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Autore: micRobs    20/02/2013    5 recensioni
Sebastian/Thad | One-Shot, AU, Epilogo naturale di "Handwritten" | Romantico, Introspettivo
Dal testo: "Aveva immaginato quel momento milioni di volte e, puntualmente, nell’attimo in cui il suo sguardo incontrava quello di Thad, il tempo si fermava e il mondo iniziava a girare al contrario. E lo seppe ancor prima di girare il viso, lo seppe dall’ombra allungata sull’asfalto, dalla terra che gli mancò sotto i piedi, dal rombo che risuonò nel cielo e che somigliava incredibilmente al battito impazzito del suo cuore. Seppe che era lui anche senza lampi di luci e folgori divine, seppe che era lui ancor prima di averne conferma. Seppe che era lui perché lo conosceva e, in fondo, sapeva che Thad sarebbe arrivato all’angolo di quella strada esattamente come era arrivato nella sua vita: silenziosamente, ma in maniera talmente straordinaria da non poter passare inosservato."
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Sebastian/Thad
Genere: Sentimentale, Romantico, Commedia, Introspettivo, Generale.
Avvertimenti: AU, One-Shot, OOC, Slash, What if?.
Rating: Verde
Parole: 4384 (secondo Word)
Note d’Autore: Seguito/epilogo naturale di “Handwritten”: è abbastanza necessario leggere la long in questione, per comprendere questa shot. La restante parte delle note, alla fine!
Note di betaggio: La mia metà, nonché offial graphic designer di tutto ciò che produco. Ancora una volta, il banner è merito suo, così come la metà di questa shot.






Quando stai per vivere il giorno più bello della tua vita, non sai che sarà così.

Ti prepari a colpi di scena inattesi e svolte epocali ma poi, ogni volta, quelle ventiquattro ore trascorrono nella propria banale routine e si vanno ad aggiungere, senza eccessive difficoltà, al corposo cumulo di “potenziali giornate memorabili” che riempie il tuo dimenticatoio.

Sebastian lo sapeva che erano le giornate iniziate con il piede sbagliato ad avere più probabilità di diventare le sue preferite. Quelle in cui una parola, un gesto, un sorriso, potevano fare la differenza tra la sua alienante quotidianità e lo stupore di un evento inatteso. Quella, però, era la sua particolare eccezione: lo era stata all’inizio, quando lui non aveva prestato particolare attenzione da riconoscere i segni di quella che si preannunciava essere una svolta senza precedenti; lo era in quel momento, palesandosi nella sua assoluta certezza di star vivendo il giorno più bello della sua vita.

Non ne sarebbe rimasto deluso, non se ne sarebbe pentito: fermò la sua bicicletta, sospirando di nervosismo e aspettativa, non appena i suoi occhi riconobbero il profilo familiare della cassetta delle lettere. Quella grazie alla quale era cominciato tutto, quella grazie alla quale era cambiato tutto. Ordinario diventato improvvisamente straordinario.

Un giorno perfetto, quello lì di molti mesi addietro, il primo di una lunga lista. La prima di una lunga serie di belle giornate, ognuna divenuta tale nelle vicinanze di quella banale scatola di metallo dalla vernice rossa scrostata qua e là.

Posò la schiena al muro e gettò un’occhiata distratta all’orologio da polso. Cinque minuti alle sette. Sospirò, considerando che l’ansia era veramente una brutta bestia, se era capace di farlo arrivare addirittura in anticipo.

Non aveva grandi aspettative, anzi, in realtà non aveva idea di cosa aspettarsi perché sapeva che qualsiasi cosa avrebbe svoltato l’angolo sarebbe stata migliore di ogni sua fantasia. Si era stupito di se stesso, doveva ammetterlo. Si era stupito di essere stato in grado di tralasciare un dettaglio di importanza così fondamentale per lui, come l’aspetto fisico, in favore della personalità e del carattere di quel ragazzo di cui conosceva poco e nulla. Però gli piaceva, gli piaceva fin troppo. Di lui sapeva due cose in croce e le amava più di quanto fosse concepibile.

