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Autore: Fog_    26/02/2013    1 recensioni
FRIENDZONE – QUANDO LA TUA MIGLIORE AMICA È IL TUO GRANDE AMORE
(ed è innamorata del tuo migliore amico)
Dal testo: So di averla resa felice ed è la ricompensa migliore che avessi mai potuto avere.
So anche che, se Aaron imparasse a tenere davvero a lei, ad amarla come ho fatto io, lei potrebbe salvarlo.
Perché lei è così.
Lei è la mia migliore amica.
Lei è quella persona che amerò sempre, nonostante tutto e tutti.
Ed è ancora lei quella che non saprà mai di questo mio amore, ma ne vivrà nella sua ombra e ogni volta che cadrà, io sarò proprio lì pronto a prenderla.
Come ho sempre fatto. 
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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FRIENDZONE – QUANDO LA TUA MIGLIORE AMICA È IL TUO GRANDE AMORE
(ed è innamorata del tuo migliore amico)


 
È un pomeriggio invernale che profuma di cioccolata calda con panna e pagine di un libro nuovo. Sono solo, seduto sui divanetti rossi del bar nella mia libreria preferita, e aspetto lei. So che arriverà con almeno dieci minuti di ritardo perché tanto la conosco e non le dirò neanche niente. Le cioccolate le ho già ordinate e aspetto solo il momento in cui lei si siederà, la guarderà e sorriderà amara. Dirà che è a dieta, si farà mille problemi, però poi si renderà conto che è più forte di lei e si getterà su quella meraviglia con gli occhi da bambina. Perché lei è così ed io la conosco meglio di chiunque altro. Perché lei è il mio grande amore. Perché lei è la mia migliore amica.
La mia è una storia già sentita un milione di volte, proposta e riproposta ovunque, che quasi ha stancato. È la storia di un’amicizia tra un ragazzo e una ragazza, un’amicizia meravigliosa, finchè uno dei due non si innamora. E allora quel poveretto è davvero fregato.
Un’ondata del suo meraviglioso profumo anticipa il suo arrivo e mi fa sorridere. Lei entra trafelata nella zona bar, pronta a rifilarmi qualche scusa per il ritardo, ma vede che sorrido e me la risparmia. Si allunga verso di me e mi lascia un bacio sulla guancia, il suo naso congelato cozza contro lo zigomo, i lunghi capelli le ricadono tutti su una spalla. È bellissima, come sempre.
«non puoi farmi questo» protesta non appena si accorge della tazza fumante che la sta attendendo al suo posto. Rido.
«Dai Freya, fallo per me» a quel punto non può che accettare, perché se tiri in ballo queste cose lei non dice mai di no. E anche se si tratta solo di una cioccolata calda, è più forte di lei. Lo so.
Cominciamo a parlare come nostro solito e non la smettiamo più. Noi parliamo di tutto, di ciò che ci succede durante la giornata e dei nostri desideri, di cosa abbiamo mangiato a pranzo, di cosa indosseremo il giorno dopo. Parliamo e non ci stanchiamo mai. Non potremmo, o almeno, non potrei, perché di lei non mi stancherei mai.
Però, quel pomeriggio, capisco subito che c’è qualcosa che non va. Si vede dietro il suo sorriso, dietro gli occhi così sinceri, oltre le fossette sulle guancie che oggi non sono poi così accentuate.
In un secondo sono pronto a fare qualsiasi cosa possa renderla felice.
«Niente, vorrei solo trovare qualcuno che mi capisca come te» mi risponde quando le chiedo a cosa sta pensando, poi la sua mano trova la mia poggiata sul tavolo e la stringe, facendo partire il mio cuore. Lei non si rende conto di come io reagisco ad ogni suo tocco o ad ogni sorriso, non lo capisce, è otturata dall’idea che nessuno la ami. In questa generazione di ragazzi che pensano solo al sesso lei è fuori posto, quindi crede di avere qualcosa di sbagliato ogni volta che un ragazzo la tradisce o smette di farsi sentire. In realtà l’unico problema è che nessuno si sente pronto per una storia seria, nessuno vuole prendersi il fardello del suo amore. Nessuno tranne me.
«Oh Joe, sei qui» basta il suono di quella voce per far cadere completamente  l’atmosfera. Un rumore di passi simile ad una mandria di bufali, un’ombra alta quasi due metri, gli sguardi di tutte le ragazze nel raggio di cinque metri che si convergono nello stesso punto ed eccolo lì, Aaron, il mio migliore amico.
Se io sono lo stereotipo del bravo ragazzo, lui è quello del bello e dannato, quello del “sesso, droga e rock’n’roll”, solo che al posto del rock’n’roll ascolta l’indie-rock perché secondo lui lo sballa di più. Siamo completamente diversi eppure, per qualche assurda ragione, siamo migliori amici. Le strane coincidenze della vita.
