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Autore: Betta7    24/02/2013    10 recensioni
"Una vacanza? Altro che vacanza, sarebbe stato un vero inferno."
"La vacanza con Kurata sarà un suicidio."
I pensieri di due ragazzi in parte destinati, in parte lontani anni luce.
Sarà davvero così?
Una vacanza potrà davvero sistemare le cose distrutte in un anno e mezzo?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 13.
INFINITO ABBRACCIO.
-Epilogo-
 

Si guardò allo specchio e cominciò a spazzolarsi i capelli lisci e bagnati. Li frizionò con l’asciugamano e cominciò ad asciugarli immediatamente. Ricordava che sua madre, da piccola, la sgridava spesso perché non voleva mai asciugarli e girava per casa con i capelli fradici rischiando, più di una volta, di beccarsi la febbre.
La porta del bagno si aprì ed Akito le cinse la vita da dietro avvolgendola in un abbraccio.
“Buonasera Kurata..” le sussurrò all’orecchio. Era appena tornato dalla palestra dove insegnava e si vedeva quanto fosse stanco. Quel lavoro gli portava via un sacco di tempo e non solo quello.
“Buonasera Hayama..” ricambiò il saluto lei girandosi per baciarlo. Gli cinse il collo con le braccia e poi si appoggiò al suo petto. Indossava una t-shirt che gli aveva regalato lei un Natale ormai passato da secoli.
“Ai..” si lamentò Akito con un espressione mista tra il fastidio e il dolore. Cosa diavolo nascondeva sotto quella maglietta azzurra? Spostò il colletto e vi trovò una garza che copriva la parte sottostante al collo, dove c’era la clavicola. Per un secondo rimase sbalordita nel vedere quella medicazione, che avesse fatto a botte?
“Che cosa hai combinato Hayama?” chiese preoccupata Sana cercando di staccare la garza dalla pelle.
“Kurata mi fai male, cosa non ti è chiaro?” rispose lui allontanandosi per evitare che gliela strappasse definitivamente.
“E tu dimmi cosa hai fatto!” insistette lei. Era proprio dotata di una cocciutaggine che nemmeno lui a volte sopportava.
“Un tatuaggio Kurata, un tatuaggio! Ok?!” disse infastidito da quelle infinite domande.
Un tatuaggio? E quando l’aveva fatto? Cosa si era tatuato? Perché non le aveva detto nulla?
“Fammi vedere!”. Spostò la garza mentre lui cercava, invano, di allontanarla.
Una S in corsivo. Si era tatuato l’iniziale del suo nome.
“ .. non serve un tatuaggio a rendere ufficiale il nostro rapporto.” Le aveva detto quando lei gliel’aveva proposto. Dapprima aveva pensato che non volesse fare un passo tanto azzardato per paura che divenisse un impegno troppo grande da sostenere e, addirittura, quando si erano lasciati, avrebbe voluto eliminarlo per sempre ed era stata d’accordo con lui: non avrebbe dovuto farlo. Lo aveva coperto per mesi col fondotinta più efficace del mondo, lo aveva sempre nascosto a tutti perché guardarlo ogni santo giorno faceva così male.
Adesso serviva quel tatuaggio? Lei era sicura di Akito, forse non lo era mai stata più di così.
Hayama continuava a stare in silenzio, lei a fissare quella lettera e ad accarezzargli la parte tatuata.
“Fai male..” esordì lui a spezzare il silenzio.
“Scusami..”. si limitò, invece, a dire Sana.
Non sapeva perché aveva reagito in quel modo, forse la paura che quel tatuaggio fosse un contentino e che non l’avesse fatto veramente col cuore.
Non capiva nemmeno perché in quel momento tutti i dubbi del mondo le si fossero infilati in testa ma c’erano, che poteva farci?
La cena fu gelida, entrambi mangiavano in silenzio e osservavano le mosse dell’altro. Sana si sentiva ridicola, perché si era comportata in quel modo? Infondo Akito aveva solamente voluto fare un gesto d’amore. A volte proprio non si capiva: cosa poteva desiderare di più? Nulla.. eppure qualcosa, quel pensiero assordante che non la faceva respirare era ancora lì. Sempre.
Ed era anche stupido porsi una domanda del genere perché conosceva fin troppo bene la risposta ma era lì, al centro della sua testa e non la lasciava vivere. Avrebbe dovuto smetterla con tutti quei dubbi, lui gliel’aveva dimostrato in tutti i modi possibili. Ma.. no, niente ma.
