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Autore: MandyCri    21/02/2013    16 recensioni
Jack Grant è bello ed è il ragazzo più in vista e popolare di tutto il liceo.
Intelligente, ricco e ben dotato.
Il suo hobby preferito è collezionare ragazze e non francobolli.
Jenna Taylor è bella, ma si nasconde sotto felpe sbiadite e jeans abbondanti.
La sua vita ruota intorno a film romantici, pop corn e sogni ad occhi aperti con l'inseparabile amica Tess.
Jenna non sa nemmeno cosa vuol dire stare con un ragazzo... ma forse Jack glielo insegnerà.
Una storia normale, romantica e spero divertente, ma senza pretese.
E' la prima volta che mi cimento nella classica storia del ragazzo affascinante e del brutto anatroccolo...
Vediamo cosa ne verrà fuori!
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'amore non è bello se non è litigarello'
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Grazie di cuore a PinkyCCh per aver creato per me questo bellisimo trailer.
Guardatelo, perchè merita ed è stupendo.
E' un regalo stupendo e non la ringrazierò mai abbastanza per aver perso il suo tempo per me.
Grazie di CUORE.

TRAILER
DI
UN SACCO DI PATATE.
L'AMORE NON E' BELLO SE NON E' LITIGARELLO


by PinkyCCh

http://www.youtube.com/watch?v=ZFqV8Dj9lFY&feature=youtu.be

CAPITOLO 1
 
Quel sabato mattina Jack Junior Grant si svegliò pimpante e pieno di vita.
Un raggio di sole gli illuminò il viso, strinse gli occhi accecato dai raggi, ma nonostante il fastidio, sorrise.
Si alzò pigramente stiracchiandosi rumorosamente e si diresse velocemente in cucina.
Vicino alla porta notò le due grandi valigie, i suoi erano in partenza.
Suo padre Jack senior doveva presenziare un meeting a San Francisco nel week end e la madre, come sempre, lo accompagnava.
Ci sarebbero stati tutti i più importanti chirurghi degli Stati Uniti. Era orgoglioso del suo caro papà.
- JJ, tesoro! Già sveglio? – la madre Chantal gli corse in contro e lo stritolò nel suo abbraccio, lo baciò ripetutamente sulla fronte e sui capelli, alzandosi sulle punte, mentre lui si abbassava per farsi coccolare.
Ogni mattina era sempre la stessa scenetta e Jack si lasciava cullare dall’affetto della madre e si crogiolava nel suo amore.
Poteva sembrare quasi patetico visto da fuori, ma lui senza quell’abbraccio si sentiva quasi perso.
- Sono tornato a casa presto ieri sera, mamma – spiegò sciogliendosi dalla morsa materna.
Chantal sorrise e Jack la ricambiò mostrandole i suoi denti perfetti.
- Hai fatto il bravo bambino? – gli chiese inarcando dubbiosa un sopracciglio.
Jack abbassò lo sguardo colpevole – Mmm… mmm… - rispose distogliendo subito lo sguardo.
- Jack! – ecco, predica in arrivo! – Quante volte ti ho detto che non devi prendere in giro quelle povere ragazze! – appunto… - Non puoi continuare così, tesoro, ormai hai quasi diciotto anni, mancano pochi giorni. Dovresti trovarti una ragazzina e cominciare a fare le cose seriamente! Non puoi passare da un letto all’altro, le ragazze vanno rispettate e non sono francobolli! – lo rimproverò.
- È la predica del sabato mattina? – chiese allegro suo padre entrando in cucina in quel frangente.
Jack annuì mugugnando qualcosa di non indentificato che fece scoppiare l’uomo in una potente risata.
- Chantal, amore, lascialo divertire finché è giovane, non lo puoi torturare, in questo modo, ogni fine settimana. È ancora un ragazzo e ha tanto di quel tempo davanti a sé – lo soccorse.
Sua madre li guardò con un’espressione di rimprovero – Siete tutti uguali voi! – disse con un tono di rimprovero che suonò falso ad entrambi i due uomini, poi gli porse la tazza di caffelatte e i cereali e lasciò la stanza alzando le mani platealmente borbottando – Mi arrendo!
Jack scoppiò a ridere.
Adorava la sua famiglia e sapeva di essere ricambiato da ogni punto di vista.
Non gli mancava proprio niente. I suoi genitori si amavano come il primo giorno e lo consideravano il tesoro più prezioso, si sentiva quasi venerato da mamma e papà. Gli concedevano tutto e aveva la massima libertà, ma se aveva bisogno di un consiglio, i suoi erano sempre presenti e mai una volta gli avevano negato un aiuto. Viveva in una bellissima casa e la loro situazione economica era florida. Era dotato di un’intelligenza sopra la norma e non aveva nessun problema a scuola. Anzi! Brillava in ogni materia e probabilmente era lo studente più bravo di tutto il liceo, senza contare che anche nello sport spiccava per le sue doti, non a caso era il capitano della squadra di football.
L’unico problema che aveva era con le ragazze.
Be… ecco… non che avesse delle difficoltà con il gentil sesso, solo che non si sapeva decidere. O meglio, non aveva ancora incontrato quella giusta per lui, quella che gli faceva battere forte il cuore o sudare la mani. Insomma, quella che gli avrebbe aperto le porte del paradiso
Quindi, sostenuto anche dal buon Jack Senior e contrastato dalla severa, per modo di dire, Chantal, aveva deciso di provarne tante per trovare quella che, un giorno, sarebbe diventata la signora Grant.
Suo padre, in fin dei conti, aveva ragione. Era troppo giovane per essere serio da quel punto di vista, quindi Jack non pensava ad altro che a divertirsi e visto che madre natura era stata davvero generosa con lui e con il suo aspetto fisico, ne approfittava! Chi era lui, in fondo, per andare contro la natura?
A scuola era famoso per quello.
Lui era il classico bello e stronzo. Le ragazze erano come figurine per lui…
Ce l’ho… ce l’ho… ce l’ho…
Il “non ce l’ho” era riservato solo alle sfigate, grassocce, occhialone, secchione o somare che fossero, il resto era passato tutto sotto il suo corpo, nel senso reale della parola.
Bionde, brune o rosse.
Passava per i corridoi del liceo come il messia con i suoi apostoli, le ragazze e anche i ragazzi si spostavano e lo guardavano di sottecchi, le prime in adorazione e i secondi invidiosi.
Girò il cucchiaio nella tazza con un po’ di rabbia.
Chissà se quella marmaglia sapeva che lui era quello con i voti più alti di tutto il liceo!
Tra due settimane avrebbe compiuto diciotto anni.
Mamma e papà gli avevano promesso una festa speciale, visto i bei voti e Jack era fiero di se stesso.
Sarebbe stato l’evento dell’anno. Avevano affittato una villa stupenda con tanto di piscina, band e camerieri.
A scuola non si parlava d’altro, sentiva il chiacchiericcio degli studenti che smaniavano per essere invitati. Vedeva la speranza disegnata in tutti gli occhi che incrociava. Sorrisi forzati solo per ricevere quel bigliettino argentato, che sua madre aveva fatto stampare.
In realtà li avevi distribuiti tutti.
Gliene erano rimasti giusto due, che portava sempre in tasca, ma che sinceramente non sapeva a chi dare.
Probabilmente li avrebbe buttati vita.
 