Aaron allunga una mano e glie la stringo fingendomi felice di vederlo, poi si gira e sembra accorgersi solo in quel momento che c’è Freya lì seduta con me.
«Ciao» dicono contemporaneamente. Freya sorride. Aaron sorride.
Aaron non sorride mai.
«Joe, ci hanno invitato ad una festa incredibile sta sera. Sei dei nostri?» è incerto mentre mi propone quella che sarebbe solo una delle centinaia di serate a cui andiamo, è nervoso, tanto che si gira verso Freya e spara un «se vuoi puoi venire anche tu»
La fa di no con la testa e distoglie lo sguardo dal ragazzo, come se guardarlo le facesse male. Sarebbe stupido ribadire che sapevo che avrebbe rifiutato, ma si, lo sapevo. Lei odia le feste, i luoghi affollati, le comitive con troppe persone. Freya ti conquista con le parole, non venendoti addosso mentre le luci di una discoteca ti stordiscono. Freya, Freya, Freya. C’è solo lei nella mia mente, non penso ad altro, neanche a  cosa mi sta dicendo Aaron tutto preso. Qualcosa sulla musica fantastica che ci sarebbe stata, o magari sull’alcol? Non lo so, non mi interessa.
«Aaron ne parliamo più tardi, ok? Riaccompagno lei a casa e ti faccio sapere»
Mi sembra scortese liquidarlo così, anzi, lo è davvero, ma improvvisamente la sua presenza mi dà fastidio. Mi viene voglia di gridargli contro di sparire, di non rompere le palle come sempre, perché se siamo io e Freya lui non deve intervenire. Non può, nessuno può. Quando ci siamo io e lei non c’è posto per nessun’altro.
Vado a pagare il conto e Freya si alza, rimettendosi il giubbotto. Mi distraggo un attimo, solo un attimo, il tempo di lasciare i soldi al barista, e quando mi giro non ci vedo  più dalla rabbia. Aaron è lì, tutto tranquillo con le mani in tasca e la solita faccia da schiaffi, si sporge verso di lei e le dice qualche cazzata che la fa ridere. No, non può fare così. Solo io posso farla ridere.
«Ciao Aaron» dico lanciandogli uno sguardo omicida, poi prendo Freya per il braccio e la trascino al mio fianco, mormorando un “siamo in ritardo” come scusa. Che poi in ritardo per cosa non lo so, ma lei comunque non fa domande.
Non parliamo per tutto il tragitto di ritorno. La sento improvvisamente distante, nonostante la mia schiena è contro il suo petto e le sue mani sono nelle tasche del mio giubbotto, per non infreddolirsi mentre prendiamo velocità con il mio super cinquantino.
Non voglio pensare al perché di quell’improvviso mutismo, eppure in qualche modo lo so. L’ho sempre saputo, come ho sempre saputo che lei non sarebbe mai stata mia, ma non posso sopportarlo.
Non posso sopportare il modo in cui guarda Aaron.
Ha questa insana fissazione per lui da quando un maledetto giorno di qualche anno prima li ho presentati. Era stato inevitabile, sono i miei migliori amici, parlavo sempre con lui di lei e con lei di lui e in qualche modo così li ho preparati ad incontrarsi. E Freya semplicemente ha pensato che fosse l’amore della sua vita già al primo sguardo.
Lui non la merita, è solo un puttaniere drogato e alcolizzato. Lui non l’avrebbe mai amata. Non come avrei potuto fare io.
Eppure lei lo guarda come se ci fosse qualcosa di più, qualcosa oltre la scorza.
Illusa.
E comunque, Freya non è il suo tipo. Aaron non la calcolerà mai.
Una volta arrivati sotto casa sua non mi stupisco più di tanto quando mi si avvicina con uno di quei suoi sorrisi imbarazzati.
«c’è una cosa che vorrei chiederti da tanto tempo» dice cominciando a giocherellare nervosa con il ciondolo che porta sempre al collo. Il mio cuore accelera i battiti, pronto a reagire ad una frase come quella nonostante sa di stare per essere deluso. Per un attimo lo credo possibile, credo che lei mia stia confessando di ricambiare il mio amore, credo che non voglia che restiamo solo amici. «credi che io possa avere qualche speranza di piacere ad Aaron?»
Deluso, ancora.
Deluso, sempre.
«La speranza si che c’è, se parli di farti scopare da lui e poi farti mollare con un messaggio»
Me ne vado così, sgommando al centro della strada e tornando a casa rischiando di schiantarmi almeno un paio di volte. Mi chiudo in camera e piango.
È così che mi ha ridotto l’amore, un ragazzo molliccio che piange e non ha le palle di dire all’unica ragazza che gli importa cosa prova per lei. Bravo, complimenti.
Alla fine non basta che sia già un cliché il fatto che sia innamorato della mia migliore amica, no, lei deve anche essere innamorata del mio migliore amico.
Un clichè.
È questo che è la mia vita: uno stupido, patetico cliché.
E non posso fare niente per cambiarlo.
 

