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Autore: Kiki75    06/09/2007    0 recensioni
Johnny fa progressi, fisicamente e psicologicamente, e si sta legando sempre di più ad Eileen. Tutto rischia però di crollare quando riceve la visita della sua ex fidanzata Sarah Bracknell, ora Sarah Hazlett e madre di un bambino... (da "La zona morta")
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'What happens tomorrow'
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Come sei veramente
Big my secret*

Ormai, mi accorgo di stare scrivendo una serie: questa storia si colloca, cronologicamente, dopo alla mia precedente "Closer", che si colloca dopo "Evening", che è a sua volta un seguito ideale di "Come sei veramente", scritta per la 26esima edizione del concorso.
Ognuno di questi racconti può essere letto anche da solo, specialmente per chi conosce il romanzo "La zona morta", ma ovviamente, se letti di seguito, vi si potrà trovare un filo conduttore più coerente.

Sono trascorsi dieci giorni dal risveglio di Johnny, sette dalla prima passeggiata che Eileen ha fatto con lui nel grande parco della St. Francis. Incredibile quante cose possano cambiare in poco tempo, a partire dall'aspetto fisico di Johnny. Le sue guance hanno ripreso un pò di colore, gli occhi non sono più cerchiati e infossati nelle orbite, e anche grazie a Marie Michaud, che gli ha regolato il taglio di capelli, con la scriminatura a destra e un ciuffo che gli ricade sulla fronte dalla parte opposta, a nascondere la cicatrice dell'incidente, il giovane ora non ha più l'aspetto malaticcio e sciupato di pochi giorni prima.
Paziente e terapista stanno trascorrendo molto tempo insieme: un'ora in palestra al mattino, una più rilassante di nuoto al pomeriggio, mezz'ora di massaggio defaticante a giorni alterni.
Più le passeggiate nel giardino, al termine dell'orario di lavoro di Eileen, e le visite extra nella stanza di lui appena lei ha un minuto di tempo, per fare due chiacchiere ed aggiornarlo sui cambiamenti avvenuti nel mondo mentre lui era incosciente, e magari portagli una tazza di thè o un gelato.
Durante gli esercizi,
Johnny è un incredibile frignone, si lamenta di continuo del male alle gambe, alla testa, alla schiena... ma alla fine, porta sempre a termine tutte le serie che Eileen gli prescrive. Una bella soddisfazione per lei. Certo, deve stimolarlo, pungolarlo, sostenerlo, talvolta forzarlo, a volte con le moine, spesso gridando e arrabbiandosi, e cci sono stati dei momenti brutti, come la prima volta che l'ha fatto staccare dal carrello deambulatore per reggersi in piedi senza alcun sostegno, e magari provare a muovere qualche passo.
"Non pensarci neanche", aveva ribattuto lui, piuttosto prevedibilmente. "Non sono ancora pronto."
"Sei pronto eccome", aveva esclamato lei. "
Molla quel maledetto carrello, John Smith, o ti taglio le mani!"
In effetti, Eileen era convinta che fosse pronto: Johnny
riusciva già a fare una decina di passi sostenendosi alle sbarre parallele o con il deambulatore. Rendersi conto di riuscire a stare in piedi da solo avrebbe accresciuto la sua fiducia in sè stesso.
Invece, Eileen aveva commesso un madornale errore. Johnny aveva lasciato il carrello, ma le gambe non l'avevano sostenuto, e dopo un secondo era piombato a sedere sul pavimento. Aveva alzato lo sguardo verso di lei, avvilito e quasi incredulo, a bocca aperta, e con un gemito di stizza si era preso la faccia fra le mani. Lei era corsa a soccorrerlo, infuriata con sè stessa, temendo che si fosse fatto male. Fortunatamente era tutto a posto: di ferito, Johnny aveva solo l'orgoglio, e la propria autostima.
Due giorni dopo la caduta però, mentre stava esercitandosi alle parallele, Johnny l'aveva stupita. "Guarda cosa faccio adesso", aveva detto, staccando le mani dalle sbarre. Aveva fatto tre traballanti passi, sinistra, destra, sinistra, le braccia un pò distaccate dal corpo per tenersi in equilibrio, l'espressione assorta e concentrata. Al quarto passo, la gamba destra, quella più gravemente danneggiata, aveva ceduto, e Johnny era caduto di nuovo sul sedere, come un bambino piccolo che impara a camminare - in effetti, è questo che era.
Eileen l'aveva raggiunto, ma anche questa volta lui non si era fatto niente. Anzi, stava ridendo felice, gli occhi brillanti e le guance arrossate, e l'aveva abbracciata di slancio, esclamando: "Hai visto?"
Lei aveva ricambiato la stretta, ed erano rimasti così, per un tempo che ad Eileen era sembrato troppo breve. Ma era comunque riuscita ad ascoltare il battito impazzito del suo cuore, a odorare il suo profumo, un misto di sudore e muschio e maglietta pulita, a sentire il suo alito caldo sul proprio collo mentre lui la ringraziava, più e più volte.
Questo era successo quel mattino. Ora sono le tre del pomeriggio, ed è tempo di un tuffo in piscina.
Eileen bussa alla porta chiusa della 319: "Ehi, Johnny, sei pronto?"
Qualcosa non va. La voce di lui risponde, soffocata: "Non oggi, Eileen."
Lei apre la porta a spiraglio, sbircia dentro: "Johnny?"

