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Autore: Gigi Ghiro    22/02/2013    1 recensioni
sono al limite della sopportazione, e so che se mi lascio andare non posso più tornare indietro. ma SO che lui esiste! non è solo dentro la mia testa...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1, L'INIZIO DI TUTTO


Tutto il mondo è in un silenzio ovattato, solo qualche piccolo brusio mi arriva alle orecchie... è bello il silenzio... tranne per la voce dei miei pensieri.. è decisamente troppo forte... assordante.. ma posso sempre smettere di pensare. Cosa succede se mi spengo? Niente... sono come il silenzio, prima esisto e poi basta. Puff. Sparisco.
Ma se sparisco chi mi riporta qua? In tutto questo. Nessuno. Sono sola. Me ne sono appena accorta... dov'è lui? Era con me... gli ho promesso di non abbandonarlo...no! Non mi posso spegnere. Ho una promessa da mantenere. Non sono una che parla e basta!
Bip-bip..dove sarà finito.. bip-bip.. devo bip-bip.. bip? Cos'è? Bip-bip..aspetta è un suono..non sono io.. bip-bip
bianco. Una luce accecante e questo suono che persiste.. bip-bip..linee.. no aspetta sono i contorni di qualcosa.
“Guardate si sta svegliando!” Ma questa voce la conosco.
“Mam..” Il suono mi si spegne in gola. Fa troppo male. Non riesco a parlare. Sembra che in gola ci sia qualcosa che raschia, tirando via gli strati interni, la lingua gonfia non si muovo come vorrei. Mia mamma deve capirlo immediatamente perché mi avvicina alle labbra un bicchiere di acqua... credo.. scende nella gola che è una meraviglia rinfrescando tutto al suo passaggio.
“Piccola come stai ora? Va meglio? Ne vuoi ancora?” Per non rischiare di nuovo la stessa esperienza faccio solo un piccolo cenno con la testa. Dopo aver bevuto a sufficienza guardo bene dove mi trovo. Sono sdraiata su un letto decisamente troppo scomodo, ho male su tutto il corpo. Le pareti della stanza bianche, ma un bianco sporco in confronto a quello di prima. Ho un piccolo comodino con qualche peluche e dei fiori affianco al letto. Una piccola tv è appesa nella parete di fronte a me, e qualche sedia. Sono in ospedale. Che bello! Dato che ci ho passato così poco tempo da piccola.
Ho un flebo che mi entra nel braccio, e sono collegata a una macchina che mostra i battiti del cuore..ecco cos'era quel bip-bip. La macchina.
Nella stanza c'è solo mia mamma ma da un momento all'altro dovrebbe arrivare il dottore.
“Mamma cosa è successo? Perché mi trovo qui?” Voglio assolutamente sapere cosa mi è successo! Perché sono qui? Ho sempre avuto una repulsione per questo posto tale che non ho mai voluto venirci, nemmeno per le cose più gravi.
“Piccola eri a scuola e di punto in bianco ti sei accasciata a terra. La professoressa pensava che fossi svenuta, ma non ti riprendevi, poi hai iniziato a urlare, hai spalancato gli occhi ed hai avuto delle convulsioni. Sono corsi a chiamare l'ambulanza. Dottori non sanno cosa ti sia successo.” Fa un respiro per riprendere fiato. Ha gli occhi pieni di lacrime. Sono sconvolta! Non ricordo niente di tutto ciò...
“Ti hanno subito portato qui e ti hanno visitato. Appena sentito la notizia sono corsa qui... mi hanno fatto aspettare in sala attesa per un'eternità! Non mi volevano lasciare entrare! Poi un dottore è venuto a dirmi che rischiavi di entrare in coma...che eri sospesa in una regione remota della tua mente. Inaccessibile. Solo te potevi decidere se tornare da me o rimanere li..sei rimasta in quello stato vegetativo per tre giorni” Decisamente non ero la sola a essere sconvolta, ma come biasimarla! Per tre giorni ferma a letto, come se stessi dormendo, ma senza svegliarmi. Chiusa nella mia mente..
“Ma ora ti sei svegliata! È questo che conta! Ora bisogna avvisare i dottori...so che non bisognerebbe ma non l'ho fatto subito perché non volevo che mi portassero via da te di nuovo. Dai ora vado a dopo piccola”. Mia mamma mi chiama ancora piccola, nonostante abbia già diciassette anni, ma per lei rimarrò sempre la sua bambina.
Ritorna dopo pochi istanti con un dottore dall'aria vagamente annoiata, con capelli neri tendenti al grigio, occhiali, di alta statura e robusto. Inizia a farmi le solite domande di procedura, come mi chiamo, quanti anni ho, se so dove mi trovo e se ricordo qualcosa dell'accaduto, più altri piccoli esami tipo pressione e temperatura. Dopo aver risposto in modo diligente a tutte le domande il dottore controlla la cartella clinica per aggiungere i nuovi dati.
