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Autore: Hoel    20/02/2013    9 recensioni
Fiction liberamente ispirata a "La Bisbetica Domata" di W. Shakespeare.
Light Yagami è conosciuto all'interno della Yagami Corporation per il suo carattere scontroso, irascibile, lunatico e altamente intrattabile, facendo di lui un autentico bisbetico e guadagnandosi il soprannome di Kira da parte dei suoi dipendenti. Inoltre, una proposta suggeritagli dal padre onde migliorare le prestazioni dell'azienda e salvare "l'onore" della famiglia lo incastrerà in una situazione grottesca con un personaggio altrettanto fuori dagli schemi.
L'arena è pronta e tigre e domatore si affronteranno all'ultimo dispetto pur di prevalere l'uno su l'altro!
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: L/Light, Matt/Mello
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Allora, prima di iniziare, vorrei ringraziare dal profondo tutti i magnifici recensori che, malgrado i mesi di assenza, hanno lasciato un commento a questa mia storia. Davvero, sono commossa, mi avete stupita! Siete dei grandi! Mi avete dimostrato, che ancora questa piccola sciocchezza vi sta piacendo, che la seguite e che vi diverte un po’!

Un grandissimo ringraziamento, quindi, a : Scintilla19; Kira 16; Beyond_Birthday; Sagitta72; Crazy_Fun; Loryiloveyou e Nonamedgirl! Grazie anche a coloro che hanno semplicemente letto la storia, che l’hanno messa tra i preferiti, tra le ricordate e le seguite!

Chiedo venia per il ritardo: giostrarsi tra molti fandom non aiutata e per di più non sono molto in salute! Quindi, spero che il capitolo sia venuto bene, non è facile scrivere da ammalati! L

Bien, spero che questo capitolo vi possa piacere! Buona lettura e … alla prossima!

 

 

 

H.

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Capitolo 7: Laddove, tra aspri duoli e grasse risate, viene celebrato l’imeneo più scioccante della storia.

Parte 2.

 

 

 

 




New York, 28 gennaio, ore 1:00 pm.

Avete presente il gioco delle sedie? Quell’immortale passatempo vecchio come il nonno di Matusalemme e che da tempi immemori anima le feste di compleanno, dai quattro a diciotto anni? Che prevede una sconclusionata danza del tacchino intorno ad una barricata di sedie in pieno stile “Cinque giornate di Milano”, seguita da un assalto ai forni manzoniano (giusto per non cambiare città) delle sopracitate sedie, quando un sadico animatore con un sorriso diabolicamente compiaciuto chiude il registratore, fermando la musica, che si sostituisce ad un angelico coro di: Corri! Smamma! C’ero prima io! Piglia questo! Tuffe tuffe in testa! Screanzato! Ruffiano! Spostati! Cadi! Crepa! Ah, vuoi la guerra, marrano? E guerra sia, oh verme spulzellatore!

Sì? No?

Poco male, giacché simile sabba si stava ripetendo nella Sala delle Carpe (e non diem) dell’hotel appartenente all’illustre famiglia dei Coil-Deneuve.

In seguito all’arrivo trionfale del suo erede e massimo esponente - al secolo il signor Lawliet Coil-Deneuve – a bordo di una macchina pronta per la rottamazione e guidata da un chauffeur più fumato di un camino intasato, gli ospiti, avvertendo sinistri crampi allo stomaco per essere stoltamente usciti dall’albergo senza cappotto in pieno inverno, si tuffarono in sincronia perfetta all’interno dell’edificio, seguendo l’esempio dello sposo che, ammanettata la recalcitrante sposina, la stava trascinando come fecero i pagani a suo tempo con Santa Lucia (tanto i buoi centravano sempre). [1]

E siccome non sia mai che una povera e virginea sposa entri in una sala vuota, ecco che gli ospiti si spinsero, scavalcarono, sgomitarono, si tuffarono sulle sedie, planando ovviamente male e dolorosamente e incrinando qualche costola che avrebbe preferito rimanere sinceramente al suo posto.