Le tende sono completamente tirate e la stanza è buia. Johnny è un fagotto nel letto, lungo e immobile, girato con la schiena verso la porta, le coperte tirate fin sulla testa. "Per favore, lasciami solo."
Nei giorni precedenti lui non ha mai avuto blackouts, mai detto niente di insolito, niente di niente, ma ha avuto diversi attacchi di mal di testa, di cui due piuttosto forti. Questo sembra essere il terzo ed Eileen, sempre più in allarme, si avvicina al letto: "Johnny, ti senti male? Vuoi che chiami qualcuno?"
Sempre da sotto le coperte, Johnny mormora: "Lasciami stare. E'... è venuta Sarah."
Quello che Eileen aveva temuto è infine successo: era inevitabile, prima o poi, anche se Eileen aveva sperato che Sarah Hazlett mostrasse abbastanza buonsenso per lasciare a Johnny un pò più tempo per rimettersi, nonchè farsi una ragione del fatto che lei l'avesse lasciato per un altro uomo.
In un certo senso, per Eileen è una liberazione. Nei giorni precedenti, non avevano mai parlato di Sarah: quando il discorso sembrava prendere quella direzione, Johnny si affrettava a deviarlo, e lei tirava inevitabilmente un sospiro di sollievo. Era un discorso che anche lei non aveva voglia di affrontare: avrebbe lasciato che lui ne parlasse, se ne avesse avuto voglia, ma non l'avrebbe certo forzato.
Solo una volta, parlando di quando insegnava letteratura alla Cleaves Mills High, quasi senza accorgersene lui aveva nominato Sarah, che aveva conosciuto proprio lì, a un corso per insegnanti che avevano frequentato insieme l'anno prima di essere assunti, e la sua espressione era cambiata di colpo: aveva abbassato lo sguardo, le sopracciglia aggrottate, la mascella serrata. Dopo poco gli era passato, ma per quel pomeriggio non era stato più lo stesso.
"Johnny..." sospira Eileen. Non sa cos'altro dire, si sente solo stanca, e forse è davvero meglio lasciare in pace Johnny, per il momento. Anche lui deve sentirsi molto stanco, molto più di lei.
Sta per girarsi e andarsene, ma Johnny esce dal suo nascondiglio. "Non credevo che sarebbe venuta", mormora. Ha i capelli arruffati, gli occhi cerchiati, ma non ha pianto: questo è uno di quei rospi incredibilmente difficili da inghiottire, di quelli che ti lasciano senza fiato, incapace di piangere o gridare o reagire in qualsiasi altro modo, finchè non li hai digeriti o non li hai vomitati.
Eileen conosce quella sensazione.
"Non avrei voluto che venisse..." aggiunge lui. Si rannicchia su sè stesso, le ginocchia al petto, le mani una sull'altra sugli occhi: "Dio, come fa male..."
Eileen si siede accanto a lui, sul letto, e tenta un abbraccio: "Lo so, Johnny... lo so."
Johnny la respinge: "No, non lo sai, per tua fortuna. Non sai com'è svegliarsi un giorno e scoprire che sono passati quasi cinque anni, sei invecchiato e infermo, tua madre è morta, e la tua ragazza ha sposato un altro."
"No, non lo so, hai ragione", conviene lei, paziente. "Ma so che dopo avere toccato il fondo, si può anche risalire."
"Non mi interessa risalire. Vorrei solo tornare a dormire... per sempre."
Prima ancora di rendersi conto di ciò che sta facendo, Eileen lo schiaffeggia, gridando: "Codardo egoista!"
E' infuriata con Johnny, che possiede una straordinaria forza d'animo e la nasconde persino a sè stesso, perchè è più comodo sentirsi deboli e piangere e commiserarsi e desiderare la morte, invece di reagire.
E' infuriata con Sarah, che non ha avuto il coraggio di restare vicino al fidanzato nella malattia: ma non è poi questo che disturba Eileen: chi mai avrebbe potuto rimanere fedele a un comatoso con l'unica speranza della morte, quale avrebbe dovuto essere Johnny secondo i medici? Quello che la disturba del comportamento di Sarah è solo il suo egoismo, il suo essere venuta a trovare Johnny per mettersi il cuore in pace, senza minimamente considerare i sentimenti di lui, che ancora non poteva essere riuscito ad accettare la realtà.
E' infuriata con sè stessa, perchè si sta cacciando in una situazione in cui non avrebbe mai voluto trovarsi, si sta innamorando di un uomo innamorato di un'altra.
La rabbia soffoca Eileen, che afferra Johnny per le spalle senza dargli il tempo di ribattere e lo scuote, apostrofandolo: "Ma tu credi di essere l'unico ad avere dei problemi? Credi di essere l'unico sulla terra che..."
Poi, si blocca: è successo di nuovo, all'improvviso. Di nuovo quella singolare scossa elettrica, la stessa che ha provato una settimana addietro, quando Johnny le aveva preso la mano e se l'era portata sul petto.
Lui la sta fissando trasognato, i suoi occhi sono gli stessi di quella volta, vitrei e scuri. E tristi, Dio come sono tristi. Sono quelli di un uomo con il cuore spezzato.
Sono gli stessi occhi che aveva lei stessa quando aveva assistito alla morte di Bobby e allo sfascio della propria famiglia.