***

 
Jenna Taylor si alzò di scatto dal letto. Era in ritardo!
Aveva passato un week end orribile, studiando matematica, che lei odiava profondamente, insieme alla sua migliore amica Tess, nonché genio dei numeri.
Si erano rimpinzate di pop corn, tartine, patatine e ogni genere alimentare “unto” che la madre della ragazza portava loro ogni ora, con un ritmo costante.
La sera avevano guardato un film d’amore strappalacrime e avevano pianto come due bambine, sul divano, abbracciate. Finito il film erano andate a dormire nella stanza di Tess, confidandosi i loro sogni ad occhi aperti. Rituale patetico di ogni fine settimana.
Sapevano entrambe perfettamente i gusti dell’una e dell’altra, ma a loro piaceva parlarne, almeno in via teorica. Praticamente soddisfacevano così la carenza di “ragazzi” nella loro vita. Si raccontavano cosa sarebbe potuto succedere se avessero conosciuto l’uomo ideale.
Ovviamente, entrambe speravano nel principe azzurro che sarebbe arrivato in sella ad una moto scintillante e le avrebbe tolte dalla loro condizione, ormai consolidata, di “sfigate”.
Avevano parlato per quasi due ore delle loro fantasie romantiche e del loro ideale di ragazzo, descrivendolo accuratamente, partendo dal fisico per arrivare alle psiche e stranamente, per entrambe, il modello ideale di uomo assomigliava pericolosamente a quello stronzo di Jack Grant.
Si erano guardate negli occhi e poi erano scoppiate a ridere.
- Sono solo sogni, ce lo possiamo permettere – aveva detto all’amica prima di addormentarsi con un sorriso stampato sul viso.
Almeno quelli non glieli poteva demolire nessuno ed erano completamente gratis!
Abitavano nello stesso palazzo e sullo stesso pianerottolo. Jenna per andare a trovare l’amica non doveva far altro che uscire di casa e bussare alla porta di fianco.
Tess Smith era come una sorella per lei.
Era piuttosto sovrappeso. Troppo sinceramente, insomma decisamente grassa e per questo perennemente a dieta. Dieta che giustamente non seguiva mai. Portava dei ridicoli occhiali rosa spessi un centimetro che le cadevano sempre sulla punta del naso, capelli castani lisci dritti come spaghetti sempre in disordine e si vestiva con leggins attillati, maglie scollate o peggio ancora delle minigonne inguinali che mostravano, senza pietà, ogni difetto delle gambe grosse e storte.
Jenna la invidiava da quel punto di vista, perché nonostante i chili di troppo e la sua risaputa timidezza,  riusciva a fregarsene e camminava sempre a testa alta, senza curarsi dei continui scherzi e delle impietose provocazioni di tutti i ragazzi “in” del liceo.
Era una timidezza un po’ strana quella di Tess.
Non riusciva a spiaccicare una parola con nessuno se non con chi conosceva da molto tempo, ma nello stesso tempo se ne infischiava ampiamente delle prese in giro e, il più delle volte, degli insulti veri e propri e Jenna la invidiava terribilmente per questa sua forza interiore.
Al contrario, lei aveva un fisico asciutto e ben fatto con le curve al punto giusto. Lunghi capelli neri lisci che le coprivano tutta la schiena che, nonostante ne avesse poca cura, erano sempre lucenti e in ordine, quando si ricordava di pettinarli. Tuttavia, sebbene sapesse di essere bella, non le piaceva mettersi in mostra.
Copriva il suo corpo sotto diversi strati di vestiti e legava la sua folta chioma scura in code assurde e spettinate o in orribili chignon fermati con la matita rosicchiata di turno.
Prese dall’armadio il primo paio di jeans e dal cassetto la prima felpa, senza curarsi dei colori.
Li indossò in fretta, strinse i jeans con una cintura e si mise le scarpe da tennis nere che ormai erano sfatte.
Quando arrivò in cucina vide chiaramente la madre scuotere la testa – Jen, sabato prossimo andiamo a fare un po’ di shopping, non posso più vederti in queste condizioni.