I migliori velocisti si rivelarono tuttavia i testimoni, i quali, presi di contropiede da quell’arrivo in ultra-mega-XXL-ritardo, batterono il record del Guinness dei primati per il miglior sprint last minute dall’entrata dell’hotel fino all’altare, seguito da salto agli ostacoli umani e salto in avanti, finendo conseguentemente a gambe all’aria. In questo modo, gli invitati alle nozze scoprirono di che colore Sayu avesse le giarrettiere e a nulla valsero i tentativi di Beyond Birthday – testimone dello sposo contro la sua volontà -  di preservare il suo pudore: la malefica telecamera del filmino del matrimonio riprendeva imperterritamente gongolante.

Nel frattempo che ognuno si ricomponeva in una maldestra adunata mattutina, L. faceva la sua raffinata catwalk nuziale lungo il tappetino rosso – sgualcito - assieme alla sua dolcissima metà, la quale ringhiava e strattonava peggio di un mastino da combattimento.

“Eddai, Lucy! Smettila di tirare la corda, ehm, la catena!”, borbottava ridendo il moro, ormai completamente inebriato dalla zuccherosa taurina e dalla prospettiva del bedroom tango che da lì a qualche ora si sarebbe consumato tra lui e quel castano tutto pulzello …

Vergineo fanciullo che apparentemente aveva ancora molto su cui obiettare, come ad esempio l’ossessiva e stralunata ripetizione di un isterico: “Sei vestito da donna! Hai perfino il makeup coi brillantini!”

“E te ne sei accorto solamente ora?”, rise L. sgangherato, arrotolandosi la catena al polso e avanzando verso l’altere talmente appiccicato a Light da sembrare due gemelli siamesi.  “Mi pare che ormai tutti abbiano ammirato il mio bellissimo vestito!” a siccome era necessario sottolineare l’assoluta sobrietà del suo abito da sposa, Lawliet prese ad ancheggiare spudoratamente, neanche avesse ottenuto un Master di danza del ventre in un bordello di Casablanca.

Reprimendo un nascente conato di vomito misto a lacrime di sangue per quella traumatizzante visione, Light tentò di far perno su di una gamba e di scappare lontano da quel tanghero innominabile: “E si vanta pure!”, berciò indignato. “Sei proprio un pigmeo ritardato senza speranza!”

“Ma no, Lucy! Se sono più alto di te!”

“Ovvio, coi tacchi a spillo, razza di travestito!”

“Uffa, te lo detto che non sono un crossdresser! Sono un cosplayer, non mi insultare!”, guaì L. frustrato, levandosi via le scomode scarpe col tacco a spillo. Rimasto a piedi nudi si chinò e, dopo aver urlato Cento punti!, ne lanciò una contro Mello, che colpì in pieno tra le risate di Strafumato Matt e Papà Yagami e i  gasp! pieni d’orrore degli ospiti. L’altra indirizzata invece a B.B. mancò l’obiettivo (poiché il minore ebbe i riflessi abbastanza pronti da abbassarsi in tempo) colpendo al suo posto Ray Pember, il fidanzato di Naomi Misora, la quale gli domandò a bruciapelo: Ma tu hai l’assicurazione sulla vita, vero?

“Avresti preferito vedermi arrivare nudo all’altare?”, infierì non contento il panda antropomorfo, accingendosi ad imitare Caifa, ergo strapparsi le vesti.

“Non blaterare cacche di piccione!”, lo bloccò Light appena in tempo, afferrandogli i polsi e subendo suo malgrado una seconda sessione di lumaca dance, avendo infatti tale posa esacerbato gli istinti lubrici di L. Inutile aggiungere a che livelli di sconsolatezza stessero versando gli ospiti, sebbene qualcuno sospirasse commosso alla vista di tanto amore e passione vigente tra i due. In ogni modo, tornado a respirare con la sua bocca e pulendosi via la saliva dal mento, il castano si apprestò a formare un cappio con la catena e applicarlo al collo pallido del futuro consorte. “Abbiamo scelto ieri il tuo abito per il matrimonio!”, protestò inviperito e chiedendosi che fine avesse fatto quel bellissimo tuxedo, che lo aveva persuaso a comprare.

“Momento! Tu hai deciso l’abito!”

“E tu hai approvato!”

