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Autore: chasingusall    21/02/2013    2 recensioni
Perché io amo Ulisse.
Questo breve brano racconta gli attimi in cui, dopo l'avvistamento di Itaca, i compagni di Ulisse aprono l'otre donata dal dio Eolo.
[Ho scritto questa storia prendendo spunto dal testo della bellissima canzone "Brothers In Arms", dei Dire Straits, perciò vi consiglio di ascoltarla mentre leggete la fic.]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ulisse
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This infinite ocean

is now home for me.

 

 

Quattro giorni e quattro notti.

Novantasei ore passate a vegliare sull'otre che conteneva le nostre sventure, senza mai chiudere occhio, senza mai concedermi un minuto di sonno.

All'alba del quinto giorno, finalmente, un nostro compagno urlò le parole che da tanto tempo aspettavo di udire.

Ed ero più che sicuro, che nessun'altra frase sarebbe stata più bella di quella:

"Terra! Terra! È Itaca! Siamo tornati a casa, è Itaca!"

Nonostante avessi più sonno di chiunque altro, feci un balzo e mi fiondai verso la prua della nave, affacciandomi trafelato.

Ebbene sì, quella era proprio la mia terra.

Era proprio Itaca, riuscivo a scorgere quella tanto amata sagoma di rocce che la contornava.

E mi vedevo già lì, ad abbracciare finalmente la mia Penelope, mio figlio Telemaco, il mio fedele Argo.

Riuscivo già a sentire le dure ma accoglienti rocce sotto i piedi, l'odore della mia reggia, le risate delle vestali.

I miei occhi, la mia mente, il mio cuore.

Loro erano già tornati ad Itaca.

 

E intanto il mio sguardo si faceva sempre più sfocato: il sonno si stava impadronendo della mia anima.

"Guardate quell'otre, da quando è sopra questa nave Ulisse non fa altro che sorvegliarla."

"E se contenesse un grande tesoro?"

Io sentivo i loro discorsi, e cercavo di biascicare qualcosa per fermarli, ma inutilemnte.

Sapevo cosa volevano fare.

Non potevo permetterlo.

"Vuole sicuramente tenere tutto l'oro per sé, ma noi non siamo così stupidi!"

"F-fermi...", sussurrai debolmente.

"Hai ragione, apriamo quell'otre!"

"Si! Si!"

"No..."

Ma era troppo tardi.

I miei occhi si posarono su Itaca ancora una volta.

"Dolce Penelope, mi aspetterai ancora?"

E mentre una lacrima solcava la mia guancia, un maestoso vento iniziò ad ululare, forte, arrabbiato e violento sulla nostra nave, come un uragano, spazzandola via.

E la mia terra spariva, lontana.

Sempre di più.

 

Sarei mai tornato da ciò che più amavo? Sarei mai tornato a casa?

Oppure, la mia casa era ormai diventata il mare?

Sarei morto tra quelle onde, in quell'oceano di solitudine?

"Addio, mia cara Itaca."



 

« There's so many different worlds,
So many differents suns.
And we have just one world
But we live in different ones.
»

   
 
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