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Autore: Revysmile    27/02/2013    0 recensioni
Questa parvenza di sogno svanisce in fretta ed io mi accorgo solo adesso di essere completamente avvolto nelle coperte di un letto, anzi del mio letto, in uno squallido appartamento, mio anch'esso, mentre la mia sveglia gracchia "Sympathy for the devil" dei Rolling Stones.
Sono presenti OC.
[Pairings: FruK, RusGre,AustriaUngheria ed altri]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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08. Dear doctor

 

-Sasso, carta forbici.-

-Estraiamo.-

-Per alzata di mano! Io voto tutti tranne me!-

-Puoi essere serio per una volta? Lanciamo una monetina.-

-Siete quattro deficenti.-

Eccola la sentenza glaciale di Sean.

Attualmente siamo tutti e cinque pigiati in un minuscolo ascensore, in attesa di giungere al piano dove dovrebbe trovarsi l'avvocato di nostra madre.

Mentre ognuno, con gomitate e spintonate, tenta di trovarsi un piccolo spazio vitale in cui stare, stiamo affrontando una questione spinosa: decidere chi avvertirà Alfred della nostra perdita.

Io, però, non voglio farlo di certo. Anzi, da quel che posso vedere nessuno aspira a svolgere tale compito.

- Lo faremo tutti assieme. Nonostante tutto rimane nostro fratello.- dice Sean incrociando le braccia, con tono serio e severo.

Per un secondo cala una pesante cappa di silenzio fra noi, mentre tutti, inevitabilmente, scivogliamo nei ricordi riguardo a ciò che è successo quasi due anni fa.

- Non credo che lui la pensi ancora così.- sentenzio io, infine, incapace di starmene zitto.

-Non vuol dire un cazzo.- dice William, sbuffando, tenendo fra le labbra una sigaretta spenta -Anch'io spesso non ti considero mio fratello. Eppure ti rivolgo la parola.- aggiunge guardandomi con aria impassibile. William ha esattamente lo stesso colore delle iridi miei e di Sean, eppure lui riesce sempre ad assumere uno sguardo così glaciale, come adesso, che sembra ripudiare tutte le nostre somiglianze somatiche.

-Non sei obbligato a farlo.- rispondo con tono freddo.

- Penso che seguirò allora il tuo consiglio.- dice voltandosi verso di me senza mutare espressione.

-Stop!- sono sul punto di replicare ma un urlo improvviso interrompe la nostra lite.

-Che cosa vuoi?- rispondiamo in coro voltandoci verso Patrick che, nel frattempo, si è messo fra noi due.

-Non degeneriamo ragazzi!- dice prendendoci sottobraccio con un sorriso che gli va da un orecchio all'altro -Vi conosco bene, vecchi miei, e riesco a prevedere come andrà a finere il vostro scambio di battute.-

-Staccati.- pronunciamo all'unisono. Riflettendoci, è impressionante come io e William riusciamo a rispondere con le stesse parole quando abbiamo a che fare con Patrick.

- Tu Will risponderai qualcosa di acido. Tu Arts farai altrettanto.- continua imperterrito, come se non avesse udito le nostre parole - Poi Will ti avvicinerai ad Arts e comincerai a spintonarlo, poi tu Arts comincerai a fare altrettanto e poi... Boom! Farete scoppiare una rissa.- spiega sorridendo con voce allegra mentre compie ampi gesti con le mani.

Un muro di silenzio di muta compassione verso questo pazzoide cala nell'ascensore.

Tuttavia Patrick sembra non accorgersene e continua a tenerci sottobraccio. Sorvoliamo, inoltre, sul fatto che per riuscire a cingere William sia penosamente in punta di piedi da mezz'ora.

-Staccati.- rispondiamo imperterriti, ancora una volta in coro.

-Suvvia ragazzi!- si lagna, finalmente mollandoci - Eileen! Digli qualcosa!- aggiunge girandosi verso la gemella che, stranamente, non ha ancora fatto battute ciniche volte ad offendere la mia persona o quella di William.

Eileen, di risposta, sembra scendere dal mondo delle nuvole e, dopo un secondo di silenzio, sfoderando un sorriso quasi angelico, sentenzia -Oh, ma fate pure. Anzi, già che ci siete, fate le cose in grande e fatte bene, quindi, fatevi molto male. Però aspettate almeno di scendere dall'ascensore altrimenti coinvolgereste anche me, Pats e Sean.-

Ecco appunto. Come non detto.