“Dopo sei ore di shopping ero incapace di intendere e di volere! Mi sarebbe andato bene anche un cappotto leopardato con un boa di penne di struzzo, uno strascico di penne di pavone e stivali di pelle in stile dominatrix! Uhm, ora che ci penso, quasi quasi avrei dovuto indossare quello …”

“Non m’importa a che cosa stessi pensando in quel momento o che diavolo avessi per la testa! L’unica certezza che ho è che sei arrivato in ritardo, ubriaco fradicio e vestito come una baldracca!”, scandì zelante Light tutti i capi di accusa dello sposo, che lo fissò rapito e eccitato da tanto entusiasmo: diavolo, sapeva lui in che modo avrebbe impiegato quella vulcanica energia … ihihi … “Il tuo posto è sul marciapiede, stronzerrimo! Tanto lo so che sei stato tu ad architettare questa patetica buffoneria da quattro soldi,  che l’avete  fatto apposta, tu e la tua masnada di fricchettoni da circo dell’orrore, col mero scopo di umiliarmi davanti al porco mondo!”

“Che accusa infondata, Lucy! Io non farei mai una cosa del genere! Non intenzionalmente, almeno. Avevo paura, te lo confesso, avevo una dannata paura di questo giorno e … insomma, è difficile da spiegare … paventavo che ti saresti tirato indietro all’ultimo momento …”

“Ryuzaki, mi auguro per la tua integrità fisica che tu ti stia sbagliando! Arrivi in ritardo di due ore e vieni a raccontarmi, che temevi in un bidone da parte mia? Ti hanno forse aperto al scatola cranica e fatto un milkshake bum bum col tuo cervello? E comunque, se stamattina ti sentivi tanto piscialetto, piuttosto di presentarti come la brutta copia di Lady Gaga sarebbe stato preferibile affogarti nel cesso!”

“Hey, non è carino augurarmi la morte! Ferisce i miei sentimenti!”

“E tu non hai ferito i miei sottoponendomi a questo vaudeville di pessimo gusto? Con che faccia continuerò a lavorare?”

“Uh? Lavorare? Ma Lucy, io sono abbastanza ricco da mantenere entrambi!”

“Gueh?”

“Il tuo posto è a casa coi bambini, a lavare, pulire, cucinare, stirare, rammendare, imparare a memoria il Kamasutra per la gioia mia e del mio amichetto little L. … Non hai bisogno di lavorare!”

Scacciando ogni pensiero riguardante il bignami induista dell’ars amatoria, L. che lo fissava in maniera poco pulita e soprattutto ogni eventuale forma e aspetto di little L., Light alzò il braccio, puntandogli contro l’indice, le labbra così strette che pareva volersele mangiare.

“Ryuzaki … Una parola: vaffanculo!”

Risata gutturale da parte del diretto interessato. “Nah, Lucy. Quella parte anatomica è di tua competenza …”, gongolò sornione, accorgendosi ad un tratto che la sua sposina era stranamente assente. “Hey, dove scappi?”, lo richiamò, elargendo un secco strattone alla catena e facendo planare un Light sull’orlo di un collasso nervoso esattamente sulla sedia davanti all’altare.

“Lasciami andare, stronzerrimo!”

“Ma torna qua, drama queen!”

“Apri questa fottuta manetta e lasciami andare, porco Troilo e Cressida!”

Gli occhi neri di L. si spalancarono falsamente scandalizzati. “Lucy, Lucy! Non si dicono le parolacce! Vuoi già che ti sculacci? Non che abbia nulla in contrario – adoro lo spanking – ma un po’ di contegno non guasterebbe! Non mettermi in imbarazzo davanti agli ospiti!”

“Cosa?! Io ti starei mettendo in imbarazzo? Ma ti sei visto allo specchio, macaco maculato?! Stai facendo da solo un ottimo lavoro!”, digrignò Light i denti, apprestandosi al tanto agognato strangolamento. Niente e nessuno glielo avrebbe impedito: sarebbe finito in galera, magari condannato a morte, ma la soddisfazione di accoppare Mr. Candyman se la sarebbe tolta, oh sissignore! Purtroppo per lui,  una qualche misteriosa entità malefica aveva arbitrariamente deciso di impedire questo giusto omicidio, spronando una terza inquietante figura a mettersi coraggiosamente in mezzo a vittime e carnefice.

“Ehm, tutto a posto …?”, azzardò quest’anima coraggiosa, avvicinandosi alle due belve.

