Serie TV > I Cesaroni
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Autore: ChiaraMad    19/02/2013    6 recensioni
Post quinta serie. Sono passati mesi da quando Marco, ha scelto di partire raggiungendo Maya.
Premetto che è qualcosa di assolutamente strano - assurdo direi - !
E' una one-shot, uscita di getto, sentendo una canzone e ricordando con amarezza quello che era successo. - La mia mente malata, ha prodotto questa roba! o.O -
Ovviamente chi è per Marco e Maya, qui non ha come sempre niente da cercare. - Con tutto il rispetto, ovvio! -
Detto questo, vi auguro - spero o.O - buona lettura!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eva Cudicini, Marco Cesaroni
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Voglio parlare al tuo cuore, leggera come la neve. Anche i silenzi lo sai, hanno parole."
 
Quella sera entrò in casa, cercando di asciugare quelle lacrime amare che bagnavano ancora il suo volto. Chiuse la porta d'ingresso alle sue spalle, rabbrividendo per quell'aria che si era insinuata in casa. 
Trovò suo padre e Lucia, seduti sul divano a guardare la tv. Si avvicinò a loro, cercando di abbozzare un sorriso. 
"Ma n'do sei stato da solo?"
Suo padre si alzò in piedi, avvicinandosi preoccupato a lui. Lo sguardo triste, e le mani in tasca. 
"Ho camminato un po'.."
"Ma stai bene, si?"
"Si, si sto bene. Scusate ma, vorrei andare di sopra. Buona notte."
Si avviò verso le scale per salire in camera. Non aveva voglia di parlare. Non aveva nemmeno detto che gli era tornata la memoria. Se l'avesse fatto - lo sapeva - non l'avrebbero più lasciato andare, tempestandolo di quelle domande alla quale nemmeno lui sapeva dare una risposta. 
Si chiuse in camera sua, buttandosi sul letto. Gli occhi chiusi, la mano sopra la fronte. 
Aveva ricordato ogni cosa. Ogni singola cosa. Aveva passato tre mesi senza memoria, cercando di ricordare con tutta la forza che aveva in corpo di riaccendere la luce nella stanzina dei suoi ricordi.
E ora invece, voleva solo tornare indietro, a quei mesi, e dimenticare un'altra volta tutto il male che aveva fatto a se stesso, ad Eva, a Maya. 
Continuava a pensare a quei mesi passati da "smemorato", e a tutti quei momenti che aveva vissuto con lei, che gli era stata accanto come forse non meritava. Anzi, non lo meritava proprio. Non dopo il modo in cui l'aveva trattata. Non dopo le parole che come uno stronzo aveva usato, lasciandola li quel giorno. 
 
Il giorno dopo, chiamò a raccolta tutti, e con un finto sorriso disse loro che aveva recuperato la memoria. Lo abbracciarono tutti contenti, felici di quella notizia. I suoi genitori, i suoi fratelli, Ezio, Stefania, Cesare, Pamela e Matilde. 
Si abbassò sulle ginocchia, stringendo forte sua figlia tra le braccia. Ora sapeva che era sua, che gli apparteneva, sapeva dell'amore incondizionato e forte che provava per quella piccola bambina che stringeva al suo petto. Alzò lo sguardo verso la sua famiglia, stringendo Marta, sorridendo.
"Grazie, grazie davvero a tutti. Non so davvero come avrei fatto senza di voi, in questi mesi. Grazie, per essermi stati accanto, cercando di farmi ricordare quello che avevo dimenticato. Insomma, non deve esser stato facile.."
"Va beh, mo quello che conta, è che sei tornato!"
Giulio abbracciò suo figlio. Lui si guardò attorno, cercando di scorgere l'immagine di una persona tra i presenti. 
"Ma.. Eva?"
"Tesoro, l'ho sentita prima, dovrebbe esser appena uscita dalla redazione.. Non è potuta venire.."
Ascoltò le parole di Lucia, cercando di sorridere, nascondendo quella tristezza che si leggeva nel suo sguardo.
Annuì semplicemente, stringendo ancora Marta al suo petto. 
Qualche ora dopo, tutti erano tornati a casa. Giulio e Lucia e Marta, in soggiorno assieme Rudi e Alice. Mimmo alla festa di un amico, assieme a Matilde. L'orologio che segnava le nove e mezza di sera di quel quindici Febbraio.
 
 
Seduta su quel divano, coperta da un plaid rosso, con una tazza di thè caldo tra le mani. Aveva passato la giornata in redazione, a scrivere articoli, a riorganizzare le interviste fatte fino ad ora. Stanca, era tornata a casa, buttandosi su quel divano, con la più totale voglia di staccare e non pensare a niente. Prima però, aveva telefonato alla madre, per parlare con Marta, sua figlia. Le mancava tanto, in quell'appartamento che avevano deciso di prendere assieme, solo qualche mese prima. Dopo il dolore, la sofferenza, l'amarezza, la delusione e la rabbia provata in quei mesi, l'unica cosa che desiderava con tutta se stessa, era rinascere, assieme a sua figlia.
Standole accanto, crescendola quasi da sola. 
In quei ultimi giorni, non era più andata a casa dei suoi genitori. Ricordava ancora bene la conversazione avuta in quella mansarda, che sembrava teatro indiscusso della loro storia. Prima la scoperta del tradimento, avvenuta con amarezza e delusione. Poi, la sera in cui dopo aver fatto addormentare Marta, dopo esser tornata da Parigi, aveva deciso di confessargli un'altra volta di amarlo ancora, nonostante tutto. 
Poi, qualche giorno dopo, sempre in quella stessa mansarda, la discussione che avevano avuto qualche attimo prima che lui partisse, lasciandola, dimenticandosi di lei, della loro storia, e di loro figlia. "E' partito senza neanche salutarla". Cercò di rimuovere dalla testa quel pensiero, tornando a guardare lo schermo davanti a lei. 
Continuava a pensare al fatto che lui, non ricordasse nulla. Pensava a quei mesi che aveva passato accanto a lui, cercando di ricordargli assieme al resto della famiglia qualcosa della sua vita precedente. 
Ricordava ancora le parole di lui, di quella sera, quando le aveva confessato ciò che sentiva per lei. 
Non poteva crederci. Ma sopratutto, non ci voleva più credere. Non riusciva a credergli ancora, non riusciva a pensare che le sue parole fossero vere, dopo le cattiverie che era stata costretta ad ascoltare quel pomeriggio d'inizio estate.
Lui, cambia idea come il vento. - Si diceva - Ora sentiva di amare lei, dopo che chiaramente aveva urlato che loro, non esistevano più. Che era finita, e che per lei non provava più assolutamente niente. Come poteva credergli ancora? Come pretendeva che lei credesse che fosse sincero, quando solo qualche mese prima le aveva urlato in faccia tutto l'amore che provava per l'altra? 
Quella che era il suo grande amore, quello di tutta una vita, quello che aveva cercato talmente tanto, che nemmeno sapeva esistesse. 
Aveva cercato Maya, sempre e solo lei. Non l'aveva mai amata veramente. - Si diceva -.
L'aveva dimenticata in pochi mesi. Era andato avanti con Maya, cancellando la loro storia. 
Pensava, e sapeva che parte della colpa per la fine della loro storia, andava anche a lei. Si era presa una sbandata per Jean, e lo ricordava bene. Era stato uno sbaglio, un errore. Ma aveva ammesso di aver sbagliato, chiedendo scusa. Ma a lui, non era bastato. Non servì. 
Eppure lei, anche se dopo qualche mese, perdonò quella che per lui era stata solo una cosa senza senso. Che non aveva significato niente. 
 
