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Autore: cenerella    18/02/2013    6 recensioni
"Scherzarono sul fatto che erano gli spaghetti al pomodoro più buoni ad ovest di... beh, a ovest di qualsiasi cosa."
Questa storia ha partecipato al Contest "Welcome to La Push" indetto da Postergirl84 sul forum di EFP, classificandosi terza e aggiudicandosi il Premio Speciale Originalità.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul Lahote, Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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DREAMCATCHER


"Mrs Elllen Ripley c/o Little, Brown Book Company – 64, Lexington Avenue Manhattan, NY"

Legge ancora una volta il proprio nome, scritto in corsivo, sulla busta. Vuole guardare di nuovo il biglietto e sorride - chi scrive ancora lettere al giorno d'oggi? - Avvicina la busta al naso, chiude gli occhi e annusa forte, ridendo di sè stessa e della sua assurda pretesa di riconoscere l'odore di bosco e di pioggia su un pezzo di carta che ha impiegato quattro giorni ad attraversare il Paese. Forse impegnandosi... no, nemmeno. Ma sempre meglio del freddo monitor del piccì.

Lentamente, lascia che i ricordi vengano a galla provocandole una piacevole quanto inopportuna vampata di calore al viso.

Molto poco professionale, su questo, davvero, non ci sono dubbi.

 

Era la prima volta che andava nei luoghi descritti dal romanzo.

Non sapeva neppure dove si trovasse la località indicata dall'ufficio editing. Le avevano procurato gli orari di partenza e una sistemazione presso un bed and breakfast.

Le volte precedenti le avevano spedito le bozze a casa: voluminosi pacchi di fogli A4 firmati scrupolosamente uno per uno dall'autore.

Ma a questo giro aveva volato fino a Seattle e, dopo, aveva proseguito con un'auto a noleggio.

Le condizioni meteorologiche erano pessime ma Ellen era euforica. Adorava il suo lavoro, non vedeva l'ora di iniziare.

Aveva provato a scrivere, come tutti. Si era applicata con impegno e costanza, aveva frequentato corsi di scrittura creativa e fatto leggere i suoi racconti in giro. Alla fine aveva lasciato correre quando aveva scoperto per l'ennesima volta che leggere e scrivere non sono la stessa cosa. Non basta assorbire per poi tirare fuori. Così aveva deciso di dedicarsi a quello che le riusciva meglio: leggere.

Le ricerche sul posto le erano sempre piaciute. Un'occasione per staccarsi dalla routine, un momento da dedicare a sè stessa, per poter stare un po' da sola.

Guidava in silenzio verso nord.

Scendeva una pioggia fine che, più proseguiva la strada, più sembrava intensificarsi e sfumare i contorni delle forme come in un disegno a matita.

Guardò attraverso il vetro rigato dalle gocce e accese la ventola per disappannare il finestrino.

Alberi e montagne e, in lontananza, isole galleggianti sulla grigia distesa del mare, davanti a lei stava il paesaggio del loro vivere quotidiano, quello che aveva imparato ad amare dal primo romanzo.

Il suo contatto la aspettava al bivio della superstrada con la litoranea, lo intravide in lontananza mentre il cartello che indicava la strada per la riserva indiana di La Push si avvicinava.

Accostò e spense il motore. Scese.

Indossava una Tshirt blu sbiadita, stivali texani e jeans. La maglia sembrava essere sul punto di esplodere.

Anche i pantaloni – sorrise – sembravano essere sul punto di esplodere, i tacchi degli stivali gli regalavano quei cinque centimetri necessari a guardarla negli occhi.

Sembrava un ragazzo. Appariva più giovane di lei.

Ancora adesso, quando ricorda quell'immagine, Ellen pensa che, forse, non si sarebbe meritato una seconda occhiata se fosse stato in giacca e cravatta.

I capelli, nerissimi, gli sfioravano le spalle. Degli occhi non aveva ancora scoperto il colore, ma era sicura che sorridessero dietro le lenti scure. Non avrebbe potuto essere diversamente. Non ricorda un solo istante di quei giorni, in cui lui non avesse sorriso anche con gli occhi, guardandola.