Mi domando come talvolta faccia a dire certe cattiverie con quel viso sorridente.

-Acida. Vai a cagare.- William non importa con chi stia parlando, riesce sempre a conservare il suo solito linguaggio da scaricatore di porto.

-Dopo di te, scimmione rosso.- Ecco, ora sono loro due da fermare.

-Non ho intenzione di sentire delle critiche sui miei capelli da parte tua, carrot-top.- ribadisce, non senza ragione, William.

Fra i capelli rosso fuoco di uno ed i capelli rosso-ramato dell'altra rappresentano una bella scala cromatica.

Eileen fa per ribadire qualcosa ma, proprio in quel momento, un suono acustico richiama la nostra attenzione, segnalando l'arrivo al nostro piano.

Grazie a dio i litigi si interrompono e, finalmente, scendiamo da quel maledetto e lentissimo trabicolo nel quale eravamo tutti stipati.

Io sono l'ultimo a scendere e, mentre sto per varcare la soglia mi accorgo che la radio è accesa e, proprio in quel momento, riconosco una strofa di una canzone familiare.

"So help me, please doctor, I'm damaged

There's a pain where there once was a heart..."

Per un attimo mi fermo e riconosco nelle note la canzone dei Rollin Stones.

Mi ricordo che quando gli Underdogs erano ancora una scassissima e pessima cover band la suonavamo spesso questa canzone!

Adesso,invece, siamo una band vera e propria, anche se rimaniamo comunque pessimi ed io non sono altro che il pessimo membro fondatore.

Sospiro esasperato e finalmente mi decido a seguire rassegnato i miei fratelli.

 

 

Francis aveva tanti difetti.

Una moltitudine.

Ma uno non gli si poteva certamente attribuire: la pigrizia.

Da quando Arthur era uscito, il francese aveva compiuto una moltitudine di cose che andavano dall'esplorazione della casa, trovando oltretutto cose tremendamente inaspettate come un set da ricamo, a gironzolare per i ditorni, cucinare qualcosa commestibile, cosa mai avvenuta su quei fornelli, fino provarci col commesso del discount sotto casa.

Tuttavia, ora di sera, non vedendo rincasare ancora Arthur, dopo non aver ricevuto nemmeno una sua notizia, aveva deciso di concludere la giornata andando nell'unico locale frequentato dalle persone che conosceva. Non che intrecciare nuove relazioni risultasse poi difficile al francese, tuttavia aveva una gran voglia di conoscere meglio quei ragazzi che, da poco, erano entrati nel suo mondo.

Appena varcate le porte, oltre al barista ed al cameriere, aveva trovato il sorriso inquietante di Ivan, seduto al solito tavolo riservato ai membri della band.

Ormai erano quasi le dieci e, nonostante nessuno avesse ricevuto alcuna notizia dai Kirkland, secondo Ivan infatti si erano tutti uccisi a vicenda, la serata stava trascorrendo in modo piacevole.

Nello slavo, sotto l'eterno sorriso infantile, Francis aveva trovato una persona con la quale parlare era assai piacevole.

Dopo poche frasi aveva capito che Ivan possedeva una cultura non da poco ed aveva risvegliato nel francese alcune delle sue immutabili passioni come la poesia e la letteratura, che da sempre si affiancavano a quella musicale.

Infine lo stupore di Francis, per le conoscenze di Ivan, raggiunse il massimo quando quest'ultimo cominciò a parlare fluentemente un francese perfetto.

Inoltre il bell'aspetto ed il fatto che fosse gay conferivano al russo ancora più punti nella scala mentale personale, amorosa di Francis.

Okay, il francese si era promesso di rispettare la regola di non avere intrallazzi amorosi con gli stessi membri della band ma, dopotutto, una cosetta da una notte non poteva portare alcun danno.

Inoltre non esiste un divieto senza qualche eccezzione, ed un'avventura con il russo e l'inglese scorbutico lo erano appieno.

Anche la logorroica telefonata di Gilbert, la quale lo stava tenendo incollato all'apparecchio ormai da venti minuti, non era riuscita a scalfire il suo buon umore. Solo qualche senso di colpa, ogni tanto, faceva capolino nel suo cervello visto che lui stava gongolando e divertendosi nella sua nuova città mentre Arthur affrontava un lutto.

- Comunque Franz, alla faccia di voi antipatici, il mio fascino ha colpito ancora!-

-Lasciami indovinare... Una botta e via in una discoteca. Dimmi, era uomo o donna?- la voce di Francis era canzonatoria, votata a spegnere la vanagloria dell'amico tedesco ma allo stesso tempo curiosa. Francis amava i pettegolezzi, soprattutto se piccanti.