Sobbalzò leggermente, spaventata, non appena sentì il suono del campanello. Guardò l'orologio appeso. Le dieci di sera. 
Scosse la testa, alzandosi da quel divano, diretta ad aprire la porta. 
Si portò i capelli indietro con una mano, aprendo distrattamente. Guardò davanti a lei, stupita, realizzando chi si fosse trovata davanti.
Lui la salutò con un cenno della mano, abbozzando un sorriso. Lei lo guardò qualche attimo, prima di sforzarsi di sorridere, salutandolo.
"Marco.. Ciao, che ci fai qui?"
"Ciao.. Disturbo? Passavo da queste parti, e così.."
Quasi imbarazzato, abbassò lo sguardo, continuando a sorridere. Lei si guardò attorno, nervosa, invitandolo ad entrare. Non si erano più visti, dopo la loro ultima conversazione. Ne tanto meno parlati. 
Marco entrò dentro casa, guardandosi attorno, nervoso. Richiuse la porta alle sue spalle, rimandendo immobile davanti lei, poco più distante da lui.
"Tranquillo.. Siediti."
Seduta su quel divano, l'aveva invitato a sedersi. 
"Scusa per l'ora, ma.. Dovevo dirti una cosa importante, e per telefono non mi andava."
"E' successo qualcosa a Marta?"
Si allarmò, guardandolo. Lui la tranquillizzò, scuotendo la testa.
"No, no, lei sta bene, tranquilla."
Sospirò, abbassando la testa. 
"Eva.. Io, ti volevo dire grazie."
Lei lo guardò attonita, non capendo.
"Scusa, per.. Per cosa?"
"Beh.. Per tutto quello che hai fatto per me in questi mesi. Mi sei stata vicina, aiutandomi a provare a ricordare ciò che la mia mente aveva dimenticato. Non so davvero come avrei fatto senza di te. L'hai fatto e basta, e non potrò mai ringraziarti abbastanza. Ma.. Il fatto è che io, non credo di meritarlo. Non dopo.. Dopo quello che è successo."
Eva lo guardò incredula, realizzando le sue parole. Capì che gli era tornata la memoria, e che ricordava assolutamente tutto.
"Tu.. Ricordi.."
Lui annuì semplicemente, abbassando lo sguardo.
"Ieri. Ieri sera, avevo deciso di camminare, di star solo. Sai, a volte quando si ha bisogno di riflettere, star soli è l'unico modo per riuscire a farlo per davvero. Su tutto. Anche se.. Quando sono uscito di casa, non ricordavo assolutamente niente."
Abbozzò un sorriso, con la testa bassa. Le mani sulle ginocchia, a strofinare piano la stoffa dei jeans scuri. Poi, continuò.
"E poi però.. Non so come, salendo la scalinata accanto alla bottiglieria.. Tutto era tornato chiaro, ricordavo tutto, tutto quanto. Il passato che prima non riuscivo a vedere, è arrivato nella mia testa, risvegliandomi. La nostra famiglia, i nostri amici.. E poi tu, Marta, noi.. Insomma, dopo mesi sono riuscito finalmente a ricordare tutto. E sono passato per dirti grazie, Eva. Perchè.. Forse se tu non mi fossi stata accanto, non sarei più davvero riuscito a ricordare niente."
Sospirò, leggermente sollevato. Erano delle parole che sentiva di dover dirle, nonostante tutto. Lei lo guardò qualche attimo, in silenzio. Poi abbozzò un sorriso, distogliendo lo sguardo dal suo. 
"Non mi devi ringraziare. In fondo, non ho fatto niente Marco."
Lui scosse la testa, contraddendola.
"E invece si. Mi sei stata accanto, nonostante tutto quello che è successo tra noi."
Lei sospirò, voltando la testa, quasi infastidita. Non voleva riprendere quel discorso. Non aveva senso.
"E' passato Marco. Ormai non ha più nessun valore."
Lui la guardò stupito, quasi ferito dalle sue parole.
"Cosa non ha valore? Quello che abbiamo vissuto?"
Lei sospirò infastidita, cercando di rimanere calma. 
"Non si può dare valore a qualcosa che non è mai esistito."
Eva non l'aveva nemmeno guardato, portandosi la tazza alle labbra. Era ferita, arrabbiata. Non aveva nessuna intenzione di tornare indietro. E se anche cercava di nasconderlo, una piccola parte di lei, non credeva ad una parola di lui. Non ci riusciva, non ce la faceva. Non riusciva a fingere di credergli, dopo tutto quello che era successo tra loro solo qualche mese prima.
E lui aveva sentito una morsa gelida, al cuore. Un dolore pulsante, forte, invadergli la mente ed il corpo. L'aveva guardata incredulo, corrucciando la fronte. Scosse la testa, sospirando. E poi capì. Non poteva pretendere che lei credesse alle sue parole. Non dopo quello che mesi a dietro, era riuscito ad urlarle in faccia. Cercò di ritrovare la parola, sospirando un altro paio di volte.
"Non è così. E tu.. Lo sai."
Eva sbottò, arrabbiata. Non era più riuscita a trattenersi. Si alzò in piedi, davanti a quel divano.
"Io lo so? Davvero, io lo so?" Poi continuò, arrabbiata. "No, io non so niente Marco! Anzi, l'unica cosa che so davvero, è che tutto quello che "noi" abbiamo vissuto, non è mai stato reale! E' stata tutta una grandissima menzogna! La tua, Marco!"
Lui si alzò, ferito da quelle parole. 
"Non lo pensi davvero.." Disse debolmente, rimanendo immobile.
"Che ne sai tu, eh?! Che cosa ne sai?! Cosa? Come pretendi di sapere quello che penso io veramente, se non riesci nemmeno a prendere una decisione nella tua vita, senza pentirti della scelta che hai fatto?!"
Marco la guardò triste, cercando di parlarle.
"Eva, io ho sbagliato! Ho sbagliato a lasciarti quel giorno! Ho sbagliato a.. Dirti quelle parole. Non sapevo quello che dicevo.. Io.."
Lo sguardo arrabbiato, di lei che gli stava davanti, ed aveva lasciato che quei pensieri, quella rabbia e quella delusione accumulata in quei mesi, uscissero dalla sua mente, arrivando finalmente a lui.
"Ah si, certo! Perchè ora lo sai, vero?! Andiamo Marco, sii sincero, tu sapevi quello che volevi quel giorno! 
Hai idea dei mesi di inferno che sono stata costretta a passare, dopo quel giorno?! Eh? Lo sai?! Sai quanto tempo mi ci è voluto, prima di tornare alla mia solita vita, tornando a sorridere, andando avanti, e dimenticando di averti amato più di me stessa?! Eh Marco?! 
No, non lo sai! Non sai niente!"
Marco scosse la testa, cercando di alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di lei. Faceva male sentire quelle parole. Ma sapeva di meritarle.
"Eva, lasciami dire.."
Lei lo interruppe, troppo arrabbiata per stare ad ascoltarlo.
"No! Lasciami dire tu! Sai quanto ha sofferto Marta quel giorno, perchè eri partito senza neanche salutarla? Hai idea di tutte le notti che ho passato a stringerla, dicendo che tu le volevi ancora bene, e che non avresti mai smesso? E sai che cosa le ho detto, quando mi ha chiesto dove eri andato? Le ho mentito! E lo sai perchè? Non ho voluto dirle che suo padre, quello che lei ama così tanto, è stato capace di abbandonarla per seguire quello che era il suo grande amore! E ora? Eh? Che cosa fai qui? Perchè non sei da lei? Che cosa vuoi ancora da me? Hai lasciato anche lei in modo tanto teatrale?"
Agitò le mani, sorridendo sarcastica, guardandolo con rabbia. Lui si risvegliò, cercando di trovare la forza per parlare.
Era riuscita a fargli male. 
"Eva, io non arriverò mai a capire quanto tu abbia sofferto in questi mesi per colpa mia. Mi dispiace, credimi, so di essere stato uno stronzo, un bastardo, un coglione, a partire senza neanche salutare mia figlia. Credimi quando ti dico che in questi mesi, non sono riuscito a pensare ad altro che a lei, a te, a quelle parole orribili che avevo usato quel giorno. Lo so, lo so di averti ferita, facendoti male quel giorno. Ma.. Non ero in me, non ero io.. Non.. Io, non sapevo quello che dicevo. E lo sai perchè? Eva, quando tu a Parigi mi hai lasciato per un altro.. Il mondo, mi è crollato addosso. Non vedevo niente, non riuscivo a guardare avanti perchè vedevo solo te, e tutti gli errori che avevo commesso per arrivare a quel punto. Ed ero andato avanti, con fatica, con uno sforzo immane. E poi quando sei tornata, tutto era crollato un'altra volta. Le mie certezze, le mie convinzioni.. Rivederti dopo mesi, mi aveva mandato in palla."
Eva rimase immobile, braccia conserte, ad ascoltarlo, cercando di non interromperlo. 
Lui sospirò, guardandola, prima di continuare dopo qualche attimo di silenzio.
"Poi quando mi hai detto che.. Che eri ancora innamorata di me.. Non c'ho capito più niente. E questo perchè io sapevo di provare ancora qualcosa per te, ma.. Quei mesi di dolore, di sofferenza, mi hanno impedito di ammetterlo del tutto a me stesso. E' stupido, lo so, ma non ho avuto la forza di tornare indietro, a quel punto di partenza, dove ancora una volta c'eravamo noi. Io e te, e nessun altro. 
E così.. Non lo so, sbagliando.. Ho scelto di andare avanti. Ho scelto di non scegliere te. Ero convinto della mia scelta, ma poi.. Non lo so, dopo qualche giorno dalla mia partenza, tu eri tornata nella mia mente.. Dentro di me, ancora una volta. Non sono riuscito ad ammetterlo. Non ne avevo la forza."
Si fermò ancora qualche attimo, incontrando lo sguardo di lei, serio. Il suo viso, non mostrava nessuna emozione. Impassibile, quasi fredda, Eva lo ascoltò, a braccia conserte, immobile davanti a lui.
"Pensavo a Jean. Al fatto che tu, ti eri facilmente ricostruita una vita senza di me. E.. Non lo so, forse per punirti, inconsciamente, mi sono convinto di amare una persona che, forse in realtà, non ho mai amato davvero. Magari è stata una sbandata, anche forte, ma.. L'amore, quello vero, si prova una volta sola nella vita. E quell'amore per me.. Sei ancora tu, Eva. E lo sarai sempre."
La guardò tristemente, cercando di farle sentire ciò che provava. Lei lo guardò per qualche attimo in silenzio, immobile. 
Iniziò piano a battere le mani, guardandolo amareggiata. Sorrise, beffarda, iniziando a parlare, stupendolo.
"Bravo. Davvero molto bravo. Hai finito? Oppure c'è qualche altra falsità che devi dire?"
Marco corrucciò la fronte, guardandola.
"Tu.. Tu non mi credi.."
"E come potrei? Ma ti senti quando parli?"
Sarcastica, aveva alzato le braccia, prendolo in giro.
"Amore di qua, amore di la.. Voglio lei, voglio stare con lei, le canzoni, tutto il resto.. Hai fatto le stesse cose! Sempre le stesse! Come potrei credere a quello che dici, se ogni volta che trovi qualcun alto ripeti sempre le stesse cose?"
"Io, ho perso la memoria, e tu.. Tu mi sei stata accanto.."
"Non significa niente. L'ho fatto per Marta. Lei non deve pagare per degli errori che non ha commesso. Ha diritto ad avere un padre. Anche se troppo egoista ed egocentrico, per metterla davanti a tutto il resto."
La guardò, cercando di trattenere quelle lacrime che stavano sgorgando dai suoi occhi scuri. Eva se ne accorse. Distolse lo sguardo, cercando di ignorare quella sensazione di disgusto verso se stessa, per quello che era riuscita a fare. Non poteva però negare che, vederlo così davanti ai suoi occhi, la ripagava del dolore che lui le aveva inferto qualche mese prima, distruggendola.
"Io ti amo!" Un urlo disperato di lui, che incredulo aveva ascoltato le parole di lei. Aveva sbagliato, sapeva di aver torto su tutta la linea. Era stato lui a mandare tutto all'aria. E ora ne stava pagando le conseguenze.
Lei scosse la testa, sospirando.
"Ecco, lo vedi? Sei sempre il solito egoista! Tu non puoi fare ogni volta così! Non puoi dirmi "non ti amo più, amo lei", andartene, sparire per mesi fregandotene di tua figlia, per poi tornare, ammettere di aver sbagliato, dopo che io sono finalmente riuscita a trovare un equilibrio ricostruendomi la vita che tu ha distrutto, solo grazie a Rudi Alice e Mimmo! Devo tutto a loro, che mi sono stati accanto in tutti questi mesi!  E poi come un bambino torni per chiedere scusa per l'errore che hai fatto?! Cresci! Non sei un bambino, chiedere scusa a volte è inutile, dovresti saperlo bene! Prenditi per una volta la responsabilità delle tue azioni, e smettila di fare la vittima incompresa, Marco!"
Rabbia, delusione, tristezza. Eva, con gli occhi lucidi, gli aveva urlato contro quelle parole con dolore, ricordando quei mesi bui che per colpa sua era stata costretta a passare.
"Io?! Sono solo io ad aver sbagliato?! Quella che ha scelto un cazzo di francese con la puzza sotto al naso, sei tu! Io ho solo voluto andare avanti, dopo che tu mi avevi distrutto l'esistenza!"
Eva spalanco gli occhi, incredula.
"Marco mi sa che tu ti sei dimenticato che la prima ad ammettere di aver sbagliato, sono stata io! Ti ho chiesto scusa! Io li so ammettere i miei errori, sai?! Ero ancora arrabbiata con te per quello che mi avevi fatto! Ti devo ricordare Sofia, per caso?!"
Marco rimase immobile, chiudendo con forza gli occhi. Eva cercò di asciugarsi velocemente quelle lacrime che erano sgorgate dai suoi occhi. Si portò una mano alla bocca, cercando di soffocare quel pianto che dentro di lei stava per esplodere.
"E' stato un errore. Pensi che io non torturi continuamente me stesso, ricordando la cazzata che ho fatto? Pensi che non mi senta ogni giorno uno stronzo, ricordando il male che ti ho fatto?"
Eva distolse lo sguardo, sentendo la voce di lui scossa dai singhiozzi. Per quanto si fosse sforzata di rimanere impassibile, le emozioni avevano un'altra volta preso il sopravvento. Si sentiva male, a vederlo così. Riprese il controllo di se stessa, scuotendo la testa. Il male che era riuscito a farle, era troppo. 
"Basta. Non si può suonare su corde spezzate. Non puoi sentire niente. La verità fa male, ma le bugie sono anche peggio. E io non voglio più tornare a circondarmi di quella menzogna, nella quale tu come se niente fosse continui a dire di amarmi, dopo che l'hai detto ad un'altra persona. Io ho bisogno di qualcuno che mi ami veramente, Marco."
Gli occhi lucidi di entrambi, e quel dolore forte che non aveva lasciato più fiato per poter respirare. 
Immobili, in silenzio. L'uno davanti all'altra. Lui alzò la testa, distogliendo lo sguardo dagli occhi di lei. Triste, scosse la testa, cercando di bloccare quella voglia di piangere, di urlare, di inveire contro se stesso per tutti quegli errori che gli erano costati cari.
Nella mente di entrambi, a risuonare piano, le parole di una canzone che entrambi conoscevano bene. Quella frase che li descriveva, in tutta la sua malinconia.
 