 
Freya non mi ha più parlato di Aaron.
Sono tornato da lei quella sera stessa, le ho chiesto scusa, lei mi ha perdonato, le ho fatto promettere di togliersi quel ragazzo dalla testa ed ha accettato.
Forse tra noi le cose non cambieranno mai, ma almeno non la vedo soffrire per mano del mio migliore amico.
La rabbia verso di lui mi passa nel giro di una notte, infondo non è colpa sua, e il giorno dopo siamo insieme come sempre, chiusi nel bagno di scuola dove la visibilità è ridotta a zero per colpa di tutto il fumo che gira.
Lì si che ne vedi di tutti i colori, tra gente che si fa sigarette, spinelli, qualche trip o a volte anche di MD. Forse la vita vera la impari più tra le porte di quel cesso che tra i banchi.
Comunque, siamo lì e scherziamo con gli altri ragazzi del nostro gruppo. Io sono l’unico che non si fa di niente, la prospettiva non mi interessa e Freya mi ammazzerebbe, quindi semplicemente mi diverto a vederli. Sparliamo di brutto su tutte le ragazze della scuola. Commentiamo le loro facce, i loro corpi, i loro caratteri. Ci appuntiamo i nomi di chi potrebbe interessarci, scartiamo quelle da buttare.
Forse è una cosa un po’ crudele, ma ce ne infischiamo perché siamo sedicenni fatti e idolatrati da metà delle ragazze della scuola. Per come ci sentiamo, potremmo anche conquistare il mondo.
Poi qualcuno nomina Freya.
Non so perché, non viene neanche nella nostra scuola, ma la nominano. E la commentano. E io vorrei solo spaccargli la faccia.
«Ragazzi smettetela, lei non si tocca» mi precede Aaron, zittendo tutti. Non so cosa lo spinge a dire una cosa del genere, forse è semplicemente troppo fatto, forse vuole solo proteggermi. Sotto i nostri sguardi sbalorditi spegne lo spinello sul muro e ci volta le spalle, uscendo dal bagno come se niente fosse, come se neanche esistessimo.
Faccio per seguirlo, ma una volta in corridoio è già scomparso. Si sente la scia di fumo che si porta dietro e vorrei avvisarlo, vorrei anche ringraziarlo.
Poi capisco un’altra cosa che avrei dovuto capire da tempo.
Capisco che non devo ringraziarlo.
Capisco che non l’ha detto per me di lasciar perdere Freya.
Capisco che l’ha detto per se stesso.
Capisco perché lui sorride solo a lei.
E, soprattutto, capisco che sono davvero fottuto.
Improvvisamente l’idea di uno spinello per annebbiare il cervello non mi sembra poi così cattiva.