Sorrise inconsciamente, pensando a lui, e sentì il cuore battere appena più veloce nel rendersi conto che di lì a poco avrebbe potuto definire il contorno del suo viso, dare un colore ai suoi occhi, rabbrividire a un suo sorriso e perdersi nel suo sguardo. Aveva avuto a che fare con un foglio di carta per mesi interi e mai aveva sentito il bisogno di sapere come Thad fosse fatto in carne, ossa, pelle e sospiri: più si avvicinava all’orario dell’appuntamento e più, paradossalmente, quella voglia cresceva a dismisura, scaldandolo dall’interno e facendolo fremere di attesa ed eccitazione.

Sarebbe stato perfetto in ogni caso e, di certo, non sarebbe stato più reale rispetto a qualche giorno prima – quando tutto ciò che di concreto sapeva di lui era l’inclinazione della sua grafia – ma le sue braccia erano impazienti di stringerlo a sé e la voglia di inspirare il suo profumo e affondare le mani tra i suoi capelli lo stava logorando e lui era assolutamente certo che non sarebbe stato in grado di resistere ancora, senza poterlo guardare negli occhi e scoprire quanti battiti avrebbe saltato il suo cuore a quel gesto.

Aveva immaginato quel momento milioni di volte e, puntualmente, nell’attimo in cui il suo sguardo incontrava quello di Thad, il tempo si fermava e il mondo iniziava a girare al contrario. E lo seppe ancor prima di girare il viso, lo seppe dall’ombra allungata sull’asfalto, dalla terra che gli mancò sotto i piedi, dal rombo che risuonò nel cielo e che somigliava incredibilmente al battito impazzito del suo cuore. Seppe che era lui anche senza lampi di luci e folgori divine, seppe che era lui ancor prima di averne conferma. Seppe che era lui perché lo conosceva e, in fondo, sapeva che Thad sarebbe arrivato all’angolo di quella strada esattamente come era arrivato nella sua vita: silenziosamente, ma in maniera talmente straordinaria da non poter passare inosservato.

Indugiò qualche secondo con le spalle al muro, senza il coraggio di voltare lo sguardo e dare finalmente un volto a ciò sentiva agitarsi nel proprio petto. Si perse per un lungo istante nella consapevolezza che non sarebbe cambiato nulla, che chiunque si sarebbe trovato davanti non sarebbe stato un estraneo, che quella sera si sarebbe addormentato con la possibilità di sognare un viso che corrispondesse finalmente alla realtà.

Prese un respiro profondo e poi, lentamente, voltò il capo verso destra, incontrando la figura vivida e reale di quella che era diventata la ragione del suo buon umore.

Se ne stava lì, le labbra appena schiuse, le mani infilate nelle tasche del giubbotto e la postura rigida di chi sa di star camminando sul cornicione di un tetto e di avere bisogno di un solo passo falso per cadere di sotto. Sebastian lo sapeva – lo leggeva nei suoi occhi incerti e veloci e nel suo pomo d’Adamo che si muoveva a ritmo con la sua gola che ingoiava a vuoto – che anche Thad si sentiva come lui: in bilico su un filo sospeso nel vuoto, terrorizzato dall’idea di perdere l’equilibrio e precipitare, desideroso di arrivare dall’altra parte, soggetto alle folate di vento che lo sbilanciavano.

Schiuse le labbra, Sebastian, abbracciando con lo sguardo l’intera figura di Thad e rendendosi conto, solo in quel momento, di non avere una frase a effetto, un argomento di conversazione, una parola per rompere il ghiaccio.

Aveva passato giorni a pensare a quell’incontro e mai aveva concretamente riflettuto sull’eventualità di dover trovare qualcosa da dire: era sempre stato convinto che non ci sarebbe stato bisogno di parole, che avrebbe preso Thad tra le braccia e avrebbe passato il tempo a stringerlo e a bearsi della sua semplice presenza. Era ancora quello che aveva intenzione di fare, beninteso, ma era a conoscenza del fatto che quello che aveva di fronte era il ragazzino un po’ incerto e sociopatico che non sapeva mai fino a che punto poteva fidarsi di qualcuno, restio all’aprirsi con gli estranei e timoroso di essere deluso: per quanto avessero passato quasi un anno a scriversi, Sebastian sapeva che Thad aspettava un segno, un gesto, una parola che lo convincesse a fare un passo nella sua direzione e a non innalzare il muro che era solito riservare a conoscenti e non.