Alzò le spalle e bevve in piedi la tazza di the che sua madre le aveva preparato. Scartò una merendina e se la mise in bocca – Lo sai mamma che non mi interessa – disse con la bocca piena.
La donna alzò gli occhi al cielo – Non riesco proprio a capirti, tesoro… sei così bella che tutti i ragazzi ti cadrebbero ai piedi. C’è chi pagherebbe oro per essere come te e tu che fai? Ti nascondi sotto quelle felpe stinte e abbondanti e dentro a quei ridicoli jeans di tuo padre che saranno almeno cinque taglie più grandi della tua! – la rimproverò.
Jenna si accorse subito del lampo di tristezza che aveva appena adombrato il volto di sua madre.
Suo padre le aveva abbandonate quando aveva solo dieci anni. Non aveva fatto nemmeno la valigia.
Un giorno le aveva salutate come se niente fosse ed era sparito nel nulla. Non avevano più saputo nulla di lui.
- Ok, mamma! Sabato andiamo a fare shopping – disse più per chiudere quella conversazione che ormai le logorava il fegato ogni mattina che per rendere felice la madre.
Quando vide rispuntare il sorriso sulle labbra della donna, però, si sentì felice.
- Vado adesso che sono già in ritardo. Ciao mamma a dopo – urlò dirigendosi in bagno per lavarsi i denti.
Uscì di casa in fretta e furia, proprio mentre Tess stava per bussare. Si salutarono con un mugugno e fecero i due piani di scale correndo per non perdere l’autobus che, fortunatamente, presero al volo.
Ovviamente il mezzo era stracolmo e Jenna rimase sul gradino più basso della porta scorrevole, non riuscendo ad andare oltre.
La sua visuale era completamente coperta dal seno prosperoso di Tess che, quel giorno, aveva scelto una maglietta fucsia di dubbio gusto.
Come se non bastasse l’amica cominciò subito la sua paternale, come se quella di sua madre non fosse stata sufficiente quella mattina!
- Jenna sei scandalosa! – le soffiò nell’orecchio visto che si era sistemata un gradino sopra di lei – Ma perché ti vesti sempre in questo modo così insulso? – chiese inchinandosi verso di lei e facendole sprofondare il visto nelle sue tette enormi.
Jen cercò di spostare il viso lateralmente infastidita da quella vicinanza.
- Uff… Tess, non metterti anche tu! Mi sono già sorbita la predica di mia madre che sabato mi costringerà ad un tour de force per i negozi del centro commerciale – gemette già impaurita dalla giornata che le si sarebbe profilata tra pochi giorni.
- Eh! Sarebbe ora, non ti capisco proprio Jenna. Sei bella, hai un corpo da urlo che conosciamo solo io e tua madre, sei intelligente e simpatica e ti nascondi sotto quegli stracci e quel carattere di cacca, concedimi questa parola, che ti ritrovi! Potresti avere tutti ai tuoi piedi! È proprio vero che chi ha la pagnotta non ha i denti… - concluse lanciandole un’occhiata sprezzante.
Jen sbuffò.
Sempre le stesse storie, che stanchezza!
Se già il suo umore era pessimo, adesso era sotto la suola delle scarpe.
Non rispose nemmeno , intenta com’era ad evitare quelle super tette ballerine che ad ogni buca le arrivavano in faccia.
Quando scese dal bus tirò un lungo respiro di sollievo. Salutò velocemente Tess e si diresse come uno tsunami verso la sua classe.
Prima ora, compito di matematica! Ma poteva cominciare peggio quel lunedì?
Non guardò in faccia nessuno, non ascoltò nemmeno i commenti sarcastici su di lei delle ragazze della squadra di pallavolo, corse e basta verso il suo “quattro” in matematica, ormai consolidato, perché nonostante ci avesse messo tutto il suo impegno quel fine settimana a studiare le formule e tutte quelle cose strane, non aveva capito ancora nulla e questa era la sua unica certezza in quel momento.
Due prediche e un quattro, cosa mancava per peggiorare la situazione?
Questo fu il suo ultimo pensiero, prima di ritrovarsi stesa per terra con un grosso peso sullo stomaco e la testa dolorante.
 

