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Autore: beautiful mind    19/02/2013    2 recensioni
Anche quella volta non mancò la consapevolezza di aver ferito a morte, Charles, colui che aveva creduto così tanto in lui e quel giorno, era troppo turbato per fermarsi.
La sua assenza si sentiva ogni giorno di più e questa lo spinse a raggiungere quella modesta dimora – come si divertiva a chiamarla lui, solo per vederlo, per accettarsi che stesse bene.[...]
“Ti stavo aspettando.”
[CharlesxErik]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: I gave you all.
Autore: beautiful mind
Personaggi: Charles Xavier- professor X e Erik Lehnsherr- Magneto.
Coppia: CharlesxErik.
Raiting: giallo.
Note: Allora bellissima gente, questa è la prima OS che scrivo su X-Men First class, e soprattutto su Erik e Charles, e mi è uscito fuori un ipotetico incontro tra questi due, voluto soprattutto da Erik, per accertarsi che il bello e giovane professor X stia bene.
Non vi dico altro per non rovinarvi la sorpresa, perchè credetemi, è tutta da leggere!
Spero vi piacca - e lasciate qualche piccola recensione che fa sempre bene e magari mi spronerà a scrivere altre cose - e nel caso vi faccia schifo, scrivetemelo comunque!
Buona lettura!
P.s (importante) : I periodi racchiusi da queste virgolette " " e in corsivo, sono i pensieri dei due, mentre per le virgolette standard leggerete le conversazione! (:



I gave you all.


 

Lui aveva ottenuto tutto ciò che voleva, i suoi principi, i suoi cardini si erano rivelati veritieri.
La pace non esisteva, la pace non era per lui. La pace non è mai stata un opzione. 
Doveva lottare e conquistare e avere i suoi straordinari poteri, quel suo dono, era solo una marcia in più.
Quella sua sete di potere però gli portò via, inevitabilmente, l'unica persona che si fosse mai arrischiata a conoscerlo – contro il suo volere – ad appoggiarlo e cercare di cambiarlo.
Ed era finita male. Una pallottola vagante, per mano sua, e aveva perso quasi tutto.
Lui l'aveva sempre saputo che quella che sembrava un'amicizia profonda, o qualcosa di più, non sarebbe andata in porto. Era consapevole di non meritarsi Charles.
Aveva ancora in mente, stampato negli occhi, quel momento dove il suo compagno, senza avere il pudore di trattenere quell'urlo disumano pieno di dolore, si accasciava al suolo ed era colpa sua.
Solo colpa sua.
La sua mente glielo ricordava puntualmente ogni giorno, tutti i giorni, senza sosta.
Anche quella volta non mancò la consapevolezza di aver ferito a morte, Charles, colui che aveva creduto così tanto in lui e quel giorno, era troppo turbato per fermarsi.
La sua assenza si sentiva ogni giorno di più e questa lo spinse a raggiungere quella modesta dimora – come si divertiva a chiamarla lui - solo per vederlo, per accettarsi che stesse bene.
Aveva lasciato la cosa in sospeso, per non affrontare lui e non affrontare se stesso ma sapeva che per stare bene, andare avanti e magari dimenticarlo – rise al sol pensiero per quanto gli suonasse ridicola quell'affermazione intima -doveva parlargli.
Si fermò ad osservare quell'imponente casa, dove una parte nascosta e profonda di lui era venuta fuori, indeciso se andare fino in fondo o tornare sui propri passi; ma la voglia di incontrare di nuovo quegli occhi azzurri che avevano saputo guardarlo con affetto prevalse su qualsiasi paura e con il casco ben calcato in testa, camminò a passo lento verso l'entrata secondaria.
Tutto era immerso nel buio e silenzio più totale, i rumori della notte avvolgevano le pareti di legno massiccio, la moquette scura – in cui si perdevano i suoi passi - e le scale scricchiolanti. Poche cose gli saltavano all'occhio, grazie alla fioca luce lunare, come un vecchio ritratto di famiglia o una foto con Raven, lasciata lì su un tavolino impolverato.
Nel vedere la ragazza, unica cosa più vicina ad essere considerata come un'alleata e Erik decise che fosse arrivato  il momento di annunciarsi.
Con lentezza calcolata si sfilò il casco che proteggeva i suoi pensieri e avanzò verso il piano superiore dove era sicuro di trovare un Charles ad aspettarlo, se non addormentato data la tarda ora.
Non chiedermi perché sono qui perché credo di non saperti rispondere amico mio.
Sentivo solo il bisogno di...accettarmi ecco, volevo sapere come te la passavi “– sorrise mentre avanzava a passi cadenzati e sicuri.
So che mi stai ascoltando, lo sento. E' sempre stata piacevole la tua presenza dentro me, mi fai sentire...leggero. Io leggero, assurdo vero? Chi l'avrebbe mai detto dato il mio passato scuro e pesante come il piombo, ma sappiamo entrambi cosa sei in grado di fare... cosa sei in grado di farmi.
Non le dimentico le tue parole: In te c'è molto più di quanto sai, non solo rabbia e dolore, c'è anche del bene, l'ho sentito e quando saprai dominare tutto questo avrai un potere che nessuno potrà eguagliare, nemmeno io.
Come facevi a saperlo? Come eri riuscito a capire quella parte di me che credevo fosse andata persa?

