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Autore: B Rabbit    25/02/2013    2 recensioni
E invece, te ne sei andato in silenzio, senza voltarti.
Perché tu altro non sei che un prigioniero della realtà, recluso nella gabbia della tua stessa esistenza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IDENTITA'










Erano i primi giorni di novembre e le foglie morenti degli alberi erano cadute dai rami sottili, tingendo di rosso e giallo il piccolo cortile dell’Ordine Oscuro.
Sui fili d’erba e sulle superfici nere dell’edificio si formarono miriadi di piccoli cristalli, illuminati dal sole che comparve timido all’orizzonte, schiarendo debolmente il cielo con i suoi fasci rosati.
Nonostante la guerra, l’odio e il dolore, l’alba era sorta ancora una volta, incurante del sangue e delle battaglie che avrebbero nuovamente segnato la terra che stava bagnando di oro.
Annunziò semplicemente il nuovo giorno, parteggiando e pregando per entrambe le fazioni.
E quella mattina, verso le otto circa, Allen sarebbe partito in Finlandia insieme a dei finder per una missione di ricognizione, alla ricerca di una probabile Innocence.
Eppure, sebbene la notte l’avesse cullato con il silenzio e la solitudine, era lì, divorato dalla paura, nel corridoio adiacente al giardinetto aspettando una frase.
Deglutendo piano, il giovane serrò con forza i pugni, mentre l’assordante mancanza di suoni o semplici rumori gli tormentava le orecchie insieme al battito incontrollato del suo cuore.
Si torturò il labbro inferiore, percependo la sicurezza che lo aveva sostenuto fin ora scivolare via, come gocce cristalline di pioggia, accarezzandogli la pelle ferita prima di abbandonarlo.
Ordinò a se stesso di non piangere, di non chiudere gli occhi e di non abbassare il volto.
Doveva rimanere impassibile, la volontà lo avrebbe aiutato.
«Cosa … cos’hai detto?»
Qualcosa affondò nel petto, un dolore soffocante, opprimente, come la lama di un coltello che lacerava il cuore, indifferente alle sue urla.
Pregò le lacrime di non inumidirgli le guance e di non accarezzargli i lineamenti del viso, scivolando via dalle sue iridi di mercurio.
«Ti amo Lavi»
Nonostante tutto, la sua voce era ferma e calma, e i suoi occhi rispecchiavano fedelmente la determinazione che aveva perduto.
In fondo, era un pierrot di strada e un baro a poker, di menzogna era realizzata la sua maschera.
«Allen …»
Il suo sguardo seguì i movimenti del rosso, scorgendo il disagio e l’agitazione nei suoi gesti distratti.
Il giovane maledetto socchiuse gli occhi, dispiacendosi per l’assenza di quel meraviglioso sorriso che arricciava quotidianamente le labbra sottili del compagno, illuminandogli incessantemente il viso.
«Allen, mi dispiace, ma non posso corrisponderti»
Sussultò, percependo quella fitta al petto stringerlo piano, rompendogli le costole e dilaniandogli il cuore.
Respirò flebilmente, lacerandosi la gola e i polmoni con l’aria fredda d’inverno.
«Perché … siamo due ragazzi?»
Tremò appena l’occhio smeraldino di Lavi incrociò il suo sguardo, osservandogli il viso sfigurato dalla cicatrice rossa.
«No»
Schiuse le labbra, pronto a rispondere, ma si zittì, preceduto dall’altro.
«Perché sei un esorcista»
Sentì qualcosa incrinarsi e soffrire, forse il cuore, forse l’anima.
Non capiva più nulla.
«Questo… non vuol dire nul-»
«E io Bookman»
Sgranò gli occhi, e lentamente, abbassò lo sguardo, liberando le mani dalla stretta.


Io non sono un vostro compagno


Gia…

Chiuse piano le palpebre, lasciando affogare nel nero di quella prigione il verde gelido dell’occhio di Lavi che lo scrutava freddo, accusatorio.
Si vergognò del suo amore, macchiatosi ormai di una colpa sconosciuta e, forse, irreale.
Sorrise lievemente, dandosi dello stupido e dell’ingenuo per aver dimenticato quelle parole, quella frase che un tempo l’aveva colpito e ucciso.
«Non posso lasciarmi rinchiudere dall’utopia di questi sentimenti»
Vattene allora, e lasciami morire in questo sogno infantile.
Alzò lentamente lo sguardo, ammirando per l’ultima volta quel volto che non avrebbe voluto baciare, ma semplicemente toccare e carezzare.


«Allen…»

No, zitto, non dirlo.

«Mi dispiace»

Basta, ti prego.
Vattene.



«Scusa …»




Socchiuse gli occhi, mentre l’eco dei passi del rosso gli tormentava le orecchie.
Osservò la sua figura svanire piano, inghiottita dalla penombra del corridoio.
«Stupido coniglio …»
Le labbra tremarono appena mentre gli angoli della bocca si abbassarono.
«Allora perché, mentre scacciavi i miei sentimenti, piangevi?»
Un gemito sommesso gli sfuggì via, e asciugandosi una lacrima salata, alzò lo sguardo, sorridendo tristemente.

«Sei uno scemo …»



Avresti voluto dirgli di sì, avvicinarti a lui e carezzargli il viso con delicatezza.
Avresti voluto catturare quelle lacrime che gli avrebbero segnato le guance, per poi baciarlo, dolcemente.
E invece, te ne sei andato in silenzio, senza voltarti.
Perché tu altro non sei che un prigioniero della realtà, recluso nella gabbia della tua stessa esistenza.
E tu, essere debole, te ne sei andato, incapace di alleviare la disperazione che avrebbe turbato il viso del tuo meraviglioso amore.
Incapace di rompere quelle atroci sbarre che ti separavano dal mondo che tanto avresti voluto confortare.

















Laveeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeen <3
Mi è venuta in mente questa mattina, mentre mi lavavo i denti e, da brava bimba, sono andata nello studio/magazzino con ancora lo spazzolino in bocca, ho preso un foglio da stampante insieme al colore a spirito azzurro ed ho iniziato a scrivere.
In questi giorni non ho tempo per nulla a causa della scuola.
Dannazione
Spero che vi sia piaciuto un pochino.
Alla prossima <3


  
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