"Siamo gocce di un passato che non può più tornare. Questo tempo ci ha tradito, è inafferrabile."
 
E allora riprese il controllo su se stesso, provando a dire quelle parole che pochi attimi prima gli si erano fermate in gola.
"Le corde spezzate, si possono riaggiustare. Ci vuole forza, ci vuole impegno.. Ma se si vuole davvero qualcosa, si può fare davvero di tutto per averla. Come in guerra e in amore, non ci sono regole. Gli errori che si commettono, si pagano. Lo so, non ti sto dicendo di essere innocente. Io so di aver sbagliato, sto ammettendo le mie colpe. L'amore che ho provato, e che tutt'ora provo per te.. E' sempre stato vero. E mai niente mi ha fatto dubitare di questo. Ho commesso l'errore più grande della mia vita, anche solo ad aver creduto di averti dimenticata, quando invece non era così."
Prese coraggio, e si avvicinò a lei, che contemporaneamente aveva fatto un passo indietro, allontanandosi. 
"Quando ho perso la memoria, non ricordavo assolutamente niente. Eppure però sentivo qualcosa che mi legava a te, in un certo senso. Non ricordavo niente, ma è come se il mio corpo in quel momento, avesse risposto solo a te. Credo che.. Se anche i ricordi mi avevano abbandonato.. Tu sei sempre stata l'unica mia certezza, in quel mare di insicurezza e disperazione che mi stava circondando."
Lei chiuse gli occhi, cercando di ignorare quel brivido che attraversò tutta la sua schiena. Scosse la testa, ancora.
Lui continuò.
"Non è vero che.. Eva e Marco non esistono più. Perchè tu sei qui, come lo sono anche io. E.. Dopo tutte le volte che ci siamo allontanati, io e te siamo di nuovo qui! Non si può dividere quello che il destino intreccia. Ci ho provato, ho fallito, e me ne sono pentito. Ma ora non lo voglio più fare. Ora voglio lasciare che tutto prenda forma, che tutto mi trasporti un'altra volta, lasciando ancora una volta che tutto mi riporti a te, e a tutto ciò che eravamo."
"Il passato non può più tornare. Non puoi tornare, facendo finta che questi mesi non siano esistiti. Il tempo è trascorso Marco, e le cose sono cambiate."
Lui scosse la testa, negando.
"No. Quello che tu provi per me, è esattamente intenso quanto quello che io ancora provo per te."
Rimase colpita dalle sue parole. Non si aspettava di vederlo tanto sicuro.
Lui continuò.
"Non è mai finita davvero tra noi. Nemmeno in questi mesi."
"Tu non sai niente!"
Sorrise, guardandola.
"Cambia tutto, se lo vuoi."
Lei socchiuse la bocca, ricordando le parole di una delle sue canzoni. Canzone che a quei tempi, parlava ancora soltanto di lei.
Rimase in silenzio, incapace di trovare le parole adatte per rispondergli. Lui non le diede nemmeno il tempo di farlo. La guardò un'ultima volta, prima di avanzare velocemente verso di lei. In un attimo, le prese il viso tra le mani, e si abbassò su di lei, rubandole un bacio leggero, sfiorando le sue labbra. Non durò che un attimo. Lui si allontanò, lasciandola incredula, raggiungendo la porta per uscire da quel appartamento. Lei guardò verso di lui, ancora stupita per quello che era appena successo, incapace di muoversi. Lui richiuse la porta alle sue spalle, serio. Si appoggiò poi alla porta chiusa, facendo aderire completamente la sua schiena, scuotendo la testa, incredulo per quello che aveva appena fatto. Questo avrebbe complicato tutto, lo sapeva. Ma era pronto ad affrontare qualsiasi cosa, qualsiasi tempesta, pur di dimostrarle che l'amore che provava, e provava tutt'ora per lei, era sincero.
E lei, dentro casa, rimase ancora immobile. Chiuse gli occhi, portandosi due dita alle labbra, sfiorandole piano. 
Non ci credeva, non poteva essere vero. Aveva sfiorato le sue labbra, in un istante che nemmeno l'aveva fatta rendere conto di niente.
Scosse la testa, stendendosi su quel divano, chiudendo gli occhi. Non sarebbe dovuto succedere. Non ce n'era motivo. Lui, non ne aveva il diritto. Sarebbe stato tutto difficile, lo sapeva. Ma non voleva cedere. Il bacio l'aveva scossa, non poteva negarlo. E anche le parole di lui - per quanto lei non lo volesse ammettere - l'avevano irrimediabilmente colpita, un'altra volta. Una cosa però, era certa. Non avrebbe dimenticato quel dolore, quella sofferenza e quelle lacrime, versate per colpa sua e della sua insicurezza.
 
Qualche giorno dopo, sdraiato sul letto di quella che una volta era la sua stanza. Il moleskine aperto sul petto, una penna tra le labbra. Aveva preso a scrivere qualcosa, liberando su quel foglio bianco quelli che erano i suoi pensieri. 
Venne interrotto da Rudi, che aprì la porta entrando in stanza. Si avvicinò a lui, sedendosi sul letto.
"Hai ripreso a scrivere, eh?"
Marco annuì, chiudendo il moleskine, appoggiandolo sul comodino accanto a lui.
"Che cos'è che ti ha fatto tornare l'ispirazione?"
Sosprirò, guardando il fratello accanto a lui.
"Tutti gli errori.. Gli sbagli che sono stato capace di commettere ancora, in tutti questi mesi."
"Ti riferisci alla cazzata che hai fatto, partendo qualche mese fa?"
Marco si alzò in piedi, iniziando a fare avanti e indietro per quella stanza, tenendosi la testa tra le mani.
"Io.. Io, non lo so, non so che cavolo mi abbia spinto quella volta a farlo! Ho sbagliato, ero forse ancora troppo ferito!"
Rudi sospirò, guardando il fratello maggiore.
"Eva, eh?"
"Si! Te lo giuro, sono mesi che ci penso! Ero convinto di essere riuscito a dimenticarla, ma non è così! Non è mai stato così! Io la voglio, la amo, ma lei non crede più ad una singola parola che esce dalla mia bocca!"
Rudi si alzò, arrabbiato, avvicinandosi al fratello.
"E ti credo! Come puoi pretendere che lei ti creda ancora, dopo che le hai urlato in faccia quel giorno che amavi un'altra? Eh? Sei partito, te ne sei andato, lasciandola piangere su quel letto! Sei stato un codardo, uno stronzo! Ma cazzo, sai quanto lei sia stata male per colpa tua? Eh? No! Solo io, Alice e Mimmo sappiamo che cosa lei abbia passato in questi mesi! Le siamo stati accanto, l'abbiamo aiutata, ascoltata, cercando di darle quella forza che le mancava per rialzarsi, dopo che tu l'avevi distrutta Marco! Hai fatto la cazzata di mandare tutto a puttane? Bene, ora ne stai pagando le conseguenze!"
Marco lo guardò stupito, spalancando gli occhi. 
"E pensi che io non lo sappia quanto sia coglione? Pensi che io non sappia di aver sbagliato?"
"Ah davvero? E pensi che basti per cancellare tutto quanto?!"
Marco sospirò, abbassando lo sguardo. Le parole del fratello, l'avevano colpito.
"E' stato un errore. Un errore, Rudi."
Rudi si allontanò, avviandosi alla porta. Guardò verso Marco, scuotendo la testa.
"Possibile che tu non riesca mai ad essere sicuro al cento per cento di una scelta che fai? Eva però, ha ragione: Sei un bambino che non sa quello che vuole. Smettila di crogiolarti nel dolore, e guarda in faccia la realtà. Hai fatto tutto tu. Tu, Marco. Il destino ti aveva dato un'altra possibilità. Ma tu partendo quel giorno, l'hai buttata nel cesso, senza neanche preoccuparti del fatto che la persona che stavi lasciando a piangere su quel letto, era la donna che dicevi di amare da anni. La madre di tua figlia!"
Marco scosse la testa, tristemente, continuando ad ascoltare il fratello.
"A volte non basta tornare indietro. Ma bisogna avere le palle di affrontare tutto, dimostrando di essere abbastanza maturi da aver capito di aver sbagliato. Ora invece di essere qui con me, dovresti essere in qualsiasi altro posto con lei. 
Dimostra di sapere quello che vuoi. Di essere sicuro. Di non avere nessun dubbio. Trasmettile quella sicurezza che le hai distrutto dentro, quando hai scelto un'altra donna che non era lei. Basta giri, basta cazzate. Smettila di fare il bamboccio egoista ed egocentrico, e tira fuori l'uomo che è in te."
Rudi sospirò, guardando il fratello. Poi continuò, vedendolo annuire in silenzio, triste.
"Non merita di soffrire. Quindi vedi prima bene quello che vuoi fare."
Aprì la porta, guardandolo un'ultima volta, prima di uscire da quella stanza, lasciandolo solo. Aveva ragione Rudi - pensava -. Non avrebbe più potuto permettersi di sbagliare. Ricordava quel lieve bacio, solo qualche giorno prima. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di lei. Ma non sapeva come fare. 
Lei, non si fidava più di lui. Aveva perso tutta quella fiducia che era riuscito a guardagnarsi dentro di lei con gli anni, commettendo l'errore più grande della sua vita, credendo di essere riuscito a dimenticarla. 
E di nuovo, nella sua testa, quella canzone che non aveva più intenzione di lasciarlo stare.
 
"Tu dimmi come posso fare per raggiungerti adesso"
 
Il calendario appeso che segnava il 5 Marzo. 
Seduta in cucina, con una tazza di caffè in mano, guardò quella data, ricordando all'istante quello che la sua mente per qualche giorno aveva cercato di dimenticare.
Era il giorno del suo compleanno.
Da quella sera, il 15 Febbraio, non si erano più incontrati. Era riuscita ad evitarlo accuratamente, senza però impedire a Marta di passare un po' di tempo con suo padre. 
Quella sera, però, non ci sarebbe più riuscita. La sua famiglia, l'aveva invitata a cena per festeggiare quel giorno. Sua madre aveva insistito tanto e - dopo continue risposte negative - aveva deciso di accontentarla. 
Il fatto è che Eva, non aveva nessuna voglia di festeggiare il suo ventiquattresimo compleanno. "E' un giorno come un altro" - continuava a dire a sua madre -.
Non ne aveva voglia, non ne sentiva il bisogno. Poi - ancora meno - non voleva vederlo un'altra volta. Tutto tra loro, era complicato. Tensione, silenzi. Ricordava ancora troppo bene quel lieve bacio, che però l'aveva fatta tremare dentro. L'aveva ammesso, si. Ma non sarebbe tornata indietro. Non si sarebbe più fatta del male. Non avrebbe più saltato nel vuoto, non per lui. 
 