La stanza è quella di un'adolescente. Eileen
(io.
Io?)
è un'adolescente, ha i capelli castani chiari lunghi fino a metà della schiena, indossa un paio di jeans sdruciti, una maglietta corta e un paio di anfibi, è seduta a un pianoforte a muro e sta singhiozzando senza ritegno.
Il dolore è troppo grande, lei
(io)
è sola, nessuno l’aiuta e nessuno l’aiuterà.

Si sente chiusa in una stretta cella senza finestre, con le mura, il soffitto e il pavimento di pece nera, e l’aria che a poco a poco comincia a scarseggiare.
Voglio morire anch’io, pensa. Voglio morire e raggiungere Bobby,
(
chi è Bobby?)
gli dirò che gli ho voluto un sacco di bene, che gliene voglio ancora e gliene vorrò sempre, e finalmente saprò che mi ha ascoltata.

E allora fallo, si risponde. Muori e raggiungi Bobby. E’ facile, è sufficiente che ti tagli le vene. Se lo fai di notte, nella tua stanza, nessuno se ne accorgerà e ti ritroveranno solo al mattino, ormai andata. Meglio ancora, perché non prendi la pistola di tuo padre? Sei sicura del risultato e ci vorrà solo un attimo. Non te ne accorgerai nemmeno. Una pallottola alla testa e non soffrirai più.
Codarda, si aggiunge un'altra voce. Codarda, vigliacca, pusillanime.
Non sono codarda. Per uccidersi ci vuole del coraggio.
Già, ma a volte ci vuole più coraggio a restare in vita, e cercare di viverla, invece di piangere e commiserarsi in continuazione.

