure, senza alcun timore”.

“Tu vorresti dei figli, un giorno, dei bambini nostri?”.

Tu esitasti un istante e poi annuisti con decisione.

“Sì, Daniel. Io vorrei avere dei figli con te. Almeno una dozzina!” gli hai detto tu, emozionata.

“Una dozzina? Bè, direi che per iniziare, possono bastare” ti rispose, baciandoti nuovamente sulle labbra.

“Mi piacerebbe avere un figlio che ti somigliasse, che fosse dolce e caparbio quanto te e che avesse i tuoi occhi e il tuo sorriso. Lo chiamerei Henry, come mio padre, l’unico componente della mia famiglia che mi ami incondizionatamente, qualunque cosa io faccia, qualunque decisione io prenda”.

“Mi piace Henry, allora è deciso, il nostro primo figlio si chiamerà così”.

“Il nostro primo figlio” hai ripetuto.

E lo hai abbracciato forte, ben sapendo che non avresti potuto desiderare altro dalla vita.

 
Culli il piccolo Henry, cantandogli una ninna nanna, un retaggio della tua infanzia, e stringendolo al petto.

Sei riuscita a ottenere metà della felicità che avevi sperato e che, in fondo, allora ti spettava.
Un figlio senza un padre.

Una donna senza il suo amore.

Un matrimonio senza gli sposi.

E i suoi occhi vuoti che avevano impresso l’ultima tua immagine prima del tempo.

Il vento tra i rami che sussurra: “Sono qui, vicino a te, mio amore. Anche se non mi puoi sentire, anche se non posso abbracciarvi”.