E quindi, sollevandosi dalla parete e voltandosi completamente verso di lui, lasciò che la mente gli si svuotasse e che gli suggerisse ciò che era più giusto fare.

«Talal…?» Abbozzò un piccolo sorriso e stava già per ringraziare il suo cervello per avergli proposto una cosa così intelligente da dire, che Thad sorrise a sua volta e tutto sembrò finalmente iniziare a girare nel verso giusto.

«Ti immaginavo più piccolo e… verde, sai?» Esordì con voce un po’ tremante, ma sufficientemente alta da farsi sentire da Sebastian.

Quest’ultimo trattenne il respiro e mosse un passo nella sua direzione, gli occhi che non accennavano a lasciare quelli di Thad. «La Fata Turchina mi ha trasformato in un postino vero» rispose, accompagnando quelle parole con una smorfia buffa e un sorriso più aperto e tranquillo.

L’altro ridacchiò divertito e Sebastian si ritrovò a sospirare di sollievo perché Thad stava ridendo e sembrava sereno e non vi era nulla che facesse presupporre che quella fosse la prima volta che si incontravano.

Lo conosceva, lo conosceva maledettamente bene e sapeva esattamente cosa dire per farlo stare bene: non vi era nulla di diverso, dal vivo o tramite lettere, erano sempre loro. Quella consapevolezza, lo spinse ad avvicinarsi ulteriormente a lui, il sorriso che gli si allargava a mano a mano che riusciva a definire i dettagli del viso di Thad.

«Io sono rimasto Pinocchio» obbiettò il ragazzo, «perché io sono sempre Pinocchio?»

Sebastian sorrise e inclinò lievemente la testa, portandosi dinanzi a lui, l’espressione improvvisamente seria e il bisogno di rendere un po’ più reale la presenza di Thad all’angolo di quella strada. Allungò una mano nella sua direzione, senza titubanze o incertezze, e gli sfiorò la punta del naso con il dito indice. «Perché tu hai il nasino carino» asserì, senza smettere di guardarlo negli occhi.

I suoi occhi. Cos’è che aveva ipotizzato dei suoi occhi, nelle lettere? Non lo ricordava e neanche aveva importanza perché, qualsiasi cosa fosse, non era neanche lontanamente paragonabile al calore o alla profondità delle sue iridi luminose ed espressive.

Sarebbe stato troppo semplice perdersi in quello sguardo, considerò all’improvviso.

Avvertì Thad rabbrividire a quel contatto e sorridere imbarazzato, ma non allontanò la mano dal suo viso.

«Mi pare di ricordare che il naso di Pinocchio non fosse esattamente carino» puntualizzò e Sebastian sorrise di più riconoscendo, in quelle poche battute, il ragazzo che aveva imparato a scoprire nelle sue lettere.

«Allora forse sei diventato un bambino vero» fece una smorfia, abbassando un attimo lo sguardo e poi riportandolo nel suo, ancora. «Non mi pare proprio che tu sia fatto di legno» commentò, spostando la mano sulla sua guancia e lasciandogli una carezza leggera.

Thad sospirò e deglutì a quel contatto appena accennato. «Non dimenticare che sono pur sempre un supereroe mimetico» gli fece notare, esibendosi in una smorfia divertita. «Potrei aver cambiato forma» concluse, regalandogli un sorriso talmente dolce che Sebastian si sentì riscaldare dall’interno.

Dio, era lui. Era così tanto Thad da essere quasi irreale.

Gli percorse la guancia con il pollice, mentre il cuore aumentava i battiti a quella consapevolezza. «Potresti aver assunto la forma adatta… a me.»

Quando si era ritrovato a parlare così con un ragazzo? Mai, forse. Solo con Thad. Con lui le parole erano facili da scegliere: bastava smettere di pensare, il resto poi veniva da sé e Sebastian ancora si stupiva della naturalezza con cui si ritrovava a parlargli di sé, a esporsi senza riserve, a mettersi in gioco senza paure. La verità era che sapeva che Thad ne valeva la pena e tanto bastava.