Non l’avesse mai fatto! Voltandosi di scatto e mostrandogli i denti candidi, Lawliet ringhiò neanche avesse delle lontane parentele coi cani randagi e rabbiosi:  “E tu che diavolo vuoi? Che guardi? Chi ti ha chiamato? Ti cambio i connotati, sai?” e si apprestò sul serio a farlo, sennonché Light si sbrigò a tirarlo giù per le sottane, costringendolo a sedersi.

“Era solamente una domanda, che diamine!”, si nascose il magistrato dietro il libro, gli episodi salienti della sua vita che ancora gli stavano scorrendo davanti.

“Beh, vai a porre domande altrove, qua dobbiamo celebrare un matrimonio!”, sbraitò L., mostrandogli il pugno e ridacchiando intimamente alla vista dei continui facepalms del suo consorte, che, tali erano il livello di sconcerto, aveva rinunciato alla sua pettinatura impeccabile pur di passarsi le mani tra i capelli a mo’ di conforto.

 “Ehm, non per fare il puntiglioso, ma … ma sarei io quello che dovrebbe celebrare il matrimonio …”

Silenzio.

“Ah, si? Perché non l’hai detto prima, mollusco? Vuoi farmi perdere tempo? Ho un’agenda piena d’impegni, io! Primo fra tutti, mettere incinta la mia Lu- …”e una mano corsa improvvisamente alla sua bocca lo indulse al silenzio, mentre un Kira dagli occhi iniettati di sangue tentava di convincere il magistrato a non procedere oltre con quell’umiliante vaudeville. 

“Non stia a badare questa bertuccia! Io non lo conosco! Io non lo sposo! Io mi rifiuto di … oh mio Dio, dove tocchi, porco?!” A mali estremi, estremi rimedi: se Light aveva tentato di neutralizzare il moro tappandogli la bocca, ecco che L. si vendicò palpandogli maligno ciò che rendeva Light meno Lucy di quel che si credeva e più non domandate. “Sparisci, razza di scrofa in astinenza!” e levò il pugno per colpirlo, peccato che il panda lo intercettò, approfittandone per legare la catena alla gamba della sedia.

“Fanno tutte così!”, si giustificò seraficamente diabolico L. dinanzi l’espressione irrimediabilmente scioccata del magistrato, che per poco non gli cadde il libro di mano. “Isteria da sindrome pre-matrimoniale. Prosegua pure!”

Se avesse potuto spararsi un proiettile in gola, Light l’avrebbe sicuramente fatto. Era dai tempi della sua giustificazione di ginnastica, che non si sentiva così umiliato ed era tutto dire! Onestamente, con che faccia aveva potuto l’allora adolescente Light continuare a guardare il suo professore, dopo avergli fatto leggere: Gentilissimo professor Makyuzuy, la prego di esentare oggi mio figlio Yagami Light dalla lezione di educazione fisica, giacché il gatto ha urinato sulla sua sacca da ginnastica. Distinti saluti, Yagami Soichiro. Eh?

Ma questa la superava tutte e il castano avrebbe anche potuto sopportare, se non fosse stato per il piccolo e trascurabile dettaglio del pubblico alle sue spalle, che già la sua mente paranoica immaginava sghignazzare e scuotere il capo.

“Questo è un incubo … non sta succedendo per davvero … ora apro gli occhi e mi ritrovo nel mio letto …”, pigolava Light istericamente, coprendosi il viso con le mani e dondolandosi avanti e indietro.

Impietositosi dallo spleen del suo futuro consorte, L. gli cinse le spalle con un braccio, consolandolo. “Scusami sul serio, Lucy! Ho bevuto, lo ammetto, ma l’ho fatto perché ti amo a tal punto che avevo paura di fare una figuraccia davanti a tutti, in caso fossi stato sobrio! Non è la fine del mondo, siamo tutti un po’ nervosi e impacciati il giorno del nostro matrimonio, eh? Guarda tuo padre, che si è fumato un’intera coffee house di marijuana!”

Light non lo degnò di una risposta, limitandosi a pizzicargli dolorosamente la mano posta sulla sua inviperita persona.

Piccato da quella reazione molto bisbetica, il signor Coil-Deneuve pensò bene di sfogare le sue frustrazioni sulla prima persona a portata di mano.

Il magistrato.