Eileen non resiste a quello sguardo: non sta più vedendo Johnny Smith, sta vedendo sè stessa a diciassette anni. Istintivamente, lascia Johnny, gira i tacchi e corre verso la porta. Ha già la mano sulla maniglia, quando lui la chiama da dietro: "Eileen..."
Lei non sa se girarsi o no. Non vuole vedere, non vuole ricordare.
"Per favore, non andare via", fa Johnny. Sta cercando di controllare la voce, che però inizia a tremargli. "Ho paura di impazzire... ho perso tutto..." e qui la voce gli si rompe in un singhiozzo. "Tutto quello che avevo..."
Eileen si gira, per vedere Johnny seduto sul letto, in lacrime, una mano sulla bocca come per fermare i singhiozzi, una sulla fronte come per evitare di impazzire. Vederlo così le fa male al cuore. L'aveva già visto piangere il giorno del risveglio, ma era un pianto silenzioso, composto, dovuto allo smarrimento e alla confusione. Ora invece Johnny è completamente in preda ai singhiozzi, che gli scuotono le spalle e la schiena, e piange come se non dovesse fermarsi più.
Lei si avvicina, si siede di nuovo sul letto accanto a lui e gli circonda le spalle tremanti con le braccia. "Sst, Johnny. Sono qui. Non me ne vado. Non me ne vado se tu non mi cacci via."
Lui toglie la mano dalla fronte e si aggrappa a lei, sempre singhiozzando, incapace di parlare.
Eileen chiude gli occhi e lo tiene stretto.

Sono passati altri dieci giorni.
Johnny ha ricevuto le visite quotidiane di Herb, quelle dei vecchi amici e quelle di alcuni dei suoi vecchi alunni, che ormai sono diplomati, nonchè quelle di tutti i colleghi, incluso il preside della Cleaves Mills High, Dave Pelsen, che gli ha proposto di tornare a insegnare, non appena si sarà rimesso, con suo grande stupore e felicità.
Sarah non si è più fatta viva.
Johnny non ne ha più parlato.
Eileen non ha fatto domande.
Non hanno più parlato di quello che era successo quel pomeriggio di dieci giorni addietro, dopo la visita di Sarah. Ma qualcosa fra loro è cambiato.
Qualcosa è cambiato in Johnny. Da allora, non si è più lamentato durante gli esercizi, anzi ha mostrato una volontà di ferro, e un impegno eccezionale. Non fa più tante storie per mangiare, malgrado la mensa della St. Francis non sia esattamente il ristorante dell'Hilton. Accetta stoicamente iniezioni e prelievi del sangue, sebbene abbia una paura sconsiderata degli aghi. Ride spesso, e sta dimostrando di possedere un carattere solare, divertente e allegro, anche se i suoi occhi sono sempre velati da quel fondo di tristezza.
Da qualche giorno, tre per la precisione, riesce a camminare con le stampelle, anche se per brevi tratti. Il giorno precedente, avevano passeggiato insieme nel parco, e si era fermato a riposare solo due volte, seduto su una panchina. Aveva indossato un paio di jeans stinti e una camicia bianca con il collo aperto e le maniche arrotolate sugli avambracci, due degli indumenti che Herb gli aveva portato in vista delle dimissioni che si stavano avvicinando, ed Eileen era rimasta stupita e affascinata nel vederlo così, non più in pigiama e vestaglia o in maglietta e calzoni da ginnastica.
Questa volta era stata lei a commuoversi.

