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Autore: Glory Of Selene    24/02/2013    4 recensioni
E' una missione che non può essere rifiutata.
"Voglio Kakashi Hatake. Portatemelo qui.
Vivo?
So che sarebbe impossibile. Il suo cadavere mi basta.
"
Un cacciatore esperto, si muove nell'ombra.
Kakashi non è abituato ad essere preda, nè a rimanere sempre un passo indietro a qualcuno.
Kakashi non è abituato a molte cose. Non è abituato, per esempio, a provare amore.
"«Chi pensi verrà?»
«Qualcuno in grado di valutare le nostre intenzioni e la nostra pericolosità. Hatake Kakashi, sicuramente.»
«E tu come fai a dirlo, si può sapere?»
«La nostra guida è in ritardo.»
«In rit… oh». Un attimo di silenzio, poi: «Quindi tu l’hai letto tutto, il fascicolo che ci hanno dato su di lui.»
«E tu non l’hai fatto perché tanto sono io che devo occuparmi di lui.»
«Lo sai? Sei la persona più saccente che conosca.»
"
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gai Maito, Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Alza lo sguardo al cielo, e chiediti. Finirà mai tutto questo?
 
Così, quella era Konoha.
«Me ne hanno parlato tanto…» mormorò. E basta. Riprese il cammino, in silenzio, come in silenzio era stato il viaggio.
 
***
 
«Ehi, Kakashi.»
Il jonin alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e trovò a pochi centimetri dal proprio naso i denti splendenti del suo collega psicopatico preferito.
Sospirò sommessamente, e tornò al filo del discorso che aveva perso, manco a farlo apposta, esattamente nel punto più incalzante di tutta la vicenda.
«Hai saputo la notizia? Alcuni ninja stranieri a breve saranno in città!»
Stava giusto valutando se fingere o meno di non sentire le parole dell’amico come faceva la maggior parte delle volte – non l’avrebbe mai ammesso, ma vedere le sue reazioni isteriche quando lo faceva lo divertiva da matti –, quando s’accorse che la cosa suscitava seriamente il suo interesse.
«Ambasciatori?» domandò, prima di rinunciare definitivamente a leggere e far sparire il libro in una delle tasche del giubbotto.
«Non si sa ancora nulla, se non che vengono da un Villaggio remoto che finora nessuno ha mai sentito nominare. Comunque, l’Hokage non sembrava preoccupato.»
Kakashi non rispose, ma si prese del tempo per riflettere. Sperava non fossero spie, infiltrati o diavolerie simili, non avrebbe voluto che si interrompesse uno dei momenti di pace  del Villaggio, che ormai stavano diventando più unici che rari.
Ma di che mi preoccupo, si disse, mentre Gai accanto a lui sbraitava della possibilità di incontrare qualcuno di forte con cui confrontarsi. Konoha sta passando uno dei momenti di maggiore forza e stabilità in questo periodo. Nessuno sarà così pazzo da attaccarci.
Tentava di rincuorarsi, ma non ci riusciva. Il problema era quel presentimento, che di colpo aveva oscurato il sole ai suoi occhi, e gli aveva gettato un’inquietudine che non riusciva a scrollarsi di dosso.
Odiava i presentimenti. Lasciavano a briglie sciolte quelle poche emozioni alle quali poteva essere ancora soggetto, e rendevano difficile mantenere la lucidità e l’obbiettività.
«Forse dovrei parlare con l’Hokage.» rifletté ad alta voce, solo un soffio impercettibile e un inconscio increspamento di labbra.
«Allora, ci stai, Kakashi?!»
Ricordò solo in quel momento della presenza dell’amico. Lo osservò con aria assolutamente stralunata. «Cosa?»
Gai lanciò un urlo disumano. «No! Non ci credo! L’hai fatto un’altra volta! Un’altra volta
L’espressione del copia-ninja divenne ancora più perplessa.
«Ti prego, ti scongiuro, dimmi che l’hai fatto solo per prenderti gioco di me, dimmi che almeno qualcosina del mio discorso hai ascoltato!»
A quel punto Kakashi capì, e tentò di discolparsi con un sorrisetto. Al diavolo, erano più le volte che gli accadeva veramente che quelle in cui faceva apposta. «Mi dispiace, Gai, temo di non aver sentito bene.»
«Ho detto» ringhiò il collega sensei puntandogli ferocemente un dito contro «che questa volta la sfida sarà questa: chi per primo riuscirà a parlare con i fantomatici stranieri avrà vinto! E, per assicurarsi che l’abbia fatto veramente, dovrà conoscere i loro nomi.»
Il jonin sospirò e fece per obiettare, ma l’altro gli tappò la bocca con un: «Stavolta non puoi tirarti indietro, perché tocca a me scegliere!»
«E va bene, va bene, mi arrendo.»
Il suo collega accolse la sfida con uno dei suoi gesti esagerati, e cominciò il solito sproloquio sulla vera forza eccetera eccetera. Suo malgrado, Kakashi non riuscì ad impedirsi un piccolo sorriso divertito. Non avrebbe voluto essere nei panni di quei poveretti che sarebbero arrivati, costretti a subire la costante presenza del maestro Gai; era certo che li avrebbe perseguitati finché non fossero arrivati ad un punto di sfinimento tale da indurli a presentarsi.
«Devo proprio andare, adesso. Ci vediamo.» salutò alla fine, dopo essersi alzato dalla panchina e aver mosso i primi passi verso il centro del villaggio.
«A presto, Kakashi!» gli rispose l’amico.
 
