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Autore: lestat92    21/02/2013    0 recensioni
"Non voglio dirti chi sono, ma vorrei dirti chi ero e chi vorrei essere". Le piacque così tanto quel compromesso che fece giusto un cenno del capo. Lui nel frattempo aveva ordinato al cameriere altri due cocktail ed un posacenere.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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"Allora, chi sei?" Glielo chiese per quella che sembrò ad entrambi la millesima volta e lui rispose per la millesima volta dicendole il suo nome. "Pensi che questo possa bastare?" Sbottò lei. Lui le sorrise, erano seduti a quel tavolo da ormai due ore ed era passata da poco la mezzanotte.
Il cielo scuro e stellato creava un'atmosfera perfetta per il loro incontro, in più il rumore delle leggere onde marine che si scontravano contro gli scogli piaceva ad entrambi. Lui si sentì ispirato da quella natura che li circondava quasi come fosse un ventre materno e quindi decise di rispondere nella maniera più sincera che conosceva.
"Sono un inguaribile bugiardo, ma allo stesso tempo mi definisco anche romantico e comunque sei bellissima". Lei si imbarazzò leggermente, le guance si arrossarono e quel colore purpureo contrastava così romanticamente con i suoi occhi verdi e al contempo accompagnava quei capelli rossi chiaramente tinti.
"Non voglio dirti chi sono, ma vorrei dirti chi ero e chi vorrei essere". Le piacque così tanto quel compromesso che fece giusto un cenno del capo. Lui nel frattempo aveva ordinato al cameriere altri due cocktail ed un posacenere. "Mi piacciono questi locali in riva al mare, perchè puoi bere e fumare tranquillamente guardando la spiaggia. Mi piace troppo il mare, oh l'acqua è sicuramente il mio elemento".
Il cameriere arrivò quasi subito con un Mojito per lei ed un Long Island per lui, lasciò lo scontrino ed il posacenere sul tavolo. La ragazza bevve subito un sorso del suo cocktail, lui invece scostò il drink da un lato del tavolino di vimini intrecciati con sopra un elegante vetro, attentamente pulito e prese il pacchetto di sigarette, se ne accese una. Lei storse il naso "Ti da fastidio il fumo?" le chiese. "No è solo che fa male rovina i polmoni e la pelle". Lui però fumò con una tale indifferenza che poteva far sembrare che la ragazza che aveva di fronte non gli avesse detto nulla.
Lo guardò fumare, vide le sue dita affusolate portare alla bocca la sigaretta, mentre aspirava ed il piccolo bracere si faceva più luminoso lo guardò bene. Aveva degli occhi cosi grandi e profondi che per un attimo si sentì nuda davanti a lui, davanti a quei terribili occhi impietosamente blu, pieni di arroganza a causa della loro bellezza e di umiltà invece per essere ospiti di un viso ancora più bello di loro stessi. Ogni cosa su quel volto sembrava essere stata meticolosamente inserita dalla natura, ogni capello, ogni pelo della barba. Non riusciva a capire bene la lunghezza dei capelli, dato che erano tirati perfettamente all'indietro.
"Ci sei? Ooohooh?" Si riprese al terzo schiocco delle dita di quel ragazzo che aveva difronte. "Ti eri come imbambolata, non rispondevi più, è normale? Fai sempre così?" e le sorrise. "Allora posso iniziare?" Lei leggermente spiazzata dalla sua determinazione rispose "Certo".
"Tanto per cominciare chi ha detto che i soldi fanno la felicità non è mai andato a dormire senza aver cenato ne si è mai fatto una doccia fredda la mattina di natale". Si fermò subito, come spaventato da un qualcosa di ancestrale.
"Conoscevo un ragazzo anni fa il quale mi disse queste cose, uscivamo insieme la sera, noi due ed altri nostri amici. Dopo un po' smise di uscire sia la sera che al pomeriggio, erano i tempi dell'università, la nostra unica preoccupazione era quella di bighellonare e studiare fino a sera, come dei perfetti dandy di fine '800. Un giorno volle vedermi per parlare, alla fine io ero il suo migliore amico. Uscimmo e mi raccontò tutto di lui, mi disse che non usciva più perchè era sempre senza un soldo e non voleva chiederne ai suoi genitori, anche quel poco che bastava per un pacchetto di sigarette. A vedere quel bellissimo ragazzo di vent'anni conciato così mi vennero le lacrime agli occhi. Credimi era molto più bello di me e te messi insieme, era intelligentissimo, un sacco di ragazze lo volevano, ma si sparse la voce che fosse omosessuale poichè le rifiutava tutte. Mi disse perchè faceva così, non voleva uscire con ragazze a cui non poteva nemmeno offrire un caffè. Se solo avesse avuto quello che ho io oggi sarebbe stato uno dei ragazzi più brillanti che avesse mai calpestato questa terra. Una sera uscimmo e mi offrì da bere, disse che un amico di suo padre commosso dalla sua situazione gli avesse detto di uscire e bere alla sua salute con un amico. Lo disse praticamente piangendo, era così umiliato e mortificato dalla sua stessa situazione ."