La porta della 319 è socchiusa. Eileen sbircia dentro: le tendine sono spalancate e il vetro della finestra aperto, e la stanza è inondata dal sole pomeridiano e dal profumo dolce delle rose del giardino.
Johnny sta dormendo, seduto per metà sul letto, la schiena sorretta da due cuscini, le braccia abbandonate in grembo, la testa lievemente reclinata su una spalla, gli occhiali un pò storti sul naso.
Sulle gambe, un libro aperto con le pagine rivolte verso il basso.
Si deve essere addormentato leggendo.
In punta dei piedi Eileen si avvicina e guarda il titolo del libro. "La peste", di Albert Camus. Per forza Johnny ha finito con l'addormentarsi.
Eileen sorride fra sè. Forse non è stato solo Camus a farlo addormentare: dal giorno del suo risveglio, Johnny non ha fatto altro che essere esaminato, strapazzato, rivoltato... senza considerare il gran lavoro che ha fatto con lei, sul proprio corpo.
Con cautela, prende il libro dalle sue gambe, lo chiude e l'appoggia sul comodino. Sta per sfilargli gli occhiali, ma indugia ad osservarlo per un altro secondo: la leggera montatura marrone gli dona davvero l'aria da insegnante. Lo può immaginare, snello e disinvolto, appoggiato alla cattedra, in jeans, giacca e cravatta, che declama Shakespeare, o magari Camus, agli studenti, il libro di testo in una mano, l'altra che gesticola nell'aria.
Gli sfila gli occhiali, li richiude e li ripone nella custodia, che poi appoggia sulla copertina del libro.
Si gira, si china su di lui con le mani dietro la schiena e lo osserva di nuovo. Bene. Il suo sonno è sereno, e se sta sognando, deve trattarsi di qualcosa di bello: la sua espressione è rilassata, i lineamenti distesi. Gli occhiali gli hanno lasciato due segni ai lati del naso, e Eileen nota, per la prima volta, che anche lui ha una spruzzata di efelidi sul viso, tanto leggere da essere invisibili a maggiore distanza.
Il resto del suo corpo però ne è privo, la sua pelle è chiara e perfetta: Eileen potrebbe giurarlo. L'ha massaggiato talmente tante volte ormai, dopo le sedute di ginnastica...
Gli massaggiava la schiena e le spalle, e si ritrovava a pensare come sarebbe stato baciarlo in mezzo alle scapole, su quella pelle liscia e bianca.
Gli massaggiava le braccia, e si ritrovava a pensare a come sarebbe stato sentirle attorno al proprio corpo nudo.
Gli massaggiava le gambe, che stavano lentamente recuperando tono e vigore, e si ritrovava a pensare come sarebbe stato chinarsi e leccarlo, dalle cosce all'inguine e fin su verso l'ombelico, dove arrivava la striscia sottile di pelo biondo che gli partiva dal pube, per poi ridiscendere e abbassargli gli slip e...
A volte era imbarazzante.
Cosa ne avrebbe pensato Johnny?
Era attratto da lei, Eileen non aveva dubbi. Ma chiaramente non aveva ancora dimenticato Sarah, impossibile il contrario. E sembrava essere consapevole che Eileen non avrebbe mai accettato il ruolo di sostituta. Sembrava non volere fare il minimo passo senza essere più che sicuro di ciò che stava facendo: non voleva rischiare di farla soffrire, non voleva rischiare che si sentisse presa in giro.
Forse mi sto solo illudendo. Forse è lui che ha paura, che non vuole rischiare di soffrire. Ha paura che io possa farlo soffrire come ha fatto Sarah...
Forse è solo una mia impressione, e una mia speranza.
Forse non gli interesso nemmeno.
No, non è vero.
Quasi senza pensare a ciò che sta facendo, Eileen scosta la frangia dalla fronte di Johnny, e lo bacia sulla cicatrice che gli parte da sopra al sopracciglio sinistro per arrivare fin sotto all'attaccatura dei capelli. In quel punto, una piccola ciocca gli è diventata bianca, mimetizzata dalla folta chioma bionda. Non se n'era mai accorta prima, come delle impercettibili lentiggini.
Si stacca, lo guarda come se non riuscisse a saziarsi della sua immagine, come se avesse molto ancora da scoprire osservandolo.
Poi, non resiste. Si china nuovamente su di lui, chiude gli occhi e lo bacia sulla bocca.

La stanza è in penombra, illuminata solo dalla luce dei lampioni che viene da fuori.
Le tende sono tirate, ma il profumo delle rose riesce ad entrare.
Le lenzuola di cotone sono fresche e sanno di pulito, la coperta è calda, piacevolmente pesante.
La pelle di Eileen è liscia e morbida, profumata di ambra. Il suo corpo è sodo e tornito sotto di me. I suoi capelli odorano di camomilla. Il suo bacio è lento e sensuale. Il suo alito sa di menta.
Posso sentire la sua eccitazione, le punte dei suoi capezzoli sul mio petto, le sue mani curate che mi sfiorano la schiena, il suo bacino inarcato verso il mio.
Nascondo la testa nella nuvola rossa dei suoi capelli e affondo dentro di lei, mi perdo dentro di lei. Eileen sospira di piacere e desiderio e mi stringe a sè, avvolgendo le proprie gambe intorno ai miei fianchi.

