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Autore: Sae    12/09/2007    10 recensioni
-Perché sei qui?- Assottigliò gli occhi. Quella domanda bastò per indebolire la sua mente, già atrofizzata dal lungo viaggio in taxi che aveva affrontato e inoltre… quelle parole avevano un doppio significato e lui era davvero troppo stanco, per decifrare il tutto. -Perché il passato ti insegue sempre.-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Da quel balcone si vedeva tutta la città di Tokyo

“O yasumi nasai”

o.- preface

Da quel balcone si vedeva tutta la città di New York.

Si potevano ammirare o detestare in silenzio: le sue luci intermittenti, i clacson delle macchine che si rincorrevano nel traffico, le voci degli abitanti che si mischiavano confondendosi le une con l’altre… e la musica, che si alzava prepotente da una vetrina chissà dove….

E da lì, si poteva controllare sempre in un solo batter di ciglia, tutto quell’inferno nero o apprezzare con un sorriso, quei pochi angeli che sembravano viverci dentro.

Si accese la sigaretta con gesti lenti e un attimo dopo, la luce rossa brillò nell’oscurità della notte. L’odore del fumo si alzò, prima di sparire trasportato dal vento della sera.

Lontani ma vicini, degli occhi marroni guardavano il disfarsi di quella nuvola grigia e poi pigri scendevano a inquadrare quelle labbra troppo pallide e dalla quale usciva quel vapore.

Da quando, lui avesse incominciato a fumare, questo non se lo ricordava. Meglio dire che, non poteva saperlo dato che in fondo parecchie cose erano cambiate rispetto a qualche anno fa.

L’odore della nicotina gli solleticò il naso e svogliato girò di scatto la fronte, rivolgendo le sue iridi scure quasi nere per l’assenza di luce, allo spettacolo che dava quel balcone.

Avrebbe dovuto iniziare per primo il discorso, questo lo sapeva. Non si aspettava di certo, che lui rompesse quei rumori che costituivano la grande mela, di notte.

Non se lo immaginava, eppure, molte cose erano cambiate da allora avrebbe dovuto conoscere e mettere in conto, anche quello.

-Perché sei qui?-

Assottigliò gli occhi.

Quella domanda bastò per indebolire la sua mente, già atrofizzata dal lungo viaggio in taxi che aveva affrontato e inoltre… quelle parole avevano un doppio significato e lui era davvero troppo stanco, per decifrare il tutto.

-Perché il passato ti insegue sempre.-

Caspita, non aveva voglia di fare il filosofo… eppure le labbra si erano mosse da sole. Sorrise impercettibilmente e per questo non osservò quelle iridi taglienti andare a cercare la sua figura, per fulminarlo.

-Il passato non né ha facce, né nomi. Il passato è come una nuvola di fumo, è come la mia sigaretta.- Parlò lentamente l’altro, come a voler raggruppare i pensieri che gli vorticavano in quella sera oscura.- Prima o poi la fiamma che divora il tabacco, si spegne e ti accorgi che è stato proprio il passato per primo a voler chiudere con te. E da questo capisco, che mi stai prendendo per il culo, Taichi Yagami.-

Buttò la sigaretta per terra, senza tanti indugi, quando ancora la stecca poteva riservare altre boccate mortali di nicotina.

Il moro non rispose subito, ma riportò di nuovo i suoi occhi scuri sul fumatore.

-Eppure a me basta dirti un nome, per farti capire, che il passato non ha chiuso con te e che tu, non hai chiuso con il passato.-

-Un nome?- Lo schernì l’altro mostrando il suo volto per intero e non il profilo, come aveva fatto fino ad allora.

-Già.-

Taichi abbassò gli occhi che si andarono a perdere in un punto impreciso di quella città.

-Sora.-

In quegli occhi azzurri un barlume di speranza, sfavillò. Il sorriso che poco prima serpeggiava sulle sue labbra, si dissolse come neve al sole.

-È la storia più vecchia del mondo.-

Taichi non si scompose per quel muto cambiamento sul volto dell’Ishida. Stavolta toccava a lui sorridere continuando a parlare.

-L’amico che si innamora dell’unica persona al mondo, della quale proprio non si doveva innamorare.-

Matt sbuffò, lasciando che la luce del soggiorno giocasse con i riflessi dei suoi capelli.

-Ma lei è innamorata dell’altro, quello bello, quello famoso, quello stronzo.-

Il biondo sorrise, ridandogli di nuovo il profilo da guardare: inutile per cogliere le varie sfumature che passavano inattese in quegli occhi color ghiaccio.