 

Come se il mondo intero mi stesse prendendo per il culo, proprio quel giorno Freya ha deciso di passare all’uscita della mia scuola.
Mi abbraccia, sente la puzza di fumo, mi chiede cosa cazzo ho combinato.
Sinceramente non lo so neanche io, perché sono stanco di tutto, perché vorrei solo andare a casa e dormire e risvegliarmi il giorno in cui Freya si sarebbe resa conto del mio amore e avrebbe deciso di ricambiarmi.
«Non hai bisogno di queste cazzate » mi sussurra stringendomi in mezzo a quelle altre centinaia di persone. Nascondo il viso tra i suoi capelli, inspiro il suo profumo e sono di nuovo io. Mi guardo intorno, sono circondato da ragazzi che non hanno ciò che ho io, non hanno una persona come Freya che gli vuole un bene dell’anima, non hanno neanche Freya e basta, perché lei è unica al mondo ed è solo mia.
Ma è anche vero che loro non soffrono come cani.
Ce ne stiamo un po’ così, seduti sulla scalinata di scuola a scherzare, a ridere di cose che magari agli altri che ci sentono non fanno poi così ridere, ma a noi si, perché sono cose nostre. Sono le cose che condividiamo.
Dopo una mezzoretta scoppia a piovere. È dicembre, è normale, ma è solo la conferma che il mondo ce l’ha con me. Anche perché Freya mi chiede un passaggio in moto, ed io da grande genio che sono proprio quel giorno non l’ho portata. Ho chiesto ad un amico un passaggio all’andata e per il ritorno. Proprio quel fottuto giorno.
«Nessun problema, l’accompagno io» propone incerto Aaron, girandosi a guardarci mentre slega la catena del suo scooter. Ci sta girando intorno da quando Freya è arrivata.
Mi urta i nervi quel suo modo di fare, finge di fare il bravo ragazzo per conquistarla. Lui non è così. Lui non si lascia intenerire. Lui non ha un cuore.
«Non voglio disturbarti, Aaron…» risponde sorridendo educata. Si trattiene, ma avrebbe voglia di gridare. Mi stritola un lembo della felpa. Perché non posso essere io a farle quest’effetto?
«Tranquilla, non ho fretta di tornare a casa»
I minuti successivi sono confusi. Il ragazzo a cui avevo chiesto il passaggio mi avvisa che è meglio andarsene prima che piova più forte, così chiedo a Freya se va tutto bene e lei risponde con un “si” mentre il tizio mi trascina verso il suo scooter.
«Sali, dai» mi dice mettendo in modo, ma gli faccio segno di aspettare.
Piuttosto resto a guardare il mio migliore amico e l’amore della mia vita che se ne stanno appiccicati, stretti su quello scooter che è troppo piccolo per il metro e novanta di altezza di Aaron. Lui le chiede di tenersi, lei afferrai i suoi fianchi e gli mormora qualcosa nell’orecchio. Aaron ride e parte in quarta, lo fa apposta così che lei si decida a stringerlo più forte.
Ora le  sue braccia sono intorno al suo busto, la sua testa sulla sua spalla, lui la guarda dallo specchietto. Mi sfrecciano davanti, mi sorridono, ma tutto ciò che sento è tristezza.
Anzi, mi sento morire.
E quello che per loro sembra l’inizio di tutto a me pare l’inizio della fine.
 
