Declaimers: Tokyo Mew Mew non appartiene a me, ma a Mia Ikumi e Reiko Yoshida, e non ne possiedo i diritti. Questa storia non ha scopo di lucro né è serializzata.
La Barriera d'Argento
E mentre annaspavo per tornare a galla, la superficie mi sembrò una barriera d'argento.
Oltre cosa c'era? Ossigeno per respirare?
(... la felicità?)
Sì, c'era... ma dovevo trovare la forza di superarla. Altrimenti... sarei affogata.
(... altrimenti... non avrei mai sorriso veramente.)
3. Quello che conta veramente
Lo sciabordio dell'acqua rompeva la
calma in cui era immerso l'edificio, la luce lontana dei lampioni della strada
creava riflessi suggestivi sulla superficie nera della piscina.
I miei passi risuonarono nel vuoto, mentre mi avvicinavo al podio e vi salivo
sopra, pronta al tuffo.
Anche se pronta non era proprio il termine esatto.
Avevo la pelle d'oca al pensiero di essere fuggita di casa, essere entrata di
nascosto nella scuola in piena notte e di essere sul punto di fare quello che
stavo per fare. La certezza con cui ero uscita di casa solo mezz'ora prima era
completamente svanita, sostituita da un senso di colpa per aver fatto quelle
cose così alla leggera, senza riflettere.
Ero arrivata lì alle tre della notte per affrontare la barriera della paura, la
barriera d'argento. Sola, senza nessuno che mi sorreggesse, senza nessuno che mi
salvasse nel caso qualcosa andasse storto. Mi diedi della stupida: potevo
venire una volta fatto giorno, alla luce del sole, senza correre rischi inutili,
invece...
... ma ormai ero lì. Tirarmi indietro avrebbe significato fare la vigliacca che
ero sempre stata, di fronte a mia madre, di fronte alle ingiustizie ed i
maltrattamenti delle mie ex compagne, di fronte alle piccole sfide di ogni
giorno.
No, non potevo continuare a tirarmi indietro.
E poi, sapevo che quella era una prova che dovevo affrontare da sola, con
l'aiuto della mia sola forza.
Io sarei stata felice, e nessuno -nessuno- me lo avrebbe più impedito.
Quel pensiero mi diede forza, così, prima di avere il tempo di ripensarci, presi
un grosso respiro e mi tuffai.
L'acqua era gelida, tanto da immobilizzarmi i muscoli. Mi rannicchiai su me
stessa per alcuni secondi, in attesa di abituarmi alla temperatura della
piscina, e mi lasciai affondare fino a quando sfiorai il fondo della vasca.
Ero arrivata ai quattro metri. Il cuore pulsava forte, le orecchie fischiavano e
tremavo leggermente. Aprii gli occhi e alzai lo sguardo: la barriera d'argento
era là, immobile, dura e spaventosa.
L'ossigeno mi mancava: provai l'impulso di aprire la bocca per prendere respiro,
ma lo bloccai sul nascere. Basta, non potevo rimanere laggiù ancora per molto,
dovevo darmi una mossa ed infrangere quella maledetta barriera.
Allungai braccia e gambe e cominciai a nuotare, ma non riuscii a risalire più
di due metri che dovetti fermarmi: lo sforzo fisico era disumano, e mi sentivo
di piombo, come quella volta con Manaka e gli altri. Ricominciai ad affondare,
e tentai disperatamente a muovermi, ma niente... continuavo a scendere verso il
fondo...
... non ce l'avrei mai fatta...
Ero stata una stupida anche solo a pensare di potercela fare.
Non ne avevo la forza, non ne avevo il coraggio. Essi non erano nascosti in qualche
angolino dell'anima, in attesa di essere scoperti, non c'erano proprio. Avevo
sbagliato, ed ora sarei annegata, senza che nessuno sapesse perché ero entrata
di nascosto nella scuola per una nuotata, senza dire addio alla mia famiglia,
senza dire a Ryo i miei sentimenti...
... senza vederlo per l'ultima volta...
