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Autore: OttoNoveTre    20/02/2013    3 recensioni
"Io sono un liutaio e un vampiro, so che i miei strumenti sono eccezionali. Uno l’ho regalato alla mia amante, uno al nostro signore, uno è quello che Céline si porta in giro."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Corin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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A Jakefan verso la metà di febbraio che tende pericolosamente alla fine, tantissimi auguri!




Primo violino – Il Maestro


“Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere, che mi si mozzò il respiro. Fui svegliato da questa violenta sensazione e presi all'istante il mio violino, nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena ascoltato, ma invano. Il brano che composi è, in verità, il migliore che abbia mai scritto, ma è talmente al di sotto di quello che m'aveva così emozionato che avrei spaccato in due il mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che mi procurava.”

La notte in cui Alain decise di creare un violino per Aro, fu la stessa notte in cui il diavolo apparve in sogno a Tartini, suonando il suo Trillo.
Tartini, però, dovette inventare che l’aveva sentita in un sogno. O forse non dovette nemmeno inventarlo.

“Giuseppe, oggi desidero venire a casa tua”

Alain non era dentro la casa del compositore, quella notte, ma sulla piazza su cui si affacciavano le finestre. Aveva appena trovato la sua cena, una deliziosa biondina che si era attardata per le strade dopo il coprifuoco.
- Allora, dove mi porti?
- Perché non sulla luna? O all’inferno, da come ti sento ardere… - Alain aveva sussurrato le ultime parole contro il collo della ragazza, quando dalla finestra aperta un violino aveva cominciato a suonare.

“Come mai siete qui?”
“Sono il vostro umile servitore, per oggi. C’è qualsiasi cosa che posso fare per voi?”
“Prendete, questo è il mio violino, suonate qualche bella aria.”


Alain aveva provato solo un’altra volta quella sensazione, la prima volta che si era risvegliato da vampiro e aveva seguito la sua prima scia di sangue umano. Il mondo si era annullato, esistevano solo l’odore e la sete. Quella musica placò anche la sete, o meglio, ne risvegliò una a cui la ragazza tra le sue braccia non poteva più rispondere. Alain si era sciolto dall'abbraccio e avvicinato alla finestra, la ragazza lo aveva mandato al diavolo (senza sapere quanto fosse azzeccato come augurio) e lo aveva lasciato solo, in piedi sotto la finestra illuminata, ad ascoltare.
Non era solamente la tecnica, era come se il suonatore avesse capito tutto del violino al primo tocco: quando le corde erano a un soffio dallo stridere, le accarezzava e le riportava come al passo, accarezzate dalla criniera dell'archetto. Il violino era stato domato e sapeva di essere stato domato; aveva aspettato il suo vero padrone da quando era un albero nel bosco.
Le mani di Alain cominciarono a muoversi, a disegnare i contorni del violino. Poteva sentire le corde sotto i polpastrelli, l’archetto che le avrebbe accarezzate, i contorni della cassa armonica. Era così leggero da essere un prolungamento del braccio, uno strumento creato solamente per permettere alle mani di dare una forma alla musica, perché anche il mondo la potesse conoscere.
Decise che il suonatore doveva avere uno dei suoi violini, e che se lo avesse rifiutato non avrebbe più avuto alcun senso costruirne altri, perché nessuno avrebbe mai suonato così.
Tra la fine della musica e il riapparire degli altri suoni della strada, passò il tempo in cui si spense la luce alla finestra e un uomo ammantato di nero aprì il portone di ingresso. L’ombra gli toccò la spalla con lo stesso tocco perfetto da cui era uscita la sonata.
- Chi cercavi?
Tartini aveva frequentato catechismo con più attenzione del vampiro: arrivato il momento di scegliere un nome per la sua composizione, non aveva esitato un minuto a riconoscere il Nemico celato dai modi evangelici. Alain no, o forse sì ma sotto quel portone, con la musica nelle orecchie e la mano sulla spalla, desiderava solamente sentire di nuovo una cosa così bella.
- Maestro, dove abiti?
Sorrise, come la mezzaluna in cielo.
- Vieni e vedrai.