"E poi?" la ragazza pendeva dalle sue labbra era rapita da quel racconto di amicizia e miseria.
"Si tagliò le vene dei polsi". "E poi?" Lui scosse il capo, ma la ragazza non volle capire o non riuscì a capire il suo dolore, un tipo di dolore di fronte al quale si può solo tacere, ma forse complici anche i due mojito se ne uscì con:" No adesso finisci di raccontarmi questa storia...Cosa succede dopo?". "Non finisco un cazzo! OK?" Urlò, tutti nel raggio di cento metri lo sentirono perfettamente e si zittirono, si fermò ogni cosa, solo il mare continuava ad infrangersi sugli scogli impassibile, a lui non importavano questi problemucci da esseri umani. Il giovane prese il portafogli e buttò due banconote di grosso taglio sul tavolo dicendo: "Questi sono per i drink ed il tuo taxi" L'ultima parola la disse allontanandosi.
Camminò fino all'albergo, aveva lasciato i soldi al cameriere dicendogli di restituirli al ragazzo nel caso fosse tornato al locale, confidò nella buona fede del cameriere.
Entrò in camera ed accese la luce e subito urlò, il ragazzo che nemmeno un'ora prima le aveva urlato contro era in camera sua, sdraiato sul letto con la camicia aperta, la sigarette sulle labbra, ed appena lei fu completamente in camera le sussurrò "Scusa". Era così arrabbiata, umiliata e troppo impegnata a capire come fosse entrato nella sua camera per ascoltare delle scuse "Come hai fatto ad entrare? Giuro che ti denuncio se non esci immediatamente da qui" gli urlò "Calma il posto è mio" rispose lui quasi inspiegabilmente in lacrime "Che posto?" "L'albergo. L'albergo è mio e ho un passepartout", sorrise ma gli occhi erano gonfi e rossi dalle lacrime. "Facciamo che se mi stai a sentire ti offro la camera per tutto il tuo soggiorno". Dieci secondi di silenzio assoluto, solo il mare continuava il suo moto perpetuo provocando un rumore flebile, lei annuì.
"Vieni, qua sul letto con me", la giovane si tolse le scarpe col tacco e si sdraiò di fianco a lui guardandolo, ma il ragazzo fissava insistentemente il soffitto, come se ci fossero scritte dle parole che le suue labbra non riuscivano a pronunciare, come se provando a leggerle fosse stato più facile. Un minuto, poi due, poi cinque, lui immobile con lo sguardo fisso verso l'alto, lei altrettanto immobile fissa sui suoi occhi. Le labbra incorniciate di barba si schiusero, ma non ne uscì nulla, dai suoi occhi blu invece sgorgavano fiumi di dolore liquido ed incolore bagnando silenziosamente le guance. Stava piangendo senza emettere alcun suono. Lei sempre immobile gli sussurrò "Perchè non mi dici chi vorresti essere allora?".
Continuando a piangere, ma con una voce perfettamente controllata le disse "Alcuni lupi raggiunta l'adolescenza vanno in cerca di un partner, ma non trovandola rimangono soli per tutta la vita. Questo è il lupo solitario. Quando non hai nulla se non te stesso ne risorse ne affetti, Cos'è la tua vita? Quando il tuo nome non è nulla, quando sei così solo cosa puoi fare?". Un silenzio reverenziale si era creato nell'aria e persino dalla finestra aperta non si sentiva alcun rumore, nessuno tranne il fragore delle onde del mare, ancora disinteressato a tali problemi effimeri, per un'entità cosi forte ed imponente da non prestare attenzionne ne alla terra ne al cielo.
Lo baciò, dolcemente e con rabbia, lui dapprima non rispose al gesto, ma in un attimo le fu sopra. Con pochi gesti le aveva tolto il vestito e slacciato il reggiseno, lei gli slacciò la cintura e fece per togliergli la camicia, ma lui si oppose con fermezza. Non ci fece troppo  caso, fecero l'amore, in un modo talmente dolce che sembrò ad entrambi di farlo per la prima volta.
La ragazza appoggiata al petto di lui. Non le interessava la fine della storia ne quanti problemi avesse, ne quanto fosse strano il suo carattere, voleva lui, provava per quel ragazzo un sentimento vero che non aveva mai provano fino a quel momento, un sentimento primordiale e viscerale che non poteva controllare, ma fu felice così e si addormentò.
Si svegliò da sola ed in pochi secondi rendendosi conto che lui non era li fu subito furiosa, velocemente si preparò e scese alla reception. "è partito questa notte, ha detto che starà via per molti giorni" Sentendo queste parole trattenne a stento le lacrime, la rabbia no, quella non la controllò la lasciò fluire detro di se come un veleno. "Ha detto che può alloggiare qua un'altra settimana e sia i giorni che ha già fatto che quelli che farà sono offerti da lui, naturalmente anche i pasti ed i servizi in camera sono tutti offerti". Accettò subito non per opportunismo, ,a per dispetto voleva fargliela pagare e non aveva altro modo se non quello pecuniario dato che non l'avrebbe più rivisto.