“Dagli esami non siamo ancora riusciti a capire cosa le è successo, tutto è nella norma. Lo stato vegetativo non sembra aver causato danni alla corteccia cerebrale, ma per maggiori certezze bisogna fare una tac. Dovrai fare altri esami e se anche quelli saranno nella norma entro pochi giorni potrai essere dimessa.” Ma che bello tornare a scuola dopo quello che è successo... ma prima o poi devo affrontare la cosa.
“Grazie dottore”. Mia mamma dev'essere felice che tra poco si può tornare alla normalità, anche lei come me non ha mai sopportato gli ospedali, dato che dentro ti fanno aspettare un'eternità, senza poi concludere niente.
“Piccola senti è tardi. Io devo tornare al lavoro, ma ti ho portato qualcosa da leggere. Va bene? Ciao tesoro, a questa sera”. Mi da un bacio sulla fronte e appoggia un libro sul comodino ed esce quasi correndo, dovrà essere in ritardo. Prendo il libro e inizio a leggere.
Dopo poche pagine un sonno improvviso mi assale, non riesco a tenere gli occhi aperti. Mi sdraio a dormire.
Di nuovo è tutto silenzio. Tutto è come prima. Ma ora non sono sola, con me c'è anche qualcun altro. Lui! È qui con me.
“Lele...dove siamo?” Lele sono io, è il nomignolo che ha sempre usato, da quando ci siamo conosciuti anni fa. La sua voce è sempre melodiosa, non credevo che mi sarebbe mancata così tanto. Lui il mio Will! Il mio migliore amico, il mio ragazzo, la mia vita.
Ma c'è solo la sua voce, la sua aurea... il suo corpo non c'è come neanche il mio.
“Siamo nella mia mente, o almeno credo”. Ma dopo pochi istanti di nuovo la luce accecante, e io mi ritrovo di nuovo nel letto d'ospedale. Accanto al letto su una poltrona ci sono i miei genitori che dormono, tutti scompigliati, forse li da chissà quanto tempo.
Provo a muovermi, ma sono troppo indolenzita per poterlo fare, ho tutto il corpo rigido. Mia mamma si sveglia per prima grazie al suo sonno super leggero. “Piccola ti sei svegliata! Oh grazie al cielo! Temevo non ti risvegliassi più!” Grazie alla sua voce resa acuta dal sollievo sveglia il papà, e arriva un'infermiera.
“Signora non può urlare a quest'ora di notte!” Poi sposta lo sguardo su di me “ti sei svegliata! Corro a chiamare il dottore” e corre fuori dalla stanza. Intanto mio papà un omone tutta morbidezza e pochi muscoli viene da me e mi abbraccia con trasporto, quando si scosta leggo la preoccupazione nei suoi occhi.
“Ele come stai? Tutto bene? Sai chi sei?”. Di nuovo a chiedermi chi sono...perchè anche questa volta non lo dovrei sapere? “Certo papà...so chi sono. Mi chiamo Elena, ho diciassette anni, e frequento la quarta liceo. Ma perché mi fate di nuovo queste domande?”. I miei si guardano perplessi, come se avessi chiesto la cosa più ovvia del mondo.
È mia mamma a rispondere “Piccola...hai passato altri due giorni in uno stato vegetativo. Eri di nuovo chiusa in te stessa”. Oh mio Dio! Non ci posso credere! Ma se era passato solo poco tempo, qualche istante..
“Buona sera. Finalmente ti sei risvegliata. Stiamo facendo esami e ricerche, ma non abbiamo ancora trovato la causa dei tuoi disturbi. Siamo spiacenti”. Era arrivato il dottore, era un altro rispetto a quello di oggi pomeriggio..anzi quello di giorni fa a quanto pare. “Ho sentito che il signore le ha già fatto le domande di procedura, quindi le risparmio la millesima tortura. Mi dispiace ma ormai è troppo tardi per fare gli esami e la tac. Verrà un collega nella mattinata. Ora vi lasci tranquilli. E mi raccomando signorina non ricada in coma!”. Doveva essere una battuta? Haha..molto divertente. Il dottore esce dalla stanza cercando di nascondere uno sbadiglio, e in effetti anche i miei hanno aspetto davvero devastato “Mamma, papà  forse è meglio se torniate a casa a dormire. Su un letto vero!”. Si guardano con uno sguardo complice e poi con finta aria di tristezza annuiscono “Si forse è meglio che andiamo. Qui non possiamo fare molto. Dai piccola buona notte, e facci sapere se hai bisogno di qualcosa”. Mi baciano entrambi e poi con passo malfermo escono dalla stanza e si dirigono all'uscita.