“E allora, babbeo, quando hai intenzione di sposarci? Vuoi che ti deflori la mia fidanzata sotto il naso, per farti capire quanta voglia abbia di sposarla? Mi stanno venendo le ragnatele, gibbone albino!”

Esibendosi in un sorriso assolutamente forzato (Pensa alla parcella! Pensa alla parcella!), il magistrato si schiarì la voce e annunciò: “A tutti i presenti qui riunitisi per presenziare a questa cerimonia …”

Lawliet per poco non gli fece cadere il libro di mano. “E che palle! Salta la solfa e vieni al punto, o finiamo che Lucy mi partorisce qui il nostro primogenito!”

“Cosa?”

“Vai ai voti!”

“I … che?”

“Mi stai chiedendo consulenza sul tuo lavoro, pezzente? I voti nuziali!”, si esibì L. in una smorfia scimmiesca, agitando le braccia peggio di un clown affetto da epilessia compulsiva. “Siamo di fretta, sai? Il mio aereo privato sta per partire fra un’ora esatta! Diavolo, quante lagne per dieci minuti di ritardo …”

“… vestito come la versione kitsch di Liza Minnelli … Come? Cosa? Abbiamo l’aereo fra un’ora?”, si risvegliò Light bruscamente dal suo coma auto-indotto. “Quale aereo? Chi l’ha chiamato, ehm, prenotato? Dopo la cerimonia è previsto il rinfresco, durante il quale potrò finalmente fare sushi della tua orribile persona!”, sbraitò egli. “Non mi puoi negare il rinfresco!”, protestò, battendo il piede per terra. Non perché al giovane Yagami importasse un accidenti del rinfresco di per sé, no, si trattava dei deliziosi manicaretti preparati. E all’una del pomeriggio e tanta bile in corpo, una certa fame la si aveva.

“Silenzio, donna! Il viaggio per l’Inghilterra è lungo: senza contare, che entro stanotte ho ogni intenzione di averti gemente e piangente sul mio letto, pronta a farmi cogliere il fiore della tua verginità!”

Un pestone al piede nudo di L. funse da eloquente risposta circa il pensiero di Light sul suo progetto serale. “L’unico fiore che coglierai, porco depravato d’un betsabeo, saranno le margheritine sulla tua tomba! Per le radici!”

“Ha-ha!”, gorgogliò il moro, pigliando la testa castana del suo promesso e schiaffandosela sul petto. “Ti amo, Lucy! Tu sì che mi comprendi!”, rise demente, lanciando poi un’occhiata di fuoco al magistrato. “Prosegui, citrullo!”

“Ehm … se proprio lo desideri … allora … questo no … questo manco … ah! Trovata! Dunque”, si schiarì nuovamente la voce l’uomo, assumendo un tono formale e composto (o perlomeno ci provò). “Vuoi tu, Lawliet Coil-Deneuve, prendere il qui presente Yagami Light come tuo legittimo sposo, per amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”

Silenzio.

Molto, molto, ma molto silenzio.

Silenzio sconcertato, traumatizzato, vandalizzato, deturpato. Annichilito.

Il silenzio che farebbe un giocatore a Chi vuol essere milionario?, quando quel sornione d’un presentatore gli dice che ha sbagliato la risposta per un milione di dollari, per poi invece smentire tutto.

“LAWLIET COIL-DENEUVE???”, riecheggiò il possente ruggito di Light per tutto l’albergo, dalla cantina all’attico, facendolo violentemente tremare. “TU SEI … L. ??? E NON SUO CUGINO???”

Questo era un incubo! Doveva essere un incubo!

Beh, in ogni modo, anche gli altri invitati condivisero il medesimo sentimento di Light, come Naomi Misora, che prese a ceffoni il suo fidanzato Ray Pember, urlandogli: “Mi hai mentito, disgraziato!”,  e completamente sorda alle proteste di lui: “Mi ha costretto, pasticcino mio! O mentivo o mi licenziava, perdono!”

Ritornando ai due sposini.

“Quindi tu sei L.?”, ripeté Light fuori di sé dallo sconcerto e dalla vergogna per essersi comportato come un completo tarato mentale dinanzi al capo dei capi, senza essersene reso conto.