Quando finirono di cenare Sana sparecchiò la tavola e Akito si mise a fare i piatti come ogni sera. Non sapeva cosa fare: se avesse continuato quell’atteggiamento lo avrebbe ferito e, conoscendo Akito, la cosa comunque si sarebbe protratta per chissà quanto tempo. Se invece, avesse affrontato la questione si sarebbe scatenato il putiferio e Akito sarebbe andato su tutte le furie. In conclusione, si sentiva nella confusione totale.
Seduta nel divano lo osservava in piedi a lavare i piatti e rifletteva sul da farsi. Allora si alzò, si mise di fianco a lui e cominciò ad asciugare ciò che lui lavava. Dopo un piatto, una forchetta, una pirofila e un altro piatto finalmente trovò il coraggio di parlare.
“Quindi..?” chiese a voce bassa per paura di infastidirlo più di quanto già non lo avesse fatto.
Akito non distolse lo sguardo da ciò che stava facendo, continuò a lavare un contenitore dove poco prima avevano riposto una porzione di sushi avanzata dalla cena della sera prima.
“Quindi che?” si limitò a rispondere lui con gli occhi fissi sull’acqua che scorreva dal rubinetto. Era il suo tipico atteggiamento da offeso: non la guardava in faccia, non parlava nemmeno sotto tortura, e le rispondeva con quei monosillabi così arroganti e fastidiosi che.. no, un momento. Quello non era il suo atteggiamento da offeso: quello era Akito Hayama.
Adesso era tutto più chiaro: non c’era speranza.
“Dobbiamo continuare con questa situazione?” chiese decisa ad intraprendere il discorso Sana che, nel frattempo, aveva smesso di asciugare le stoviglie e si era messa tra lui e il lavandino per impedirgli di fissarlo e per far si che, almeno, la guardasse in faccia.
“Quale situazione? Mi sembra che sia tutto ok? No, non è tutto ok?”. Voleva essere pungente, antipatico e soprattutto sarcastico perché sapeva che Sana odiava il sarcasmo, specialmente quello immotivato.
“Quale situazione?! Questa! Ti sembra che io stia giocando?”. Cominciava già a scaldarsi più del dovuto e altrettanto fece lui.
“Io invece ho la faccia di uno che si fa un tatuaggio per sport!”. Ai, dolore, l’aveva colpita.
“Non ho mai detto questo!” rispose subito lei.
“Ma l’hai pensato! Senti Kurata, non ho voglia di parlarne, vado a letto!”. Chiuse l’acqua, si asciugò le mani e si diresse verso la stanza da letto.
Cinque minuti dopo lo seguì Sana, la discussione andava affrontata anche se significava litigare.
Inizialmente rimase in silenzio, lo guardava dall’altra parte della stanza intento a cercare una canottiera nel cassetto. Si avvicinò e lo abbracciò. Il cuore ormai aveva deciso di fare come gli pareva, le batteva così forte da sentirsi nel silenzio della stanza.
“Non credere che con questo risolvi tutto.” Tuonò Akito freddo e immobile.
Sana prese ad accarezzargli la schiena, gli prese la mano e la intrecciò con la sua; stava cercando di farsi perdonare, era ovvio, ma obbiettivamente non ci stava riuscendo. Akito se ne stava lì senza dire o fare nulla e Sana si sentiva ancora più in colpa.
“Avanti Hayama, perché fai così?” chiese lei mettendosi di fronte a lui.
“Io non faccio nulla Kurata, hai fatto tutto tu.”. Sembrava assolutamente convinto di ciò che diceva. Chiuse il cassetto e si mise a letto accendendo la tv.
Sana lo guardò e si stese a letto con lui continuando ad abbracciarlo.
“ Sei uno stupido Hayama, un enorme stupido.” Si sedette per guardarlo per poi continuare “ Credi che non sia contenta del tatuaggio? Certo che sono contenta, ma dovresti capirmi: vederlo così all’improvviso è stato.. strano! Ma questo non significa che non mi faccia piacere.”.
Detto ciò scoprì il suo di tatuaggio e glielo mostrò.
“Guarda. Lo vedi questo? Io l’ho fatto molto tempo prima di te e non perché volevo far vedere al mondo che ti amavo, ma perché lo sentivo io dentro che era così e volevo scrivermelo addosso per sempre. Tu quella volta hai detto che non serviva un tatuaggio per rendere ufficiale il nostro rapporto, ecco, io ho avuto paura. Paura che adesso servisse quando per me non è più così importante. Io non ho bisogno di quel tatuaggio per dire a tutti che ti amo, non ho bisogno di uno stupido tatuaggio per dirlo a te. Io ti amo e basta, non mi serve niente in più.”
Si alzò, indispettita, e andò in cucina a farsi un tè per calmarsi. Akito la seguì. Sembrava la serata degli inseguimenti.
La situazione si concluse con Akito che la abbracciava e lei che sorrideva. Non poteva immaginare momento migliore di quello. Ecco il suo destino.