Il ricordo della nostra ultima chiacchierata si fece spazio tra i miei pensieri
confusi.
Dio, era stato così bello vederlo preoccuparsi per me, solo per me, per la prima
volta. E quando mi aveva alzato il volto con le dita... avrei voluto
baciargliele. Perché non l'avevo fatto? Tanto, sarei morta il giorno dopo.
Avrei dovuto dirgli che lo amavo, anche a costo di sentirmi respinta, mi sarebbe
bastato che lui lo sapesse. Tanto, sarei morta il giorno dopo. Oppure nella
battaglia contro gli Alieni.
E invece... sarei morta lì, sola, in una stupidissima piscina, e lui non
avrebbe mai saputo quanto lo amavo.
Le mie ultime parole che avrebbe ricordato sarebbero state "Non mi toccarepiù!
Lasciami in pace!" e avrebbe pensato che lo odiavo, che forse mi ero
suicidata per la paura dell'ultima battaglia, e tutto questo
avrebbe aggravato il peso che portava nel cuore fin da bambino...
... quel peso che avrei tanto voluto non cancellare-impossibile pensare di
cancellare con un po' di amore qualcosa di così profondo- ma quanto meno
condividere...
Ryo... scusa...
... ?!
Aprii di scatto gli occhi.
No! Che diavolo stavo pensando? Non potevo morire così, non potevo assolutamente
farlo soffrire! Al di là della mia felicità, al di là del mio bisogno di
coraggio, c'era lui, che era più importante di tutto, anche di me stessa. Sarei
potuta morire, non me ne fregava niente, ma non potevo farlo soffrire, mai!
Mai!
Come se una nuova forza fosse entrata dentro di me, tesi il corpo e nuotai
con tutta me stessa verso l'alto, verso la superficie.
La barriera argentea mi attendeva, forte e dura come prima, eppure non ne avevo
più paura. Non ci pensavo più. L'unica cosa che contava, ora, era Ryo.
Meno tre metri...
(Io non voglio...)
Meno due metri...
(... farlo soffrire...)
Meno un metro...
(Io voglio solo...)
La barriera argentea... la superficie...
(... la sua felicità!)
Fuori! Buttai indietro la testa e inghiottii tutto l'ossigeno possibile, mentre
qualcosa di caldo e confortante si propagava in tutto il corpo.
- Ce l'ho fatta... - mormorai a me stessa, incredula del mio successo, e
scoppiai a piangere, perché finalmente avevo capito quello che davvero contava
nel mio mondo.
Il caffè sembrava arancione alle prime
luci dell'alba. La ghiaia scricchiolava sotto i miei passi, mentre oltrepassavo
il cortile davanti all'entrata. Poi mi fermai e, sebbene sapessi che doveva
essere chiuso, provai a girare la maniglia della porta.
Contro ogni mia aspettativa, si aprì. Rimasi sorpresa, presa contro piede, ma
entrai comunque.
L'interno era deserto e buio. La poca luce che filtrava dalle finestre a cuore
illuminava solo i tavoli, dov'erano appoggiate le sedie. L'ingresso della cucina
era avvolto nell'oscurità, così come le scale che portavano al piano
superiore.
Rimasi lì, in piedi sull'entrata, indecisa se farmi avanti o meno.
Non sapevo bene cosa mi aveva spinto ad arrivare lì. Avrei fatto meglio a
tornare a casa, infilarmi nel letto e aspettare che mamma mi venisse a
svegliare, così da evitarle un infarto quando avesse scoperto che ero scappata.
Invece ero lì, trascinata dalla stessa certezza che mi aveva guidato verso la
scuola.
La mia parte razionale se n'era davvero andata a farsi benedire, evidentemente. Ma
dopotutto, chi non ha mai fatto pazzie per amore?
- Ehm... è permesso? -
La mia voce riecheggiò nelle mura rosee del locale, ma non mi giunse risposta.
Forse Keiichiiro e Ryo erano ancora a dormire; ma allora perché avevano
lasciato le porte aperte?