Andò dunque e vide dove abitava e quella notte si fermò presso di lui. Erano circa le dieci di sera.



Violoncello – L’amante

- Che cos’è questa? “Borgogna al vitello”?
Corinna non entrava nelle stanze, Corinna si faceva incorniciare dalle porte, come un’opera d’arte troppo bella per accontentarsi di una sola rappresentazione. Contro la tappezzeria scura della parete alle sue spalle, nuda, a parte le parigine (una si era arricciata sotto il ginocchio, l’altra avvolgeva la coscia), bianca e con il viso soffuso dal biondo dei suoi capelli, una bottiglia di vetro scuro in mano. Costruire il suo violoncello era stato facile come gettarsi tra le sue braccia.
- Appartiene alla mia infante.
- La tua… - Corinna scoppiò a ridere e tornò verso il letto a baldacchino con la bottiglia in una mano e due coppe da champagne nell’altra.
Alain si tirò a sedere sul letto e appoggiò la testa sul cuscino, in modo che i capelli formassero una corona studiatamente scompigliata sul bianco immacolato.
- La mia infante, Céline. E portare una bottiglia di sangue sopra le mie lenzuola pulite sarebbe proprio da lei. No, grazie, quegli intrugli sono orribili.
Corinna aveva riempito le due coppe e gliene stava porgendo una. Al rifiuto, ne appoggiò una sul tavolino accanto alla bottiglia.
- Sarebbe “molto da lei” bere uno accanto all’altra, nudi, nel tuo letto?
- Non adombrare i tuoi bellissimi occhi con la gelosia, mia diletta. Ho deciso di tenerla con me come un ricco benefattore che decidesse di crescere un’orfanella, cosa che lei è. L’ho trovata in un circo.
- Questa te la stai inventando. Bleah, avevi ragione, ha un sapore orribile. – Corinna appoggiò il bicchiere ancora pieno sul comodino, poi cominciò a giocare con i capelli di Alain.
- Il tuo dubbio è uno stiletto nel mio cuore innamorato, mia diletta.
- Raccontami come vi siete conosciuti, allora. Le storie con i circhi sono sempre interessanti. – Corinna, a pancia in giù sul materasso, puntò i gomiti sul letto e appoggiò le guance alle mani, come una bambina che aspetta la favola della buona notte. Alain si schiarì la voce.
- È accaduto sei mesi orsono. Alle porte di Parigi una compagnia di circensi e zingari aveva piantato un tendone colorato. Il giorno stesso hanno fatto sfilare pagliacci, giocolieri e fiere per le strade della città. Decisi di seguire la scia di coriandoli fino al tendone. Al campo, mi accolse la musica di un organetto di Barberia.
- Ti prego, dimmi che il suonatore aveva in spalla una scimmia, e che la scimmia batteva dei piccoli cembali.
- Proprio così, mia diletta. Ma non è quella la scimmietta che ho adottato. La mia era poco oltre, ai piedi del tendone colorato, seduta su una seggiolina di paglia pitturata di blu. Era una ragazzina magra e coperta dei vestiti che gli altri circensi le avevano donato…