Grattandosi la zazzera corvina, uno sgamato Lawliet nicchiò timidamente. “Ehm … questa è una bella domanda, Lucy … Comunque sì, io sono L. … Avrei voluto dirtelo prima, ma temo mi sia sfuggito di mente … Però questo non cambia niente! Ti amo lo stesso!”

“Un corno!”, gli salivò in faccia il castano, alzandosi di scatto dalla sedia. “Non ho intenzione di essere preso in giro da te in eterno! Ne ho abbastanza! Di te, della partnership, della ditta, di … argh! Non ne posso più! Mi fate tutti schifo! Me ne vado! Non mi presterò a questa buffonata!”

“Oh, tu ti presterai eccome, Yagami Light!”, l’apostrofò Lawliet d’un colpo così serio, che Light sgranò gli occhi, sorpreso. Sogghignando sinistramente perfido, il moro lo afferrò per il braccio, sussurrandogli poi all’orecchio. “Perché se ti rifiuterai di sposarmi, se varcherai quella soglia, la faccenda finirà molto male. Non per me, oh no, stanne certo. Per te. Vedi, anch’io ho fatto i miei compiti per casa e ho scoperto che tu hai un fottuto bisogno di questa partnership, ma soprattutto di sposarti per avere la presidenza della Yagami Corporation. E credimi, i membri del consiglio di amministrazione semplicemente gongoleranno alla notizia del tuo mancato matrimonio. Ma come?, gracchieranno belli e contenti, questo Light ha la presunzione di voler divenire il nostro capo, di dirigere l’azienda, di dominare il mondo, quando in realtà non è neppure capace di organizzare la sua vita privata? Eppoi, ai paparazzi farà piacere scoprire, quanto tu sia più banderuola di tua sorella! Ed è tutto dire!”

Digrignando i denti e completamente zittito, Light lo ascoltava fremendo di collera forzatamente trattenuta. Lo avrebbe ammazzo, oh se l’avrebbe fatto!

“Ed è solo l’inizio, mon p’tit chat! Perché sai, io sono un amante molto geloso. E vendicativo. Non permetto a nessuno di scappare via dopo essere stato mio. Di conseguenza, mio caro, se oserai remarmi contro e ripetere davanti  al magistrato, che non mi vuoi sposare, allora sappi che mi adopererò con tutto me stesso ad affossarti. Yes, hai ben inteso, tesoro mio. Ti distruggerò. La tua ditta, la tua reputazione, tutto! Ti renderò la vita un inferno! A te e alla tua famiglia. E ne sono capace, sai? Quindi, tirando le somme, abbassa quella tua cervice orgogliosa e non mi costringere a fare il cattivo. Capish, mon amour?”, gli sorrise dolcemente, crocifiggendolo coi suoi occhi nero pece. “Oh, non piangere, passerotto! Volevi la partnership? L’hai ottenuta! Volevi incontrare L.? Lo stai sposando! Desideravi la presidenza? L’avrai? Non sei contento?”

Light era lungi dall’essere contento e le lacrime di stizza e di impotenza, che gli stavano inumidendo gli occhi ambrati, ne erano la prova eclatante. Nondimeno, serrando caparbio le labbra, si sottrasse dal tentativo di L. di asciugargliele.  Realizzando quindi di non aver più alcuna via di scampo, si voltò verso il magistrato, rifiutandosi di guardare L., il quale, ineffabile, fece cenno all’uomo di proseguire.

“Vuoi tu, Lawliet Coil-Deneuve, prendere il qui presente Yagami Light come tuo legittimo sposo, per amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”

Contemplando rapito lo spettacolo di un Kira stranamente ammansito, il moro scrollò le spalle, incurante. “Certo, certo … se lo dici tu … me lo piglio, eccome!”

“Ehm, dovresti dire: lo voglio!”

“CACCHIO SE LO VOGLIO!!!”, ululò L. entusiasta, assordando definitivamente gli invitati.

Light roteò indietro gli occhi, sfinito.

“Vuoi tu, Yagami Light, prendere il qui presente Lawliet Coil-Deneuve come tuo legittimo sposo, per amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”

Lo aveva fregato. Lo aveva fregato di brutto.