Spinse attentamente la porta socchiusa di quell'enorme camera e si ritrovò immediatamente a fissare un Charles placidamente disteso sull'enorme letto matrimoniali foderato di lenzuola candide- che lui aveva potuto conoscere.
Entrò senza problemi e con piacere guardo ogni angolo di quella stanza ripescando ricordi passati, così da mostrarli anche a lui, quante volte si erano ritrovati lì a parlare di quanto fossero promettenti quei giovani mutanti o quante altre volte se ne stavano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, perché sì, Charles sapeva quando doveva farsi da parte e lasciarlo solo, lasciarlo andare alla deriva per poi riprenderlo, salvarlo come faceva sempre.
Si fermò d'avanti l'enorme finestra che si affacciava su quel prato perfettamente verde e curato, lasciandosi cullare da altri momenti, altre occhiate, altre strette di mani e altri abbracci.
Ancora una volta il largo di quella sua mente così profonda lo accolse tanto da non fargli accorgere che l'altro aveva aperto gli occhi e lo stava guardando.
Osservava con minuziosa attenzione il volto illuminato dal chiarore della luna, i capelli corti, la barba leggermente incolta ad incorniciargli le mascelle serrate e severe, e quel naso e le rughette che gli si formavano ai lati di quegli occhi chiari così simili ai suoi, quando era assorto o arrabbiato.
Ti stavo aspettando.
Finalmente si fece sentire, entrò nella sua testa scacciando via tutte quelle immagini che si susseguivano con una velocità disumana nella mente di Erik.
«Magneto eh? Speravo non fossi così scontato.» disse Charles ridendo e tirandosi su a sedere con non poca fatica.
«Come se professor X» rispose scimmiottandolo «sia più originale.»
«Io sono un professore e quella è l'iniziale del mio cognome, nulla di più semplice amico mio.»
Avevano avuto bisogno entrambi di spezzare quel silenzio che li imprigionava, che faceva credere ad entrambi di star vivendo un sogno effimero.
Tutta l'insicurezza e la paura che Erik cercava sempre di celare venne fuori in quei pochi passi che lo separavano dal letto dell'amico, fino a raggiungerlo e posarsi al bordo di questo.
Animato dai sentimenti più profondi e passionali che avesse mai provato, dannato Charles e tutta la sua comprensione, si avvicinò al volto di quest'ultimo posando le sue labbra sulle sue.
Il sapore, il calore e la morbidezza non erano cambiate affatto, le ricordava perfettamente.
Era stato un contatto dolce e delicato, di riconciliazione, che racchiudeva in se mille parole e mille paure ed anche tante scuse. Poteva quasi sentirle Charles... "scusa se sono così, scusa se non riesco a credere nella pace, scusa se non riesco a credere in me stesso. Scusa se ti ho fatto del male, scusa se ti ho lasciato. Cerca di perdonarmi, io so che sei migliore di me, tutti lo sono."
"Non dirlo nemmeno, Erik. Non essere addolorato e non scusarti." Glielo disse in quel silenzio che appestava la stanza, mentre approfondivano un bacio che da casto divenne passionale, animato dai sensi di colpa di uno e dalla voglia di porvi fine dell'altro.
Non poté trattenere una piccola lacrima che fugace venne giù dai suoi occhi chiusi, causata da quell'immensa bontà e fiducia che Charles, ancora gli donava.
Come ci riusciva?
L'aveva ferito, sentiva di averlo tradito e averlo deluso ma lui non era all'altezza delle aspettative dell'altro. Sapeva nel profondo che non poteva essere un amico perfetto, il compagno adatto e l'alleato che tutti avrebbero voluto, la spalla o la mente, un pezzo importante.
Lui era cresciuto nel marcio, circondato da male, da vendette e da dolore. Lui era oscuro mentre Charles...Charles quasi brillava per il suo animo puro e fiducioso nei confronti di tutti. Lui sapeva vedere il bene, ci era riuscito anche contro la folta e densa coltre di nubi nere che offuscava e nascondeva l'anima di Erik.
«Non piangere.» si stupì nel sentire la voce di Charles con le sue orecchie e non solo nella sua mente «Ti perdono se è questo che vuoi, ma sappi che non ti ho mai ritenuto colpevole di nulla. Questo che mi è successo è solo...capitato Erik, non è stato per mano tua.» riprese fiato a quel contatto che era stato più di un semplice bacio. Le loro anime di erano toccate, fuse e consolate.
«Invece sì e lo sai.» gli rispose poggiando la fronte sulla sua. «Se non fossi stato così preso dal distruggerli, se non fossi stato così preso da me...tutto questo non sarebbe successo Charles. Lo sai bene, amico mio.»
Amico mio. Mio.