Mossi qualche passo verso l'interno della sala, e lo guardai, presa da una
strana nostalgia. Chissà se dopo l'ultima battaglia avremmo ancora lavorato tutte
quante lì, o se il gruppo si sarebbe sciolto. Per quanto mi riguardava, avrei
fatto di tutto per tenerlo unito: avevo condiviso così tante cose con Ichigo e
le altre che mi sembrava impossibile abbandonare tutto così, come se fosse
stato niente.
Entrai nella cucina, e passai il palmo della mano sulla superficie lucida di
acciaio dove a volte avevo aiutato Keiichiiro a preparare i suoi dolci. Chissà
se avrebbe continuato a lavorare al caffè, o se sarebbe partito per l'America.
E Ryo?
Non feci in tempo a pensare ad una risposta, che dei passi risuonarono ed una
voce che ben conoscevo mi chiamò forte e sorpresa.
- Retasu? -
Il cuore perse un battito, ma riuscii a voltarmi e balbettare qualcosa di
sensato.
- Ciao, Ryo... scusa se sono entrata così, la porta era aperta... -
Lo sguardo di Ryo cambiò subito, diventò guardingo e freddo. Probabilmente
aveva ricordato le mie parole del giorno prima, ed ora mi studiava come
per capire che mossa fare. Vederlo così mi fece male, quasi fisicamente.
- Devo aver dimenticato di chiudere la serratura. - si limitò a commentare. Il
suo sguardo era insostenibile: chinai il viso e mi tormentai una ciocca dei
capelli ancora bagnati, senza sapere cosa dire.
- Io... - perché improvvisamente mi sembrava tutto così difficile? Dovevo solo
dirgli che lo amavo, che non volevo assolutamente che mi stesse lontano, che
avrei fatto di tutto per alleviare il peso che portava nel cuore. Non era
difficile, no? Avevo infranto la barriera d'argento, questo non era niente in
confronto!
Ma ovviamente mi sbagliavo. Una barriera argentea non era nulla in confronto a
scoprire totalmente le proprie emozioni. Però potevo farcela, dovevo solo
provare. E comunque sarebbe andata, non me ne sarei pentita per nulla al mondo.
- Allora? - mi incalzò lui, così freddo da farmi venire la pelle d'oca.
Ricordai le sue parole del giorno prima e lo guardai dritto negli occhi, quegli
occhi azzurri dai riflessi argentei che mi ero illusa di conoscere.
- Quello che ti ho detto ieri... non è vero niente. Non voglio che mi stai
lontano, tu sei... per me sei la persona più importante che esista al mondo. -
Il suo sguardo cambiò all'istante, ma non avrei saputo definirlo con una
parola. Era un misto di confusione e imbarazzo. Sbaglio o era anche arrossito?
Avrei voluto baciargli le guance.
- Retasu... -
- Zitto, lasciami finire! Ti amo. - dovetti fermarmi, perché le parole si
strozzarono in gola. Dovevo essere arrossita anche io, e molto più di lui.
Presi un bel respiro, ancora incredula di averlo detto davvero. No, non potevo
essere io quella lì. Però, come mi sentivo felice! Non potei fare a meno di
sorridere. - Wow, non credevo che l'avrei detto sul serio! Mi... mi piace come
suona. Ti amo, ti amo, ti amo! - continuai, intossicata dal successo.
Ryo mi osservava interdetto: aveva smesso di respirare. Provai un tonfo al
cuore, capendo che non era esattamente il discorso che si era aspettato. Non gli
piacevo, ma quello lo avevo sempre saputo. Eppure non riuscivo a provare
pentimento per averglielo detto. Mi sentivo felice e così meravigliosamente
sincera con me stessa e con lui che era davvero impossibile credere di averlo
taciuto per così tanto tempo.
- Retasu... -
No. Non volevo sentirlo. Lo sapevo, ma non volevo sentirlo dalle sue
labbra. Sarebbe stato troppo... troppo, e basta.
- No, aspetta. Non voglio una risposta, volevo solo dirtelo... niente di più.