- La Signora Ripley? Piacere, Paul. Ha fatto buon viaggio?

- Grazie, sì. E' lontano?
- Siamo quasi arrivati. Mi segue?

Tamarro, pensò risistemandomi al posto di guida, occhiali da sole sotto al diluvio, tipico.

Lo seguì strizzando gli occhi, cercando di individuere le luci di posizione del furgone che si stavano allontanando anche troppo velocemente per i suoi gusti, che cazzo di maniera di guidare. Dopo pochi minuti lo ritrovò parcheggiato davanti ad una casa di legno verniciata di blu. L'insegna appesa alla veranda la identificava come il "Dreamcatcher B&B".

- Le mostro la stanza. Il bagaglio lo scarico dopo.

Ellen lo seguì su per le scale di legno, indugiando con lo sguardo sulla brocca con i fiori essiccati nell'angolo del ballatoio e annusando il profumo di vernice fresca. Ambiente sobrio, anche troppo. Nessuna concessione al folklore locale.

- Abbiamo ristrutturato di recente. Tutta quella faccenda dei libri e del film è stata una fortuna per l'economia della zona. Speriamo che duri.

Accese la luce e spalancò la porta, lasciando che lei entrasse nella stanza.

Una mansarda dal tetto basso, con la finestra vestita di tende azzurre incastonata nell'abbaino. Un letto dalla coperta blu e una scrivania nell'angolo.

- Naturalmente il wi-fi è incluso nel prezzo. Il suo bagno è la porta a sinistra.

Appoggiò la biancheria sul letto e chiuse la porta dietro di sè, andandosene.

Lo sguardo di Ellen andò alla finestra, era quasi buio. L'acqua scrosciava dietro il vetro, un muro di pioggia. Nessun altro rumore. Perfetto. ­

Pensò che quello era il luogo perfetto per isolarsi e lavorare, dove chissà quanti altri ospiti avevano fatto lo stesso pensiero.

 

La valigia e il beauty erano già sul pianerottolo. Ellen posò la cartella con il notebook sul legno lucido della scrivania e pensò di andare a sistemare le sue cose in bagno.

Cercò con la mano l'interruttore vicino alla porta e, solo quando la luce si accese, si rese conto di aver sbagliato stanza.

Un grande letto rifatto sommariamente, con un acchiappasogni appeso alla testiera, abiti sparsi in giro, borse sportive aperte appoggiate sul pavimento e, a guardia di tutto, un disegno a matita raffigurante un lupo appeso alla parete.

Richiuse la porta velocemente dietro di sè e andò a sbattere contro il padrone di casa.

- Il tuo bagno è la porta a sinistra. - Disse. Era passato molto velocemente ad un tono più confidenziale.

- Mi dispiace, mi sono confusa.

- Fa niente, succede. - Sorrise e alzò le spalle. - Ho perso la chiave.

- C'è un posto dove si possa mangiare qualcosa? Un ristorante, va bene anche una tavola calda...

- Qui alla riserva non c'è nulla, a Forks c'è un McDonald's, se ti va di guidare al buio e sotto il diluvio.

- Ah. Non importa, ho dei biscotti.

Lo sconcerto di Ellen dovette essere palpabile, almeno quanto il suo imbarazzo. Era evidente che l'offerta turistica della zona era ben al di sotto delle sue aspettative. Ma, in fondo, era lì per lavorare e non per testare ristoranti.­

- Senti... - Lui si fissava la punta degli stivali come se cercasse le parole giuste, come se stesse valutando fino a dove potesse spingersi.

- La cucina è a tua disposizione, se vuoi.

- Grazie ma non è necessario. Per questa sera va bene così, davvero.

- Ok.

- Ok...

Ellen mise la mano sulla maniglia della porta e fece per entrare in bagno.

- Ascolta...

Alzò lo sguardo e si domandò per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a sostenere quel clima di educato imbarazzo.

- Mi piacerebbe cucinare qualcosa di buono da mangiare per cena, questa sera. Mi piacerebbe cucinare per te. Che ne dici?

Paul sorrise a Ellen che, prima di rendersene conto, annuì.