***
 
Una nuvola di fumo. Volteggiava, preda di chissà quali invisibili correnti. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Tre battiti sulla porta.
«Entra pure, Kakashi.» rispose l’Hokage, senza distogliere la propria attenzione dalle volute del suo fumo. Diventavano sempre più complicate, tratteggiate, man mano che si assottigliavano.
Il jonin attraversò l’uscio con la silenziosità e la discrezione del più esperto tra gli assassini, e s’inchinò rispettosamente all’uomo anziano seduto davanti a lui. Non chiese come avesse fatto a conoscere la sua identità ancor prima di vederlo entrare; Hiruzen sapeva, e basta. Dicevano fosse quello, lo scopo della vecchiaia.
«Terzo Hokage, Gai mi ha riferito dell’imminente arrivo di un gruppo di ninja stranieri.»
A quel punto Sarutobi fu costretto a lasciar perdere le acrobazie del fumo, per osservare il suo sottoposto con una lunga occhiata penetrante. Kakashi la sostenne senza battere ciglio, ma dentro di lui qualcosa vacillò.
«Sei preoccupato». Era un’affermazione.
Fu a quel punto che il jonin distolse l’occhio da quelli profondi e circondati di rughe del vecchio. Odiava essere letto tanto facilmente; gli ci volle qualche istante per mettere da parte il suo disagio e dire, col tono più formale che riuscì a trovare: «Sì, signore.»
Le labbra di Hiruzen Sarutobi si incresparono in un sorriso impercettibile, prima di portare entrambe le braccia alla scrivania che stava davanti a lui, poggiarvi i gomiti e congiungere le dita con fare pensoso ma rilassato, di chi conosce già esattamente ogni mossa da compiere ma prima di farlo desidera gustarne ancora un po’ l’intenzione. Così inspirò a fondo dalla sua pipa, se la tolse di bocca e la osservò con calma. Era cosa comune, nelle persone di una certa età, avere una certa propensione per i gesti lenti e curati – quasi volessero gustare ogni singolo istante della loro vita agli sgoccioli –; solitamente questo era in grado di spazientire qualsiasi interlocutore, ma non Kakashi. Anche lui sapeva apprezzare la sottile arte che stava nel curare nei dettagli ogni singola azione o parola.
Poi l’Hokage espirò, e la stanza si riempì di fumo.
«E’ tutto sotto controllo.» decretò infine.
Il jonin sapeva che l’Hokage, soprattutto quando diceva qualcosa che riguardava la sicurezza del villaggio, non mentiva mai, e sapeva anche che la disciplina gli imponeva risposte ben precise.
Chinò il capo, mentre quel presentimento gli si annidava nel cuore come una bestia feroce pronta ad assalirlo ad ogni momento, e il disagio ne prendeva le difese strisciando attraverso il suo stomaco. Ma non poteva obiettare.
«Certo».
«Tuttavia» aggiunse il vecchio «comprendo la tua preoccupazione e l’approvo. Per questo ho deciso che sarai tu ad occuparti di loro: non ci sarà un comitato di benvenuto, non ne hanno voluti, ma nulla mi impedisce di mandare un jonin alle porte del villaggio per monitorare la situazione. Senza contare che mi hanno fatto sapere che avranno bisogno di una guida per il primo giorno di visita. Per tre giorni monitorerai tutti i loro movimenti, e poi verrai da me per il rapporto.»
Dapprima Kakashi alzò lo sguardo, stupito, ma dopo pochi istanti capì, e dentro di sé qualcosa sorrise.
«Ti chiedo solo una cosa, Kakashi, ed è la discrezione. Non c’è bisogno che io ti spieghi come potrebbero degenerare le cose se loro si accorgessero che noi partiamo già con la supposizione che siano in malafede.»
«Sissignore.», rispose, sicuro. Capiva perfettamente.
«Bene.» mormorò l’anziano Hokage, sistemandosi più comodamente sulla sedia e tirando un’altra profonda boccata dalla pipa. «Puoi andare.»
Il copia-ninja rispose con un rispettoso cenno del capo, prima di voltargli le spalle e raggiungere la porta. Si fermò sull’uscio, un’ultima volta. «Grazie.», mormorò. Poi uscì, senza attendere una risposta.
Il Terzo Hokage sorrise, ed espirò il fumo.
 