Si alzò da quella sedia, dirigendosi ad aprire la porta.
"Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri ad Eva, tanti auguri a te!"
Si ritrovò davanti Alice, Rudi e Mimmo, che poi le saltarono addosso abbracciandola, ridendo come pazzi, divertiti.
Eva li guardò divertita, quasi commossa da quel gesto dolce che i suoi fratelli avevano fatto per lei.
"Grazie, grazie ragazzi!"
Poi continuò, calmandosi.
"Piano, che svegliate Marta! Entrate."
Li lasciò entrare piano in casa, richiudendo la porta alle loro spalle.
"Beh? Come ci si sente ad avere ventiquattro anni sorellina?"
Alice si avvicinò ad Eva, sorridendole.
"Mmm, non sento nessuna differenza."
Rudi si avvicinò a lei, prendendola in giro.
"E certo, quando si è vecchi un anno in più mica conta!"
Scoppiarono tutti a ridere divertiti. Eva gli tirò una sberletta sulla testa, ridendo.
"Ah ah ah, ma sentilo! Guarda che anche tu sei sulla buona strada!"
Un'altra risata di tutti, seduti a quel grande tavolo in cucina.
"C'è però da dire che tu ne hai ventiquattro, e lui diciannove!"
Mimmo la guardò divertito, difendendo suo fratello.
"Ma che fai? Ti ci metti pure te?"
Smise di ridere, realizzando qualcosa.
"Ma.. Voi perchè a quest'ora non siete in facoltà, e tu a scuola?"
Corrucciò la fronte, guardandoli uno ad uno, davanti a lei.
"E' Sabato, ricordi?"
E tutti risero un'altra volta, felici, allegri. Ed Eva, era serena. Tranquilla. Aveva dimenticato per tutto il resto della giornata passata con loro, che cosa l'avrebbe aspettata la sera stessa a casa dei suoi genitori. 
Non sarebbe mai riuscita a ringraziarli abbastanza, per tutto quello che avevano fatto per lei e Marta in quei mesi. Senza di loro, non ce l'avrebbe davvero fatta. 
 
"Buon compleanno!"
Entrò da quella porta, e si ritrovò davanti tutta la sua famiglia. Sommersa da baci e abbracci, di pacchetti e pacchettini da scartare. 
Sentì quell'atmosfera familiare travolgerla, non appena varcò la soglia di quella porta. 
Giulio e Lucia che non smettevano di abbracciarla. Le battute di Ezio, insultato da Stefania. Le frecciatine di Cesare e Gabriella. 
Gli abbracci di Marta, sua figlia, che continuava a stringerla ridendo, suscitando quell'infinita tenerezza negli sguardi di tutti i presenti.
Tutti, tutti erano corsi ad abbracciarla. Ma non lui. Marco, rimase in disparte per tutta la durata di quegli abbracci. Non voleva costringerla a fare niente. Si sentiva in colpa, e voleva che lei almeno quel giorno, l'avesse passato tranquilla in mezzo alla sua famiglia. Si avvicinò a lei, solo quando tutti si allontanarono per sedersi al tavolo apparecchiato in salotto. Lo sguardo basso, le mani nelle tasche dei jeans sulla difensiva. 
Lei si accorse di lui, rimanendo immobile. Marco la guardò qualche attimo, abbozzando un timido sorriso alla quale lei aveva risposto con un altro, sforzato.
"Buon compleanno, Eva.."
"Grazie Marco.."
Lo lasciò poi li, raggiungendo gli altri. 
 
E lei, aveva cercato di sorridere per tutta la sera. Voleva sembrare serena, tranquilla e felice. Non voleva lasciar trasparire quella vena di nervosismo che l'aveva colta non appena entrata in quella casa. Non voleva farsi scoprire un'altra volta da lui, che per tutta quella sera, non aveva smesso di guardarla, godendo della sua vista.
Sentiva il suo sguardo su di se. Sentiva continui brividi pervaderle il corpo e l'anima, non appena il suo sguardo incontrava quello di lui anche solo per sbaglio. Un misero attimo, che scatenava ogni volta in lei quella sensazione che credeva di esser riuscita a dimenticare. 
Ancora troppo fragile, ancora troppo debole ed insicura per riuscire a non provare più niente per quegli occhi neri, liquidi come il petrolio, che continuavano a guardarla, quasi bruciandola. 
Non voleva, non voleva cedere, non voleva cancellare quei mesi. Non voleva che lui giocasse un'altra volta con lei, e con il suo cuore. 
Perchè era questo che ora sentiva. In tutti quei anni passati assieme, lui aveva solo finto - si diceva silenziosamente, cercando di autoconvincere se stessa -.
Eppure quel dolore, bruciava ancora come calce viva sulla pelle. 
Avrebbe voluto poter dedicargli le parole della sua stessa canzone. "Non sento più niente, il dolore pulsante è diventato sangue, e poi ricordo". Ma non ce la faceva, non era vero, non era quello che lei veramente sentiva ad averlo ancora così pericolosamente vicino. 
Ma questa volta, sarebbe stata forte. "Ma qui non c'è più posto per te"
E senza volerlo, dentro la sua testa arrivò l'eco di quella canzone. "Non tornerò in mezzo a quei discorsi consumati"
Non c'èra più niente da dire. Lo voleva, voleva ancora lui, lo amava ancora, ma la ferita era troppo profonda. "Sangue e poi ricordo".
Per lei però, non era così. Era ancora tutto troppo vivo, troppo reale. "Due amanti perdenti, mentre guardo in avanti".
Avevano perso, non erano riusciti a vincere quella battaglia. "Non tornerà la voglia di baciarti senza fiato".
Lei però, sentiva quella voglia crescere dentro, ad ogni respiro, ad ogni sguardo, ad ogni sorriso storto. Doveva farcela, però. Doveva seppellire dentro se stessa quelle sensazioni sbagliate, che per lui erano state solo finte. 
 
E per lei, era ora finalmente di tornare a casa. Sospirò sollevata, verso la porta d'ingresso. Sua sorella però, non era dello stesso avviso. La voleva li, quella notte, assieme a lei. 
"Dai, ti prego! Rimani qui, solo per stanotte!"
Aveva cercato di sfuggirle, ma non ebbe modo di poter ribattere. La trascinò sotto braccio in camera, sorridendo. 
Un altro sorriso, e nemmeno si era accorta di Alice al suo fianco che voltandosi un attimo di spalle, fece un cenno d'intesa al fratello maggiore.
Marco sorrise, avvicinandosi al fratello accanto a lui. 
"Ora tocca a te."
Rudi sospirò, sorridendo.
"Non te lo meriteresti, lo sai?"
"Almeno ci sto provando."
Un altro sorriso, e Rudi si avviò velocemente verso le scale, salendole due a due, raggiungendo la camera delle ragazze. +
"E dai, non farti pregare! Ci sono papà e Lucia con Marta, ci ho già parlato io!"
"E dove vorreste portarmi a quest'ora? Con sto freddo?"
Eva scosse la testa, cercando di obbiettare a quell'idea folle di Rudi e Alice, alla quale poi spinto da Marco si aggiunse anche Mimmo. Volevano portarla in un posto, in piena notte. Non sapeva però che, sotto ai sorrisi dei suoi fratelli, si nascondeva un'idea che non era loro. Un'idea folle, che poteva venire solo ad un ragazzo che aveva bisogno di quella notte, di quel tentativo per sentirsi almeno un attimo in pace con se stesso.
Esitò ancora, poco convinta. Ma poi si fece trascinare da quei tre al piano di sotto, diretti alla macchina di Lucia.
Presero solo i cappotti, uscendo di casa, per poi raggiungere quel posto non molto distante. 
 
La luna piena e luminosa che si specchiava su quel grande specchio d'acqua. Le stelle, tanti, tantissimi puntini bianchi luminosi, ad accendere per poco quel cielo scuro.
L'aria fredda, a soffiare, scompigliandole i capelli lunghi e mossi. Avvolta da quel cappotto lungo e beije, camminava accanto ai suoi fratelli a piedi nudi sulla sabbia fredda, sorpresa.
"Ragazzi, è bellissimo.. Grazie.."
Sorrise, ringraziando i suoi fratelli accanto a lei.
"Già.. La luna, le stelle, il mare.. E' tutto così perfetto."
Camminarono ancora vicini, stretti nei loro cappotti, fino a raggiungere una barca poco distante dall'acqua. 
Ferma davanti a quel mare, trasportata solo dal rumore delle onde che si infrangevano dolci sul bagn'asciuga. Immobile, persa in quelli che erano i suoi pensieri ancora una volta rivolti a lui. 
Non si accorse nemmeno dei suoi fratelli che la lasciarono li, sola, allontanandosi veloci verso quella scaletta in ferro poco distante.
Il vento che soffiava, scompligliandole i capelli. Si perse a guardare quel cielo stellato, e quella luna grande e piena. 
Si guardò poi attorno, realizzando di non aver più sentito nessuna voce accanto a lei. 
"Ragazzi? Dove siete? Dai, non è divertente!"
Alzò gli occhi al cielo, cercando di scorgere sulla spiaggia l'immagine dei suoi fratelli. Si avvicinò poi a quella barca poco distante, notando una grande scatola blu appoggiata sulla sabbia. La guardò qualche attimo curiosa, prima di abbassarsi e prendere quella che sembrava una lettera, appoggiata vicino a quella scatola. Guardò quella lettera tra le sue mani, rigirandola più volte. 
Lesse una frase, scritta sopra con dell'inchiostro nero. " Ti prego, aprila." Riconobbe all'istante quella calligrafia per lei inconfondibile.
Esitò ancora qualche attimo. Titubante, sospirò ancora. La girò ancora qualche volta tra le mani, indecisa se aprire o meno quella busta bianca.
Seduta sulla sabbia, appoggiò la schiena a quella barca dietro di lei. Aprì quella busta, sospirando ancora.
 
E' sempre difficile trovare le parole giuste per esprimere ciò che pensiamo davvero. 
E allora, ho pensato che il modo migliore per dirti ciò che sento, è quello di lasciare 
spazio ai ricordi racchiusi in questo grande scatolone accanto a te.
Sarà il contenuto di questa scatola a parlare per me, dato che le mie parole per te, 
non hanno più nessun valore. So che hai ragione, e non sono di certo qui a dire il contrario.
Forse guardando dentro questa scatola, non sentirai niente. Ma credo davvero che questo sia l'unico modo 
per dimostrarti che l'amore che ho provato, e che tutt'ora provo per te, è sempre stato vero e sincero.
Il cielo è pieno di stelle, ma c'è sempre stata una sola ed unica stella che brillava più delle altre, illuminando
il mio cammino. Per favore, ti chiedo di aprire quella scatola. Dentro ci troverai tutto quello che non sono riuscito a dirti con le parole.
E' vero, sono un idiota, un cretino, uno stronzo.. Ma lo sai anche tu che non sono mai stato capace di mentirti.
Perchè a differenza di quello che tu credi, io della nostra storia ho sempre conservato tutto, tutto quanto, dentro a
questa scatola che mai, avrei pensato avessi visto un giorno. 
 