«Potrei?» Gli fece eco la voce di Thad, incerta ed emozionata.

E Sebastian non aveva bisogno di altro: spostò una mano dietro la sua nuca e fece scivolare l’altra sul suo fianco. «No, non potresti» lo contraddisse, prima di fare un po’ di pressione su di lui per condurlo tra le sue braccia e inspirare il suo profumo così improvvisamente necessario. «Tu sei già la mia metà, ricordi?»

Non divenne più reale, non vi era nulla di nuovo in quella conversazione: erano sempre loro. Sebastian si crogiolò in quella consapevolezza, mentre Thad si stringeva nelle spalle e si mordicchiava un labbro.

«Sono il Pinocchio del tuo... boh, qualsiasi cosa, direi» considerò, con un mezzo sorriso e l’espressione di chi non ha idea di come comportarsi.

Sebastian sorrise, stringendolo istintivamente di più: tanto valeva metterci tutto se stesso, senza remore. «Chi ha detto che Pinocchio e il suo Grillo non possono amarsi?» Domandò, retorico.

«Nessuno, suppongo» Thad fece una smorfia, il cuore che batteva più veloce vicino a quello di Sebastian e il sorriso che non accennava ad abbandonargli il viso. «E, anche se lo avessero detto, temo che loro se ne fregherebbero»

L’altro tacque, approfittando di quella vicinanza per imprimersi nella mente ogni dettaglio del viso di Thad, la luce dei suoi occhi marroni, le ciglia lunghe e scure, i capelli spettinati, la linea decisa della mascella che si amalgamava alla perfezione con la dolcezza del suo sorriso.

Deglutì, mentre riacquistava una parvenza di serietà e si perdeva a osservarlo con sguardo incantato. «Il Grillo» iniziò un po’ incerto, «lui non pensava che Pinocchio fosse così bello.»

Thad chinò leggermente il capo, forse per nascondere l’imbarazzo causatogli da quelle parole. «Pinocchio mentirebbe se dicesse che per lui non è lo stesso» concordò, sollevando poi lo sguardo per rivolgergli un’occhiata di sottecchi. «Avevo ragione io» proseguì, la voce appena un po’ più bassa, «sei anche meglio di come mi aspettassi.»

Non poteva essere reale, non rientrava in nessuno schema e non si adattava a nessuna esperienza già vissuta, a nessuna norma di comportamento già scritta. Non poteva essere vera quella situazione. Non poteva essere vero lui.

«Sono solo un ragazzo come tanti» minimizzò, passandogli dolcemente le dita tra i capelli dietro la nuca e considerando che Thad era lì, era tra le sue braccia ed era più reale di chiunque altro avesse mai conosciuto. «Non ho nulla di speciale» Non quanto te.

«Anche io» ribatté Thad, con una leggera scrollata di spalle.

No, tu sei speciale. Tu sei la mia eccezione. Sei la mia svolta, Pinocchio, ricordi?

«No, tu hai degli occhi davvero luminosi» decise di rispondere, infine. Ed era la verità, ma non seppe perché non gli rivelò ciò che davvero aveva pensato: in quel momento sapeva solo che Thad, lì tra le sue braccia, aveva bisogno di ritrovare il ragazzo delle sue lettere, quello che gli regalava equilibrio e tranquillità, non quello che gli riversava addosso pressione e incertezze. Non ci voleva un genio a capire che avessero dei tempi da rispettare, delle tappe da raggiungere di nuovo e da non bruciare frettolosamente: voleva fare le cose per bene, Sebastian, accertarsi che anche per Thad la situazione si stesse evolvendo con la velocità adeguata.
Aspettare il suo consenso per dirgli, di nuovo e a voce, quanto lo aveva stravolto, non gli pesava affatto.

Il ragazzo ridacchiò appena e si mordicchiò un labbro, forse un po’ a disagio. «Che c’entra?» obiettò, incerto. «Io mi riferivo al… al complesso, sì.»

«Non che mi interessi più della tua personalità» si ritrovò a rispondergli Sebastian, la voce improvvisamente bassa e vibrante e il viso più vicino a quello di Thad. «Ma il complesso è veramente magnifico.»