Mi basta che tu lo sappia, ecco, giusto questo. Quindi... beh, niente, se tu,
magari, provassi la voglia di sfogarti con qualcuno per... non so, problemi
tuoi, e non sai a chi rivolgerti... beh, sappi che io sarei felicissima di
ascoltarti. E'... è l'unica cosa che voglio. Davvero. -
Ora era davvero impossibile sostenere il suo sguardo. Tornai a
fissare il pavimento, con le guance bollenti, il respiro accelerato ed il cuore
che andava ad un ritmo tutto suo. Le mani giocavano nervosamente con i capelli,
e la testa era nel pallone. Dio, che vergogna! Però mi sentivo felice, una
felicità mai provata nella mia vita.
Ma quello poco importava. Quello che contava davvero era Ryo, lui soltanto.
Chissà cosa stava pensando, cosa stava provando. Chissà se avrebbe lasciato
perdere Ichigo, ora che sapeva che c'era qualcuno per cui rappresentava il
centro dell'universo. No, non potevo illudermi, e poi mi bastava che lo sapesse,
davvero.
Solo questo.
Quando Ryo si avvicinò il mio cuore smise definitivamente di battere.
Oddio, che cosa voleva fare? In un flash mi tornarono in mente miliardi di
immagini di film e manga. Anche i polmoni smisero di funzionare. Mi voleva...
voleva baciarmi?! No, non ero pronta a questo!
Sentii un tocco leggero sulla nuca, e chiusi gli occhi di riflesso. Oddio, stavo
per morire. E poi...
- Come mai hai i capelli bagnati? -
... eeeh?!
Alzai la testa di scatto. Il volto di Ryo era appena sorridente, ed ogni traccia
di sorpresa o imbarazzo era sparita, come se non gli avessi detto nulla. Forse
voleva fare finta che niente fosse successo? Questo mi fece male, malissimo...
ma se era questo che voleva, lo avrei accontentato.
- E' una storia lunga... - balbettai, cercando di ignorare il
dolore.
Lui ancora mi accarezzava i capelli bagnati, ma probabilmente lo faceva per
farsi perdonare.
- Abbiamo tutto il tempo del mondo. - aprì il frigo e ne tirò fuori due fette
di torta al caramello, poi mi fece cenno di seguirlo. Ci sedemmo ad uno dei
tavoli del locale. - Allora? - Ryo prese a mangiare il dolce, col massimo della
tranquillità.
L'unica cosa che riuscivo a pensare in quel momento era che, in penombra, i suoi
occhi azzurri sembravano brillare come gemme.
- Ehm, dunque - era un po' difficile parlare, ma ero meno imbarazzata di prima.
- qualche ora fa sono entrata di nascosto nella piscina della scuola. - dissi
tutto d'un fiato. Lui alzò un sopracciglio: il massimo della sorpresa, per uno
come lui.
- Che... ! -
- Eh... ne avevo voglia... - tagliai corto. Se gli avessi raccontato di tutti i
viaggi mentali della barriera argentea mi avrebbe preso per pazza, senza ombra
di dubbio.
- Ti piace nuotare? - chiese interessato. Era strano vederlo interessarsi a me,
così tanto che mi sentivo a disagio.
- Sì, moltissimo. Ho iniziato quand'ero bambina... -
- Fai agonistica? -
Oh, accidenti. Sempre la stessa domanda, anche con lui. Chinai lo sguardo,
sempre più a disagio.
- Me l'hanno chiesto, ma è una semplice passione, nulla di più... -
- Dovresti provare. -
- Me ne manca il coraggio. -
Il tintinnio della forchetta richiamò la mia attenzione, così tornai ad
osservarlo. Ora era nuovamente sorpreso, indefinibile. Di nuovo i suoi occhi
sembravano voler leggermi dentro, ma era impossibile fare altrettanto.
- ... sai che sei strana? - disse, prendendomi così contro piede che rimasi
interdetta. Boccheggiai, sull'orlo delle lacrime: ecco, pensava che fossi pazza!