Buon compleanno Eva. 
 
Marco
 
Chiuse gli occhi, mordendosi le labbra, portandosi indietro i capelli con una mano. 
Guardò poi quella scatola accanto a lei, poco convinta. Rimase a guardarla ancora, insicura, titubante sul fatto di aprire un'altra volta quella che era la porta dei ricordi che lei voleva solo chiudere per sempre a chiave, smettendo una volta per tutte di soffrire inutilmente per quella storia che aveva solo lasciato piccoli frammenti rotti, difficili da rincollare. 
Portò le mani su quella grande scatola, sfiorandola piano. Nemmeno si accorse di qualcuno alle sue spalle, poco più distante, che aveva assistito a tutta quella scena.
"Non la apri?"
Si voltò spaventata verso quella voce, lasciando istintivamente il coperchio di quella scatola.
Eva lo guardò qualche attimo, prima di abbassare lo sguardo, evitandolo. Lui prese coraggio, e si avvicinò piano a lei, sedendosi, appoggiando la schiena a quella barca.
"Perchè dovrei farlo? Non ce n'è motivo, Marco."
Lo sguardo basso, le mani a torturare quell'anello d'argento al suo medio. Seria, quasi distante, non lo guardò nemmeno negli occhi. Ma lui, non si voleva arrendere. Voleva che lei aprisse quella scatola. Voleva vedere l'espressione del suo viso, voleva vedere se possibile ancora una volta, quella luce in quei occhi chiari. Non avrebbe potuto fingere per sempre. "Gli occhi non mentono, sono lo specchio dell'anima" - continuava a dirsi, guardando l'orizzonte davanti a sè -.
"Perchè voglio che tu veda almeno per questa notte quanto tutto quello che ci lega, è ancora vivo dentro di me, esattamente quanto è vivo dentro te."
Incontrò gli occhi di lui, per poi abbassare un'altra volta lo sguardo sospirando.
"E poi? Cos'è che succederà poi?"
Lo guardò ancora, lievemente arrabbiata, ancora troppo ferita, delusa per riuscire a sopprimere quella sensazione di rabbia dentro se stessa, nei suoi confronti.
"Se non apri quella scatola, non lo saprai mai."
La guardò serio, quasi implorandola silenziosamente con lo sguardo di fidarsi di lui.
Poi continuò, supplicandola.
"Ti prego. Solo per questa notte. Poi, potrai tornare ad evitarmi e ad ignorarmi per il resto dei nostri giorni. Ti chiedo solo questa notte."
Eva distolse lo sguardo dai suoi occhi, cercando di nascondere agli occhi di lui quella sensazione di cedimento che, piano piano, si stava intrufolando dentro di lei, provocandole quei brividi caldi che solo lui era capace di infonderle.
Rimase in silenzio, guardando l'orizzonte dritto davanti a lei. Abbassò ancora lo sguardo, sospirando. Chiuse gli occhi, annuendo debolmente a quella supplica.
"Solo per questa notte."
Lui sorrise leggermente, guardandola. E allora lei, prese coraggio e - dopo qualche attimo di esitazione - levò il coperchio da quella scatola. 
Lui, cercò di scorgere nello sguardo di lei, rivolto a quella scatola aperta, una delle tante emozioni che l'avevano sempre travolta, quando qualcosa era riuscita inevitabilmente a colpirla. 
Eva guardò il contenuto di quella scatola, inevitabilmente sorpresa. Lui sorrise, accorgendosene. Lei poi, iniziò piano a tirare fuori quegli oggetti familiari, uno ad uno.
Un piccolo mazzetto di chiavi. Lo rigirò qualche attimo tra le dita, prima di rivolgere lo sguardo a lui.
"Sono le chiavi del mio primo motorino. Quello che grazie a te, mio padre aveva deciso di regalarmi."
Lei abbozzò un sorriso, guardando quel piccolo mazzetto di chiavi. Poi lui, continuò.
"Mi ricorda di quella notte d'inizio Ottobre. Quando avevo deciso di accompagnarti a vedere Christian, in quel locale, il "Mondo cane" mi pare. Ci si è fermato il motorino, e quella è stata la prima volta che tu mi hai abbracciato."
Lei guardò un punto fisso sulla sabbia, cercando di non incontrare gli occhi di lui. 
"E' li che ho capito che.. Non ti avrei mai e poi mai considerata mia sorella."
Le mani unite, appoggiate sulle gambe rannicchiate. Parlava sorridendo, raccontando quello che ogni piccolo oggetto racchiuso in quella scatola, significava per lui.
Eva tirò fuori da quella scatola un foglio azzurro, leggermente stropicciato. Lesse le poche righe, sorridendo leggermente.
"Congratulazioni al vincitore del concorso "Cantautori.com" Marco Cesaroni."
Marco sorrise, ricordando quel giorno.
"Il concorso alla radio, alla quale tu mi avevi iscritto di nascosto. Ricordi?"
Lei annuì, abbozzando un sorriso guardando quel foglio.
"Quel giorno ho cantato per la prima volta la mia canzone ad un pubblico. E se tu non mi avessi spronato così tanto a cantare, ma sopratutto a partecipare a quel concorso, io non sarei dove sono ora. E' solo grazie a te se sono riuscito a muovere i primi passi nel mondo della musica."
Un attimo di silenzio. Poi continuò, vedendola seria guardare l'orizzonte davanti a lei. 
"E' stato un giorno importante, quello. Importante per me, quanto per te."
Lei si voltò verso di lui, di scatto, sorpresa da quelle parole. Ricordò poi in un attimo, il giorno che gli aveva confessato il primo attimo in cui sentiva di essersi innamorata di lui. Abbassò lo sguardo, colpita, vedendolo sorridere davanti a lei. "Uno a zero per te" - si diceva lei, silenziosamente -.
Voltò lo sguardo, tornando con le mani in quella scatola. Delle fototessere di loro due assieme.
"Sono le foto che avevo con me quella sera, quando sono venuto in camera tua cercando di far pace con te. Tu non mi parlavi, e io non capivo il motivo. Eri sempre fredda, distante con me. E allora avevo deciso di invitarti a cena, per parlare un po'."
Notò un sorriso sul volto di lui. Gli occhi chiusi.
"Quella notte, ha cambiato la mia vita. Ha cambiato tutto. Scoprire che anche tu, eri innamorata di me, è stato bellissimo."
"Almeno hai usato la parola giusta."
Lui abbassò lo sguardo, colpito. "Uno a uno" - pensò un'altra volta lei -.
Tornò a guardare dentro quella scatola, estraendo quella che sembrava una tesina.
"E questa?"
"Spoon River e De Andrè, il maledettismo tra musica e poesia. Me l'hai fatta tu. Senza, non sarei neanche riuscito a passare la maturità.
Ricordo ancora il giorno che me l'hai data. Eravamo alla casa sul Tevere, a studiare. In quel periodo, ci eravamo riavvicinati. Sai, dopo Londra, Alex.. E quando ti ho chiesto perchè avessi scelto quell'argomento per me, mi hai detto che secondo te ero un poeta. E quando ti ho chiesto se davvero lo pensavi, mi hai risposto dicendomi che forse era l'unica cosa che non avevi mai smesso di pensare su di me. E li ho capito quanto tutti quei mesi passati da amici, in realtà per me non fossero mai esistiti."
Lei abbassò lo sguardo, inevitabilmente colpita da quelle parole. Faceva male. Faceva male sapere che lui, della loro storia, non aveva dimenticato niente. 
Tirò fuori da quella scatola delle fotografie. Lei, lei e lui insieme. Alcune foto della loro famiglia. Poi ancora delle foto di Marta da piccola, in ospedale, tra le sue braccia. Notò un biglietto aereo, estraendolo.
Si voltò verso di lui, mostrandogli quel pezzo di carta colorato.
Lui sorrise verso di lei, guardandola. Sospirò, prima di iniziare a parlare.
"E' il biglietto della volta che.. Sono venuto a cercarti, a New York."
E lei rimase immobile, in silenzio. Aveva conservato anche il biglietto di quel viaggio che era stato inutile. Ricordava ancora il giorno in cui a New York, trovò sullo zerbino di casa il cappellino colorato che lui le aveva regalato, tempo prima. 
"Avevo fatto una sorta di patto col destino. Avevo chiesto ventiquattr'ore per incontrarti. Senza forzare le cose, senza fare niente perchè tutto accadesse. Ma ho lasciato perdere, e disperato ho chiesto il tuo indirizzo a Lucia. Sono arrivato davanti la porta del tuo appartamento. Ho suonato, una, due tre volte, ma nessuno apriva. E così rassegnato, ho lasciato il tuo cappellino sullo zerbino."
Ogni oggetto, ogni parola ed ogni ricordo da lui raccontato, riuscivano ogni volta a dare una picconata forte a quell'iceberg che lei aveva tirato su tra di loro, allontanandolo. Si stava piano piano sgretolando nella testa di Eva, che poco a poco riusciva a sciogliersi, godendo di quel momento, dimenticando per qualche attimo ciò che era ancora vivo nella sua mente. Il dolore, la sofferenza, quella straziante e gelata sensazione che ormai da mesi avvolgeva la sua mente ed il suo cuore, si stavano piano piano dissolvendo, lasciando spazio alla ragazza che da mesi aveva cercato di nascondere dentro se stessa. Si risvegliò da quei pensieri, guardando verso di lui.
"Perchè hai fatto tutto questo?"
Un altro sguardo, da parte di lui che non aveva smesso di guardarla, in cerca di un'emozione leggibile nel suo sguardo, nei suoi occhi e nella sua voce.
"Quando a casa tua mi hai detto che il mio amore per te non è mai stato vero.. Mi sono sentito qualcosa crollare addosso. Un peso, un macigno qui dentro al petto. E così ho deciso che, dovevo farti cambiare idea a tutti i costi. Non volevo che tu credessi qualcosa che non era vero, Eva."
E lei scosse la testa, alzandosi in piedi, cercando di allontanarsi e andarsene da quella situazione. Lui però le prese il polso, fermandola.
"Ti prego, non te ne andare. Sono solo le undici, la notte è ancora lunga, e io ho ancora un sacco di cose da dirti."
Le braccia conserte, a guardare verso di lui, indecisa su quale sarebbe stata la scelta migliore in quel momento. 
"I nostri fratelli sono qui in giro, non posso farli aspettare. E poi, c'è anche Marta.."
"Non ti preoccupare per loro, sono già a casa. E con Marta ci sono i nonni."
Lei corrucciò la fronte un attimo, prima di guardarlo ancora.
"Ecco perchè hanno insistito tanto.."
Chiuse gli occhi, realizzando di esser stata completamente fregata dai suoi fratelli. 
"Ora non hai scuse. Siediti, ti prego."
Lui sorrise, accarezzando con una mano il posto vuoto accanto a lui. E lei si convinse, qualche attimo dopo, anche se ancora titubante.
Seduta accanto a lui, aveva preso quello scatolone, allontanandolo leggermente. Le gambe rannicchiate, le mani a strofinare piano la stoffa di quei pantaloni scuri.
"Che cos'è che mi devi dire ancora?"
Lo sguardo verso l'orizzonte, ad evitare accuratamente di incontrare ancora il suo. 
"Ricordi quando a casa tua, quella notte mi hai chiesto se.. Se si insomma se.. Se avessi lasciato anche Maya, in modo tanto "teatrale"?"+
Lei fece una smorfia, facendolo sorridere.
"Non ti ho risposto, quella volta. Ma te lo voglio dire adesso: No."
Lei si voltò verso di lui, stupita, aspettando che lui continuasse. 
"Dopo aver capito un po' di cose, le ho semplicemente detto la verità. Che non l'amavo, che credevo di amarla, ma che non era così. Perchè ci sei sempre stata tu. Le ho detto che avevo capito quanto io mi fossi sbagliato. Che io non mi ero innamorato di lei, ma di quell'idea di leggerezza e tranquillità che lei mi ispirava. Niente dolore, niente sofferenza, niente incertezza, nessuna paura.. Insomma, non c'èra niente di quello che con un solo sguardo riuscivi a trasmettermi ogni volta tu. Con lei, era tutto semplice. Mentre con te, era saltare nel vuoto di continuo, senza paracadute, col rischio di farsi male. Era energia, era passione, era forte, intenso, lasciava ogni volta senza fiato. Ho capito di non essermi innamorato di lei. Ma di quello che rappresentava. Niente preoccupazioni, niente di niente."
Eva lo guardò in silenzio, lasciandolo continuare.
"Ho capito che però non era lo stesso. Che non era quello di cui io, avevo bisogno. Ho capito di aver sbagliato. E poi ho capito che.. Quando quel giorno ho deciso di non scegliere te.. Non era Maya che ho scelto. Ma solo la vita lontano da te. 
Forse ero ancora troppo ferito, orgoglioso per poterti perdonare. Ma poi ho capito che sono stato uno stupido, a pensare tutto questo. 
Perchè quel giorno, tu eri li per me. Solo e soltanto per me, e per nessun altro. E io l'ho capito tardi. Mi dispiace Eva, per tutto. Ma ti giuro che quella volta, non è lei che ho scelto. Lo credevo, ma non era così."
Tirò un altro sospiro, avvicinandosi a lei.
"Io ho sempre voluto te. Anche in quei mesi che hai trascorso a Parigi, con.."
Troppo difficile pronunciare ancora una volta il nome di lui.
"Jean. Ti vedevo, ti guardavo accanto a lui, e non potevo far altro che fermarmi a pensare che tutto era successo per colpa mia.
L'hai detto tu, l'altra sera. Sono stato io quello che ha sbagliato per primo. Tu ti sei solo comportata di conseguenza."
Un sorriso amaro, lo sguardo basso. Eva lo guardò qualche attimo, in silenzio. Eppure anche lei, una parte di colpa in tutta quella storia, ce l'aveva. Si era lasciata andare ad un uomo che le infondeva sicurezza. Ma lei, a differenza di Marco, sapeva di non esserne innamorata. 
Ritrovò la voce, lasciando sfogo ai suoi pensieri.
"E' vero, hai ragione. Ma è proprio perchè sei stato prima tu a sbagliare, che io non dovevo commettere il tuo stesso errore. Abbiamo sbagliato entrambi, Marco. Non è solo colpa tua, te l'ho detto, io li so ammettere i miei errori."
Lui la guardò stupito, lasciandola continuare.
"La verità, è che quella volta avevi ragione. Non avevo nessun diritto di tornare nella tua vita. Un po' come te adesso."
Eva sorrise, abbassando la testa. Lui la guardò, confuso da quel sorriso.
"Perchè sorridi?"
"Perchè per quanto io e te siamo diversi.. Commettiamo però sempre gli stessi errori dell'altro."
E allora sorrise anche lui, capendo il senso di quelle parole. Poi tornò serio in un attimo, realizzando qualcosa. Lei, stava sorridendo. Era uno di quei sorrisi sinceri, veri. Era uno di quei sorrisi che lui non vedeva da tempo. Che lei, non gli aveva più dedicato.
Notò poi il viso di lei, rivolto al cielo. Alzò anche lui la testa, sentendo una goccia fredda schiantarsi sul suo viso. 
E qualche attimo dopo, aveva iniziato a piovere. 
Marco si alzò velocemente in piedi, prendendo istintivamente la mano di lei, stringendola. La scatola dei ricordi sottobraccio. Iniziò a correre, per raggiungere la macchina parcheggiata dopo quella scalinata in ferro. Lei, rimase stupita dal suo gesto. Anche se titubante all'idea di quel contatto, dopo qualche attimo strinse la mano di lui che la stava trascinando correndo. 
Sentì improvvisamente una strana sensazione di calore, pervaderle il corpo. 
E se anche non lo voleva ammettere a se stessa, sapeva che quella serata era riuscita ad abbattere parte di quell'iceberg che aveva tirato su tra di loro. 
"Soltanto questa notte." 
Nella sua testa, riecheggiavano ancora le parole dette da lui quella sera. 
 