*

Cercava di produrre un pensiero di senso compiuto mettendo insieme un soggetto, che era lei, un predicato, già lì le cose si mettevano male e, infine, un complemento oggetto che, ovviamente, era Akito.
Era lì, davanti ad un foglio bianco, in cerca di parole che potessero descrivere a pieno la sua storia con lui e tutto ciò che le veniva in mente era la parola ‘Sempre’.
Ma doveva mettersi d’impegno e scrivere la sua promessa, anche se non si aspettava di certo che Akito facesse altrettanto. Già lo immaginava a terminare il suo pensiero dicendo semplicemente ‘Ti amo Sana’ e sarebbe già stata fortunata così. Ma lo amava, con i suoi modi burberi come li definiva a suo tempo Naozumi.
Il suo vecchio amico non sarebbe stato presente alle sue nozze. Ancora, a volte, ci pensava e si sentiva anche in colpa al solo ricordare che tutta la vita di quel ragazzo era stata rovinata da lei.
Ma stava divagando, ovviamente. Stava cercando in tutti i modi di sottrarsi a quel compito arduo che quella cerimonia gli imponeva.
Poggiò la penna sul foglio bianco e cercò di descrivere a pieno tutto ciò che Akito rappresentava per lei. O meglio, di riassumerlo, perché se avesse dovuto veramente scrivere tutto ciò che era non sarebbero bastati venti fogli bianchi.
Questo aspetto della loro relazione le piaceva ancora dopo tanti anni. Era bello poter dire, a chi lo chiedeva, di essersi conosciuti alle elementari e innamorati immediatamente. C’erano stati momenti di crisi eppure ognuno di questi era stato superato nel migliore dei modi. Bastava guardarli adesso: dopo un anno e mezzo separati la loro vita era tornata normale.
 