L’altro trattenne il respiro, mano a mano che Sebastian si faceva più vicino, ma non si mosse, permettendo all’altro di sfiorargli il naso con il proprio e aprendosi in un sorriso un po’ imbarazzato ma comunque tranquillo. Thad – il ragazzo diffidente e fondamentalmente molto insicuro – non lo stava allontanando e la consapevolezza che si fidasse di lui spinse Sebastian a non allentare la presa sul suo busto e a rimanere lì, a un sospiro da lui.

«Hai un buon profumo, Thad» mormorò, socchiudendo leggermente gli occhi e beandosi del suo respiro veloce sul proprio viso.

Thad sorrise e gli posò le mani sulle braccia, in un contatto talmente delicato che Sebastian pensò di averlo solo immaginato. «Devono essere i biscotti che ho in tasca» suppose.

E Sebastian aprì gli occhi, il bisogno di incontrare di nuovo il suo sguardo che si faceva vivo e pressante, e inclinò lievemente la testa di lato. «Allora può darsi che» bisbigliò direttamente sulle sue labbra. «Anche il tuo sapore sia buono.»

Avvertì il respiro di Thad farsi più rapido, prima di fermarsi del tutto, e gli passò di istinto le dita tra i capelli, come a volerlo tranquillizzare e farsi sentire lì.

«Non avevo capito che» biascicò, con voce bassa e spezzata, gli occhi immancabilmente nei suoi. «Era così che volevi assaggiarli i biscotti.»

Sebastian sorrise senza fiato, mentre calava di nuovo le palpebre. «Prima te, poi i biscotti» sussurrò, posando definitivamente le labbra sulle sue.

Sento che se ti baciassi morirei– glielo aveva detto davvero, ma non pensava che un semplice sfiorarsi di labbra potesse causargli tutte quelle emozioni. Perché Thad era rimasto immobile e lui aveva semplicemente annullato la distanza tra loro, senza pressione o irruenza. Accarezzava le sue labbra senza fretta, mentre le dita di Thad si chiudevano intorno alle proprie braccia e il suo cuore iniziava a battere più veloce.

Quando mai aveva dato un bacio così? Quando mai si era perso ad assaporare le labbra di qualcuno con l’unico scopo di sentirle e scoprirle? Quando mai un unico bacio lo aveva coinvolto a tal punto da desiderare di non aver bisogno di prendere fiato? Era la sua eccezione, senza alcun dubbio.

Sento che se ti baciassi non avrei più bisogno di respirare, significava quello – realizzò, mentre aumentava la stretta su di lui e Thad si sollevava appena sulle punte per premersi di più sulle sue labbra. Si ritrovò a sorridere sulla sua bocca, senza fiato, facendo un po’ di pressione sulla sua nuca per prolungare quel momento il più possibile.

Ancora un po’, il tempo di scoprire quanto ancora poteva assuefarsi a lui.

Finì così come era iniziato: Thad gli accarezzò un’ultima volta il labbro inferiore con il suo superiore e poi si allontanò, sorridendo radioso e rimanendo comunque vicinissimo al suo viso.

«Non pensavo che un foglio di carta fosse così bello da baciare» sospirò Sebastian, studiando la sua espressione serena con sguardo adorante e incantato.

L’altro ridacchiò e si inumidì le labbra, abbassando un po’ la testa. «Questo perché sei poco fiducioso nei confronti dei fogli di carta» considerò.

Sebastian scosse la testa, divertito dalla sua naturalezza e semplicità, mentre portava nuovamente una mano sulla sua guancia. «Sei più di quanto potessi sperare» confessò, con sincerità.

Thad parve essere colpito da quelle parole, ingoiò a vuoto un paio di volte e poi sorrise incerto. «Lo credo bene» soffiò, mordendosi un labbro. «Ti aspettavi un burattino o un foglio di carta.»

Continuava a farlo, usare il sarcasmo e l’ironia per difendersi da lui, piantare dei paletti per tenere Sebastian a distanza e rimettersi in equilibrio quando lui si spingeva troppo oltre. Cosa c’era che lo turbava? Sebastian non riusciva a capirlo, perché lo aveva baciato e Thad si era lasciato baciare e lui era convinto che avessero trovato il loro punto di unione, che si fossero ritrovati di nuovo. Invece Thad continuava a scappare, a tracciare un confine, a nascondersi dietro una battuta leggera per non esporsi troppo. Sebastian non riusciva a comprendere quale fosse il motivo di tutta quella reticenza ma, proprio quando stava per domandarglielo, Thad aprì nuovamente bocca e diede voce ai suoi pensieri.