***
 
«Non avevi mai visto il Villaggio della Foglia?»
«Me ne hanno parlato.»
«Pazzesco. È uno dei più potenti Villaggi ninja; e tu non l’hai mai visto.»
«Sei stato zitto per tutto il viaggio, non puoi stare zitto anche adesso?»
«Siamo suscettibili, vedo. La cosa mi diverte molto.»
«Non avevo dubbi.»
Silenzio, finalmente. L’unico suono nitido era quello dei loro passi.
Finché: «Sei proprio sicuro d…»
«Guarda un po’ le mura.»
Erano due, due figure incappucciate, camminavano fianco a fianco, quasi all’unisono. Una era più bassa dell’altra, ed era quella che era stata interrotta nel bel mezzo della frase.
Alzò lo sguardo in modo vagamente seccato, pregando per il compagno che ci fosse davvero qualcosa di tanto interessante sulla cinta del villaggio, che valesse almeno la pena di stroncare il proprio discorso. Osservò per qualche istante, poi tornò a guardare le porte di Konoha davanti a sé.
«Davvero incredibile.», commentò. Il suo tono era sinceramente stupito.
«Un jonin appollaiato là sopra a fare la ronda.»
«Non un jonin qualunque.»
«Abbiamo proprio attirato l’attenzione.»
«Oppure tu ti sei fatto sfuggire qualche parola di troppo.»
«Non ti preoccupare per questo, sono semplicemente sospettosi. Comunque, è una bella fortuna che sia stato mandato proprio lui.»
«Dipende.»
«Avresti preferito doverlo cercare in lungo e in largo?»
«In questo modo dovrò fare di tutto per non attirare la sua attenzione, e non sarà cosa facile poi passare inosservati. Ricordati che è conosciuto anche per la sua perspicacia e per la sua abilità di stratega. Cosa che non vale altrettanto per te.»
«Quanta acidità. Com’è stato il tuo risveglio, stamattina?»
«Se non ti cuci la bocca il tuo, di risveglio, sarà in un ospedale.»
Il più alto ridacchiò, ma non osò replicare più nulla.
«Chi va là?» domandò una delle guardie.
Entrambi notarono che il loro obbiettivo rimaneva in silenzio, a guardarli.
«Siamo ninja del Villaggio della Notte. Abbiamo avvisato l’Hokage che a breve ci saremmo presentati alle porte del villaggio.» disse subito la figura alta.
La guardia che li aveva interrogati scambiò qualche parola con il jonin dietro di lei, che rispose con un impercettibile cenno del capo e un paio di parole sommesse.
«I vostri nomi?»
L’altro, rimasto in disparte per tutto il tempo, si fece avanti. «Il mio è Reiko Iwakiyo, quello del mio compagno Daisuke Kitajima.»
Ancora qualche attimo di attesa. Poi: «Avete il permesso di entrare nel Villaggio.»
«Non avevi appena finito di blaterare roba riguardo al passare inosservati?» sussurrò quello che era stato indicato come Daisuke.
«Il modo migliore per farlo era presentarsi.» ribatté l’altro, senza neanche degnarlo d’uno sguardo.
Odio quando ostenta tutta quella superiorità, si disse Daisuke, ma preferì rimanere zitto e seguire il compagno che aveva già mosso i primi passi verso il Villaggio.
 