“Non vorrei guastarti la festa ma non ci siamo sposati, perché devi prendermi in braccio per entrare in casa?”.
Akito aveva appena aperto la porta marrone che gli stava di fronte e si era poi diretto a prendere Sana tra le braccia per farla entrare. Era vero, non si erano sposati, ma era un po’ come se già lo fossero da sempre.
Dopo una giornata passata a girare per la città stavano tornando a casa. La loro casa.
La sollevò da terra e le mise il braccio sotto le gambe entrando in casa. Non sapeva perché lo stava facendo, la sua vena romantica d’un tratto era uscita fuori e inoltre dovevano festeggiare la fine di ogni problema.
I loro occhi puntati uno sull’altro con degli sguardi che avrebbero potuto bucare qualsiasi muro.
Loro erano così.
Non c’era barriera capace di danneggiare ciò che avevano perché quello era infinito e impossibile da corrodere. Avrebbero potuto litigare all’impazzata, rincorrersi e gridarsi dietro ma tutto quello che poi rimaneva era amore. Fine.
La mise giù, si mise in ginocchio e, emozionatissimo ma con la facciata solita da duro, le aprì una scatoletta rossa davanti agli occhi.
Una lacrima, una domanda e una risposta. Così avrebbe dovuto essere, tradizionalmente.
“Vuoi sposarmi?”
“Come potrei dire di no?”
“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda. Vuoi sposarmi?”
“Dovrei pensarci, ti farò contattare dal mio agente!” scherzò lei prima di farlo alzare da terra e di baciarlo.
“Si si si si si! Cento volte si!”rispose infine.
Ecco, loro erano così.
Altro che lacrima, domanda e risposta.
Loro erano domande e mai nessuna risposta udibile a tutti. Loro erano fatti di risposte silenziose.

  *

  
La guardava camminare vestita di bianco verso l’altare dove lui l’aspettava.
Continuava a guardarla e l’unica cosa che pensava era ‘ E’ mia. ’. E non era un possesso negativo, era semplicemente sinonimo di appartenenza, di amore, di gelosia, di voglia di stare insieme, di un’infinita vita da passare insieme.
E proprio quel momento stava per sancire questo legame eterno che li avrebbe indissolubilmente legati per sempre.
Doveva ammetterlo: lui non era tipo da matrimonio, odiava ogni tipo di ufficializzazione perché superflue, ma per Sana era importante e anche per lui stava cominciando ad esserlo.
In appena cinque mesi erano riusciti ad organizzare un matrimonio perfetto.
Era il 24 dicembre, data scelta da loro, il giorno di metà compleanno.
Sana avanzava e il suo cuore batteva. Senza la musica sicuramente qualcuno lo avrebbe sentito.
Eccola, la sua mano stava toccando quella di lei. Sfiorava la sua pelle delicata e rabbrividiva al pensiero che avrebbe potuto averla per il resto della sua vita. Quale altro uomo sarebbe stato così fortunato?
 
 

*
 

“Sana, leggici la tua promessa di matrimonio per favore” aveva esordito il prete dopo circa un quarto d’ora di cerimonia. Ma come, così poco? E poi così, davanti a tutti?
Cercò di calmarsi e di mettere da parte la paura. Fuka, la sua testimone, le passò un foglio e prese a leggere, emozionata, ciò che aveva scritto.
Se dovessi descrivere la nostra storia avrei così tante parole da usare. La prima che mi viene in mente, forse, è la parola ‘complicata’ , perché noi lo siamo e non poco, lo sai bene.
Alzò lo sguardo e lui la fissava sorridente, non l’aveva mai visto così bello probabilmente.
Vorrei riuscire a dirti tante cose: la prima è che ti amo. Facile, dirai tu, ma se sapessi la guerra che mi si scatena dentro ogni volta che ci penso cambieresti idea di certo. Mi piacerebbe raccontarti come mi sono sentita la prima volta che ho capito d’amarti, quando ancora non sapevo nemmeno cosa fosse l’amore. Ti ho guardato e tutto mi fu chiaro: eri tu. Nonostante tutto, nonostante tutti, eri tu. Eri tu e lo sei ancora. Vorrei dirti che ogni volta che cerco il tuo sguardo mi sento morire e che quando poi lo trovo mi sento ancora peggio. E solo ora capisco quanto è vera la frase che dice ‘Conoscerai tanta gente nel corso della tua vita ma solo una te la cambierà per sempre.’. Solo oggi, in questo momento, comprendo che ciò che ho sempre voluto è proprio questo: averti per sempre. Consapevole della scelta che sto prendendo io mi impegno a conservare questo nostro amore fin quando le forze me lo permetteranno. Vorrei mostrarti, infine, i miei occhi quando guardano te e voglio che tu mi ricordi sempre così, con lo sguardo della donna pazzamente innamorata di te da sempre. Da sempre e per sempre.”
 