Non mi avrebbe mai amato, mai. - Trovi il coraggio di fare un discorso come
quello di prima, e poi... - lasciò il discorso a metà, ma non c'era bisogno di
aggiungere altro.
- ... allora forse potrei provare. - risposi con un mezzo sorriso, un po' finto
a dirla tutta. Mi sentivo a disagio più che mai, e trovai il coraggio di
dirglielo. - Senti Ryo, non sei obbligato a interessarti a me solo perché ti ho
detto... quello che ti ho detto. Se non provi lo stesso ti capisco, lo sapevo
già da
prima, e mi va bene se continuerai a comportarti come prima... ma ti prego, non
fingere con me. Mi urta più di quanto puoi immaginare. -
Ryo continuò a fissarmi, serio, poi sospirò.
- Non mi sto sforzando. -
- Invece sì. Senti, davvero... l'unica cosa che voglio è che tu sia felice. Se
sapere che ti amo ti fa sentire... non so, a disagio con me, fai pure finta che
non ti abbia detto nulla... -
Ma che stavo dicendo?
Guardai un'ultima volta i suoi occhi. Azzurri e limpidi, eppure screziati d'argento...
forse non avrei mai rotto quelle barriere.
Forse non ero io quella a cui sarebbe spettato questo compito.
Ero stata un'ingenua a crederlo...
Lui non disse nulla, io nemmeno. Fu così per un po', fino a quando mi tornò in mente mia madre,
che avrebbe fatto un infarto se non mi avesse
trovato nel letto. Ero ancora in tempo per tornare a casa? Feci per guardare
l'orologio da polso, ma mi ricordai che l'avevo tolto in piscina e là era
rimasto.
- Che ore sono? - chiesi a Ryo.
- Le sei e dieci... -
- Devo tornare subito a casa! Posso ancora farla franca... - mi alzai dal
tavolo. Non avevo mangiato nemmeno un pezzettino della torta, anche se una botta
di zuccheri era quello che ci voleva per il mio cuore frantumato. Camminai
velocemente verso la porta, con Ryo alle spalle. Mi voltai per salutarlo
l'ultima volta. - Beh, allora addio... -
- Addio? Guarda che ci vedremo ancora, anche dopo l'ultima battaglia. - rispose
lui, serissimo. Lo fissai, interdetta.
- Credevo che saresti tornato in America. -
Ryo mi fissò a lungo, passando il suo sguardo sul mio viso così a lungo da
farmi arrossire nuovamente. Poi, improvviso e travolgente come un temporale
estivo, arrivò il suo sorriso.
- Ho trovato qualcosa per il quale rimanere qui. -
Il respiro si mozzò e rimasi immobilizzata.
Guardai di nuovo i suoi occhi, sull'orlo delle lacrime: gli screzi d'argento
c'erano ancora, forti e duri, ma io non ero più debole e insicura.
Non mi facevano paura, perché tutto quello che importava, ora, era Ryo, e
sapere che io potevo infrangere anche la sua barriera, potevo farmi amare e
farlo felice.
E non c'era niente di sbagliato in tutto questo.
*
Non... non ci credo. L'ho finita.
Oddio, che che... buuuh! *scoppia in un pianto a fontanella* Devo ringraziare
Danya91 perché è stato dopo la chiacchierata con lei su MSN che mi è venuta la
giusta ispirazione, però ringrazio anche chi ha recensito fin qui, ovvero: HikariKanna, Lory 06, Dafne, Fraise, Dikar 93, MewSisters, Ryan Shirogane, Mia, ylenia, sana91, Yo91, Tifalockhart, lale87. Grazie millissimissime!
Alla prossima avventura! xD Baciotti, vi amo!
p.s. scrivete anche voi su questa coppia!!!
p.s. (la vendetta) leggete Frammenti di Me! (Ma guardatela, si fa pubblicità...
sei patetica! ndRyo Taci biondo, o al prossimo incidente in moto sfiguro il tuo
bel faccino, MWAHAHAHA! ndAutrice O_o
ndRyo_che_ci_tiene_alla_sua_aria_da_figo_dannato_e_quindi_tace)