***
 
Kakashi osservava, e osservava. Tutto il giorno, tutta la notte, nella tensione più completa; poco facevano le chiacchiere dei compagni di ronda, ogni più piccola fibra del suo cervello era tesa a captare quanti più rumori possibili.
È uno dei jonin più famosi, si sussurravano gli altri, è ovvio che conosce alla perfezione come vigilare nella maniera migliore possibile.
Guardalo. Sa essere così immobile da non sembrare nemmeno umano.
E poi, legge sempre quel libro. Chissà cosa ci sarà scritto!
Forse tecniche segrete e impossibili da apprendere.
Sarà, ma la copertina mi pare un po’ strana.
E pensavano che lui non potesse sentirli! Non riusciva a decidere se la cosa lo divertisse o lo irritasse. Di sicuro, quello che di più lo tirava fuori da ogni grazia era che, dopo giorni di veglia, quei maledettissimi stranieri non si erano ancora degnati di presentarsi. E così lui aspettava. In silenzio. Ed era costretto a riflettere, molto, per ingannare il tempo.
Era pericoloso quando lui rifletteva troppo. Più che per gli altri, pericoloso  per sé stesso, per la propria eterna lucidità, così tanto ricercata.
Oltre che su di lui, le discussioni che gli arrivavano alle orecchie dagli altri ninja erano straordinariamente comuni. Parlavano di cibo, gusti musicali, famiglia.
Mogli. Figli. Anziani padri.
Segretamente, a Kakashi mancava tutto quello. Gli sarebbe piaciuto, dopotutto, tornare a casa e confidare in una sicurezza e in un calore tutti femminili. Gli sarebbe piaciuto sentire lo scalpiccio di piccoli piedini, ai quali insegnare tutto quello che era riuscito ad imparare dopo anni di difficile, terribile vita.
Ma questi desideri rimanevano negli angoli più reconditi del suo cuore, da parte, in silenzio, senza che neanche lui dovesse riprenderli per ricordare che quello era il posto che spettava loro. Lui stesso si era dimenticato della loro esistenza tanto erano discreti e sporadici nel manifestarsi. E allora si ritrovava ad invidiare, senza sapere il perché di quella gelosia.
«Ehi, guardate.»
La voce lo riscosse dal filo dei suoi pensieri, e lo riportò sulle mura del villaggio, davanti ad una strada buia e nebbiosa, e su quella strada due figure incappucciate.
Accidenti. Avrebbe dovuto stare più attento.
«Che siano loro?» mormorò un altro correndo ad affacciarsi.
«Chi va là?» domandò un terzo alla nebbia.
Silenzio.
Kakashi non osava muovere un muscolo, la tensione era palpabile. Proprio quando uno dei suoi sottoposti fece per mettere mano agli shuriken, e lui stava allungando un braccio per fermarlo, giunse dal basso una risposta.
«Siamo ninja del Villaggio della Notte. Abbiamo avvisato l’Hokage che a breve ci saremmo presentati alle porte del villaggio.»