Johnny batte le palpebre, apre gli occhi.
Eileen si accorge che qualcosa è cambiato in lui, e riapre i propri.
Non si sente imbarazzata. Al diavolo ciò che pensa o può pensare Johnny, al diavolo Sarah. Al diavolo tutti i propri timori, tutte le proprie seghe mentali.
Al diavolo gli occhi stupefatti di Johnny, che si sono dilatati fino a mangiargli il resto del viso. Al diavolo la sua espressione imbarazzata, le sue guance che sono diventate color porpora. Non si era aspettato una cosa del genere.
Lei invece sapeva che prima o poi sarebbe accaduto, come sapeva che prima o poi Sarah Hazlett sarebbe venuta a trovarlo.
E ora, al diavolo. Non sapeva di amarlo, ma gli voleva bene, era sessualmente attratta da lui (cavolo, quel semplice bacio le aveva scatenato le farfalle nello stomaco e nella pancia), ed era arrivato il momento che Johnny se ne rendesse conto e le manifestasse i propri sentimenti nei suoi confronti, semmai ne aveva.
O che le dicesse basta, Ellie, non è proprio il caso.
Stacca le proprie labbra da quelle di lui, senza scattare via. Rimane invece a pochi centimetri dal suo viso e con espressione dolce, gli dice: "Buongiorno."
Lui invece si ritira, stringendosi le braccia intorno al corpo. La sua espressione non è disgustata, anzi sembra avere gradito l'inaspettato fuori programma, ma è oltremodo a disagio, rosso in viso come Eileen non l'aveva mai visto neanche dopo una seduta di terapia.
"Eileen... ehm... io... forse... ehm, forse non è una buona idea..."
"A causa di Sarah?" Ecco, l'ha fatto. Eileen ha nominato l'Innominabile. Lei c'è riuscita, ma come reagirà Johnny?
"No. Sarah non c'entra." Anche lui è riuscito a nominare Sarah e ha dichiarato che non c'entra. Ma allora perchè il suo sguardo è così sfuggente? "E' che... non mi conosci. Sono solo venti giorni che..."
"Tu mi piaci, Johnny. Mi sei piaciuto fin da subito."
Lui la guarda dritto negli occhi, e come sempre quando fa così, lei si sente debole e goffa. "Anche tu mi piaci", ammette Johnny. "Ma... non mi conosci. Potresti trovare in me delle cose che..."
Eileen non capisce quello che lui sta dicendo, ma sente che è spaventato. Molto.
Lui si schiarisce la voce, annaspa, sembra avere perso la consueta proprietà di linguaggio. "Delle cose... ehm... sgradevoli."
Lei non è certa di avere afferrato bene. E' possibile che sia tutto qui, tutto come Eileen aveva sempre pensato? Johnny la ricambia, ma teme di farla soffrire, e teme a propria volta un rifiuto, e altra sofferenza.
Gli sorride. "Guarda che le ho già trovate. Piangi in continuazione, ti lamenti sempre, sei testardo e impulsivo e hai paura delle punture come un bambino di due anni. Non credere di essere perfetto, Signor Occhioni Blu."
Lui sospira. Ancora una volta sembra non trovare le parole, e i suoi occhi si abbassano sul lenzuolo.
"Hai paura, Johnny?"
Lui ha un lieve sussulto, ma i suoi occhi restano sfuggenti.
Eileen allora gli prende una mano fra le proprie e l'osserva, l'analizza proprio come prima, a distanza ravvicinata, ha analizzato il suo viso e si è accorta delle piccole imperfezioni: le lentiggini, la cicatrice sulla fronte, la ciocca di capelli bianchi. Le dita di Johnny sono lunghe e affusolate, le sue mani sono quelle lisce e curate di chi non è abituato ai lavori manuali: magre ma con le vene appena in rilievo. Non ha praticamente pelo sul dorso.
Anche mio padre è così, pensa Eileen. Glabro quasi come una donna, con il pelo biondo e chiaro.
Sciocca. Johnny è completamente diverso da tuo padre.
Gli passa l'indice sul dorso della mano, seguendo dolcemente le linee di vene e tendini.
"Anch'io ho paura", ammette infine. "Non mi era mai capitato di innamorarmi così, praticamente a prima vista, e per giunta di un mio paziente."
"Cosa vuoi fare?"
La domanda la spiazza.
"Cosa vorresti che io facessi?" domanda di nuovo lui.
Eileen si rende conto di essere completamente spiazzata. Se solo potesse lasciare rispondere l'istinto, direbbe a Johnny che vorrebbe baciarlo in mezzo alle scapole, che vorrebbe che lui l'abbracciasse, vorrebbe sentire le sue mani sulla sua pelle nuda, vorrebbe chinarsi e leccarlo dalle cosce
fino su all'inguine, risalire verso l'ombelico, poi scendere e abbassargli gli slip e...
Non può lasciare rispondere l'istinto, ma può lasciare rispondere il cuore. Cerca gli occhi di lui, li trova e dice: "Non avere paura, Johnny. Lascia che io ti voglia bene."
Gli occhi di lui non fuggono più. Sorride e le accarezza il viso con la mano libera, che è calda, quasi bollente. Le dita di lui le scivolano fra i capelli, le accarezza la nuca. Eileen asseconda i suoi movimenti, strusciandosi contro la sua mano, gli occhi socchiusi. Per un sorriso come questo potrei morire, pensa. Si porta la mano di lui, che ha ancora fra le proprie, alle labbra, e la bacia delicatamente, come se reggesse un fragile soprammobile di cristallo.
Poi rialza lo sguardo, e gli
occhi di Johnny sono ancora fissi su di lei, più limpidi che mai.
Si avvicinano e si scambiano un bacio, leggero e quasi timido, come due ragazzini inesperti, sfiorandosi appena le labbra.
Poi, a poco a poco, come prendendo confidenza l'uno con l'altra, si baciano con più passione, ed Eileen si ritrova con le braccia di Johnny strette intorno a sè, alla vita e alla schiena, con una forza straordinaria per un corpo così esile.
La stringe come se temesse che lei potesse sfuggirgli, proprio come gli è sfuggito tutto il resto.
Eileen si lascia abbracciare e ricambia l'abbraccio con altrettanto impeto.
Non ti lascerò mai.
La stanza 319 è inondata dal sole caldo di un pomeriggio di fine agosto, e dal profumo dolce delle rose del grande parco della clinica St. Francis, dove Johnny Smith, ventisette anni, ex insegnante di letteratura, si è ripreso da un coma lungo quasi cinque anni una ventina di giorni prima.