Ed ecco che io sono di nuovo sola. Chissà dove sarà Will. Pensavo di ritrovarlo con me al mio risveglio. È dal primo crollo che non lo vedo...sono cinque giorni. Non era mai successo, è sempre stato il primo a preoccuparsi per me, ad essermi al fianco quando mi accadeva qualcosa. È strano che dopo episodi simili non sia venuto. Guardo il cellulare sul comodino, l'ha lasciato mia mamma per le emergenze. Ma niente. Nessun messaggio, nessuna chiamata. Niente. Provo a cercare il suo numero nella rubrica, ma è sparito! Nessun William! Oddio! Chi ha osato toccare il mio cellulare, e cancellare un numero! Quando i miei toneranno chiederò spiegazioni, come si sono permessi di fare una cosa simile! Cosa faccio adesso? Ho bisogno di lui. Dai con calma...devo passare solo qualche altra ora e poi posso chiedere di lui, forse addirittura mi verrà a trovare. Speriamo. Guardo l'ora e sono le tre del mattino. E io sono sveglia come un grillo,cosa potrei desiderare di meglio, beh dopo due giorni a “dormire”. Decido di andare a fare un giro per l'ospedale, cercando di evitare ogni infermiera per non essere sgridata. È più eccitante girovagare cercando di evitare tutti. Arrivo davanti a una stanza con la porta aperta, dopo una sfilza di porte chiuse. Senza pensarci due volte guardo dentro e noto una signora dai capelli candidi che parla tranquilla a...al vuoto...sta parlando da sola, poi infatti mi accorgo di essere nella parte di ospedale dedicato alla psicosi e altri problemi psichici. Rimango incantata ad ascoltare quello che dice, un fiume di parole senza senso, frasi scollegate tra loro, ma lei è così convinta di quello che sta dicendo. Improvvisamente si blocca e gira di scatto la testa verso di me. E rimane a fissarmi, sorpresa e quasi spaventata di avere una spettatrice, poi mi sorride, in un modo così caldo e simpatico e mi fa cenno di avvicinarmi e sedermi sul letto con lei. All'inizio sono un po' titubante, ma poi mi avvicino. I suoi occhi non si staccano mai da me, cosa alquanto inquietante.
“Buona sera cara, perché è sera vero? Eh si, le finestre sono ancora chiuse, ma è sera o notte fonda, c'è così tanto silenzio. Ma che maleducata che sono, non ci conosciamo, non mi sono ancora presentata, io sono Rose Milton.” . Sembrava una macchinetta di parole, ma questa volta le frasi avevano senso, certe cose sembrano addirittura pensieri fatti da una mente lucida.
“Sai da giovane ero un'attrice molto famosa e molto bella, prima che la mia testa perdesse la strada giusta, poi i pensieri hanno iniziato ad andare per conto loro”. Poi basta. Smette di parlare e mi guarda aspettando, credo, che dica qualcosa io, “Buona sera, è un piacere conoscerla, io sono Elena Rossi.”
“Elena, Elena... Elena. Si è un bel nome. Da giovane ho conosciuto parecchie ragazze con quel nome, si si, è proprio grazioso, giusto per una ragazzina carina come te. Quanti anni hai piccola? Sei molto giovane ver...” Rose si zittisce di colpo, lasciando la frase a metà. Ha sul viso un'espressione terrorizzata, si copre la testa con le braccia e inizia a singhiozzare.
“Gli elfi! Aiutatemi! Tirateli via vi prego! Aiuto. Qualcuno mi aiuti, mi vogliono fare del male!” Rimango paralizzata alla sedia dalla paura, non so cosa fare, come poterla aiutare. Sono impotente di fronte alla potenza della mente disturbata di una persona! Fortunatamente arriva un dottore, sicuramente richiamato dalle grida della povera signora. Tira fuori dalla tasca una fiala e una siringa, preleva una piccola quantità di liquido e lo inietta nella flebo che ha attaccato al braccio. Quando la sostanza va in circolo Rose smette di gridare, e si addormenta in pochi minuti, il dottore fa per andarsene, e posa lo sguardo su di me.”E tu che ci fai qui? Non dovresti essere nella tua stanza! Sei di questo reparto? Su fuori esci dalla stanza.” Mi butta fuori in malo modo, senza aspettare una risposta alla marea di domande che mi ha fatto, si gira e se ne va. Che maleducato! Potrei benissimo essere una paziente di quel reparto, evasa dalla mia stanza e non fa niente! Quando sono sicura che non mi veda gli faccio la linguaccia, che gente che c'è. Ma ormai anche io inizio a sentire l'ora tarda, e l'episodio con la signora Milton mi ha lasciato senza parole e spossata. Con calma mi incammino alla mia stanza, girando per i corridoi deserti dell'ospedale. Tutto è silenzioso e uguale, un susseguirsi di porte, finestre e stanze chiuse. È un posto così monotono, non c'è vita, e di notte è pure inquietante.
Finalmente raggiungo la mia stanza, la numero 254. La porta è socchiusa...ero convinta di averla chiusa per non far intravedere che la stanza era vuota. Entro con cautela, ma la camera è vuota, e tutto è al suo posto, o almeno è quello che sembra a una prima occhiata. Il letto è ancora sfatto, i fiori ormai secchi sono sul comodino, con il libro, il cellulare e i peluche. Non manca niente. Bah..saranno state le infermiere di turno venute a controllare.
Mi sdraio a letto e mi accorgo di essere più stanca di quel che credevo. Non appena tocco il letto ogni fibra del mio corpo si rilassa, e sento le palpebre pesanti chiudersi, e in poco tempo sono nel mondo dei sogni.
  
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