“… trovare per terra un Death Note, scriverci sopra il suo nome, così da farlo crepare tramite il più terribile degli infarti, finché non sputa a singhiozzi il suo cuore? Oh sì, se lo voglio …”, mormorò lentamente Light, come in trance. Lawliet, sporgendosi verso di lui, l’ascoltava divertito.

Il mostro pandaiforme poteva aver vinto la battaglia, ma non la guerra. Domestica.

Questo gli promise lo sguardo infuocato del giovane e Lawliet dovette per l’ennesima volta trattenersi dal stuprarlo lì davanti a tutti. Nondimeno, niente gli impedì una volta firmato l’atto di matrimonio – ti avverto, Lucy: ho una pistola nascosta nel bouquet e non ho paura di usarla! – al novello sposo di sollevare da terra un indignato Light e di baciarlo impudicamente davanti a tutti gli ospiti. Né tantomeno di lanciare il bouquet alle perplesse signore lì presenti.

Mazzolino di fiori che fu quasi preso da Near, sennonché un Matt riscopertosi giocatore di rugby e pugile gli impedì di appropriarsene, rifilandogli un dolorosissimo gancio e berciando: “Non avrai mai Mello, baldracca!” e raccogliendo il bouquet che gli spettava di diritto.  Biondo manager che assistette perplesso a tale scena, mentre il padre di Light batteva le mani come una foca pazzoide, gridando: “Encore! Encore!” (= ancora! ancora!, ndr.)

“Chi l’avrebbe mai detto …”, si asciugava intanto mamma Yagami una lacrimuccia col fazzoletto. “Il mio bambino si è finalmente sposato …”

Naomi Misora perdonò il suo fidanzato storico Ray, a patto che questi divenisse a vita natural durante il maso nella loro relazione.

“Confessa, Mello”, si intromise Sayu, osservando la macchina dei due sposini allontanarsi a tutta birra – dopo che L. aveva praticamente spintonato Light dentro la vettura -  nel frattempo che gli invitati, spesa mezza lacrimuccia per l’improvvisa partenza, si fiondavano voraci sul buffet. “Alla fine della fiera, il tanto famoso e osannato L. altro non è che un pazzo furioso, o mi sbaglio?”, gli chiese, sogghignando maligna.

“Borderline, Sayu carissima, anche se temo sia difficile classificarlo nello specifico”, la corresse il manager, strappando via il bouquet dalle mani di Matt. “Tuttavia, non preoccuparti per l’incolumità di tuo fratello: non so perché, ma ho come l’impressione che quei due siano fatti l’uno per l’altro”, disse, sorridendo a sua volta malizioso. “In ogni modo, Sayu, non ti ricorda niente?”

“Cosa?”, fece confusa l’attrice.

“Questo giorno … le nozze di tuo fratello … una promessa?”

“Gueh? Hai bevuto, Mello?”

“No, Sayuccia mia!”, il ghigno del biondo si allargò oscenamente, mentre con un braccio cingeva le spalle della sua cliente e con l’altro quella di B.B., che sussultò per la sorpresa. “Non mi avevi detto, giorni addietro, che ti saresti sposata solo quando Light l’avrebbe fatto?”, le ricordò perfidamente zelante, porgendole il bouquet di L.

La bocca di Yagami Sayu si spalancò a tal punto, che fu possibile avere un’ottima visuale delle sue tonsille.

Rache ist süß, dicono in Germania. [2]

Molto adeguato per un matrimonio, sì sì.

 

 

 

 

 






 

 

 

To be continued …

Nel prossimo capitolo: Laddove il Domatore e il Bisbetico, finalmente e irrimediabilmente marito e moglie, partono per la luna di miele,  la quale per delle ovvie ragioni molto zuccherosa non è.

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[1] Secondo la “Legenda Aurea”, Santa Lucia prima del martirio era stata condannata a perdere la sua virtù in un bordello. Sennonché la santa divenne così pesante, che bisognò trascinarla coi buoi. Invano. Così, scazzati, la decapitarono, senza però essersi cavato lo sfizio di strapparle gli occhi.

Quindi, il mio è un gioco di parole: i pagani usarono i buoi per trascinare la santa, L. ha bevuto la Red Bull che gli ha dato la “forza” di trascinare Light all’altare.

[2] Letteralmente = la vendetta è dolce. Corrisponde al nostro: “La vendetta è un piatto che va servito freddo.”

  
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