- Dammi mezz'ora.

- Ok, mezz'ora. - rispose, tranquillizzata dal fatto che in mezz'ora non avrebbe di certo potuto organizzare una cena impegnativa, nulla che potesse aumentare la sua confusione e farla sentire in qualche modo in debito verso di lui.

Rientrò in camera e mise a posto le sue cose. Non le sembrava davvero il caso di cambiarsi d'abito per cena, però si ravviò i capelli e accese il notebook per leggere la posta.

Un paio di mail dall'ufficio con indicazioni logistiche e una nota del capo in cui le ricordava i milioni investiti in quel progetto, la testardaggine dell'autrice nel non voler cambiare nemmeno una virgola e quello che secondo lui non funzionava e non avrebbe mai funzionato.

L'imprinting, come lo chiamava lei... a Ellen ricordava tanto una faccenda che aveva a che fare con i piccoli di oca selvatica appena nati, un etologo del secolo scorso ne aveva definito le modalità. Le ochette sviluppavano un attaccamento ed una dipendenza nei confronti del primo essere vivente sul quale posavano gli occhi appena uscite dall'uovo. Mah, che stronzata. No che non può funzionare, ci riderà dietro mezzo mondo.

L'ululato di un lupo distrasse la sua concentrazione, insieme al'odore di buono che proveniva dal piano di sotto. Uscì dalla stanza e andò incontro a quel profumo e alla musica che risuonava nella tromba delle scale.

La scena degna di un grande chef aveva già preso vita in cucina quando entrò.

L'acqua gorgogliava sul fuoco, l'olio caldo, sul fornello accanto, attendeva solo quello spicchio d'aglio ancora sotto il palmo della sua mano. Ellen si sorprese a pensare che avrebbe voluto annusarla quella mano, odore di pomodoro e di basilico tagliato.

La tavola era già stata apparecchiata per due.

Voltandosi cercò il suo sguardo e si accorse che lui la guardava serio, professionale dietro la pettorina del grembiule macchiata di schizzi rosso salsa mentre si destreggiava tra pentola e scolapasta.

- Ma dove hai... sei davvero incredibile, in così poco tempo.

- Scuola alberghiera. Ho lavorato sulle navi da crociera, un armatore italiano...

Si strinse nelle spalle, come a voler togliere importanza alla perizia con la quale, in meno di mezz'ora, aveva preparato la cena.

Ellen mise in bocca la prima forchettata di pasta, chiudendo gli occhi e, quando li riaprì, lo trovò sorridente e compiaciuto, per nulla modesto davanti al suo stupore per quanto era riuscito a fare con appena tre ingredienti.

Scherzarono sul fatto che erano gli spaghetti al pomodoro più buoni ad ovest di... beh, a ovest di qualsiasi cosa.

Le ore passavano, a lei sembrava che non sarebbe mai più potuta essere così a suo agio con un bicchiere in mano, ad ascoltare il rumore della pioggia in compagnia di un uomo di poche parole.

Il vino bianco aveva fatto il suo dovere - pensò - non era sicura di saper ritrovare da sola la strada per andare a dormire. Così le sembrò la cosa più naturale del mondo accettare di essere accompagnata su per le scale, ridacchiando della sua imbarazzante ubriachezza.

Un attimo di esitazione sul ballatoio. Sorrise, cercando disperatamente le parole giuste per confessare che non riconosceva la porta della sua stanza.

Nemmeno lui aveva parole da dire.

Allungò la mano fino ad incontrare quella di Ellen.

La strinse e la attirò a sè.

Sempre senza parlare si avvicinò al suo viso, chiudendo gli occhi.

Spinse la porta con un piede ed entrò nella stanza, nella penombra, adagio la spinse sul letto sdraiandosi accanto a lei.

Ellen non si concesse nemmeno il tempo di chiedersi se fosse giusto e gli infilò le mani fra i capelli, stringendolo.

Le mani di lui non sapevano cosa fosse la timidezza, la annusò e la scaldò col suo fiato caldo e,

nel silenzio interrotto dal fruscìo degli abiti quasi strappati e dai tonfi di scarpe che cadendo facevano rumore, Ellen si ritrovò perfettamente lucida.