«Mi sento in colpa perché so che ci ricascherei, lo farei di nuovo. Credo in questa guerra, so di non potermi fidare degli umani e questo mi distrugge e mi fa sentire in colpa.» disse in un soffio, baciandolo di nuovo, ancora più forte per chiedere perdono, per essere ascoltato, come se attraverso le labbra Charles potesse toccare il suo cuore infranto in mille pezzi di piombo e tenuto su, insieme, dal suo dono,
Avrei tanto voluto non conoscerti” lo pensò solamente, non aveva il coraggio di dirlo ad alta voce,
Aveva già ferito Charles e lo stava facendo ancora, immaginava i suoi occhi azzurri incrinati, quasi rotti a quelle parole non sussurrate, il dolore ribollire caldo e liquido in quelle iridi chiare.
Non osare dirlo, non ferirmi questa volta Erik. Io e te, per quanto siamo incompatibili, inconciliabili su questo mondo, eravamo destinati a questo. Dovevamo conoscerci, dovevo mostrarti le tue potenzialità, altre possibilità e scenari che non comprendessero guerre e distruzioni e tu hai scelto di non seguirmi ma questo non rovina i nostri ricordi. Io non rinnego nulla, e tanto meno cancello e non ho mai pensato di farlo.
«Charles» sussurrò estasiato e colpito dalla forza di quelle parole senza staccare il contatto dalle sue labbra,
Sarebbe stato più efficace di un colpo di spugna, cancellarti ma fai parte di me, di quello che ero, sono e diventerò.
Ci aspetteranno altre guerre ed altre battaglie, ci vedranno nemici schierati l'uno contro l'altro, ma questo non mi indurrà mai a cancellarti, amico mio. Tu, i tuoi ricordi, i nostri momenti sono la cosa più cara che ho. Mi ricordano chi sei anche considerando i nostri diversi ideali, saprò sempre quanto bene è nascosto in te e tutto l'amore che sei in grado di provare, tutto quello che mi hai dimostrato.
Charles con un tocco gentile allontanò la mano di Erik che piano si era insinuata sotto la maglia leggera del pigiama blu notte.
Sapeva che non dovevano andare oltre, lo sapevano entrambi. Avrebbe significato la fine, avrebbe significato distruggersi a vicenda.
Si staccarono da quel bacio che  era riuscito a toccare le corde più profonde della psiche dei due, si erano concessi una nuova esperienza, una nuova conoscenza l'uno dell'altro.
Erik pensò di amarlo per davvero e Charles sorrise in silenzio, perdendosi in quei suoi occhi di un azzurro pallido e brillanti grazie al tumulto di emozioni che si potevano scorgere all'interno.
Lo fissava e per una volta decise di lasciarsi andare al largo, alla deriva.
Non li avrebbe salvati nessuno, sarebbero andati via insieme e ritornati da soli.
Non ci stiamo veramente lasciando lo sai? Ci rincontreremo.” pensò Erik.
Lo so, come sapevo che saresti venuto qui da me, io lo...sento. Come quanto tu senti me dentro te.”
Ci rivedremo, tra vent'anni, forse prima o forse dopo. Guardaci Charles.” e vagò con la mente verso immagini che ritraeva entrambi con una tazza di the fumante tra le mani, seduti sulle poltrone di pelle scura di casa Xavier a parlare e ridacchiare insieme, ad amarsi.
Lo vedi?” gli chiese Erik sapendo già la risposta.
Gli mostrò di nuovo quella camera, la sua camera o meglio la loro. Entrambi stesi su quel letto con le stesse lenzuola che li accoglieva nudi e beati, l'uno che profumava dell'altro, l'uno col sapore dell'altro sulle labbra, addosso, dentro di sé.
Charles sorrise a quella visione, a quella speranza nella mente di Erik che sapeva sarebbe divenuto presto un altro ricordo che avrebbe custodito preziosamente.
Lascia che ti mostri io qualcosa ora.” disse Charles, stringendo forte la mano del suo amico, del suo compagno.
Entrambi in età avanzata, lui si immaginava senza capelli mentre Erik come sapeva con sicurezza, quasi fosse un dogma, con il suo inseparabile cappellino nero calcato sulla testa.
Giocavano a scacchi, si squadravano attentamente cercando di capire le mosse dell'altro. Finivano sempre in parità le partite, a parte le poche volte in cui Charles sbirciava le mosse di Erik e lui si arrabbiava. Si era arrabbiato in passato e lo avrebbe fatto anche in futuro.
Non cambi mai vero Erik? Tanto sai che ti batterò.” ridacchiò mentre lo sfidava nella sua mente.
Un'ultima leggera carezza si posò sulla guancia bagnata di Charles che ritornò in sé.
Entrambi erano partiti alla deriva ed erano tornati da soli.
Lui immobile in quel letto, in quella vita troppo stretta e Erik era andato via, chissà dove ma mai abbastanza lontano da Charles perché.
Anche se in continua lotta, anche se non avrebbero mai trovato pace sulla terra, si appartenevano e si sarebbero rivisti, lo sapevano.

   
 
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