Chiuse il foglietto e lo diede nuovamente a Fuka. Si asciugò la lacrima che stava per scendere sulla guancia e tornò a tenergli le mani.
Lui le sorrideva incantato, aveva ascoltato quelle parole con gli occhi sempre fissi su di lei e Tsuyoshi gli stava passando il suo fogliettino con la sua promessa. Raramente sorrise.
Si schiarì la voce tremante, guardò negli occhi Sana e poi cominciò a leggere.
Non sono bravo con le parole, mi conosci, ma ho cercato in tutti i modi di sforzarmi per scrivere tutto quello che penso. Sono sempre stato una persona complicata, sin da piccolo.”
Natsumi e suo padre si guardarono abbassando poi lo sguardo.
La mia vita era un continuo disordine, e tutto quello che mi circondava era vuoto. Poi, un giorno di molto tempo fa, sei arrivata tu con i codini da bambina e le gonne di colori assurdi. Tu mi hai aiutato. Mi sei stata vicina in momenti in cui nessuno c’era o voleva esserci e per questo non ti ringrazierò mai abbastanza. Di brutti periodi ne abbiamo passati un’infinità, e ancora sicuramente ne avremo da passare, ma so che li supereremo. Perché noi siamo il ‘nonostante’. Nonostante tutto, tra dieci, venti, trent’anni saremo ancora qui, lo so per certo. Ti amo ragazzina egoista.
Ripassò il foglietto a Tsuyoshi, guardò Sana e la trovò in lacrime.
Conosceva quella ragazzina, piangeva per qualsiasi cosa, e si aspettava anche che avrebbe pianto durante il matrimonio.
Rise.
“Puoi baciare la sposa.” Disse il sacerdote.
Si baciarono. Fu forse il bacio più bello di tutta la loro vita.

*

 
Cara mamma,
ho appena letto la tua e-mail e ti rispondo subito per non dimenticarmene. Qui va tutto bene, Akito continua a sistemare la nuova palestra e io sono sempre più felice. Davvero mamma, la mia vita va a gonfie vele e non credo che avrei mai potuto ricevere regalo migliore. A te invece come va? Hisaki sta bene? Sai ancora non riesco a crederci che tu abbia trovato un compagno, mi sembra così strano. Sono contenta però.. davvero! Bene mamma, ora ti lascio, tra un po’ tornerà Akito e se mi trova al pc mi fucila. Non so perché si è messo in testa che le onde magnetiche che rilascia questo aggeggio possano farmi male. Ah, uomini troppo apprensivi!
Ti voglio bene, Sana
.”
 