Molti si sarebbero soffermati sul tono della frase, su quella nota di stanchezza malcelata mista a un nonsoché di divertito che la impregnava; ma non Kakashi.
Lui pensò: voce maschile. Né troppo alta, né troppo bassa. Timbro comune, difficile da riconoscere. Non l’ho sentita prima d’ora. È un ninja che non ho mai incontrato.
A quel punto il chunin al suo fianco gli gettò un’occhiata frenetica, tesa nella sua indecisione. «Li faccio passare?» sussurrò.
Il jonin ci pensò per poco meno di un istante, prima di accennare con la testa ad un assenso. «Prima, chiedi come si chiamano.»
Quello annuì. «I vostri nomi?»
Stavolta non dovettero aspettare molto prima della risposta.
«Il mio è Reiko Iwakiyo, quello del mio compagno Daisuke Kitajima.»
Una folata di vento lo investì nel momento esatto in cui il secondo, il più basso, aveva iniziato a parlare, coprendo gran parte dei suoni del suo timbro.
Il copia-ninja maledisse con tutto se stesso il clima ventoso di quella giornata, e decretò a fatica che anche la seconda voce fosse maschile, sebbene più alta della prima. Di sicuro, poteva affermare di non conoscere nemmeno quella.
«Sono loro.» disse intanto una delle guardie, che aveva confrontato i nomi con quelli che gli aveva dato il Terzo Hokage. «Avete il permesso di entrare nel Villaggio.»
Mentre aspettavano l’aprirsi delle porte, i due si scambiarono un breve scambio di parole, poi ripresero a camminare, quasi all’unisono; Kakashi li seguì con lo sguardo finché non furono scomparsi alla sua vista.
A quel punto si lasciò andare ad un lieve sospiro e si alzò, riponendo il libro nella solita tasca del giubbotto.
«Dove sta andando, signore?» gli venne domandato.
«A mostrar loro il Villaggio, mi sembra ovvio.»
Se ne andò, che ancora sentiva sulla nuca il calore dei loro sguardi sconcertati.
 
La coppia si era fermata al centro della piazzetta che era stata indicata come il luogo dove avrebbero incontrato la loro guida.
«Chi pensi verrà?»
«Qualcuno in grado di valutare le nostre intenzioni e la nostra pericolosità. Hatake Kakashi, sicuramente.»
Tutta quella sicurezza irritò Daisuke a tal punto che dovette controllarsi molto per non spaccare la faccia al mantello blu di fianco a lui. «E tu come fai a dirlo, si può sapere?»
«La nostra guida è in ritardo.»
«In rit… oh». Qualche attimo di silenzio, poi: «Quindi tu l’hai letto tutto, il fascicolo che ci hanno dato su di lui.»
La frase riuscì a strappare un sorriso anche al suo ombroso compagno di viaggio.
«E tu non l’hai fatto perché tanto sono io che devo occuparmi di lui.»
«Lo sai? Sei la persona più saccente che conosca.»
I due si guardarono in cagnesco per qualche momento, poi Reiko scoppiò a ridere. E l’altro subito, a ruota.
 