«Lo so» mormorò, un po’ imbarazzato e con un sorrisino colpevole. «Non riesco a essere serio.»

E Sebastian sorrise, perché la loro sintonia era tutta lì: dovevano solo lavorarci un po’ sopra, ricordando a Thad che lui era sempre lo stesso ragazzo delle lettere e che non aveva motivo di allontanarlo.

«Me ne sono accorto» ribatté, perdendosi nuovamente nei suoi occhi e lasciando che le parole venissero fuori così come le aveva pensate. «Ma, sai, io ti amo per questo.»

Thad boccheggiò colto alla sprovvista e ingoiò a vuoto, mentre Sebastian non smetteva di studiare la sua reazione e si rendeva conto che avrebbe potuto dirgli che lo amava anche solo per godere delle sue guance che si arrossavano e delle sue labbra che si schiudevano, incredule. Ma lo pensava davvero e, se Thad era intenzionato a fuggire, lui avrebbe provato a raggiungerlo con ogni mezzo a sua disposizione: essendo sincero, tanto per iniziare.

«Anche se non sono come ti aspettavi?»

Sebastian piegò un angolo delle labbra in un mezzo sorriso e si chinò in avanti, posando la fronte alla sua. «Tu sei tu, Thad» gli ricordò, «è quello che nascondi dentro che mi importa.»

Sono sempre io, il muro non serve con me.

La risposta di Thad fu un passo indietro, accompagnato da un sorriso incerto. «A questo proposito» iniziò, sgusciando dall’abbraccio di Sebastian e infilando una mano in tasca. «Io avrei un’ultima lettera da imbucare» così dicendo, estrasse dal giubbotto una busta di carta rettangolare e se la rigirò tra le dita, abbassando lo sguardo.

Un’altra lettera. Un’ultima lettera. Sebastian avvertì il proprio stomaco annodarsi alla prospettiva di leggere, ancora una volta, i pensieri che Thad aveva affidato ad un foglio di carta. Aspettativa, ansia, eccitazione ed attesa, le sentiva agitarsi nel proprio petto, come ogni volta che si ritrovava davanti una busta di quel genere, nascosta tra le altre tante con cui aveva a che fare ogni giorno. Come Thad, straordinario nell’ordinario.

«Proprio non vuoi farlo riposare questo povero postino» sviò, per nascondere ciò che provava in quel momento, le mani che fremevano dalla voglia di aprirla e leggerne il contenuto.

Thad scollò le spalle, continuando a prestare la propria attenzione all’oggetto che teneva tra le dita. «Mi sembrava brutto… lasciare il mio corrispondente senza risposta» valutò, porgendogliela.

La prese tra le mani, soppesandone la consistenza e gustandosi quel momento di tacita trepidazione, quell’attimo di supposizioni e pensieri accavallati tra di loro. La aprì lentamente, facendo attenzione che la sua irruenza non strappasse la carta. «La cosa positiva è che posso risponderti a voce.»

«Senza tempi di attesa infiniti» gli fece eco la voce di Thad. «I postini di oggi sono piuttosto lenti.»

Ma Sebastian aveva smesso di ascoltarlo, perché tutta la sua attenzione fu calamitata dalla grafia tondeggiante di Thad e dalle parole che, ancora una volta, aveva deciso di dedicargli. Poche righe, come in ognuna di quelle ultime disperate lettere che si erano inviati, ma abbastanza da farlo sorridere di più, con il cuore che faceva male e la gola secca.

Sono qui. Stavolta per davvero.

Era lì, era reale e Sebastian aveva imparato a interpretare le sue parole, i suoi silenzi, gli spazi vuoti che lasciava, i punti in cui la grafia tremava, in cui le linee erano incerte e sospiranti, le parole venute fuori quasi per caso, quelle su cui la penna aveva indugiato più a lungo, quelle calcate di più, come a volerle imprimere sulla carta. Ogni sentimento al sicuro sulla carta.