Chiuse il computer e si alzò con fatica dalla sedia, i chili presi si facevano sentire.
Sentì la serratura della porta aprirsi e si affrettò a iniziare a cucinare, cosa che Akito le aveva categoricamente proibito. Ti stancherai Kurata, siediti! Le diceva ogni volta.
Quella parte di Akito, tutto sommato, le piaceva. La trattava come una regina.
Aprì la porta della cucina e, prima ancora di salutare lei, si calò a baciare la sua pancia rotonda.
Sana sorrise, lo baciò, e poi cominciò a rimproverarlo.
“Grazie Akito, devo dire che mi tieni molto in considerazione.” Disse scherzando.
Akito sorrise. “Sai Sana, fin quando non nascerà mio figlio tu sarai indispensabile, dopo di che potrai anche andartene!”.
“Figlio, figlia, chi può saperlo!” rispose lei facendogli la linguaccia.
“Figlio o figlia non ha importanza. Basta che stia bene e che sia tutto la mamma!”. Le stampò un bacio sulle labbra e poi le tolse delicatamente la pentola dalle mani intimandole di andarsi a sedere sul divano.
“Ci penso io donna gravida, tu vai a sederti!” le ordinò.
“Ma dai Akito, non sto mica morendo, sono solo incinta!” disse dirigendosi verso il divano rosso della cucina.
“Appunto, sei incinta.” Rispose fermo lui.
Erano meravigliosi dopo tutto. Ed erano una famiglia, cosa importava di più?
 

*

“Mamma, papà!! Papà svegliati!!”
Era domenica mattina, erano le sette in punto. Quella bambina sembrava avere la sveglia biologica fin troppo diversa da quella della madre.
Akito si girò, aprì gli occhi e ritrovò quella bellezza davanti a lui. Era meravigliosa la sua bambina. Non sapeva nemmeno come fosse potuta essere così bella.
Sana ancora dormiva, comprensibile, dormigliona com’era.
La guardava dormire e vedeva in lei tutto l’amore che, dopo tutta la vita, non accennava a scemare. Era la sua metà.
Poi guardò Koharu e vide la medesima cosa. Amore.
Avevano scelto quel nome perché la madre di Akito si chiamava così. Era stata Sana a proporlo e lui si era sentito subito scoppiare il cuore; ovviamente non lo diede a vedere e rispose con il suo solito ‘Non mi dispiace’ ma dentro aveva una rivoluzione.
“Kohi, smettila! Sveglierai la mamma..!”.
Ma Sana era perfettamente sveglia, se la rideva sotto le coperte.
“Papi, lo sai che la mamma è sveglia e fa finta. Ora le faccio vedere io.”
La bambina cominciò a solleticarla e Sana balzò subito in piedi ridendo.
“Hai visto?!” disse rivolta verso suo padre.
“Ah si?! Bene, piccoletta, a noi due!!” disse Sana buttandosi di nuovo nel letto e prendendo Koharu per farle il solletico.
“Papiiii, aiuto!” implorò la bimba.
“No no, adesso te la vedi col nemico!” e le lasciò in camera da letto a giocare mentre lui si apprestava a fare il caffè.
Quelle due continuarono a ridere e farsi il solletico per almeno un’oretta.
Poi verso le dieci uscirono e andarono al parco; lì Koharu incontrò un suo compagnetto di scuola.
Litigavano sempre animatamente però non si staccavano mai.
Sana e Akito li osservavano divertiti, rivedendo in quei bambini il loro inizio.
“Mia figlia è troppo piccola per avere un fidanzato!” disse Akito geloso di sua figlia.
Sana sorrise e lo abbracciò.
“Sta’ zitto, paparino. Siamo cresciuti, vero? Abbiamo una figlia e, tra parentesi, voglio un bambino, e addirittura lei già sta iniziando ad avere i primi fidanzatini. Siamo diventati grandi. Tu mi ami ancora, vero Hayama?”
“No signora Hayama, io non ti amo. Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata.” E si baciarono nuovamente, sicuri che i prossimi autunni, primavere, estate e inverni li avrebbero passati insieme come in quel momento, stretti in un infinito abbraccio.
 
 
Ed ecco conclusa la mia storiella!!! FINALMENTE aggiungerei!!!
Spero che l’ultimo capitolo vi piaccia, e comincio con i ringraziamenti.
Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti:

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E infine ringrazio, in particolar modo, tutti coloro che hanno recensito e letto passo passo la mia storia! Grazie a tutti, ci vediamo presto con una nuova fan fiction!! :D
Baci, Akura.
<3
   
 
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