Un viaggio in macchina silenzioso, che li aveva accompagnati fino al loro arrivo a casa. Solo qualche fugace sguardo di lui, che non poteva fare a meno di soffermarsi a guardarla.
Scesero velocemente dalla macchina, dirigendosi verso quel cencelletto in ferro di fronte a loro. Lei prese le chiavi dalla tasca, aprendo velocemente quel portone. Salirono veloci quel viale in pietra, arrivando davanti alla porta di casa.
Entrarono, togliendosi i cappotti bagnati.
"Grazie per essere restata."
Lei si voltò verso di lui, abbozzando un sorriso.
"Non si può scappare per sempre, no?"
Lui sorrise leggermente, abbassando la testa.
"Beh.. L'importante è capire il momento giusto per smettere di farlo."
Si avvicinò a lei, guardandola. 
"Non c'è mai un momento giusto. Certe cose vanno fatte solo quando si ha la forza per farle."
Notò poi il viso di lui, vicino al suo. Si affrettò ad allontanarsi, dirigendosi verso le scale per salire al piano di sopra. 
"Buona notte Marco."
E lui cercò di sorridere, cercando di nascondere quella punta di delusione che l'aveva colto nel sentire quelle parole. Non voleva lasciarla andare. Voleva passare quella notte con lei, a parlare ancora. "A me basta restare un po' di tempo a parlare insieme a te, solo a parlare, non voglio fare l'amore."
Le parole di un'altra canzone di Giorgia, a risuonare nella sua testa in quel momento. 
Ma lui la voleva. La desiderava. La voglia di fare ancora una volta l'amore con lei, bruciava e pulsava dentro di lui. Ma non poteva pretendere niente, non poteva chiedere niente da lei. 
"Buona notte, Eva."
Sorrise ancora, allontanandosi, dirigendosi piano verso le scale.  
Raggiunto il piano di sopra, mise un piede in fallo, cedendo all'indietro, rotolando giù dalle scale, sbattendo la testa, un'altra volta.
Eva corse verso di lui, scendendo velocemente le scale. Si avvicinò a lui, preoccupata.
"Marco? Marco, mi senti?"
Niente, aveva perso un'altra volta i sensi. Alzò gli occhi al cielo, sospirando, prima di trascinarlo piano, a fatica, salendo le scale cercando di non svegliare nessuno. Chiuse la porta alle sue spalle, cercando di trascinarlo sul letto in mansarda. Un piccolo verso, per lo sforzo appena fatto. Lo lasciò cadere sul letto. Si sedette accanto a lui, accarezzandogli piano il viso, cercando di risvegliarlo. Niente, non si svegliava. Scosse la testa sorridendo divertita, scendendo al piano di sotto per andare in camera sua. Si tolse di dosso i vestiti bagnati, asciugandosi. Tornò poi in mansarda, a sedersi accanto a lui, aspettando che si risvegliasse.
Un'occhiata veloce all'orologio appeso vicino alla porta. Mezza notte in punto.
E si fermò immobile, a guardarlo. Addormentato accanto a lei. La bocca socchiusa, e quell'espressione che le ricordava tanto quella di sua figlia. I capelli corti bagnati. Si fermò poi a guardare il petto di lui, alzarsi ed abbassarsi piano. 
Sentì poi un mugugnio strano, provenire dalla bocca di lui.
Marco strizzò forte gli occhi, dolorante. Si portò una mano alla testa, massaggiandola piano. Aprì lentamente gli occhi, muovendo piano la testa.
Eva si avvicinò a lui, preoccupata.
"Marco? Marco? Stai bene?"
Lui la guardò qualche attimo, in silenzio, prima di risponderle.
"Ma.. Chi sei?"
Eva spalancò gli occhi, incredula.
"Ma che hai perso la memoria un'altra volta?"
Marco si mise a sedere, appoggiando la schiena al cuscino. La mano a massaggiare la testa, dolorante.
"No, ma ci hai creduto eh?"
Lei assottigliò lo sguardo, guardandolo male per pochi attimi. Gli diede uno spintone, facendolo ridere divertito.
"Scemo! Mi hai fatto prendere un colpo!"
"Te lo giuro, dovevi vedere la tua faccia quanto te l'ho detto!"
E lui rise ancora divertito. Poi però tornò quasi serio, sorridendo, realizzando le parole di lei.
"Davvero?"
Lei lo guardò in modo sarcastico, prendendolo in giro.
"Beh, sei caduto dalle scale rotolando come un pallone! Poi la memoria, l'hai già persa nello stesso modo, ricordi?"
Lui annuì abbassando la stesta, sorridendo.
"Va bene, va bene, hai vinto.."
Si massaggiò ancora la testa, dolorante.
Lei sorrise divertita, guardandolo. 
"Ti faccio così tanto ridere?"
Lei continuava a sorridere divertita, guardandolo, non potendo farne a meno.
"Ah!"
"Dovresti metterci un po' di ghiaccio.."
Lui la guardò, infastidito da quelle continue frecciatine. Eva si avvicinò a lui, sorridendo leggermente.
"Come ti senti?"
"Ho un mal di testa assurdo.."
"Ti credo, hai fatto un volo.."
E lei cercò ancora di trattenere un'altra risata, portandosi una mano davanti alla bocca.
"Ah ah ah, ridi ridi!"
E in quel momento, non c'èra silenzio. Non c'èra tensione, non c'èra più quella sottile linea che li aveva sempre divisi fino a quel momento. Lei stava davvero ridendo per lui, con lui. Era davvero lei la donna che gli stava davanti, e finalmente i suoi occhi potevano perdersi nel suo sguardo. Non abbassava la testa, lei non cercava di nascondersi, non cercava di evitarlo. 
Era una risata naturale, quella risata cristallina che l'aveva sempre caratterizzata. 
"Grazie.."
"Figurati.."
E lei si allontanò, tornando seria. Aprì la porta della mansarda, per scendere in camera sua. 
Lui corrucciò la fronte, portandosi una mano a massaggiarsi la testa.
Lei si voltò un'ultima volta verso di lui, prima di richiudere la porta alle sue spalle. 
"Buona notte Marco.."
La guardò qualche attimo stupito, sforzò un sorriso salutandola.
"Buona notte Eva.. E grazie ancora.."
Diretta in quella stanza, lo lasciò solo in piedi davanti a quel letto, confuso. Si grattò la testa, stendendosi sotto le coperte. 
Avvolto dal buio, le braccia sotto la testa, gli occhi ben aperti, incapace di abbandonarsi a quel sonno. 
Lei era li con lui, distante un niente, pochi passi che lo separavano da quella stanza.
Era un pensiero che lo uccideva, tenendolo sveglio, incapace di muoversi.
E nemmeno lei dormiva, nemmeno lei era capace di star tranquilla, nemmeno lei in quella notte, riuscì a togliere dalla testa anche solo per un misero istante il pensiero di averlo vicino, accanto. Troppa poca la distanza, troppo forte l'eco dei suoi sospiri in quella stanza buia. 
Ripensava ancora a quella scatola blu, ripensò ancora al rumore delle onde del mare, in quella serata illuminata solo dal chiaro di luna. Non riusciva a smettere di pensare a quelle parole, a quelle confessioni che lui le aveva fatto, sbattendole davanti gli occhi tutti quei ricordi, quei momenti e quelle emozioni che la loro storia aveva fatto vivere ad entrambi. 
 
