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Autore: Entreri    22/02/2013    2 recensioni
Nonostante fosse stato lui a darle appuntamento in quel punto appartato del lungo Tamigi, Lucius non si era aspettato che Valeria venisse davvero; per questo, quando gli apparve dinnanzi, coperta di sangue e avvolta dalla nebbia, per un attimo la prese per un’apparizione evocata dalla luce opaca della luna, un fantasma del passato venuto a maledirlo o ad annunciargli la morte ultima.
Scarti temporali nella storia "Le cinque e una notte" che, per la comprensione, è indispensabile avere letto (forse).
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Londra 10 maggio 2012

 

Nonostante fosse stato lui a darle appuntamento in quel punto appartato del lungo Tamigi, Lucius non si era aspettato che Valeria venisse davvero;  per questo, quando gli apparve dinnanzi, coperta di sangue e avvolta dalla nebbia, per un attimo la prese per un’apparizione evocata dalla luce opaca della luna, un fantasma del passato venuto a maledirlo o ad annunciargli la morte ultima. Allungò la mano per toccarla,  aspettandosi di vederla dissolversi nella foschia e non poté che sussultare quando i suoi polpastrelli incontrarono la levigata freddezza della sua guancia.  

Le si avvicinò e lei non si ritrasse, limitandosi a fissarlo con gravità indecifrabile, e Lucius rimase in silenzio, diviso fra le mille domande che sarebbe stato ragionevole porle e il bruciante desiderio di fare un ultimo passo avanti per imprigionarla fra le braccia, stringendola per sempre, tanto forte da farle male.

«Ho ucciso David.»

Lo disse senza preavviso e senza passione, sorridendo con noncuranza, quasi si stesse scusando dello stato dei suoi vestiti,  ma dietro la maschera mondana della sua espressione, nascosta nella frivolezza del suo tono di voce, Lucius colse una rabbia cupa, un rancore ardente. Non le chiese perché lo avesse fatto.

Lo sa.

Aveva desiderato così tanto che lei aprisse gli occhi e si accorgesse di che uomo Messalla fosse davvero, eppure, ora che quel momento era finalmente arrivato, Lucius si accorse di non provare alcun piacere, solo rabbia per averlo dovuto attendere così a lungo: perché non era abbastanza, perché non era stata lei ad abbandonarlo quando ad esserne abbandonata.

Era splendida e spezzata, e Lucius odiò Messalla per quello che le aveva fatto e odiò lei per averglielo lasciato fare; per un breve, brevissimo istante odiò persino sé stesso per non essere stato in grado di impedirlo.

«Non hai niente da dire?»

La domanda gli parve simile a un’accusa e si ritrovò, non per la prima volta, a maledire gli dei, che pur avendogli fatto dono in un eloquio in grado di incantare le donne sciocche di cui si nutriva, parevano irriderlo da sempre nel lasciarlo senza parole di fronte all’unica di cui gli importasse davvero.

«Cosa vorresti che dicessi?»

«Che avrei dovuto saperlo, che me lo avevi detto. Che tu avevi ragione e io torto. Qualcosa, qualsiasi cosa.»

Vi era una tale intensità nel suo sguardo, una così sconsolata disperazione nei suoi occhi scuri, che Lucius fu tentato di crederle, di pensare che avesse bisogno di una parola di conforto e che desiderasse fosse la sua voce a pronunciarla.

Ma le mie parole non ti sono mai bastate.

«Perché sei venuta?»

L’interrogativo rimase nell’aria, denso come la nebbia umida che saliva dal fiume, e Valeria arretrò di un passo, scostando un paio di boccoli scuri lontano dall’ovale perfetto del proprio volto, all’improvviso quasi stanca e assente, restia ad affrontare la risposta. Quando infine si decise a parlare, gli rivolse un sorriso mesto, non privo di una certa  dolcezza, eppure in qualche modo venato di decisione.

«Ricordi mio fratello?»

Lucius annuì rabbiosamente: non avrebbe mai potuto dimenticare il volto squadrato di Lucius Valerius Flaccus, l’espressione di spocchiosa severità con cui gli aveva negato la mano della propria sorella; i suoi occhi l’avevano cercato freneticamente sul campo di Durazzo, la mano bramosa di conficcare il gladio nelle sue viscere. Non lo aveva trovato, ma Valerius Flaccus era morto lo stesso.

 «Certo che me lo ricordo.»

«Quando mi annunciò che avrei sposato Marcus, mi disse di aver preso quella decisione per il mio bene, dato che ero troppo stupida per capire chi meritasse il mio amore. Disse  innocente, o giovane, perché era mio fratello e mi amava, ma la parola giusta era stupida. Allora come adesso.»

Cercò il suo sguardo prima di proseguire e Lucius vi colse la risoluta durezza con cui aveva rifiutato di fuggire con lui in vita, si aspettò quasi di sentirle pronunciare di nuovo quell’interrogativo che tornava a tormentarlo ogni volta in cui cercava di portala via. Altrimenti cosa farai Lucius Cornelius Dolabella? Solo, in quel momento, non avrebbe avuto alcun senso.

«Sono stanca di essere una stupida.»

Non avrebbe saputo dire come fosse possibile, ma la calma collera con cui pronunciò quelle poche parole non fece altro che enfatizzare la sua bellezza.

«Sono stanca di avere paura, di provare vergogna, di essere derisa.»

«Quindi?»

Gli sorrise crudelmente, mostrando i propri piccoli, delicati denti bianchi, e le ombre proiettate sul suo volto insanguinato dalla luce della luna parvero conferirle un’aura di spietata disumanità.

«Chiedimelo di nuovo.»

Si domandò che fine avesse fatto la ragazzina dal sorriso timido che correva a nascondersi dietro l’appropriatezza per  timore dei suoi stessi desideri.

È morta, l’ho uccisa io.

Non era certo che quella donna bramosa di sangue e di vendetta gli piacesse altrettanto, tuttavia la fanciulla ritrosa che aveva incontrato a Tuscolo nella propria giovinezza non aveva mai detto sì, per cui le tese la mano senza esitare.

«Vieni con me.»

Dita morbide e affusolate scivolarono sulle sue e una gioia euforica lo pervase, ripagandolo di duemila e sessantacinque anni di attesa.

 


 

Lo so. Davvero. Lo so. Non uccidetemi.

Se vi state domandato cose come "Chi diamine è David?" oppure "si ma cosa è successo prima?" o " perchè diamine Valeria ce l'ha con Messalla?" o anche "qual è il senso di tutto questo?" avete perfettamente ragione. Davvero. Perfettamente. Non solo non ho spiegato niente di quello che lasciavo nel mistero ma ho peggiorato le cose. Solo ho scritto questa cosa (che in realtà ha un contesto, non sono del tutto impazzita!) e ho pensato a voi, stelline, che avete letto e recensito "Le cinque e una notte" e pensato che magari vi avrebbe fatto sorridere, e dato che era da tanto che non pubblicavo niente ho pensato che, non so, vi sarebbe piaciuto sapere che non sono morta. Ancora.

So anche che nelle cinque e una notte non ho usato la tecnica del " pensiero in presa diretta" e non lo farò se mai darò alla storia un seguito, solo questa mi è venuta così.

 

   
 
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