Su quel foglio vi era più di quanto ci fosse effettivamente scritto.

«Devo aspettare ancora molto per sentirtelo dire?» Domandò, alzando leggermente lo sguardo su di lui e sorridendogli con dolcezza. Moriva dalla voglia di sentire quelle parole uscire direttamente dalle sue labbra.

Thad chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. «Mi sono innamorato di quel poco che so di te, Sebastian» si morse un labbro, mentre il sorriso sul viso dell’altro si allargava e il sangue pompava più velocemente nelle vene. «Adesso voglio innamorarmi anche di tutto il resto.»

E non c’era nessun altro, nessuno, da cui Sebastian avrebbe voluto farsi amare. Nessuno era mai riuscito ad andare oltre, a vedere ciò che in genere ci si rifiutava di considerare, a scoprire cose della sua personalità che lui stesso ignorava. Thad era la sua eccezione, perché lo aveva coinvolto e incastrato senza necessità di conoscere altro che non fosse il suo carattere. E Sebastian aveva un carattere pessimo, era arrogante, presuntuoso e borioso, ma a Thad piaceva e gli piaceva anche prima di scoprire che quella personalità spigolosa e, troppo spesso, molesta si nascondeva dietro un viso tutt’altro che spiacevole.

«Sono qui per questo, Thad» quasi si arrese a lui. «Voglio farmi amare da te.»

E suonava quasi come una richiesta di aiuto, un invito a prendersi tutto, senza lasciare nulla al caso.

Thad sorrise di più e si morse un labbro, gli occhi che brillavano di emozione. «E comunque» si schiarì la voce e Sebastian lo sapeva che stava per mettere un altro paletto tra di loro, ma sapeva anche che poteva aggirarlo con facilità, questa volta. «Mi hai promesso un primo appuntamento perfetto» gli ricordò. «Biscotti e canzoni della Disney: io le cose non me le dimentico.»

Sebastian annuì: anche la sua memoria funzionava ancora piuttosto bene. Si allontanò e si avvicinò alla sua bicicletta, armeggiando con il portapacchi per slegare il pacchetto che ci aveva fissato un’oretta prima.

«Mi ricordo, sì» rispose, voltandosi verso di lui e tenendo tra le mani il fagotto di carta e nastri che aveva recuperato. «E anche io ho portato i biscotti.»

Thad rise di gusto, infilando le mani nelle tasche del giubbotto e scuotendo la testa. «Mangeremo biscotti all’anice davanti alla cassetta delle lettere?»

L’altro fece una smorfia, ridendo a sua volta, contagiato dal suo buon umore. «No, ma voglio che tu li tenga in mano» rivelò, porgendogli il pacchetto e facendo un gesto teatrale verso la sua bicicletta. «Perché dovrai prendere posto dietro di me.»

E Thad scoppiò a ridere davvero, chiudendo gli occhi all’assurdità della scena. «Mi aspettavo un… cavallo bianco» ragionò, prendendo ciò che Sebastian gli porgeva, «ma direi che la bicicletta va bene.»

«Sono un principe un po’ squattrinato» si scusò, mentre scostava la bici dal muro e vi saliva. «Monsieur, prego» ridacchiò, nella sua direzione, mentre Thad si avvicinava con espressione scettica.

«Mi farai cadere?» Volle accertarsi.

Sebastian scosse la testa e gli sorrise rassicurante. «Tu reggiti a me e metti i piedi qui» batté il tallone su una sporgenza in corrispondenza del centro della ruota. «E, ah!» La cavalleria non è morta, considerò, mentre si sfilava la giacca e la ripiegava più volte, posandola sul portapacchi. «Così non stai troppo scomodo.»

Thad rise e fece come Sebastian aveva detto, facendo attenzione a non schiacciare troppo i biscotti. «Se fossi stato… che ne so, uno spazzino, avremmo viaggiato a cavallo della scopa?»

L’altro lo guardò da sopra la spalla, divertito. Era sempre così facile parlare con lui. «No, nel bidone con le ruote.»

«Una volta però eri Aladdin, mi aspettavo almeno un tappeto volante» considerò Thad, posando le mani sui suoi fianchi e facendo sospirare Sebastian.