***

 
Jack si mise a sedere sul pavimento freddo, massaggiandosi la testa.
Stava correndo per scappare dalla biondina con cui aveva trascorso il venerdì sera, prima di svoltare l’angolo e trovarsi rovinosamente addosso a chissà chi.
Aveva fatto il grosso errore di bere un bicchierino di troppo e aveva lasciato il suo numero di telefono alla tizia che si era portato a letto. Quella scocciatrice l’aveva tampinato di messaggi per tutto il sabato e la domenica. Ma cosa si era messa in testa? Doveva sapere che lui era famoso per una botta e via.
Contrariamente a tutti gli altri fine settimana, se ne era stato chiuso in casa come un eremita per paura di incontrarla e a nulla erano valse le telefonate degli amici per convincerlo ad uscire.
Aveva accampato la scusa banalissima del “non sto tanto bene, ho paura di essermi preso l’influenza”, non sapendo che altro inventare per non uscire, ovviamente non poteva certo dire la verità, ovvero che era terrorizzato di incontrare nuovamente la biondina “non mi ricordo nemmeno come si chiama”.
Alzò lo sguardo e fissò la colpevole della sua caduta.
Quella cicciona sfigata! Proprio in quel momento doveva mettersi sulla sua strada?
La ragazza se ne stava ancora stesa a terra, lamentandosi per la botta.
Quando si mise seduta e si accorse di lui, arrossì violentemente.
Non era proprio grassa, osservò guardandola meglio, anzi forse era anche carina sotto quegli stracci.
La campanella suonò l’inizio delle lezioni e lo distolse dall’esame approfondito che stava facendo alla ragazza.
Pericolo scampato. La biondina tettona probabilmente era già in classe.
Si rialzò prontamente e le tese la mano – Ti sei fatta male? – le chiese con gentilezza.
La ragazza fece una smorfia non ben definita e rifiutando il suo aiuto si issò da sola. Si pulì i jeans decisamente troppo larghi per lei e lo guardò in malo modo – Ho il compito di matematica alla prima ora e per colpa tua, ho perso minuti preziosi – gli disse con cattiveria additandolo come se fosse un pericolo per la società.
Jack strabuzzò gli occhi. Questa poi… non solo l’aveva travolto e atterrato, ma gli stava pure dando la colpa dell’incidente – Senti cicciona sfigata - disse stizzito e arrabbiato – Sei stata tu… - non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che la ragazza alzò il dito medio in segno di saluto e sparì dietro l’angolo.
Jack rimase allibito.
Non solo l’aveva travolto, non solo gli aveva dato la colpa di ciò che era successo, ma l’aveva pure mandato a quel paese? Rimase in silenzio a meditare.
No, no, no! Quella sfigata non poteva trattarlo così!
Ci avrebbe pensato lui all’intervallo a rendergli pan per focaccia!
Si avviò verso la sua classe più agguerrito che mai!
 