-Ehy! Di quelle ne ho bizzeffe, questa volta ti sto parlando di una cosa che potrebbe diventare seria!-

-Tu? Una relazione seria? Mon dieu... Temo che da domani splenderà un sole inesauribile su quest'isola e, nel frattempo, i suoi abitanti diventeranno tutti dei simpaticissimi cuochi provetti!-

-Molto spiritoso Franz, davvero molto spiritoso... Soprattutto perchè, lo sappiamo, fra noi tre il trombatore incallito sei tu!-

-Amore Gilbert, la mia è la sottile arte dell'amore. Anche se dura solo per cinque minuti per me non è semplicemente del movimento fisico è...-

-Okay, Francis taglia. Le tue teorie sull'amore me le hai già illustrate centinaia di volte. Inoltre, se non sbaglio, stavamo parlando di me!-

Non che con te si possa parlare di molti altri argomenti.

Questo Francis lo pensò ma non lo disse. Sapeva che con Gilbert era una partita persa, così come fargli pronunciare il suo nome alla francese.

-Allora, dicevi di questa nuova conquista... Parlamene, sono curioso.-

-Bene, è un ragazzo ed ha circa la nostra età...-

-E' bello?- lo interruppe il francese.

-Bello? Stiamo parlando di sangue mediterraneo Franz! Molto più che bello! Vorrei ricordarti che ho ottimi gusti io!-

-Mediterraneo... Questo porta dei punti a suo favore! Dimmi che è francese ed avrai i miei complimenti.-

-Nah! Non è un tuo compatriota. Viene dalla bella Italia!-

-Ciò porta comunque dei punti a suo favore... Dimmi, come lo hai conosciuto?-

-Storie di fratelli... Roba complicata!-

-In che senso, scusa?- chiese il francese perplesso, voltandosi verso i suoi amici. Ivan stava parlando con Heracles al bancone che, come sempre, non stava lavorando. Intando Roderich, che nel frattempo era entrato nel locale, si stava sistemando su uno sgabello, leggermente in disparte.

-Ti spiegherò, è una storia un po' complicata! Non vuoi sentirtela raccontare dalla mia magnifica bocca?-

-Gilbert, tecnicamente anche quando sei al telefono parli con la bocca...-

-Andiamo! Mi hai capito, francese!- lo interruppe Gilbert. Tuttavia il tedesco, o prussiano, come amava definirsi quando flirtava con le sue future conquiste, visto che era nato nella odierna Kaliningrad o, come sottolineava ogni volta, Koeninsberg, non continuò la frase e, dall'apparecchio, giunse la voce distorta ed ovattata di un'altra persona.

-Arrivo!- urlò il tedesco rivolto all'altro interlocutore. -Scusa Franz ma adesso ti devo lasciare. La mia nuova conquista sta per uscire ed andare al lavoro.- disse Gilbert tornando a rivolgersi al francese.

-Oh, vedo che la cosa è seria! Siete già a vivere assieme?-

-Non è proprio così, diciamo che ha accetto di ospitarmi a casa sua per qualche giorno.-

-Conoscendoti Gilbert ti sei autoinvitato, ed il poveretto di turno non è riuscito a rispedirti in strada.- disse il francese con tono canzonatorio.

-Ehy! Qualsiasi persona sarebbe contenta di accogliermi nella sua dimora!- la voce estranea giunse ancora alle orecchie di Francis -Ja! Arrivo!- altre esclamazioni seguirono le parole del tedesco.

-Franz, ora ti lascio.-

-Okay mon amì. Ci sentiamo.- al francese sarebbe piaciuto raccontargli più nel dettaglio della sua nuova vita a Liverpool ma, allo stesso tempo, sapeva benissimo che con Gilbert era quasi impossibile avere altri argomenti che non riguardassero il tedesco stesso.

Avrebbe chiamato Antonio, il suo confidente di fiducia, anche a costo di spedere un patrimonio. Riola, infatti, non si trovava certo dietro l'angolo.

-No Franz, vedrai, molto meglio! Preparati psicologicamente ad incotrare la mia magnifica persona in un futuro prossimo. Molto prossimo.-

-Che intendi?-

-Tschüss Francis!-

Il francese non fece tempo ad aggiungere altro che una sequenza di "tut" gli fece capire che la conversazione era terminata per sempre.