Ancora mani e occhi che si cercavano. Respiro affannoso, come dopo una corsa.

Infine la sua bocca umida sul collo.

Si abbandonò al suo abbraccio senza domandarsi nulla, cercando con lo sguardo la finestra con le tende azzurre e il notebook sulla scrivania, trovando un acchiappasogni che dondolava dolcemente al ritmo del movimento dei loro corpi.

 

Lo scroscio della pioggia sul vetro della finestra la strappò a quello che ancora credeva fosse un sogno.

Cercò sul comodino le cifre dell'orologio digitale... niente.

La spina si era staccata, forse.

Che buio assurdo stamattina, vedrai che piove. Peccato svegliarsi, ho sognato... c'era... mhmm... non mi ricordo più nulla.

Un bel sogno. Che sensazione piacevole... come... come di benessere.

Magari non piove... mah. Ma dove... dove sono?

Ma sì certo, che scema.

Lenzuola stropicciate si attorcigliarono umide fra le sue gambe, l'odore del suo sudore si mischiò a quello del sesso sulla sua pelle. Allungò un braccio per tastare l'altra metà di letto, vuota. Ancora tiepida, ancora sapeva della pelle di lui e del suo profumo.

Ancora rumore di acqua che scende a dirotto, oddio la testa. Ah, già il vino...

Con un sorriso ricordò la sera prima, il corpo caldo di lui sopra il suo, le sue spalle contratte mentre facevamo l'amore.

Poggiò cauta i piedi nudi sul pavimento, un brivido, non era abbastanza freddo per la sua fretta di riabbracciarlo. All'improvvisò tornò nitido nella memoria il ricordo della notte, e cominciò a confondersi con la realtà del giorno.

Le bozze, il lavoro, lo stramaledetto imprinting... dove cazzo avrò lasciato i miei occhiali.

Ellen scese in cucina cercando di ignorare lo scricchiolio delle assi del pavimento sotto i suoi passi.

Odore di caffè fresco.

- Buongiorno.

Esitò, scrutando il volto della ragazza dai lunghi capelli neri che stava disponendo dei giganteschi muffin appena sfornati su un vassoio, sorridendole cortesemente.

- Io sono Rachel.

Sorella? Quasi sicuramente. Oppure – deglutì arrossendo – moglie, compagna, fidanzata.

- La socia di Paul.

Ah.

Ingurgitò la colazione investita da una raffica di chiacchiere e domande. Il lavoro, il romanzo che doveva ancora uscire, ho sempre desiderato vedere NY e, naturalmente, la stramaledetta pioggia.

Lui entrò e sorrise, afferrando un muffin.

- Mi scuso per ieri sera, impegni di famiglia. Avrei dovuto pensare che sarebbe arrivata per cena e farle trovare qualcosa. Paul, come hai fatto a non pensarci?

Paul addentò il muffin gigante e grugnì delle generiche scuse, sorridendo con la bocca piena.

- Ma, veramente è stato tutto... - alzò gli occhi e incontrò lo sguardo rilassato di lui – perfetto.

Sì, perfetto.

Ellen lavorò tutta la mattina sotto il portico, il piccì sulle ginocchia. La pioggia aveva smesso di cadere e, all'ora di pranzo, infilò la giacca, prese il sacchetto con i sandwich che Rachel le aveva lasciato e scese in spiaggia.

Lui non si era fatto più vedere.

Passeggiò a a lungo sulla riva, affondando con gli scarponcini nella sabbia bagnata e cercando di concentrarsi sul lavoro che ancora doveva concludere.

Cercò un posto asciutto dove fermarsi a mangiare e scorse, poco lontano, un tronco arenato sbiancato dalla permanenza in mare.

Finì di consumare il pranzo e poggiò il mento sulle ginocchia.

Due figure lontane camminavano lungo la riva. Un ragazzo e una ragazza, si tenevano per mano.

Arrivati davanti al tronco sul quale Ellen era seduta si fermarono e cominciarono a lanciare sassi in acqua.