Quando Kakashi arrivò, li trovò a ridere. La cosa lo stupì non poco, considerata la glaciale impassibilità che avevano invece mostrato all’entrata di Konoha. Allora c’era stata una gran professionalità in tutti i loro gesti, come se fossero stati le abituali azioni di un mestiere, mentre adesso sembravano quasi intenti nel prendersi una pausa.
Il jonin si chiedeva cosa potesse significare tutto ciò, mentre entrava lentamente nella piazza esibendo il solito sorrisetto imbarazzato.
«Chiedo scusa, sono in ritardo?»
Venne fissato da due paia d’occhi che sembravano tutto tranne che ilari.
«Non c’è problema, mi creda.» si fece avanti il primo sorridendo formalmente.
Di nuovo, quella sensazione di trovarsi di fronte chi sta svolgendo un lavoro e nient’altro.
«Il mio nome è Kakashi, e sono stato incaricato di mostrarvi Konoha durante tutta la giornata di oggi.»
Entrambi chinarono il capo. Solo allora il jonin si accorse di quanto fosse strano il loro abbigliamento; non aveva mai visto mantelli di quel genere da quelle parti, lunghi fino ai piedi in modo da coprire tutto il corpo, e con strani cappucci all’altezza della testa sempre tirati sul viso. Non c’erano simboli d’appartenenza a nulla, né a clan, né a specifici Villaggi. Non riusciva a trovare nemmeno il loro coprifronte.
«Noi siamo Daisuke e Reiko.» continuò quello, indicando prima se stesso e poi il compagno.
Kakashi mostrò un ultimo sorriso. «Benvenuti a Konoha!»



 
Ciò che dice l’Autore
 
Ciao a tutti, e grazie per aver letto il primo capitolo della mia long ^^
Questa non era una storia pianificata, come la maggior parte delle storie che adesso mi stanno venendo in mente su Kakashi, e quando ho cominciato a scrivere il capitolo non avevo affatto intenzione di pubblicarlo subito dopo averlo finito. Ma, come al solito, quando decido di fare una cosa finisce che salta fuori il contrario. Anche perché ultimamente è un periodo un po’ così, e avevo un grandissimo bisogno di non sentirmi un essere brutto, cattivo e inutile, quindi ho pubblicato.
Quando ho detto a una mia amica “sto scrivendo una storia romantica su Kakashi” la sua reazione è stata “oddio no Anna torna in te, che si comincia sempre così e poi si va a finire nelle peggiori long romantiche e melense che neanche nei peggiori bar di Caracas”. Tanto per tirarmi su il morale degli ultimi tempi. Spero che non sia così anche la vostra, di reazione xD Comunque sia, sono più che aperta a recensioni di qualsiasi tipo. In realtà, era da tempo che speravo di scrivere una romantica decente su di lui, di togliermi questo sfizio, diciamo.
Un’ultima parola sul Villaggio che ho inventato, quello della Notte. Dato che quando si parla di un fumetto così articolato come Naruto è davvero molto rischioso inventare qualcosa, all’inizio volevo che i miei due “cappuccetti misteriosi” arrivassero da un Paese noto, e così mi sono messa a fare ricerche in lungo e in largo, ma adattare le mie idee alle trame che si erano svolte in ogni ognuno dei Paesi che mi erano venuti in mente era davvero difficile (senza contare che la maggior parte erano segnati come non ninja). Così mi sono presa qualche libertà, spero proprio di non fare qualche passo falso andando avanti nella storia.
Purtroppo, a causa del ritmo serrato di scuola, allenamenti, teatro e quant’altro, i miei aggiornamenti non saranno velocissimi, ma prometto che mi impegnerò al massimo.
Il titolo è una frase presa dalla canzone che ha ispirato la scena che poi ha dato il via a tutta questa storia, vi lascio il link nel caso vi interessasse: http://www.youtube.com/watch?v=nsaX-e-KuYU 
Ok ho finito ^^ Un bacio a tutti!
Glory.
 
  
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