Non sapeva se essere preoccupato o felice per l'ultima frase di Gilbert. Probabilmente avrebbe fatto meglio ad essere entrambi. Dal tedesco ci si poteva aspettare di tutto.

Infatti Gilbert Beilschmidt era una delle persone più strane che Francis avesse mai incontrato e forse, proprio per questo, insieme ad Antonio era in assoluto il suo migliore amico.

Secondo il francese il destino aveva giocato un ruolo fondamentale nel farli incotrare nella cucina di quel scadente ristorante di Covent Garden. Era tutti e tre giovani, musicisti, squattrinati ed assolutamente folli quindi, com'era ovvio che fosse, avevano subito legato.

Non solo, alla fine si erano ritrovati anche a convivere per tentare di sopravvivere alla vita cara di Londra.

Gilbert aveva i proprio natali a Koninsberg, cosa di cui andava molto fiero. Innumerevoli volte infatti aveva annoiato Francis ed Antonio con l'ennesima storia riguardo la sua città natale e quel suo antenato generale dell'esercito prussiano.

Inutili si erano rivelati i tentativi di ricordare a Gilbert che ormai la sua città era in pieno territorio russo e che la Prussia era ormai morta da decenni.

Si era trasferito poi con la famiglia in Germania, dove era nato suo fratello minore, e dove tutt'oggi risiedevano ancora i suoi genitori. Successivamente era emigrato in Inghilterra per costruirsi la sua fortuna.

Quella chiamata, tuttavia aveva piacevolmente stupito Francis.

Infatti era da quando, anni prima, una bella ragazza ungherese conosciuta a Londra aveva spezzato il suo cuore che non lo sentiva così carico per una relazione.

Gilbert, infatti, era stato follemente innamorato di Elizabetha ma alla fine lei scelse un altro.

Nessuno sapeva bene chi fosse questo fatidico contendente, nemmeno Gilbert. Sapevano solo che era stato un pianista austriaco e che, successivamente, si erano trasferiti insieme via da Londra.

Francis aveva conosciuto la ragazza e non le era sembrata particolaremente attraente, troppo mascolina per lui, eppure per il tedesco lei fu sempre il suo grande amore perduto.

- Era un tuo amico?- la voce dolce ed infantile di Ivan fece tornare alla realtà il francese, perso nel mondo dei ricordi.

- Già. Non lo sentivo da tempo.-

-Come si chiama?- il russo si accomodò sulla panca davanti a Francis, mentre beveva un liquido trasparente da un bicchiere. Dall'odore si sarebbe definito vodka.

-Gilbert. Gilbert Beischmidt.- rispose Francis riprendendo a sorseggiare il vino che aveva abbandonato a causa della telefonata.

- E' tedesco?-

-Ha la cittadinanza tedesca ma, in realtà, è originario di Koeninsberg...- Francis tuttavia lasciò in sospeso la frase notando il cameriere polacco agitare convulsamente la mano nel tentativo di attirare l'attenzione del russo.

- Ha poca importanza in quel caso. Quasi tutti gli abitanti di Kaliningrad si considerano ancora tedeschi.- rispose duro Ivan correggendo il nome della città.

-Penso... Che Feliks ti stia chiamando.- chiese perplesso Francis.

Ivan, come risposta, si girò con aria annoiata verso il cameriere per poi voltarsi nuovamente verso il suo bassista -Giusto, mi ero dimenticato che cosa mi aveva detto di chiederti quell'inutile essere polacco.- Il russo sorrideva, come sempre, ma, aldilà della frase, anche un cieco avrebbe potuto vedere l'odio puro che correva fra i due. - Mi chiedevano se, per caso, Kirkland ti avesse contattato.-

-No, non ho notizie di Arthur da questa mattina.- davvero, ormai erano quasi le undici. Che cosa era successo ai Kirkland?

Era inquietante questo silenzio.

-Francis dice di non aver notizie. Mettetevi il cuore in pace, si sono uccisi a vicenda.- urlò il russo al cameriere.

-Non penso siano giuste queste tue parole.- disse improvvisamente Heracles, sedendo al loro tavolo.

-Direi inappropiate.- fece eco l'austriaco unendosi a loro.

- Scusami, ma dopo anni che li conosco penso sia un futuro plausibile.- disse Ivan con voce innocente.

-Li conoscete da molto?- chiese curioso Francis ai due.