"E si fa grande dentro me, questo bisogno che ho di te"
 
Lui che si rigirava in quel letto, in quella notte strana che lo stava vedendo protagonista. In quella mansarda che sembrava il posto più comodo e caldo al mondo, non riusciva a smettere di pensare a lei così vicina, a lei che desiderava così tanto. A lei, alla quale aveva chiesto solo quella notte. E poi? Che cosa sarebbe stato poi? Non lo sapeva, non riusciva a trovare una risposta logica a quella domanda che martellava dentro la sua testa. 
Si mise seduto, scuotendo la testa in preda a quella confusione che lo stava totalmente annebbiando. Nessuna risposta, ma tante, troppe domande. 
La testa tra le mani, il respiro andato. 
Decise di scendere al piano di sotto, in soggiorno.
Eppure una cosa, la sapeva bene. L'amava, la voleva, e avrebbe dato tutto per tornare indietro a quel dannato giorno che gli aveva rovinato l'esistenza. Quella scelta sbagliata, quel dannato orgoglio maschile che gli aveva impedito di guardare le cose da un'altra prospettiva. 
Seduto su quel divano ripensava a quella sera passata sulla spiaggia, assieme a lei. A quella scatola di ricordi nascosti, che ancora teneva sopra l'armadio della sua stanza. 
Ricordava lo sguardo, gli occhi di lei, subito dopo aver aperto quella scatola blu. Non c'èra indifferenza, non c'èra rabbia. Notò l'espressione sorpresa, notò gli occhi di lei illuminarsi all'improvviso, anche se lei cercò di nasconderlo.
Pensava ancora a quelle parole, a quei sorrisi appena accennati da parte di lei nel vedere il contenuto di quella scatola, sfiorando piano quegli oggetti. 
Capì che forse, lei provava ancora qualcosa per lui. Che ancora nonostante tutto, una parte di lei appartenesse ancora a lui. Ma che era troppo orgogliosa, troppo ferita e delusa per ammetterlo un'altra volta. 
Lo leggeva nei suoi occhi, nei suoi sguardi carichi di quella scintilla familiare che aveva sempre visto, guardandola. 
Ma lei, non voleva mostrarlo. Non voleva manifestare quelle emozioni, non voleva un'altra volta saltare in quel vuoto profondo e scuro di cui si parlava ogni volta che si trattava di loro, assieme. 
Sentì un rumore alle sue spalle, voltandosi di scatto.
La stanza lievemente illuminata dalla luce accesa in corridoio. Marco notò Eva in piedi, davanti la porta della cucina.
Si avvicinò a lui, guardandolo.
"Scusami, non volevo svegliarti.."
Lui scosse la testa, negando.
"No, tranquilla. Non dormivo.."
Lei annuì semplicemente, avviandosi veloce verso la sua stanza. E allora lui prese coraggio, alzandosi velocemente in piedi, fermandola per un braccio. 
"Aspetta.."
Lei si voltò verso di lui, stupita. Rimase immobile, incapace di dire una parola e di muoversi. Lui sospirò, cercando di trovare le parole giuste per iniziare quel discorso.
"Non riesco a dormire. Non riesco a smettere di pensare a quando prima sulla spiaggia, hai aperto quella scatola."
Si avvicinò ancora a lei, immobile davanti a lui. Il cuore che batteva, il respiro accelerato.
"Mi sono ricordato che.. Alla fine poi, non ti ho chiesto una cosa.." Lui che sussurrava vicino al suo viso, guardandola negli occhi.
"Cosa?" Trovò il coraggio di dire lei, ancora pericolosamente vicina a lui.
"Volevo chiederti se.. Aveva funzionato.."
Lei ritrovò il controllo di se stessa, distogliendo lo sguardo dagli occhi di lui. Si allontanò di un passo indietro, abbassando lo sguardo.
"Non funziona così Marco."
"Che vuoi dire?" La guardò confuso, non capendo.
"Voglio dire che non basta una scatola di ricordi, per cancellare questi mesi."
Si passò la lingua tra le labbra, abbassando lo sguardo.
"Infatti non ho mai detto che la scatola serviva a cancellare tutto."
Poi continuò, lasciandola attonita.
"Allora guardami.. Guardami negli occhi.."
Si avvicinò a lei, che contemporaneamente fece un altro passo indietro, allontanandosi, stupita da quelle parole. Poi lui, continuò.
"Dimmi che non provi più niente per me.. Dimmi che non mi ami più.. Dimmi che è davvero finita tra noi.."
Lei scosse la testa, guardandolo amareggiata. Le braccia conserte.
"Non è giusto quello che stai facendo."
"Perchè? Ah si, scusa, è vero: E' giusto solo quando sei tu a farlo."
Eva abbassò lo sguardo, incassando silenziosamente il colpo. Aveva ragione lui, anche lei l'aveva fatto quella notte in mansarda. 
"Non si dovrebbe imparare dagli errori altrui?"
"Non hai risposto alla mia domanda."
Un altro passo avanti lui, un altro passo indietro lei. 
"La risposta la sai."
"Io vorrei sentirlo dire da te."
Lui insisteva, lei scappava. Un passo avanti lui, un altro passo indietro lei. 
"Hai detto tu che era finita. Ricordi?"
"Te l'ho detto, ho sbagliato. Non è mai finita tra noi." Lui un passo avanti, lei un passo indietro. 
Fine della corsa.
Lui sorrise vincente, guardandola.
"Non puoi più scappare ora.."
Lei si scontrò col divano, capendo di essersi messa in scacco da sola. Lui appoggiò le mani sul divano, sfiorando i fianchi di lei. Eva cercò di allontanarlo, spingendogli le mani sul petto.
"Lasciami passare."
"No. Finchè non dirai ciò che ti ho chiesto."
Lei alzò gli occhi al cielo, provando a sorpassarlo.
"Hai finito di giocare?"
"Non sto giocando, ti ho solo chiesto una cosa."
Lei abbassò lo sguardo, accontentandolo.
"No. Non provo più niente per te."
Lui annuì, silenzioso, abbassando lo sguardo. Tornò poi a guardarla, stupendola.
"Allora ti chiedo un'ultima cosa."
Lei lo guardò confusa, aspettando che continuasse.
"Ti chiedo solo un bacio. Un bacio soltanto. Un bacio per farmi sentire che per me non senti più davvero niente."
Lei lo guardò stupita. Nervosa, cercò di obbiettare.
"Non ha nessun senso. E poi sei sempre il solito egoista! Non è giusto chiedermelo, non puoi chiedermi una cosa del genere!"
Cercò di spingerlo via un'altra volta, sbuffando infastidita.
"Anche tu me l'hai chiesto, ricordi?" Sorrise ancora, provocandola.
"Io non ti ho mai chiesto di baciarmi!"
"No, perchè stavi per farlo e basta!"
"Infatti non è successo! Ti sei tirato indietro! L'hai dimenticato?"
E allora Eva si bloccò, rendendosi conto della gaffe fatta. Avrebbe voluto mordersi la lingua, sparendo da quel soggiorno all'istante.
"Ti dispiace?"
Lei lo guardò stupita, cercando di ritrovare il controllo di se stessa. Troppo nervosa, ancora troppo innamorata per riuscire a fingere ancora.
"No!"
Lui sorrise di più, avvicinandosi ancora a lei.
"Io dico di si!"
"Non sai quello che dici!"
"Ti ho chiesto un bacio."
"Non l'avrai!"
Lo spinse ancora, cercando di allontanarlo. Niente, non riusciva a spostarlo. E allora lui scosse la testa, sospirando, prima di chiudere la distanza tra le loro labbra con un bacio. 
Un bacio leggero, un bacio lieve, appena accennato. E lei rimase immobile, incapace di staccarsi da quell'incastro perfetto. Gli occhi chiusi, le mani aperte appoggiate sul petto di lui. Secondi interminabili, le labbra unite in quel semplice bacio lieve, appena accennato. 
Si staccò dalle labbra di lui. Gli occhi chiusi, i respiri a confondersi vicini.
"Che.. Che cosa credi di aver fatto così?" Gli occhi aperti, la testa bassa.
Lui la guardò confuso, non capendo.
"Forse è vero. Forse.. Forse provo ancora qualcosa per te. Ma.. Non basta. Tutto questo non basta."
"Che.. Che cosa non basta?"
"Marco, tu sei andato avanti senza di me. E io senza di te. Le nostre vite sono cambiate, noi siamo cambiati.."
Lui scosse la testa, prendendole il viso tra le mani.
"No. No, quello che ci lega non è mai cambiato."
Lei sospirò, cercando di trattenere quelle lacrime che stavano sgorgando dai suoi occhi.
"E invece si. Ti sei innamorato di un'altra donna, hai scelto di amarla. Per quanto noi possiamo sforzarci, niente tornerà più come prima Marco."
"Io ho sbagliato! Tormento me stesso giorno e notte per quell'errore assurdo che sono stato capace di commettere! Sono qui Eva, sono qui! Sono qui per te! Perchè è con te che voglio stare, che voglio vivere. E' te che voglio amare per il resto dei miei giorni. E' te che voglio al mio fianco. E' solo te che voglio vedere ogni mattino al mio risveglio."
Lei scosse la testa, allontanandosi da lui. 
"Marco, sono parole che hai già usato. Sia con me, che con.. Maya. Quando mi sono innamorata di te, mi sono innamorata del modo in cui guardavi il mondo. Mi sono innamorata di te perchè ogni volta che mi guardavi, sapevo che stavi guardando me e nessun'altra. Mi guardavi proprio come volevo essere guardata, come mai nessuno aveva fatto. E mi facevi sentire.. Unica, speciale. E' sempre questo quello che ho amato di te. Il fatto che tu guardassi me, come non guardavi nessun altro. Ma però.. Tu quello sguardo speciale, unico, sei riuscito a dedicarlo ad un'altra. Sei riuscito ad amarla, come amavi me. L'hai voluta, come volevi me. Ed io non posso starti accanto, sapendo che parte del tuo cuore è appartenuto ad un'altra persona. Non posso guardarti negli occhi, e vedere ogni volta lei."
Cercò ancora di trattenere quelle lacrime, dirigendosi veloce verso le scale. Lui corse a fermarla, tenendole il polso. 
Le prese un'altra volta il viso tra le mani, guardandola negli occhi.
"Io non ho mai guardato nessuno in quel modo. Nemmeno lei. Perchè se anche cercavo di nasconderlo, nascondendolo anche a me stesso, tu eri sempre dentro di me. Nei miei pensieri più nascosti, nel profondo del mio cuore."
