Okay, prima di iniziare
volevo dire “grazie”. Non credevo che la mia
prima FF sui Looney, ovvero Put the
fucking R in a place of the fucking L avrebbe mai avuto un
seguito,
figuriamoci due!
Chi segue questo fandom sa che mi
sono dedicata anche a Wile e Road, e ho
in mente di farlo di nuovo, ma non credo che nessuna coppia
potrà mai
sostituire quelli che sono oramai i MIEI Silvestro e Tweety.
Quindi grazie a tutti per il
supporto!
Hope it gives
you hell!
Strano. Era
successo in modo davvero strano, quella mattina.
Non che di solito i loro incontri fossero particolarmente dediti alla
consuetudine. Avevano quasi sempre luogo durante (non prima,
non dopo,
durante) una litigata, o nel bel mezzo della
notte; uno svegliava
sempre l’altro in modo molto brutale. Certo, a volte
Silvestro non si degnava
nemmeno di svegliare Tweety. Semplicemente lui iniziava, e il biondo si
destava
dopo qualche momento ed esclamava:
Ma che cazzo
stai facendo!?
In ogni loro
rapporto la tensione e l’astio reciproci erano tangibili.
Vuoi perché Silvestro
non faceva che mordere Tweety sapendo quanto questo lo irritasse, vuoi
perché
il biondo pronunciava i suoi soliti appellativi cordiali tra un gemito
e
l’altro ( i-idio… ah! Idiota! ), il tipo di relazione
che intercorreva tra loro
era ben intesa da entrambi.
Ma quella mattina era diverso. Strano, appunto.
Vide le sue
mani artigliare le coperte e la sua testa spostarsi di lato, come se
volesse
esporsi. Solitamente non lo faceva, ma, a dire il vero, non era nemmeno
solito
accondiscendere ad un posizione tanto intima.
Ma Silvestro non faceva caso a certi particolari, non quando si
trattava di
Tweety in certe situazioni.
Per lui, in quei momenti, non esisteva altro che il biondo, ma non era
un
pensiero romantico.
Era come un drogato che riesce a bucarsi dopo aver passato la giornata
circondato da cocaina pura senza poterla nemmeno sfiorare.
Spesso Tweety gli aveva fatto notare quanto quegli sguardi da tossico
in
astinenza fossero inquietanti, ma a lui non importava
granché. A dire il vero,
quasi non udiva quei commenti.
I suoi pensieri erano un vortice fatto di fantasie e semi –
allucinazioni, di
appetiti e desideri incontrollabili.
«Ah! »
Ma persino in
quelle condizioni notò l’inusuale gemito di
Tweety. Non era solito lasciarsi
andare a queste dimostrazioni d’apprezzamento; a suo dire
“frantumavano la sua
dignità” o roba del genere.
La posizione (missionario? Poteva chiamarla così? ) gli
permetteva anche di
vedere bene il viso del più giovane, ed anche se la trovava
una cosa parecchio
strana, non poté fare a meno di apprezzarla… un
poco.
Tweety aveva il viso arrossato, gli occhi lucidi e la bocca semiaperta
(dalla
quale continuavano ad uscire gemiti e non, stranamente, insulti o
commenti
sarcastici ).
Esteticamente parlando, era una cosa gradevolissima, ma conoscendo la
vera
indole del biondo, Silvestro trovò la situazione anche un
po’ inquietante ed
innaturale.
Tuttavia non gli passò nemmeno per l’anticamera
del cervello di fermarsi o fare
domande; non faceva parte della sua natura.
Non era, inoltre, in quello che si poteva definire uno stato di
concentrazione
e lucidità; benché si rendesse conto di tutti
questi particolari che avrebbero
dovuto azionare un campanello d’allarme. Da quel punto di
vista era come se
stesse semplicemente guardando un film (un film molto coinvolgente).
Era
assorto, ecco tutto.
Ma persino in quelle condizioni si rese conto di quando Tweety protese
le
braccia verso di lui, guardandolo dritto negli occhi.
Che cosa…
bizzarra
Pensò
ed inquietante
aggiunse dopo.
«Sil-Silvestro…»
Mi ha chiamato
col mio nome. Altra cosa bizzarra.
«…
abbracciami.»
Allarme! Questo
non è un film, questo non è un film!
«…
eh?»
Alla fine dei conti
era colpa sua. Non si era sottratto al pericolo appena in tempo, ed ora
si
ritrovava appoggiato ad una porta chiusa nel tentativo di ripararsi da
oggetti
volanti più o meno identificati (identificati come: una
lampada, dei cuscini,
un libro e una sveglia) lanciati dal biondo contro di lui.