***

 
Ecco! Era anche in ritardo, addio media del quattro…
Jenna bussò alla porta ed entrò preparandosi alla ramanzina del professore che non tardò ad arrivare.
- Taylor! Qual buon vento! Siamo contenti che ci abbia degnato della sua presenza. Mi dica… è talmente sicura di se stessa che può permettersi di perdere dieci minuti di tempo per questo compito? – la prese in giro il professore.
Sentì sghignazzare i suoi compagni e si diresse a testa bassa e avvilita verso il suo banco – Mi scusi ho avuto un contrattempo – mormorò a voce bassissima.
Maledetto Jack Grant! Era tutta colpa sua. Doveva proprio sbucare da quell’angolo così all’improvviso?
Il professore le consegnò il compito da svolgere – Mi faccia sognare Taylor – disse ridendo.
Jenna sentì le guance bruciare. Che vergogna!
Cominciò a leggere le domande e rimase sconcertata. Non ne sapeva nemmeno una!
Addio media del quattro.
Oltretutto come se non bastasse l’immagine di Jack continuava a tormentarla.
Oh Dio! Come era bello! Con quegli occhi di un azzurro intenso e quei capelli neri un po’ mossi che gli coprivano parte del collo e gli scendevano ribelli sulla fronte, quel lieve filo di barba e quel naso perfetto. E la bocca? Così piena e rosea… Jenna deglutì vistosamente.
- Problemi Taylor? – l’agguato alla spalle del professore la prese alla sprovvista. Sobbalzò, arrossì violentemente e scosse la testa cercando di darsi un contegno e di concentrarsi nuovamente sul compito.
Jack era alto e aveva due spalle larghe, le gambe sode e muscolose e il sedere? Oh! Dio…
Quando andava a vedere le partite con Tess non riusciva mai a staccare gli occhi da quel fisico statuario, entrambe se ne stavano lì, come due stupide, a sbavargli dietro. Cercavano sempre un posto un po’ isolato in modo che nessuno le notasse, tanto poi non partecipavano mai alla festa di fine partita. Restavano ad ammirarlo con la bocca aperta sognando che, magari un giorno, lui le avrebbe degnate di uno sguardo e, perché no, avrebbe chiesto loro di raggiungerli per festeggiare il fine partita.
Sogni…
E lei? L’aveva atterrato come un’idiota… o era stato lui ad atterrare lei? Del resto era lui che era finito sopra il suo corpo!
Jenna il compito!, si rimproverò stanca di quei pensieri.
Rilesse la prima domanda, ma le parole del ragazzo ritornarono prepotenti: senti cicciona sfigata...
Forse aveva ragione sua madre, era arrivato il momento di rinnovare il guardaroba.
Si diede della stupida, pazza e cogliona diverse volte, ma a chi la voleva dare a bere? Jack Grant era il ragazzo più popolare di tutto il liceo, dopo il loro scontro non si sarebbe nemmeno ricordato la sua faccia.
Rilesse la prima domanda e cominciò a scrivere, esattamente cosa non lo sapeva, ma almeno non avrebbe presentato il compito in bianco!
 
 
 
 

   
 
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