 

«L’hai riportata a casa sana e salva?» chiedo ad Aaron mentre, quel pomeriggio, siamo stesi sul divano di casa sua. Sono due ore che siamo insieme, ma ho trovato il coraggio di aprire il discorso solo in questo momento. Quasi mi sudano le mani.
Lui non risponde, sa che è un’altra la cosa che mi interessa.
«Joe» mi chiama, girandosi a guardarmi.
«Dimmi, Aaron»
«ma a te Freya piace ancora, vero?»
«si»
Con il cuore che cozza contro le costole, fingo di rimettermi a guardare la partita in tv. Preferisco non aggiungere altro.
«Si» dice ad un certo punto, mettendosi seduto a gambe incrociate. Si allunga verso il telecomando lasciato sul tavolino davanti al divano e spegne la televisione. È arrivato il momento.
«Si cosa?» chiedo come se ogni singola lettera mi costasse una fatica incredibile. Non ho il coraggio di ricambiare il suo sguardo.
«L’ho riportata sana e salva»
«E poi?»
«Poi abbiamo parlato, tanto»
«E poi?»
«Poi niente»
Sono sollevato, niente baci, niente sesso. Non che Freya ne fosse capace, non così presto. È di lui che ho paura, di lui che si è portato a letto metà di scuola, di lui che se non gli apri le gambe al primo appuntamento ti scarica senza difficoltà. Aaron non è un tipo affidabile e al solo pensare che Freya è rimasta sola con lui per un lasso di tempo anche minimo mi fa venire i brividi.
Passa quella che mi sembra un’eternità di tempo e lui è ancora lì, a gambe incrociate a fissarmi, una mano che si scompiglia i capelli. Ha ancora qualcosa da dire, ma non sono sicuro di voler ascoltare. Non so come reagirei.
«Lei non è come le altre, lei è diversa»
Con quella frase rompe anche l’ultimo briciolo di pazienza che mi è rimasta. Mi alzo di scatto dal divano e senza pensarci due volte corro in camera sua e afferro il giubbotto, il casco e le chiavi del motore. Aaron mi segue come un cagnolino bastonato, senza dire altro, perché è questo che Freya fa ai ragazzi. Li rammollisce, come l’amore.
Freya è l’amore.
«Lo so che è diversa» grido prima di sbattermi la porta d’ingresso alle spalle.
Salgo sullo scooter e corro via, prendendo velocità, gridando vaffanculo ad ogni coppietta felice che incontro. ‘fanculo tutti, senza distinzione.
‘fanculo Aaron e il suo amore improvviso.
‘fanculo Freya.
‘fanculo il fatto che mi pento anche di mandarla mentalmente a ‘fanculo.
 
 
Un paio di giorni dopo, stesso bar, stesso tavolino, stessa cioccolata calda, ma qualcosa nell’aria è cambiato.
Freya non è loquace come al solito, tiene lo guardo basso, evita i miei occhi.
So che sta succedendo.
Mi aveva promesso di non pensare più ad Aaron, di non parlarne più con me, ma vorrebbe e questo la sta logorando dall’interno. E sta uccidendo anche me.
Ogni minuto che passa è come una coltellata nello stomaco.
«Che mi dici di Aaron?» alla fine dovevo dirlo, quella situazione non era per noi. Via il dente, via il dolore, no? No.
Freya finalmente comincia a guardarmi timida e un sorriso incerto le si dipinge sul viso. Soapev che quel momento prima o poi sarebbe arrivato, ma non sono assolutamente pronto.
«Joe, io credo che Aaron mi piaccia davvero»
Prendo un respiro profondo e socchiudo le palpebre. Magari se sento solo la sua voce posso fingere che quello sia solo un sogno,il trucco sta nell’evitare di guardarla negli occhi, perché sono così fottutamente sinceri che mi disarmano.  E quelle labbra, quelle meravigliose labbra, sono sprecate nel pronunciare parole del genere.
Dovrebbero essere sulle mie.
Dovrebbero dire che amano me, non lui.
«è buono, Joe. Non è come pensate. C’è qualcosa di più, non è solo una mia fantasia. Non mi farebbe del male e anche se fosse ne varrebbe la pena, varrebbe la pena anche di bruciare all’inferno per lui perché ha davvero bisogno di qualcuno che lo ami. Io lo farò anche se non ricambia.»
Poi, semplicemente, volto le spalle anche a lei.
Ormai è diventato il mio sport preferito.
«Ti sbagli»
 