-…impietositi dal suo essere così poverina, immagino. Non vorrai privare la nostra figura tragica di un paio di scarpe bucate e di una giacca troppo grande per il suo corpicino smunto. Raccontami come le sue dita intirizzite sbucavano dai guanti, di come nonostante tutto suonasse.
- E così era, mia vampira dal cuore di ghiaccio. Aveva un violino in braccio, e lo suonava con gli occhi aperti e rivolti al cielo.
- Adesso mi dirai che era cieca.
- Proprio così: vedeva solo la musica.
Celine gli arruffò i capelli. – Che bugiardo.
- Lo giuro sulla mia arte! “Vi prego di farmi la carità, buon signore, di dire a questa povera creatura il vostro nome” disse, timida, appena mi avvicinai, “poiché i miei occhi non possono vedere.”
- Ti ha detto davvero così?
- Queste parole precise.
- Non manca che il cattivo. Il tirannico direttore del circo abusava della bambina e non le voleva permettere di lasciare la compagnia?
- Diciamo che il tirannico direttore del circo ha accettato di buon grado la mia proposta, quando gli ho detto il prezzo che ero disposto a spendere.
- Ah, mondo corrotto! Come si può dare un prezzo all’arte? – Corinna si portò languidamente una mano alla fronte. - L’artista è costretto a consumare i suoi occhi e le sue mani per un tozzo di pane. Dimmi, Alain, se si può vivere e morire per un tozzo di pane.
- Ho finalmente smosso il tuo cuore, mia diletta?
- Tanto che ora sono in pena. Hai preso con te la dolce bambina per coprirla di vestiti e regali? Solo un’anima nera non lo avrebbe fatto.
- Siamo andati dai migliori sarti di Parigi, e dovevi vedere il suo visino quando le ho comprato il suo primo pacchetto di praline al cioccolato. Mi ha abbracciato e, con voce commossa, mi ha detto: “Non sento nulla sulla vostra schiena.” “Come mai mi dici questo, piccina?” le risposi, stupito. “Ero sicura di trovare delle grandi ali bianche, perché voi non potete essere che un angelo.”
- Questa, e non dirmi di no, te la sei inventata.
- E ha anche aggiunto che non poteva vedermi, però la mia immagine le arrivava soffusa di luce dorata.
- Non ti è venuto un brivido, nel sapere che un animo così puro stava per essere contaminato dal tuo veleno? Angelo, sì, ma angelo della morte, oh crudele Alain! E poi dimmi, che accadde?
- Poi, le regalai un violino. – Alain distolse gli occhi da Corinna, perché gli era apparsa Céline sulla poltrona vicino al fuoco, la stessa su cui era seduta quando le aveva messo in braccio, per la prima volta, la custodia nera. – Lo accarezzò come si farebbe con un bimbo, o meglio, con un gatto: sotto il suo archetto, il violino fa le fusa.
- A me non hai mai detto una cosa del genere.
- Perché tu, quando suoni, lo fai come se accarezzassi un amante.