-Già. Conosco Arthur e la sua famiglia da quando ero piccolo. Claire Kirkland era la vicina di casa di mio padre, quindi da piccoli giocavamo spesso insieme. Inoltre questo locale- e detto questo il greco fece un gesto ampio ad indicare tutto l'Eliotropilaki - Venne venduto proprio da lei a mia madre.-

-Io invece li ho conosciuti al tempo delle scuole superiori.- si limitò semplicemente a rispondere Ivan, non aggiungendo altro.

-Io invece non posso dirli di conoscerli bene. Non ho mai incontrato la sua famiglia e conosco Kirkland da quando, l'anno scorso, ho cominciato a suonare con loro.- disse Roderich accomodandosi gli occhiali.

- Comunque- riprese la parola il greco, cambiando discorso - Ti ho chiesto se avessi sentito il nostro caro inglese perchè mi ha telefonato Eileen chiedendomi se avessimo visto Patrick e Arthur. A quanto ha detto, si sono separati dopo la visita dall'avvocato e da allora non si sono più visti.- nessuno rispose alle parole del greco, mentre ognuno era perso nei proprio pensieri e congetture pessimiste.

Intanto la radio gracchiava:

"Oh help me

Please doctor, I'm damaged

There's a pain

where there once was an heart"...

 

-It's sleepin, it's a beatin'
Can't ya please tear it out, and preserve it
Right there in that jar? -

-Patrick, maledetto! Invece che cantare cammina dritto!-

Sono bagnato fradicio, puzzo di alcool, la mia faccia è un dolore unico, mentre la mia camicia è sporca di sangue, ed inoltre sono costretto a reggere quel cretino ubriaco di mio fratello. Decisamente un pomeriggio ed una serata da dimenticare.

-Andiamo Artie, la facevano sentire in ascensore!- biascica barcollando. Lo osservo per un attimo, giusto per notare che il suo sopracciglio comincia a gonfiarsi. Dio, è la volta buona che Eileen mi ammazza. Guai a toccare il suo gemello.

Sospiro esasperato, tentando di ignorare la pioggia gelida che percorre la mia schiena ed il labbro spaccato che pulsa tremendamente.

Grazie al cielo vedo la familiare e rassicurante vetrina dell'Eliotropilaki e, con pochi, malmessi passi scivoliamo davanti ai vetri illuminati del locale fino a raggiungere la porta.

Aprirla invece rappresenta una sfida, siccome ho le mani impegnati a reggere il cretico irlandese ma, dopo diversi tentativi, riesco a spalancarla con un calcio, rendendo ancora più epica la nostra entrata.

Fermandola con un piede varco la soglia assieme a mio fratello, facendo calare all'istante una pesante, ed estremamente imbarazzante, cappa di silenzio. E' ormai mezzanotte e siamo nel bel mezzo della settimana, tuttavia ciò, non ci risparmia dal farci vedere in queste pessime condizioni dai pochi avventori che nacora si trovano al locale oltre che da Heracles, Ivan, Feliks ed, infine, dalla maledetta rana francese.

Tutti si voltano verso di noi, ammutoliti, mentre al greco cade un bicchiere per lo stupore mentre ci guarda avanzare verso il bancone, ed a ben ragione.

L'ultima volta che ci hanno visti stavamo andando alla lettura del testamento di nostra madre mentre ora siamo in condizioni pessime.

Patrick è ancora ubriaco fradicio, avvolto nel suo parka completamente bagnato. La pioggia non è stata certamente clemente con noi, ed inoltre ha un graffio su una guancia, il naso che sanguina ed un sopracciglio malmesso.

Inutile dire che io non sia messo molto meglio.

Dopo essermi vomitato, circa, sui piedi ho smaltito l'alcool della mia epocale sbronza, tuttavia la cravatta che indossavo è andata persa per sempre, il mio cappotto è ancora più bagnato di quello di Patrick, se possibile, ed inoltre domani avrò un fantastico occhio nero mentre il mio labbro sarà bello gonfio, violaceo e spaccato.

-Cioè! Ma! Tipo! Che cosa vi è successo!?- chiede Feliks con voce stridula ed isterica, uccidendo il silenzio formatosi.

-Io ed Artie ci siamo picchiati in mezzo ad una strada!- sentenzia Patrick con orgoglio, alzando un dito.

Io di mio non dico niente e copro gli ultimi passi che ci separano dal bancone, lasciando il rosso accasciarsi su uno sgabello.

-Mon dieu!-

Eccolo...

-Ma state bene, che cosa vi è successo?- chiede la rana avvicinandosi con fare preoccupato.

-Non hai sentito il rosso ubriaco? Ci siamo picchiati.- sentenzio glaciale sedendomi su un altro sgabello.