Le prese una mano, portandosela al petto.
"Lo senti? Senti come batte? Senti quanto batte forte? E questo è perchè ci sei tu! Batte così solo per te! Sei tu la donna che vuole, sei tu la donna che lo fa ogni volta impazzire. Mi basta un tuo sguardo, un tuo sorriso.. Tutto è amplificato di migliaia di volte. Ogni emozione, ogni sentimento, ogni battito. L'hai detto tu, sono solo parole. Ma c'è lui a testimoniare quello che sento per te."
Lei chiuse gli occhi, ascoltando quel ritmico battere dentro al petto di lui. 
"Io ti amo. Resisti qui, dentro di me. Ti conservo sempre dentro ai miei ricordi, in ogni singolo ricordo. C'è il tuo sorriso, c'è la tua voce. 
E continui a brillare, sopra a tutto il resto, sopra a tutto quanto. Non ti spegni, non ti sei mai spenta. E forse ci ho provato, ma non ci sono mai riuscito. Sei la stella più luminosa nel cielo della mia vita. Tu e Marta, nostra figlia. 
Continuiamo a graffiarci, a farci male per non far guarire i segni. Perchè ci amiamo, perchè l'uno non esisterebbe senza l'altra. 
Sei come un temporale d'emozioni, forte, intenso. Che però poi quando passa, mi fa sentire solo. Perchè ho bisogno di quel fuoco, di quell'incendio che ogni volta riesci ad accendere in me con un unico sguardo."
Lui parlava, cercando di farsi credere. Lei ascoltava in silenzio, ancora con la mano intrecciata a quella di lui, sul suo petto. 
Le parole di lui, che l'avevano un'altra volta colpita. 
Aprì gli occhi, guardando dentro quelli di lui. Li vide lucidi, li vide accesi. Come un tempo. Come quando guardando dentro gli occhi di lui, vedeva solo loro. Niente e nessun altro. Senti un brivido, un altro ed un altro ancora, pervaderle il corpo. Un'inspiegabile sensazione di calore, avvolgerla. E tutto si era fatto chiaro. Tutto un'altra volta nella mente di lei, aveva preso forma. Lo amava, lo voleva, lo desiderava, e sapeva di non aver mai smesso. Sapeva che quella sensazione, quell'amore, non aveva mai cessato d'esistere. Mai. Nemmeno quando lui era lontano, nemmeno dopo che lui aveva deciso di seguire un'altra donna. 
E quel dolore pulsava ancora, era ancora vivo perchè l'amore che provava per lui non si era mai spento. Viveva dentro di lei, nascosto, sopraffatto dall'orgoglio e dalla delusione di quei mesi. 
Ma averlo accanto - si diceva - era qualcosa che le mancava. Sentire la sua voce, godere della sensazione del suo sguardo su di lei. 
E lui aveva ragione. Lui era li, li per lei, ancora una volta. E il resto non importava. Tutto il resto, era solo di contorno. Vedeva solo lui, e nient'altro. Aveva sbagliato, proprio come aveva fatto lei. Aveva scelto un'altro uomo al posto di lui. Anche lui aveva sofferto. Anche lui era stato male, proprio come lei. 
E ora era li, davanti a lei, con gli occhi lucidi e un'espressione di chi sa di aver sbagliato. 
"Che serà serà, what ever will be will be" 
E nella sua testa, le parole di quella canzone che cantava sempre da bambina, assieme ad Alice. 
Doveva vivere quell'attimo, doveva abbandonarsi alle grida del suo cuore impazzito. Al futuro - si diceva - ci avrebbero pensato insieme, affrontandolo, quando sarebbe stato il momento. Forse sarebbe andata male, o forse no. Ma per saperlo - continuava a dirsi silenziosamente - doveva solo viverlo ancora.
E lui la guardò triste, notando il suo sguardo basso. Scosse la testa, allontanandosi rassegnato, convinto di aver perso. Lei lo vide allontanarsi, indecisa. Chiuse forte gli occhi, sospirando. E allora avanzò veloce verso di lui, fermandolo per un braccio. Lui si voltò verso di lei, stupito. Uno sguardo, un altro, un altro ancora. La guardò in attesa, speranzoso. Lei si avvicinò al volto di lui, sorridendo leggermente.
"Ti sei già arreso?"
Il respiro caldo di lui a solleticarle il viso. Sorrise inebetito, incredulo per quello che stava succedendo. Lei era davanti a lui, vicina. E stava sorridendo. Proprio a lui, per lui.
Scosse piano la testa, negando. Spostò velocemente le mani sulla vita di lei, cingendola piano.
"Lo sai che non mi arrenderò mai.."
E questa volta, era stata lei a baciare lui. Si spinse sulle punte, affondando le dita nei suoi corti capelli scuri. Un bacio leggero, appena accennato. Si staccarono di pochi millimetri. Un altro sguardo. Poi un altro bacio. Ora più intenso, ora più forte. Le labbra che si cercavano, i respiri che si confondevano. Quel sapore mai dimenticato, intenso. Le mani di lei, intrecciate nei capelli di lui. Non c'era insicurezza, non c'era titubanza. C'èra solo la voglia di amarsi. La voglia di riscoprire piano quell'amore insabbiato dal tempo e dall'orgoglio di entrambi. 
Stretti in quell'abbraccio, uniti da quel bacio, camminarono raggiungendo le scale, salendole piano, cercando di non inciampare. Cadono più volte, divertiti come bambini, senza però mai staccare quell'incastro perfetto formato dalle loro labbra unite. 
Inciamparono più volte, rialzandosi. Gli occhi chiusi, i sensi andati, lo sfiorarsi dei loro corpi, nemmeno si accorsero di una porta socchiusa e di due genitori affacciati, che guardarono per qualche istante quella scena, stupiti. Decisero di richiudere la porta, lasciandoli in pace. 
E arrivarono finalmente in mansarda, richiudendo la porta alle loro spalle. Le mani di lei a sollevare la maglietta di lui, lanciandola via.Un passo, un altro ancora. In piedi, si sentì spingere da lui, fino a ricadere su quel letto, distesa. Brividi intensi, i respiri accellerati. Le mani ad accarezzare quella schiena nuda e calda. Un sospiro, un altro, e un altro ancora. Le labbra sempre unite in quel bacio appassionato, di due amanti che non erano più perdenti. Che insieme, stavano guardando avanti. Le mani di lui a sollevare la maglietta di lei. Quel esile corpo, agli occhi di lui perfetto. L'accarezzò piano, ad occhi chiusi, sentendo dentro lui quella sensazione di benessere, di serenità, esplodere. Gli era mancata quella sensazione, gli erano mancati quei brividi caldi provocati dalle morbide mani di lei sul suo corpo. Erano loro, esistevano davvero. In quel letto, ad amarsi con quella lenta passione che solo assieme erano capaci di vivere fino in fondo. E non c'èra altro. Solo l'eco dei loro respiri, unito al rumore dei battiti dei loro cuori. Avevano bisogno di quel momento, avevano bisogno di quelle carezze e di quell'amore. 
Un sospiro, un altro. Le mani che continuano a spostarsi bisognose, in cerca di quel calore tanto desiderato. Si lasciò plasmare dalle mani di lui, abbandonata a quella passione, senza più nessuna paura. Senza nessun pensiero che frenava la sua mente. Solo la voglia di amarlo e di farsi amare, dopo mesi passati lontani. 
Quel dolce profumo di pesca, il bagnoschiuma preferito da lei, che tanto gli era mancato. 
E non sapevano che cosa sarebbe stato. Non sapevano che cosa sarebbe successo. Il desiderio di risentirla sua, unito al desiderio di appartenerle ancora. Entrambi avevano sognato quel momento, giorno e notte, incessantemente. "Carpe diem"
Ma entrambi sapevano che la vita, era adesso. In quel momento. Del futuro, si sarebbero preoccupati quanto sarebbe stato il momento.
Eva si staccò dalle sue labbra, lasciandolo confuso e impaurito. 
Mancava qualcosa, lo sentiva. Aveva bisogno di dirlo ancora. Aveva bisogno di dire quelle paroline tanto importanti. Mancava solo quello - si diceva lei -. Era tutto perfetto.
Una mano ad accarezzare la guancia di lui. Occhi negli occhi.
"Ti amo."
E allora lui sorrise, emozionato, contento. Aveva sentito il cuore perdere un battito. Notò gli occhi lucidi di lei, e quelle piccole lacrime solcarle il viso. Le asciugò velocemente, con i polpastrelli delle dita. Non si sentiva così da tempo - si diceva -. Solo lei era capace a trasmettergli quelle emozioni, quell'amore tanto intenso di cui aveva bisogno per sentirsi vivo. 
"Ti amo." Un altro bacio, un altro "Ti amo", un altro bacio, e un altro "Ti amo" ancora. 
E tutto era perfetto, tutto era come aveva sempre sognato. Quella notte, avrebbe segnato un nuovo inizio. Quella notte, era bastata per farlo tornare a sentir vivo. Era servita a lui, come era servita a lei. 
E ripresero ad amarsi, bisognosi l'un dell'altra. L'uno dentro l'altra, una cosa sola, due anime a formare un unico e solo corpo. I cuori a battere all'unisono, le menti di entrambi a volare in un universo alterno. "Perchè adesso sto volando qui con te, sopra un cielo che non c'è."
Non sapevano quanto sarebbe durata. Non sapevano se quella volta, sarebbero riusciti a raggirare quegli infiniti ostacoli a cui la vita li avrebbe ancora una volta sottoposti. Ma di una cosa erano sicuri. Non sarebbero più scappati. E come una vera coppia, come due persone unite da un sentimento così grande come quello dell'amore, giorno dopo giorno avrebbero affrontato tutto. Quei guai, li avrebbero risolti. 
Questa volta però, insieme. Per sempre. 
 
"Io e te sul fondo di una barca, che ci culla in questo mare di guai."

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Tadadadà! :D 
Eh si, finalmente sono riuscita a finire questa two-shots assurda! xD
Lascio a voi i commenti! 
A me, non soddisfa. -.-"
Un bacione grande, grandissimo a tutti voi! :D 

Chiara. <3 
  
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