-Che poi come è che siamo diventati amici, io e te?-

Taichi respirò forte prima di rispondersi da solo. E come altre volte, l’unica risposta plausibile che trovò era quella di un sonoro ma rassicurante: -Bho.- senza capo né coda.

-Se non sbaglio però, ora sta con te, no?-

Taichi chiuse una mano a pugno e con l’altra si tenne alla ringhiera in ferro. -Non sempre quello che una persona fa, rispecchia quello che desidera veramente.-

Yamato sbuffò di nuovo, cercando nella sua tasca il pacchetto di sigarette rosso.

-Sciocchezze.- Liquidò perentorio come se si trattassero di baggianate, mentre quella amico mio era la vita e la pura e semplice verità.

-Lei vuole te.-

Tre parole che significavano un nuovo respiro, un nuovo battito, una nuova storia.

Punto e daccapo. Ecco il significato di quelle tre parole.

-Non dire str****te. Io non ci torno a Tokyo!! Troppo tardi.-

-Certo ora vieni a dirmi, che preferisci marcire in questa stupida città!-

Yamato si voltò furioso. –Chi ti credi di essere per dare lezioni a me, Taichi Yagami?-

-Ero il tuo migliore amico a Tokyo! Sono io che ti ho accolto in casa mia senza chiederti nulla, lasciando che tu suonassi il mio stupido pianoforte…! Sono io, - Si battè una mano sul petto.- che come un emerito stolto, ti ho presentato a quella creatura meravigliosa!! E sono sempre stato io a spingerti, per comporre quel cd, che odio, ma che non posso fare a meno di ascoltare 24 ore al giorno! Ed io che odio la musica classica!-

Lo sfogo così improvviso gli fece girare la testa e Tai si ritrovò a boccheggiare mente, Yamato gli dava sonoramente le spalle.

-Sto con un'altra qui.-

Il moro rimase in silenzio, costernato.

-Cosa?-

Matt entrò a passi lenti nella sala del suo appartamento lì, a New York.

Si accese un’altra sigaretta come per non pensare.

-È qui, che devo ricominciare a cercare mio fratello Takeru. Non vuoi proprio capirlo, che solo diventando famoso lo posso ritrovare? Non me ne importa niente del resto. Io non ci torno a Tokyo. E non mi importa niente di quello che stai cercando di dirmi. Dovessi anche bruciarmi le dita su quel maledetto pianoforte, a furia di suonare, io non ci torno a Tokyo. Perché si deve scegliere, alla fine. Mettiti il cuore in pace Tai, dovresti essere contento. Lei ha scelto te, io ho scelto l’altra, tu sei l’unico che ancora non si rassegna o che fa ancora finta di non voler scegliere. Mettitelo bene in testa, in quella zucca vuota che ti ritrovi, che io da qui: non me ne vado; che oramai abbiamo tutti e tre fatto delle scelte. Che tutti e tre in un modo o nell’altro, oramai, stiamo vivendo.-

Taichi entrò nella casa, sconvolto e silente per quel monologo. Matt aveva da sempre la capacità di lasciato senza fiato in corpo.

-Bravo.- Gli disse dopo una lunga pausa. E Yamato si sedè solo allora, come se aspettasse quella sua entrata, per prendere posto davanti al suo strumento, come nei migliori film di serie c.

-Bravo, non c’è che dire. Ammuffisci, lì con il tuo piano, tra le braccia di un’altra donna. Menti a me, a lei e a te stesso, ubriacati di gloria… convinciti che devi restare qui per scopi onorevoli.- Lo guardò sornione. -Ti auguro di essere felice senza amore, Ishida Yamato.-

La mano del concertista si mosse leggera sui tasti bianchi e neri. Un mi-fa-sol risuonò nell’aria, stonando con le parole aspre che erano appena rimbalzate tra quei muri bianchi.

Il moro si mosse veloce, intontito da quelle poche note che invece suonarono come una condanna nel suo cuore. Andò a posare la sua mano sulla maniglia di quella porta blindata, aprendo l’uscio.

-Taichi.-

La voce del biondo gli arrivò in pieno, come il vento freddo di quella maledetta città. Rimase in silenzio, immobile ma fragile come una statua di cera.

-Ti, ha mandato lei qui?-

Il castano girò la sua fronte alta verso l’amico. Sorrise, amaro e deciso.

-No, lei non sa che sono qui.-

Quello bastò per far ricadere inermi le dita del pianista sulla tastiera.

I rumori della strada impregnarono di nuovo quelle pareti.

E Matt si prese il viso tra le mani, il respiro scioccamente tremava… e gli occhi balenavano confusi da una parte all’altra di quella stanza di lusso.

Taichi se ne era già andato.

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