Ogni tiro era accompagnato da un insulto più o meno
offensivo, e a Silvestro fu
dato di scoprire che Tweety ne possedeva un grande repertorio.
Non credeva che se la sarebbe presa fino a quel punto per la sua fuga
dal letto
in stile 40 giorni e 40 notti.
Quasi ringraziò
il cielo che Tweety non avesse fatto nulla durante il viaggio in
macchina.
Lo aveva visto appollaiarsi sul sedile, circondare le gambe con le
braccia e
sbattere ripetutamente e lentamente le lunghe ciglia bionde; aveva
quindi
temuto che fosse entrato in modalità canarino,
e per quanto ne sapeva
avrebbe anche potuto farlo schiantare contro un albero per puro diletto
quando
si trovava in quello stato ( ed iniziare a parlare con quello storpiato
accento
asiatico).
Fortunatamente si era limitato a fissarlo con aria indifferente, eppure
allo
stesso tempo furiosa. Silvestro non sapeva come ne fosse capace, ma
Tweety era
in grado di irritarti anche stando muto ed immobile.
Arrivati agli studi, il biondo era sceso dall’auto senza
proferire verbo e si
era diretto verso il portone. Silvestro, come al solito, era logorato
dal
bisogno di corrergli dietro appena si allontanava, ma anche in mezzo
alla
frenesia dello chiudere a chiave le portiere dell’auto,
riuscì a notare un
particolare che quella stessa mattina lo aveva fatto praticamente
cadere in
ginocchio sull’asfalto.
A deturpare la superficie liscia e nera della sua Fiat Punto,
c’erano tre
linee orizzontali quasi perfettamente parallele e di un color grigio
chiaro.
Quello era il tipo di avvertimento che avrebbe potuto dare un mafioso
di bassa
lega; ma se doveva essere onesto con sé stesso, Silvestro
trovava quello
sfregio quasi rassicurante se paragonato alla strana richiesta che gli
era
stata fatta a letto.
Guardò il biondo con gli occhi ridotti a due fessure e gli
corse dietro,
ispirando ed espirando velocemente, come per prepararsi ad un ardua
giornata.
Quando si trovarono entrambi davanti alla porta d’ingresso,
Tweety aprì la
porta per far entrare prima Silvestro come di consueto dato che doveva
fungergli da scudo umano; tuttavia, quando Silvestro varcò
la soglia, sentì un
violento spintone e poi il rumore della porta che si chiudeva.
Si voltò, e vide che Tweety era (volutamente) rimasto fuori.
Oh, no! No, no,
no!
Si diresse
verso la porta, dando le spalle al set.
Non era in pensiero per un suo eventuale malumore, ma la presenza di
Tweety
mitigava le pazzie di quel francese per la quale lavorava,
quindi…
Sentì delle braccia che gli cingevano i fianchi.
«Mon…»
L’odore di
colonia gli impregnò le narici.
«…
cher.»
Si rese conto
del fatto che quel matto lo stava praticamente tenendo bloccato contro
la
porta. A pensarci bene, da quando lavorava lì era la prima
volta che si faceva
sorprendere “alle spalle” da Pepé Le
Peu, il troppo affettuoso regista che
dirigeva la Sit-com in cui Silvestro aveva un ruolo da protagonista.
Dopo l’iniziale momento di semi-panico, Silvestro si rilasso
per qualche
secondo pensando:
Beh, dai,
almeno in questo modo non può baciarmi.
La cosa durò,
appunto, qualche secondo, poiché Pepé gli
schioccò una bacio sul collo
facendolo rabbrividire ed emettere un suono che somigliava molto alla
sgommata
di un’auto.
«Sembri
nerveux, trésor.»
«N-no, che
dici! Ahahaha... devo andare in camerino!» Asserì
con aria nervosa e un sorriso
forzato.
Sgusciò via
dalla sua presa (come se stesse sfilandosi un salvagente) e si diresse
velocemente verso i camerini.
Quando si fu allontanato, Tweety si decise ad entrare, ostentando
un’aria
tranquilla ed indifferente.
«Oh, Tweety» Titì
«mi chiedevo dove fossi finito.» Disse
Pepé, senza tuttavia mostrarsi
realmente interessato.
Sì, certo, come
no.
«Ti voglio qui
pronto tra mezz’ora, comprendre?»
Tweety mise i
pugni sui fianchi e sfoggiò un sorriso a trentadue tendi,
accompagnati da un
civettuolo battito di ciglia.