Credits: *”Big my secret” è una brano di Michael Nyman, tratto dalla colonna sonora di "Lezioni di piano", e "La peste", di A. Camus, è uno dei miei romanzi preferiti.

Disclaimer: I personaggi di Johnny Smith, Eileen Magown, Marie Michaud, Samuel Weizak, Sarah Bracknell-Hazlett, Herb Smith e Dave Pelsen appartengono a Stephen King.

Se qualcuno riconoscesse nella mia storia idee che ritiene di sua proprietà, mi creda se gli dico che non l’ho fatto apposta, e spero non si offenda.
Infine, preciso che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Nota dell'autrice: Dopo avere scritto una storia completamente dal punto di vista di Eileen Magown, un'altra da quello di Marie Michaud, e infine una terza nuovamente dal punto di vista di Eileen, in questa ho inserito due pezzi in cui è Johnny Smith a farla da padrone: il vero protagonista del romanzo originale, insieme al "nemico" Greg Stillson.
Magari, la prossima la scrivo dal punto di vista di Johnny... che non dovrebbe più essere tanto depresso e piangere come una fontana ad ogni alito di vento!
Chiedo scusa a chi mi legge (e ringrazio chi arriva alla fine di ogni racconto) per le seghe mentali che faccio tirare ai personaggi, ma il mio modo di scrivere è questo. Mi piace entrare nella psicologia di ognuno, e siccome queste storie sono brevi, non posso fare altro. Se scrivessi romanzi, le seghe mentali forse sarebbero dilazionate, ma così proprio non ce la faccio.
   
 
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