Secondo violino – La bambina

- Questo sarà tutto tutto tutto mio?- Céline accarezzò la corteccia dell’abete più vicino, ci appoggiò guancia e orecchio e rimase qualche minuto in ascolto, a occhi aperti.
Alain con fare più pratico bussava sui tronchi, saggiava la durezza della corteccia e l’età dell’albero. – Quello che stai toccando è troppo giovane, ne devi scegliere uno con il tronco più grosso.
- Peccato, aveva una bella aura e una voce dolce.
- Forse era una voce bianca.
- Non importa. Meglio quello, Alain? – Céline corse verso un albero più grosso. Gli enormi stivali di pelliccia che aveva voluto mettere a tutti i costi sprofondavano solo qualche centimetro nella neve fresca, mentre la sciarpa rossa e la mantella a frange svolazzavano dietro di lei. Céline amava i vestiti invernali, tanto che una signora che li aveva incrociati, in paese, le aveva detto con fare complice: “Anche io sono molto freddolosa,” ed era toccato ad Alain spiegare perché la sua bambina si fosse messa a ridere.
- Hai già cominciato a pensare a un nome, scimmietta? – Alain la rincorse quando, scartato il secondo abete, ne aveva preso un terzo di mira.
- Oh no! Non ti hanno mai detto che per decidere il nome di qualsiasi cosa devi guardarla prima in faccia? Questo per me suona solo cose tristi. – e Céline svolazzò verso l’albero seguente.
Alain guardò il tronco scartato, e gli parve davvero che avesse qualcosa di malinconico tra i volteggi della corteccia. – Peccato, perché il legno mi pare di ottima qualità. Potremmo portarlo a casa lo stesso, lo chiamiamo Vio l’Addolorato. E tu non allontanarti troppo dai cavalli!
Céline non gli risposte, era occupata ad auscultare un altro tronco, sempre di un abete troppo giovane. Uguale chiama uguale pensò Alain, guardandola ferma nei suoi quattordici anni. Avrebbe potuto aspettare, la ragazza era in ottima salute e felice della sua vita dopo il circo. La verità era che non vedeva l’ora di sentirla suonare con i sensi amplificati dalla trasformazione.
Alain stava per ripagare con un violino straordinario i centimetri che non sarebbe cresciuta, la faccia paffutella, ancora un po’ infantile, e le curve acerbe.
- Non so quale decidere! – Céline si buttò nella neve ai piedi dell’ultimo abete, sbuffando. Alain la prese per la collottola (la sciarpa rossa) e la rialzò da terra.
- Una donna in val di Fiemme, che parlava con i santi, mi ha detto che tutte le cose di legno si ricordano della pianta da cui vengono. Gli alberi che diventano strumenti non muoiono mai. Vogliamo provare? – Alain tolse una custodia da sotto il mantello. – Anche il legno di questo violino viene da qui, l’ho costruito con un tronco che aveva viaggiato via fiume fino a Venezia, secoli fa. Prova a suonare, se ha dei figli gli risponderanno.
Céline prese in mano il violino, lo accarezzò lungo tutto il bordo, pizzicò le corde e infine lo appoggiò sulla spalla, contro la sciarpa rossa.
I Capricci di Paganini fecero alzare in volo alcuni passeri da un abete: dai rami più sottili la neve cadde sul cappello di Céline, che se la scrollò di dosso a ritmo con una scala. I passeri si posarono su un altro abete, poco lontano, liberando altri rametti dal loro cappello bianco. Céline aveva seguito il loro volo; finito di suonare, si avvicinò all’abete e appoggiò, come aveva fatto con quelli precedenti, guancia e orecchio sulla corteccia. A differenza di prima chiuse gli occhi per ascoltare meglio. L’abete era sempre un po’ troppo giovane rispetto a quelli che di solito usavano i liutai, ma non così tanto quanto i due precedenti. Céline aveva appoggiato anche i palmi contro la corteccia, sempre a occhi chiusi. Alain si avvicinò senza far rumore e appoggiò anche il suo palmo all’albero: la vibrazione della musica risuonava ancora nella scorza.
- Ha risposto davvero, Alain!
- Che cosa ti ha detto, scimmietta?
- Ha voglia di correre e di vedere posti nuovi, è invidioso del fratello maggiore che ha girato l’Europa, e vuole andare a cavallo. Gli ho promesso che saranno i cavalli a portarci a casa, stanotte.
Alain fece un mezzo sorriso a Céline e tastò di nuovo il tronco: non della larghezza ottimale, ma al tatto e al profumo era un buon legno. Anche la risonanza era perfetta. Alain appoggiò i polpastrelli alle vene del legno e vide il violino costruirsi nella sua testa. Un violino appena più piccolo del normale, nervosetto e frenetico, con molto fiato e poca pazienza.
Uguale chiama uguale. Ah, che bambina! – E che nome hai visto guardandolo in faccia?
Céline aprì gli occhi e sorrise: - Éponine.



La musica nottura (delle strade di Volterra)