La settimana passò relativamene in fretta, rabbia e rancore però erano maturati in lei. Rancore verso quel perfetto stronzo seppur bello come la luna si disse, la luna che tanto piace ai lupi.
L'ultima sera di soggiorno c'erano degli alti cavalloni, qualcosa doveva aver fatto arrabbiare il mare ed ora impietoso come al solito scatenava la sua forza sulla causa della sua ira. Coperto dal fragore delle onde non sentì il rumore della porta che si apriva, per questo urlò quando vide entrare la signora della reception.
"Il capo mi aveva detto di darle questa l'ultima sera del suo soggiorno qua da noi". Poggiò una busta sul comodino e prima che la ragazza potesse dire qualcosa la signora era già fuori dalla sua stanza. Si fiondò sulla busta come un falco su di una lepre, la rabbia che saliva fece si che iniziasse a tremare. Sulla busta vi era scritto "Leggila in spiaggia". Corse subito giù così com'era, trasandata senza dare importanza all'aspetto fisico, lettera in mano sperava che fosse sulla spiaggia per dirgliene quattro e magari prenderlo anche a schiaffi. "Con che coraggio si fa sentire dopo quello che mi ha fatto?". Una volta con i piedi sulla sabbia poteva sentire solo il forte ed assordante rumore dei cavalloni e vedere solo ciò che la luna piena voleva illuminare.
Sperava di trovarlo, ma non c'era nessuno, piangendo si inginocchiò sulla sabbia, gli spruzzi d'acqua dei cavalloni più alti arrivavano a bagnarle il volto, così si girò spalle al mare e aprì la busta. Una lettera, parole di una grafia armoniosa erano state posate con inchiostro nero sul foglio.
Lesse.
Pianse.
Lesse di nuovo.
"Scusami non volevo ferirti, ma ho artigli e zanne che non sono fatte per accarezzare e baciare. Scusami per il mio atteggiamento ed il mio pianto. Scusami. Ero solo, ero perduto, ero un lupo solitario senza vita ne amore. La mia anima malsana si divise e creò per me una via di fuga, creò un'altra personalità che potesse assistere sua sorella. Dentro di me ci sono infinite anime e le più forti aiutano le più deboli a non crollare. Sono ovunque e non sono da nessuna parte, esisto e non esisto, vivo e muoio continuamente, credo di amarti e di essere amato da te, devi sapere ma non riesco a raccontare. Non starò mai più vicino a te, non ti vedrò mai più e non mi perderò più nei tuoi occhi. Non è che non voglio, ma non posso, potrei ferirti con le mie zanne baciandoti o tagliarti toccandoti. Non potrò mai più essere felice per mia stessa causa, non potrò farti felice. Il sole però domani sorgerà, il mare continuerà ad esistere e continuerà a fregarsene. Tu devi vivere, non con rancore nei miei contronti ne con pena, portami affetto e da lontano io ti darò per sempre amore, senza mai dirtelo o dimostrartelo.
Pianse di nuovo.
Il ragazzo che aveva scritto quelle parole uscì dall'ombra rischiarato dal fascio lunare. Piedi scalzi, un paio di jeans e una camicia di seta bianca, sbottonata per metà e con le maniche tirate su.
Lei lo vide piangente e lo attese.
Faccia a faccia si abbracciarono e baciandolo lei si lasciò andare in un fragoroso pianto.
"Scusami non riuscivo a mantenere la parola data in quella lettera".
Quella sera fecero ancora l'amore e lei vide delle ferite sui polsi del ragazzo, vecchie, completamente cicatrizzate, ma non gli chiese nulla, provò però una grande pena per lui. Così bello, brillante, intelligente...Così infelice.
Quando il ragazzo si svegliò c'era un silenzio completo quasi sinistro, solo il mare continuava a scatenarsi impertinente sulla spiaggia. Andò in bagno, mentre la vasca si riempiva d'acqua guardò la ragazza che giaceva nuda addormentata nel letto, scarabocchiò su di un foglietto ed entrando nel bagno lasciò socchiusa la porta.
Era ancora buio quando trovò il biglietto lasciatole da quello che era il suo primo vero amore. Poche parole "Ti amo, Ti amerò per sempre, ma i lupi che non trovano subito la felicità rimangono soli fino alla morte".
Lo cercò nella stanza e lo trovò in bagno, nella vasca, l'acqua cremisi color del sangue. Lui senza vita con profondi tagli dove prima c'erano solo vecchie cicatrici.
Cadde, in un pianto silenzioso, in ginocchio...non sentiva più nulla, nessun rumore. Nemmeno dall'esterno provenivano rumori, le onde si erano fermate. Anche le acque marine fermarono il loro eterno ondeggiare... A volte anche il mare si ferma, per puro dispiacere.
  
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