Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
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Autore: unadirezionenonbasta    20/02/2013    5 recensioni
Apro gli occhi ancora pieni di mascara della sera prima, li richiudo. Perchè dovrei alzarmi e fare cose?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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"Si."
Così gli infilo la lingua in bocca come farei con quel cristodiodiperfezione di Francisco Lachowsky. 
Le nostre lingue iniziano a danzare un dolce valzer, mentre mi stringe sempre di più con le sue forti mani. Quel valzer si trasforma in un tango sensuale, e ci lasciamo prendere da quella musica perfetta avvolta dalle parole di Ed Sheeran.
Scherzo, fa schifo. 
Sembra di essermi infilata in bocca una di quelle caramelle a forma di verme tutte gommose e colorate che dopo un po' danno il volta stomaco. 
Davvero? Davvero l'ho fatto? Oh dio, ma come sto messa.
Sono schifata, e la sua 'mano forte' è lontana metri da me, okay che sono brutta, ma non così tanto figlio mio!
"Sono le sette e mezza del mattino!" mi grida con la voce di mia madre. "Alzati! Arrivi in ritardo!" grida ancora.
"Sei seria mamma? sei seria?" Bene, mi ero svegliata da quell'incubo orribile, finalmente. 
Mi alzo, mi metto dei vestiti a caso addosso, vado in bagno e mi trucco. 
Non mi posso neanche pettinare! Sono nata con questi capelli ricci smonchi che appena li pettini sembro un membro dei Cugini di Camopagna, e se mi spalmassi della nutella in faccia una ragazza afroamericana. 
Potrei morire dentro la nutella. 
Prendo lo zaino, esco di casa, sono le 7.45, perfetto, vado verso scuola. 
Ripenso al sogno e al vicino sfigato che in realtà è un figo paura non che mio migliore amico, e a quella voce, alla voce di Ed.
Non sono sua fan, so poche canzoni, ma non riesco a farmi uscire dalla testa quella sua canzone, ma non ricordo proprio il titolo, appena incontro Giada alla fermata glielo chiedo, lei è una sua fan super accanita.
Cammino con le mie vans super gnocche per il marciapiede ormai riscaldato dai primi raggi che appaiono, anche se un lieve filo di nebbia nasconde l'orizzonte.
L'erba è piena di brina, c'è un vento freddo, ma quei piccoli raggi di sole riscaldano la mia pelle come non mai, è come se realmente qualcuno mi stesse dando un abbraccio.
Mi sento così bene e sollevata da dimenticarmi del peso della scuola, e mi dedico un piccolo istante sulla fredda panchina color verde stantio, la stessa panchina dove nonno mi portava da piccola per fare due tiri a basket.
Mi siedo, chiudo gli occhi e un piccolo sorriso inalza le punte della mia bocca, stringe la mia unica fossetta, quella destra. 
Le palpebre non pesano, ma non vogliono riaprirsi, quel piccolo istante mi ricorda i pomeriggi passati a giocare con un pallone da basket più grande di me. 
Mi ricordo come facevo rotolare la palla per terra con le mie piccole superga blu notte, e i miei occhietti marroni capaci di sorridere. 
Quando riuscivo ad alzare la palla per me era un gran traguardo, mi sentivo meglio, volevo un premio. Il premio più bello era semplicemente il sorriso che nonno mi donava, amavo il suo sorrriso, teneva alla sua igene dentale, aveva i denti bianchi e lucenti. 
Tutto questo pensare mi fa scendere una piccola lacrima per il suo ricordo, l'asciugo velocemente e mi rialzo, camminando verso la fermata con passi decisi e veloci, oggi sarei andata bene a scuola, oggi. 
"Ue bella ziba, tutto bene?" dice Giada, con la sua solita attitudine scherzosa e comica.
"Si, ma dovrei farti una domanda!" rispondo.
"Prima io, Riccardo? Allora? Ti ha accettato l'amicizia su Facebook o non ancora?"
"Lasciamo stare, meglio." rispondo ridendo, anche se vorrei sedermi a terra e convertirmi in pera e smettere di respirare finchè Riccardo non veniva a salvarmi su una 500 vecchia dinun color antico e datato con una canzone sconosciuta ma adatta al momento.
"Eddai, sapere che tu dire tutto Giada a." 
"Se dai, saliamo sul tram che arriviamo in ritardo." 
Saliamo sul tram, strette come sardine. Mi appoggio a lei, anche se in realtà ci ero già appoggiata, anzi, compressa, ma diciamo che sono abbastanza stanca, anche se sono andata a dormire alle 21 ieri sera. 
Chi mi capisce è bravo.
"Sale Riccardo, tranquilla non hai il trucco sbavato, pancia in dentro, petto in fuori." Mi sussurra Giada, e io, come se mi avessero tirato una secchiata d'acqua gelida addosso, muovo i capelli e obbedisco ai suoi ordini, cercano di sembrare il meno camionista possibile.
  
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