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Autore: Nihal    20/02/2013    2 recensioni
«Allora, questa piadina?»
«Arriva subito!»
Il servizio è sempre lento, qui. E comunque la voce di questo commesso non mi piace. Ha un non so che di irritante, ecco. Iniziamo bene se anche il commesso è irritante, vuol dire che non potrò godermi appieno la mia piadina. Perché sì, voglio godermela. Dopo ho due ore di lezione e vorrei almeno godermi il pranzo prima di dovermi concentrare.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei nella mia testa



Il viaggio dura un’ora, come al solito. Non posso neanche leggere, mi viene la nausea. Stupido pullman. Poi dicono che ai nostri giorni le persone non pensano. Io penso sempre, non posso fare altro.

«Allora, questa piadina?»
«Arriva subito!»
Il servizio è sempre lento, qui. E comunque la voce di questo commesso non mi piace. Ha un non so che di irritante, ecco. Iniziamo bene se anche il commesso è irritante, vuol dire che non potrò godermi appieno la mia piadina. Perché sì, voglio godermela. Dopo ho due ore di lezione e vorrei almeno godermi il pranzo prima di dovermi concentrare.
Non si fa neanche vedere in faccia, questo tizio. Mi risponde dall’altra stanza. Dov’è finita l’educazione di una volta?
No, non conta che ho solo ventun’anni. Una volta la gente era più educata, me lo sento.
«E timbrami la tessera. Due timbri, anche per la piadina della mia amica!»
Sto parlando con il niente, il commesso ancora non si fa vedere.
Sì, non sono sola, mi piace mangiare in compagnia, ma questo non è importante ai fini della narrazione. L’importante è il commesso, che adesso si è fatto anche vedere.
Lo conosco. Ecco perché mi stava antipatico dalla voce, il mio cervello l’aveva riconosciuto.
«Non se so posso timbrartene due, l’altra piadina non è la tua.»
Stupido tono strascicato. Tutti gli altri commessi sulla faccia della terra me li hanno sempre dati i timbri. Io voglio la mia piadina gratis. Lo fa perché mi odia, lo so.
«Non c’è una legge che vieta di avere una tessera in due e ora timbra.»
Me la timbra. Controvoglia, ma me la timbra. Lui e il suo grembiulino bianco. Non so perché ha un grembiule, comunque.
«Io e te ci conosciamo?» mi chiede.
La sai già la risposta, vuoi solo mettermi a disagio.
«Ne dubito.»
«Ma a me sembra di conoscerti.»
Possiamo anche smetterla con questa pagliacciata, odioso.
«Se lo dici tu.»
«Ho capito chi sei! Ti si riconosce dalla voce.»
È un complimento o un insulto? Poi è da mezz’ora che mi stai ascoltando, idiota.
La mia amica è misteriosamente sparita. Probabilmente vuole che questa discussione si svolga in privato. Beh, l’avevo detto all’inizio che non era importante ai fini della narrazione.
«Sei perspicace.»
«Ti ricordi di me?»
L’odio che trapana dalla mia voce non è abbastanza eloquente?
Come potrei dimenticarmi di una persona del genere?
È proprio vero che i peggiori sono quelli che lasciano il segno.
«Voglio scusarmi per quel che ti ho fatto.»
Chissà perché, ma me l’aspettavo.
«Il senso di colpa mi perseguita.»
Sì, immagino che in questi otto anni tu ti sia crogiolato nel dolore e che questo ti abbia impedito di fare due minuti di macchina per venirti a scusare.
«Wow.»
Non meriti ulteriori commenti da parte mia, sappilo.
«Mi sento davvero male per come ti ho trattato.»
«E quindi?»
«Mi perdoneresti?»
Arriviamo subito al sodo.
«Il mio perdono ti farebbe sentire meglio?»
«Sì.»
Vogliamo vincere facile, vedo.
«Cosa cambierebbe se ti dicessi che ti perdono?»
Non sei riuscito neanche a darmi la piadina, perché dovrei perdonarti?
«Non lo so. Mi sentirei meglio.»
«Non posso perdonarti.»
«Perché?»
«Perché tu non vuoi davvero scusarti, non ti importa di avermi fatto star male. Probabilmente non ricordi neanche chi sono.»
«Ma se ti ho riconosciuto!»
Inizia quasi a spazientirsi. Mai quanto me, comunque. Non ha il diritto di spazientirsi, lui.
«Solo perché io ho voluto che mi riconoscessi.»
«Cosa?»
«Siamo nella mia testa, idiota, non so se te ne sei reso conto.»
«Nella tua testa?»
«Non so come dirtelo, ma non molti negozi sono completamente bianchi senza mobili e con sole due persone. È anche sparita la cucina, prima c’era.»
«Ah. È per questo che faccio un lavoro sottopagato e non ti insulto anche se mi stai parlando con quel tono?»
«Sì, genio.»
E io sono una studentessa impegnata che raggiungerà un livello molto più alto del tuo, almeno nella mia testa. Non è un mio problema se nella realtà finirò disoccupata.
«Perciò non mi perdoni?»
«No.»
«Ma io mi sento male per come ti ho trattato!»
Meglio, almeno proverai un minimo di quello che ho provato io in questi anni.
«Ti senti male solo perché lo voglio io.»
Quante altre volte devo dirtelo?
Oh, guarda, è rispuntata la cucina! Se adesso spuntasse anche la mia piadina sarei contenta.
«Però sto male! Se sei tu che mi fai stare male, non potresti farmi stare meglio? Sono pentito di quello che ho fatto!»
Perché lo ascolto?
«Senti, ‘sta piadina?»
«Mi perdoni?»
«La piadina?»
Mi porge la piadina, finalmente. Ormai devo quasi andare a lezione.
«Un giorno mi perdonerai?»
«Forse.»
«Lo prendo per un sì!»
Cazzo, l’ho praticamente perdonato. Di nuovo. La prossima volta che mi faccio un film mentale non lo perdonerò. Assolutamente.

Oh, finalmente il pullman è arrivato. Tolgo gli auricolari e scendo. Ovviamente ho un’ora di anticipo, non esistono più i pullman di una volta, che ti fanno arrivare all’ora giusta.
Sì, sono sicura che una volta i pullman erano così.
E ora visto che non ho niente da fare vado a mangiare una piadina. La commessa mi sta anche simpatica.



Vi siete mai fatti dei viaggi mentali nella vostra testa in cui qualcuno che vi ha fatto qualcosa casualmente decidere di venire da voi a scusarsi? Io sì… spesso! Da qui questa nonsense!:)
P.s. pensandoci il negozio completamente bianco mi ricorda molto la 'stazione' nella testa di Harry Potter nel settimo libro, ma a mia discolpa non stavo pensando a quello quando mi è venuto in mente. Comunque io lo scrivo, magari è ispirazione inconscia e non me ne sono resa conto!:)

  
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