Storie originali > Epico
Ricorda la storia  |      
Autore: MadLucy    26/02/2013    1 recensioni
Era un tempo giunta per lui l'ora di perdere, l'ora di accettarlo, l'ora di combattere, l'ora di rialzarsi, l'ora di vincere e l'ora d'essere glorificato. Adesso il destino non aveva più tempo da dargli. Thor il guerriero era pronto alla resa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
dd Veleno.








Qualcosa di rugginoso e rauco risalì dal petto e gli attraversò la gola, soffiando il sapore del sangue e l'irruenza del vento, un sollievo pacato e misero che prima attenuò e poi affilò il pulsare sordo delle gengive insanguinate. Socchiuse le labbra spaccate, e dita di quella polvere che gli velava il volto tumefatto sgusciarono all'interno, aria satura di zolfo premette le ferite spalancate nella bocca. Qualcosa di rugginoso e rauco. Una risata.
Non era divertito. Non trovava nulla di divertente nel lago di sangue che impastoiava le sue gambe. Era stanco, ma rise lo stesso: non seppe bene se fece bene o male. Forse non gli importava già più. Ormai i nervi erano difese inutili, allarmi lisi e sfibrati, un ammasso di cavi spezzati incapaci di avvertire oltre il rogo spanto sulla pelle. Il sangue pioveva e ruscellava copiosamente da ogni strappo su quella pelle su cui troppi denti si erano accaniti, ma non riusciva più a distinguerne nè il colore nè l'odore al tramonto della vita troppo lunga del suo regno ingrato.
Sapeva che, se avesse allungato il piede un po' più a destra, avrebbe colpito la testa decapitata di Odino -re strappato alla corona con la guerra impressa nei lineamenti di vecchio. Heimdall si spegnava lentamente disteso davanti alle porte che aveva difeso per sempre, fino a fare parte egli stesso di quelle assi maledette, mormorava preghiere dalle parole dimenticate alla sua terra rossa, madre e sudario, mentre una spada diffondeva torpore eterno nelle sue vene presciugate di sangue. Loki spirava tossendo le sue colpe a terra, spuntando risate sguaiate che troppe volte avevano fatto tremare i fanciulli di Asgard al calar delle tenebre, e dove i suoi peccati gocciolavano il terreno anneriva; il male moriva con Asgard, troppo sporca per guarire, in attesa di rinascere dalle sue ceneri in un'epoca migliore. Thor non piangeva i suoi compagni, non s'impietosiva per i suoi nemici, e non ne sentiva nemmeno il desiderio. Non c'erano più compagni nè alleati, lì, solo morti. I ricordi non si affacciavano alla sue mente, l'affetto non logorava il suo animo consumato: era finita la guerra, era finito il lutto, tutti avevano già pianto abbastanza per chiunque. Adesso bisognava solo morire. Quasi una consolazione, quel permesso d'abbandonarsi, di gettare le armi troppo pesanti e chiudere gli occhi davanti ad uno scempio che non aveva  nè avrebbe avuto precedenti. Si sentiva un bambino, Thor, un bambino che vuole dormire e chiudere i mostri nell'armadio. Era un tempo giunta per lui l'ora di perdere, l'ora di accettarlo, l'ora di combattere, l'ora di rialzarsi, l'ora di vincere e l'ora d'essere glorificato. Adesso il destino non aveva più tempo da dargli. Thor il guerriero era pronto alla resa.
Non si voltò a guardare il corpo straziato del nemico a cui aveva chiuso gli occhi. Jormundgard aveva rincorso il proprio destino come chiunque, e non c'era rabbia nei suoi confronti: solo parole già scritte tutte quelle ferite che non facevano più male. E poi la rabbia l'aveva dimenticata.
Assaporò la vittoria con la soddifazione placida e malinconica di un lettore giunto alla fatidica ultima pagina; non era la morte ad appagare i suoi sensi ma la certezza eterea di aver concluso degnamente un'opera davvero lunga. Poi lo sentì scorrere dentro di lui, dalla consistenza e lo spessore di un serpente, il veleno che stava chiudendo quel capitolo per l'eternità, lo sentì scorrere e lo lasciò fare con pacata indolenza. Sorrise selvaggiamente, assalito da uno spasmo insistente di vita, come se il suo corpo s'impuntasse nello stringerla e trattenerla il più a lungo possibile.
Poi svanì e lui ricadde su quella terra tanto familiare. La sua mano incontrò quella di Sif e percepì l'anello che sanciva il loro amore nel suo anulare.
Non avvertì dolore, solo gioia, la gioia salda ch'aveva ricavato dalle uniche cose belle e sane in quel mondo infame; il volto radioso e paralizzante di sua moglie, il brìllio vivace nello sguardo dei suoi figli, il calore dei loro piccoli corpi la prima volta che li aveva stretti in braccio, la sicurezza calda e rinfrancante che la sua famiglia ci sarebbe sempre stata anche quando tutto il resto sarebbe sparito. Ed era vero.
Tutto spariva e loro erano ancora lì, vivi, veri. Era amore ciò che avvelenò le membra di Thor, che sgretolò i suoi muscoli d'acciaio e fermò il suo cuore al di sopra della paura: non veleno.





































Note dell'Autrice: Tutto qua, niente da aggiungere. ^-^ Grazie per avere letto e spero mi farete sapere cosa ne pensate!
Lucy












  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: MadLucy