Lui alto e scuro, i lunghi capelli nerissimi a sfiorare le spalle, colpiva con metodo e precisione la superficie dell'acqua facendo rimbalzare il sasso due, tre, quattro... anche sei volte.

La ragazza provava ad imitarlo senza troppo successo. Imbranata come pochi inciampava nei propri piedi nel tentativo di imprimere una certa rotazione al lancio.

Risero insieme, poi lui la sollevò stringendola a sè, baciandola incurante della pioggia che aveva cominciato a cadere.

Si staccarono e lui sorrise in direzione di Ellen, accennando un saluto.

Ellen si alzò, imbarazzata dall'essere stata colta a condividere quell'evidente intimità.

Tornò sui suoi passi lungo la spiaggia e si avviò verso il suo alloggio, determinata a terminare il lavoro che aveva lasciato incompleto.

 

- Quando riparte?- le chiese Rachel mentre rassettava il soggiorno.

- Mi trattengo ancora solo un giorno.

- Spero abbia trovato le risposte a quello che cercava. Spero che non sia venuta in cerca di fenomeni da baraccone e che non sia rimasta delusa nel constatare che non ci sono nè mostri nè magia.

La bocca di Rachel sorrideva ma Ellen si sentì stranamente a disagio sotto quello sguardo nero e penetrante.

Salutò e salì al piano di sopra, mentre l'altra le augurava buon lavoro.

Sedette alla scrivania e, con un sospiro, aprì il notebook decisa ad arrivare fino in fondo.

Le ore passavano ed Ellen non tardò a rendersi conto che tutti i pretesti erano buoni per non andare avanti nella lettura e nel lavoro di revisione.

Aprì la posta, si immerse nella lettura di un quotidiano on line, rispose ad un paio di mail e si alzò per andare a prendere un bicchiere d'acqua.

Tornò alla scrivania e riaccese il computer.

Cincischiò ancora un poco con un paio di paragrafi, tornò indietro e scrisse due note a margine ai titoli dei capitoli centrali, che trovava geniali. Alla fine fu vinta dalla sonnolenza, chiuse tutto e si stese sul letto.

I lupi avevano ripreso ad ululare, si rannicchiò sul letto e si lasciò portare via dal rumore della pioggia che aveva reiniziato a scendere.

 

Si svegliò accaldata, sotto una coperta morbida, la scostò per stiracchiarsi e sbadigliare rilassata...

Guardò fuori.

Era già buio e il suo stomaco brontolava, offeso.

Sarebbe stato meglio procurarsi qualcosa per cena.

Scese con cautela cercando di ignorare lo scricchiolio del pavimento sotto i suoi piedi e si affacciò al corridoio.

Nessun rumore, a parte l'ululato del vento.

La porta al centro è il bagno e quella a destra sembra chiusa a chiave. Quindi l'altra deve essere... sorrise.

Entrò curiosa, socchiudendo gli occhi e ignorando il brivido lungo la schiena che le provocava quell'insolente intrusione.

Voleva rintracciare - si disse - la parete alla quale aveva visto affisso un disegno raffigurante un lupo. Le sarebbe piaciuto guardarlo da vicino.

Forse ricordava che fosse nell'altra stanza.

Cercò l'interruttore della luce accanto allo stipite della porta e non fu sorpresa quando, voltandosi, lo vide.

Sembrava averla attesa fin dal loro primo incontro, la sera precedente, lo sguardo giallo e i denti sguainati, in assetto d'attacco, stava là, come un guardiano.

Fece due passi, per dare un'occhiata più da vicino. I pensieri della persona che lo aveva disegnato erano visibili nella profondità dello sfumato e nel tratto.

All'improvviso si rese conto di non essere sola nella stanza.

Lui stava sdraiato bocconi sul letto, un braccio sotto la testa e il respiro regolare.

Dalla finestra aperta entrava l'aria fredda proveniente dall'oceano.

Si guardò attorno e incrociò lo sguardo del lupo, mentre cercava qualcosa per coprirlo.

Fece per buttargli addosso il plaid che stava appoggiato in fondo al letto quando lui afferrò la sua mano e si voltò.

 

Le porte scorrevoli lasciano entrare l'aria densa di nevischio e umidità proveniente dal Lago Washington.