 
Nonostante tutta la rabbia che serbo ,un paio di giorni dopo sono di nuovo a casa di Aaron. Lo guardo distruggersi con l'ennesima canna della giornata e so di non poter fare niente per aiutarlo. Lui è così, vivere e basta non lo soddisfa. Ha bisogno del sesso, dei suoi spinelli, del suo alcol. È sempre stato così, ma ultimamente sta esagerando. Ho paura che possa passare a droghe più forti di quella e se così fosse sarebbe davvero un casino. Manderebbe a puttane i suoi progetti, il suo futuro e la sua vita e non posso permetterglielo.
Nonostante tutto, sono il suo migliore amico e lui ha bisogno di me.
«Devi smetterla di buttarti via così» dico mentre siamo chiusi in camera sua, lui per metà sul balcone ed io davanti al computer sulla scrivania. Quando gli parlo non si gira neanche a guardarmi.
«Tanto non importa a nessuno» borbotta dopo un po'. Lancia il filtro ormai consumato per strada e si chiude la finestra alle spalle, rabbrividendo per lo sbalzo di temperatura. Vorrei picchiarlo quando fa il depresso del cazzo. Anche perché a me di lui importa. E anche a Freya, purtroppo.
Torno a guardare lo schermo del computer annoiato, l'homepage di facebook piena di  foto senza senso e  stati sul tempo che hanno più di cento "mi piace", manco fossero chissà quali nozioni di filosofia. 
Tra tutta quella merda solo una persona puó salvarmi, così vado sul profilo di Freya e cerco qualcosa che mi parli di lei, di come sta, di cosa pensa. Sono due giorni che non la sento perchè io e i ragazzi abbiamo passato tutto il tempo a cercare un modo per salvare Aaron dalla sua autodistruzione e sento come un vuoto dentro. Mi manca da morire.
Aaron, nel frattempo, si stende sul letto e attacca una canzone old school dei Coldplay, the Scientist.
Comincia a cantare a squarciagola fregandosene di tutto e di tutti, è la sua canzone preferita e le canzoni così vanno urlate al mondo intero.
Almeno esprime in qualche modo ció che sente.
Torno al computer e l’ultimo stato di Freya è come un pugno nell’occhio.
Nobody said it was easy, no one ever said it would be this hard.
Oh take me back to the start.
È il ritornello di The Scientist, neanche lei e Aaron si fossero letti nel pensiero. 
Per certi versi, anche se mi costa ammetterlo, potrebbero seriamente essere anime gemelle.
Metto mi piace al post e tempo un minuto mi squilla il cellulare, naturalmente è lei.
«Sono a casa, depressa e in compagnia del barattolo di nutella. Mi vieni a salvare prima che divento una balena?» Chiede e nonostante vuole fare l'ironica si sente nella voce che c'è qualcosa che non va. Ho due migliori amici depressi.
Poi il cervello comincia a lavorare sul serio.
Forse tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni erano successi solo perché arrivassi a pensare quella frase. Ho due migliori amici depressi.
È tutto lì, in quel nano secondo che ci metto a rendermi conto dell’evidenza; nell’attimo in cui chiedo a Freya perché sta così e già so che mi risponderà che è perchè vorrebbe vedere Aaron, perché ci prova ma non riesce a toglierselo dal cuore; nello stesso momento in cui Aaron si alza per andare a rollarsi un’altra canna.
Odio vedere Freya triste, odio vedere Andrew che si ammazza.
Due problemi, una soluzione, un rimedio dove l’unico ferito sarei stato io.
Ma se davvero amo Freya come dico, renderla felice deve essere la mia priorità. Non posso essere egoista, non con lei, non ce la faccio.
Probabilmente, quella è la decisione più che ho mai preso fin ora.
Ne sento il suo peso sulle spalle, come se le loro vite dipendano da me.
Devo farlo, devo farlo perché l’amo. L’amo di quell’amore che non si consuma tra le lenzuola del letto o con due lingue che si scontrano, l’amo di quell’amore che vive di sorrisi, di sguardi, di parole. è di più, di più dell’immaginabile, al disopra di tutto.
E lo faccio anche per Aaron, perché lei ha ragione, ha bisogno di qualcuno accanto.
Non me ne pento quando chiedo a Freya se vuole raggiungere me ed Aaron in centro per farci un caffè insieme, anzi. Mi sento maturo, consapevole di aver fatto la scelta giusta.
So di averla resa felice ed è la ricompensa migliore che avessi mai potuto avere.
So anche che, se Aaron imparasse a tenere davvero a lei, ad amarla come ho fatto io, lei potrebbe salvarlo.
Perché lei è così.
Lei è la mia migliore amica.
Lei è quella persona che amerò sempre, nonostante tutto e tutti.
Ed è ancora lei quella che non saprà mai di questo mio amore, ma ne vivrà nella sua ombra e ogni volta che cadrà, io sarò proprio lì pronto a prenderla.
Come ho sempre fatto.
 