Quest’ultimo si mise in equilibrio, cercando di tenere su entrambi. «Dovresti darmelo tu il tappeto» obiettò, «eri tu il mio genio» poi, senza lasciargli il tempo di rispondere alcunché, aggiunse: «Attaccati a me, bimbo

Thad annuì e strinse la presa sul suo fianco. «Sono un genio squattrinato anche io, che vuoi farci?»

L’altro rise e poi, senza aggiungere altro, si diede la spinta necessaria per scendere dal marciapiede ed immettersi in strada.

E, mentre la sua bici imboccava una discesa e il vento iniziava a corrergli tra i capelli, per la velocità crescente del mezzo, Sebastian aveva la mente proiettata in un unica direzione: il suo futuro insieme a Thad. Perché, nonostante fossero riusciti ad arrivare fino a quel punto con inaspettata facilità, restava ancora molta strada da fare.

Il vento freddo continuava a sferzargli il viso, ma Sebastian sentiva tutto il calore del sorriso di Thad e della sua risata rilasciata nell'aria; e si sentiva sicuro, sicuro che non avrebbero faticato molto a venirsi incontro e ad amarsi come si erano prospettati.

Erano loro i narratori della storia, avevano già scritto gran parte di essa. Il prologo era stato lasciato nelle mani di una corrispondenza dettata dal caso.
Toccava a loro darle un epilogo e ne avrebbero ultimato i dettagli insieme.






This is not the end. It is the beginning.
 


 

No, non sto piangendo. Come vi salta in mente? E’ solo una… ciglia nell’occhio, sì. Ma adesso mi calmo e giuro che ritorno lucida abbastanza da concl- no, quella parola è esclusa da queste note, chiaro? Questa non è una fine, questo è il loro inizio.

Dunque, non so se questo è l’incontro che tutti voi vi aspettavate, o meno. La prima volta che abbiamo pensato all’eventualità di mettere per iscritto questo fatidico momento – verso fine novembre, cioè – eravamo d’accordo sul fatto che ci sarebbero state poche parole, che si sarebbero guardati e studiati con circospezione e che poi avrebbero ceduto ai propri sentimenti e si sarebbero stretti, ma senza troppi discorsi e paroloni. Quando l’abbiamo plottata – circa un paio di giorni dopo aver finito di scrivere le lettere - è venuta fuori così e non l’abbiamo più cambiata, perché anche noi eravamo ancora sull’onda dei feelings e abbiamo deciso di prenderla così come veniva.

La scelta di scriverla dal punto di vista di Sebastian è stata unanime e quasi immediata, perché la sua mente è molto più complicata rispetto a quella di Thad e sapevamo entrambe che potevamo sfruttare questa shot per smussare un po’ di angoli della sua caratterizzazione. Caratterizzazione che, ripeto, anche in questa shot è conseguente ad Handwritten: il Sebastian di Unwritten è IC rispetto a quello di Handwritten e, ai fini della storia, è quello che mi premeva di più.

Sebbene sia stata scritta da me, la mano di Vals è comunque presente ed evidente: tutto ciò che Sebastian dice e fa è stato stabilito da lei ed io mi sono solo limitata a mettere tutto insieme e ad abbondare con l’introspezione – come mio solito, insomma.

Siccome ci è stato chiesto espressamente, abbiamo deciso di fare il pdf di tutta Handwritten – seguendo il link, vi si apre Mediafire e lo scaricate senza problemi – e di includere, alla fine dello stesso, anche Unwritten come Epilogo della storia. Chi vuole, così, può conservare tutta la nostra bimba.

E niente, direi che ci siamo definitivamente. Speriamo di non aver deluso nessuno e di non aver spezzato troppi cuori che si aspettavano qualcosa di differente: ci abbiamo messo tutte noi stesse e speriamo davvero che possa essere stata di vostro gradimento.

Un grazie enorme a tutti coloro che hanno recensito l’ultimo capitolo di Handwritten e a chi si fermerà a lasciarci un parere per questo. Siete veramente incredibili e io e Vals vi amiamo tanto tanto.


Un bacio enorme,


Robs&Vals

   
 
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