- Sono tutti parenti, maître Aro. Si stanno già parlando anche se sono ancora dentro le custodie, lo posso sentire.
- Davvero, piccina? Affascinante.
Mentre passeggiavano per la Volterra notturna, Aro stava discorrendo con il suo secondo violino, Céline. Corinna guardava la ragazzina spiegare come il violoncello fosse il padre, perché era il più grosso.
- Ha sempre questa logica da Barbapapà la tua protetta? La adoro. - commentò Corinna con voce estasiata.
La ragazzina si era guadagnata anche la benevolenza di Aro, soprattutto da quando aveva esclamato: - Hai mai visto un'aura più regale, Alain?
Aro aveva sfoderato il suo sorriso da stregatto e la conversazione con Céline era proseguita sulla falsariga del "dimmi ancora quanto sono affascinante, anche se lo so mi fa piacere sentirlo".
Per i primi minuti tutti i nervi di Alain erano rimasti tesi, pronti a fermare in tempo qualsiasi gaffe di Céline, poi Aro aveva chiamato una delle sue guardie e detto di portare nella stanza Acquadolce. Alain aveva preso in mano lo Stradivari con la stessa reverenza con cui il sacerdote, alla benedizione, eleva l'ostia consacrata.
- Guardati, sembri un bambino a cui hanno dato da pascolare dei dinosauri. - lo aveva preso il giro Céline.
- Lo suona, qualche volta?
- Spesso.
- Non avete bisogno di un umile liutaio nella guardia?
- Perorerei la tua causa con tutta la mia grazia, mio caro, ma temo che il mio amante francese, non tu, l'altro, sarebbe privato delle sue visite a Volterra e avrebbe ulteriore conferma che la non-vita porta solo tristezza e disperazione. Crudele Alain, vedo nei tuoi occhi la soddisfazione al pensiero di recidere il suo stelo, così fragile!

La vernice, brunita dal tempo, mostrava dei punti più chiari dove il pollice scivolava, sul manico, e dove la guancia si appoggiava. Quasi rimpiangeva che Aro avesse lasciato Acquadolce a palazzo e portato con sé il violino che Alain gli aveva costruito, dopo il loro primo incontro. Come nella sua prima visita a Volterra, aveva chiaro che lo Stradivari si metteva semplicemente al servizio di Aro, mentre il suo violino era come una scala con il penultimo scalino scricchiolante. Per fortuna il talento di Aro era come un piede leggero che sapeva dove calpestare per non far rumore.
- Alain, amico mio, - Aro si voltò verso di loro - la tua adorabile bambina è talmente piena di vita! Mi ricorda la mia bella sorella, sempre piena di cose da raccontare. - Aro diede un buffetto amichevole a Céline. - E il potere dell'aura! Non dimenticherò facilmente il "soffuso di luce come gli angeli del Mantegna". Ma stiamo tergiversando, perché non diamo inizio alla… come si dice al giorno d'oggi? Jam session!
Erano arrivati nel parco cittadino. Il cancello che custodiva la vecchia acropoli etrusca era stato lasciato aperto, le antiche rovine illuminate. Aro si appollaiò sul muro del tempio, nella stessa posizione ammiccante che dovevano avere le ieròdule. Céline si mise ai suoi piedi, Corinna puntò il violoncello sull'erba. Alain, unico spettatore di un concerto a cui non si poteva dare un prezzo, si sedette su una panchina messa per i turisti che visitavano le rovine.
Forse era Céline ad averlo suggestionato, ma i suoi strumenti pareva proprio che si fossero ritrovati.







La tana di Otto

Buonsalve! Questa storia era stata promessa a Jakefan per il suo compleanno. Arrivo un poì in ritardo, spero che ti sia piaciuta!
Come al solito mi complico la vita e scrivo di cose di cui non sono ferrata. Non suono il violino e non ne costruisco, per questo sono rimasta abbastanza vaga sulla terminologia. Tutte le informazioni supplementari vengono da Wikipedia, da siti di liutai e dal sito della val di Fiemme, dove si trova il bosco dei violini.
Céline e Alain sono stati inventati per questa storia qua.
Corinna è Corin della guardia dei volturi secondo Dragana. L'amante di francese, non quello di Parigi, l'altro, lo trovate a questo indirizzo.
Cronologicamente, i tre pezzi di questa storia sono precedenti alle vicende di Edward e Céline con le cattedrali.
Link ai pezzi musicali che ho citato:
- il trillo del diavolo
- i capricci di Paganini
- Only the horses (no, non è per violino)
- La musica notturna delle strade di Madrid

So che sembrerà una osservazione idiota, ma la musica classica è bella!
Grazie alle mie sempre più sexy assistenti, Dragana e Vannagio, per il betaggio in diretta.
E grazie a tutti!
































   
 
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