Ellen tira su il bavero del cappotto e lotta con l'ombrello pieghevole che cede definitivamente al vento rivoltandosi e facendola inzuppare.

Detesta la pioggia. E si chiede per l'ennesima volta da quando è partita cosa cavolo sia tornata a fare.

Il clacson di un'auto la distrae dai suoi pensieri. Si volta e riconosce dietro i vetri rigati di pioggia quel sorriso che ricordava preciso e familiare.

Quando lo vede scendere dalla macchina il suo cuore accelera.

L'abbraccio è intenso, si baciano bagnati e felici l'uno della presenza dell'altro.

Lui non sa smettere di guardarla, sorridente, in silenzio.

- Quanto tempo.

- Non ho mai smesso di pensarti, neanche per un attimo. - le sussurra fra i capelli.

- Sono ancora qui non so stare senza di te.

Ellen si abbandona contro il suo petto, si lascia stringere riconoscendo il tocco delle sue mani, delle sue dita che sciolgono quei nodi che non sarebbe più capace di ingarbugliare da sola.

Vuole andare a casa, vuole tornare subito nella stanza nella mansarda.

Quella dove il pavimento fa rumore camminandoci sopra, quella col letto dalla coperta blu e il quadro del lupo.

Quella dove immaginò di poter trovare tutte le risposte la prima volta che vi entrò e di poter vivere per sempre in un sogno l'ultima.

 

Sproloquio

Questa storia ha partecipato al Contest "Welcome to La Push" indetto da Postergirl84 sul Forum di EFP classificandosi al terzo posto e aggiudicandosi il Premio Speciale "Originalità" con la seguente motivazione: "Un idea brillante ed innovativa. Un viaggio nei luoghi della saga che abbiamo amato fin dal primo romanzo, una storia d’amore, un personaggio maschile più sexy che mai, una magia che non esiste o forse che si sviluppa solo in un modo che noi non avevamo ancora compreso.".
Considerata la genesi travagliata di questa OS e la fatica che ho fatto, non solo a terminarla, ma proprio ad imbastire la trama e a convincere il protagonista a fidarsi di me, devo dire che un terzo posto lo considero più che onorevole.
"Il mio lupo sexy..." Beh, Postergirl, hai visto giusto. Non è proprio un ragazzino, è sicuramente un po' più adulto di quello descritto nei romanzi e ha limato il carattere fumino (Boh...? Forse, qui non ce lo dice ma il racconto è talmente corto che magari, in altre occasioni, riemerge il vecchio Paul!)
Insomma, è stata una bella sfida e un bell'esercizio da parte mia, soprattutto perchè ho dovuto superare i limiti che mi ero autoimposta avendo ben presenti determinati modelli che considero particolarmente ben riusciti. Quando sono riuscita a vedere oltre il "mio " Paul è apparso sul foglio di word in tutta la sua sfolgorante gnoccaggine!

Insomma, il "mio" Paul è un uomo di poche parole.

E' uno che sa chiedere scusa, scusa e basta. Senza inutili giri di parole.. Ti sorride e si stringe nelle spalle. Proprio come nel film. Poi addenta un muffin.

Magari ha avuto un sacco di donne ma non se ne vanta, non è un playboy da strapazzo. Un genntiluomo gode e tace.

E' un gran figo, certo, come potrebbe essere diversamente? Soprattutto considerato che l'addetto ai casting dei film lo ha fatto immediatamente balzare al secondo posto della mia personale classifica.

Non so nulla del suo passato, immagino che abbia avuto una vita mediamente difficile, in linea con gli standard dei nativi americani. Una condizione beatamente ignorata dalla Meyer per la quale è assolutamente necessario precisare in continuazione quanto siano ricchi sfondati i Cullen ma guai a spendere una parola sulla vita nelle riserve: che l'empatia per il Buon Selvaggio ci basti e avanzi!

Sono una frana a trovare nomi per i miei OC e, come già in passato, per Ellen Ripley ho rubacchiato dal Grande Cinema. Chi indovina vince... un viaggio intergalattico.

cenerella

   
 
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