-Visto, io l'avevo detto che si uccidevano a vicenda.- dice Ivan con la sua odiosissima voce angelica.

- Vi comportate ogni volta come dei barbari.- sentenzia con sdegno invece l'austriaco, aggiunstandosi i suoi occhiali.

Giuro che prima o poi glieli spacco.

Nel giro di pochi secondi di stupore la sala, prima completamente silenzio, diventa un brusio unico, formato dalle parole dei clienti che continuano a guardarci curiosi additandoci.

Che nervi. Non hanno mai visto due persona bagnate e sanguinanti?

-Come vi sieti picchiati? Che cosa è successo?- mi chiede il francese senza abbandonare il suo volto estramamente preoccupato.

-Niente, tizio che non conosco, ordinaria amministrazione. Questo è ciò che accade quando hai un fratello stronzo come il biondino.- biascica Patrick rispondendo a Francis. Le sue parole potrebbero anche sembrare scherzose ma il suo sguardo rivolto a me è così gelido e carico d'odio che mi fa male. Persino più delle botte.

-Francis non ascoltarlo.- replico mentre mi allungo oltre il bancone a prendere una bottiglietta di plastica abbandonata su un vassoio.

Se la condensa non mente dovrebbe essere bella fredda, ottima per il mio povero labbro.

-Inoltre non sono affari tuoi e ti pregherei di starne fuori... Anzi. Voi tutti.- aggiungo qusi con fare stanco scrutando uno ad uno i miei amici attorno a noi.

-Esatto, non ascoltarmi "tizio che ho appena compreso chiamarsi Francis".- replica mio fratello scendendo dallo sgabello e rimanendo in piedi, in maniera barcollante -Devi sapere che Arthur non è molto pratico nell'arte dell'ascoltare. Non ascoltava nemmeno nostra madre.-

Questo è troppo. Come se non fosse già stata una tragedia quella lettura del testamento ora devo sentirmi continuamente dire dagli unici miei familiari rimasti al mondo che è colpa mia.

Con un gesto di ira ed esasperazione lanciò per terra la bottiglietta, colpendo quasi Feliks che per schivarla spicca un balzo indietro.

-Lei non me l'aveva detto! Io non lo sapevo!- urlo puntando un dito contro Patrick -Ed inoltre non accusarmi di nulla! Non ne hai il diritto! Tu e tutti gli altri! Ve ne sieti andati tutti fregandovene di noi! Io sono l'unico che è rimasto!-

Sento le lacrime premere contro i miei occhi. Se siano di rabbia, frustazione o dolore non saprei dire. Forse tutte e tre messe assieme.

Il dolore patito adesso ed in questi due anni sta esplodendo dentro di me.

Come risposta mio fratello non dice nulla, ma il suo volto è sconvolto come se lo avessi colpito con un pugno.

I miei amici intanto sono ammutoliti e guardo increduli alla nostra lite, non capendo niente di quello che è successo. Soprattutto Francis. Lui non conoscete il mio passato ed i miei scheletri nell'armadio come gli altri, chissà che cosa pensa di noi in questo momento.

Sicuramente che siamo una famiglia di pazzi.

-E voi che cazzo guardate?- urlo invece rivolto agli altri del locale che in silenzio assistono alla scena come se fosse una soap opera.

Non faccio in tempo a girarmi che sento gli altri esclamare mentre qualcosa di dirige a tutta velocità verso il mio volto.

Il pugno di Patrick mi colpisce in pieno sullo zigomo sinistro mandandomi a terra.

Mentro sento la mia schiena impattare contro il pavimento non posso fare a meno di pensare che Patrick fino a qualche anno fa era il piccolo di famiglia!

Adesso è più alto di me e senza difficoltà riesce a stendermi!

Non faccio in tempo a rialzarmi che me lo vedo addosso, mentre Francis ed Heracles tentano inutilmente di bloccarlo.

Tuttavia, se spera che io sti qui a farmele suonare si sbaglia di grosso.

Nel giro di un secondo la rissa inizia.

 

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Chiedo scusa per l'enorme ritardo con cui pubblico i capitoli.

Tecnicamente questo faceva parte di un unico grande capitolo ma ho deciso di pubblicarlo subito giusto pe far vedere che sono ancora viva!

Grazie per chi leggerà, recensirà ed aggiungerà questa fic fra i suoi preferiti, odiati etc...

Grazie anche solo per averci dedicato 5 minuti!

Rebecca

  
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