 
 
Passeggio da solo per le strade del centro, più per scelta che perché non ho nessuno con cui uscire.
Non penso a niente, cammino e mi guardo in giro, perdendomi tra i volti della gente che mi circonda. Mi sento leggero, con la testa fra le nuvole, e mi va benissimo così.
Svolto per la via più bella della città, quella pedonale piena di bar e negozi raffinati, quella che Freya ama tanto.
E poi li vedo.
Camminano sbandando, mano nella mano, facendo gli stupidi insieme. Lui la guarda, le sorride, lei sorride a sua volta e gli nasconde il viso contro il petto perché più in alto non arriva. La mia nana.
Allora lui si scosta di un poco, le prende il viso tra le mani e si abbassa per baciarla. Hanno gli sguardi di tutti i passanti puntati addosso, ma sta volta so che non è solo per la bellezza di lui o di lei. È per quell’amore che sprigionano, quel sentimento che ti investe anche solo standogli accanto. È una cosa rara, loro però l’hanno trovato.
E io che volevo impedirglielo.
Ad un certo punto si fermano, guardano dalla mia parte e Aaron alza una mano per salutarmi. Gli rispondo con un cenno e Freya mi fa notare le loro dita intrecciate.
È passato un mese da quel caffè e questa è la prima volta che escono insieme come coppia.
Sono così belli che fanno sorridere anche me.
Lì lascio stare per non disturbarli, perché voglio davvero che funzioni, ma non è cambiato niente tra noi. Sono i miei due migliori amici e continueranno ad esserlo.
Freya è felice, straparla come sempre, arriva in ritardo ed è ancora a dieta, ma non direbbe mai di no alla nostra famosa cioccolata calda con panna.
Aaron da farsi cinque canne al giorno se ne fa una, a volte anche mezza o se sa che starà con lei nessuna. È lei la sua droga. Continua la sua vita mondana di sempre, beve come una spugna alle feste perché lo diverte e lei non ne fa una tragedia e ha calmato i suoi ormoni. Non ha ancora sfiorato Freya. Dice che vuole aspettare, dice che è una cosa seria, dice che anche lui è felice. Aaron felice è una specie di miracolo.
Io? Io me la cavo.
Mi fa meno male di quanto pensassi e il mio cuore batte ancora come un treno ogni volta che lei mi si avvicina, ormai ci è abituato, ma va bene così. Le mie braccia sono sempre spalancate per lei e se mai Aaron dovesse farle del male non esiterei a stenderlo. L’altro giorno ho conosciuto una ragazza che un po’ mi ricorda Freya, certo non potrà mai sostituirla, ma magari mi piace. Si vedrà con il tempo, il mio grande alleato, quello che curerà le mie ferite – si spera -.
Non so cosa sarebbe successo se avessi rivelato a Freya i miei sentimenti, non so se mai lo farò e come continueranno le cose, ma una cosa la so: certe cose non cambieranno mai, e se al tuo davvero vuoi bene a delle persone, allora sei pronto ad affrontare tutto.
Anche a vedere il tuo migliore amico e il tuo grande amore che si sbaciucchiano  per il centro senza vomitare.



 

   
 
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