«Oui.»
Disse per poi
allontanarsi quasi saltellando. Pepé non seppe come
interpretare quel
comportamento, in fondo lui non conosceva il Canarino.
Non quanto
Silvestro, almeno.
*
I camerini di
Silvestro e Tweety erano uno di fronte all’altro. Nonostante
ciò, essere lì
dentro era come rifugiarsi in un mondo a parte e Silvestro ci passava
molto
tempo.
Non si teneva, però, impegnato come il biondo. Si cambiava
subito, camminava
avanti e indietro per il camerino (a volte strusciava la testa contro i
vestiti
passandoci in mezzo), si osservava allo specchio senza tuttavia curarsi
troppo
dell’immagine riflessa e si stendeva sulla poltrona per
qualche minuto per
riposarsi.
Tweety invece occupava la metà del tempo
nell’indossare i vestiti e sistemarli
a dovere, e l’altra metà a specchiarsi e
sistemarsi i capelli.
La loro notorietà non era tale da possedere un parrucchiere
un truccatore
personali, ma non è che sarebbero serviti a molto.
L’aspetto disordinato e
leggermente trasandato di Silvestro conferiva a Friz (il suo
personaggio)
quell’aria stanca e leggermente rassegnata che lo
caratterizzava, mentre Tweety
era perfettamente in grado di curare il proprio aspetto da solo, ed
aveva
affermato più volte di non necessitare del trucco per essere
bello (a
quell’affermazione, Silvestro si era chinato vicino al suo
orecchio
sussurrando: correggi occhiaie ricevendo in premio
una gomitata nel
fianco).
Il moro si prese più minuti del solito per riposarsi sulla
poltrona, quel
giorno, poiché dopo le riprese sarebbe dovuto andare con
Tweety in sala
doppiaggio per cimentarsi in quello che era a tutti gli effetti il suo
lavoro
parallelo.
Ancora gli risultava ignoto il motivo per la quale si era ritrovato
invischiato
in quella che sarebbe dovuta essere l’opportunità
televisiva di Tweety. A dire
del biondo, era stato merito di Speedy Gonzales, ma era sempre rimasto
sul
vago, dicendo che il suo nome era semplicemente balzato fuori
probabilmente per
il fatto che “era stato a letto con entrambi”.
Scosse la testa e strizzò gli occhi, cercando di
risvegliarsi dal torpore.
Si alzò in piedi e aprì la porta, e per poco non
gli venne un infarto.
La porta del camerino di Tweety era spalancata, e lui era seduto sullo
sgabello
davanti allo specchio ma il suo sguardo era rivolto verso di lui. Era
come se
avesse atteso che Silvestro uscisse solo per poterlo fissare in modo
glaciale,
poiché subito dopo gli dette le spalle come se nemmeno
l’avesse notato.
«Che stLano. Mi
eLa sembLato di vedeLe un gatto.»
Disse per poi
iniziare a canticchiare in falsetto.
Silvestro s’irrigidì e digrignò i
denti, facendosi male. Dio solo sapeva quanto
detestava gli isterismi e le stranezze di quel… pennuto!
Persino durante
le riprese la
tensione era palpabile. In realtà Silvestro non si sarebbe
dovuto stupire più
di tanto; capitava di sovente che Tweety condizionasse la scena con il
suo
umore.
Le parole
ambigue che gli erano
uscite di bocca in un momento di “estrema
attrazione” verso Silvestro, avevano
fatto sì che il pubblico pensasse che tra i loro due
personaggi ci fosse
qualcosa di più in una amicizia accompagnata da una
semi-rivalità.
L’unico
a cui questa cosa aveva dato
fastidio (anche se solo un poco) era stato Silvestro; Pepé
era stato entusiasta
di questo sviluppo, e Tweety lo era stato del suo momento di gloria.
Ma ora, visto
l’umore strano ed
imprevedibile del biondo, Silvestro temeva che il nuovo sviluppo
sarebbe potuto
essere un omicidio.
«E
così secondo te sarei strano, Friz.» Dice
accigliato Bob. Non dovrebbe
essere accigliato.
«Cosa?
No, ho solo detto che è inusuale che tu sia gentile con
me.»
Risponde Friz, evidentemente preoccupato.
Bob
gli ha appena chiesto se va tutto bene, se si sente meglio, e lui si
è stupito e ha detto “ perché me lo
chiedi? E’ strano.” e si era allontanato
leggermente dal collega. Bob avrebbe dovuto rispondere con
tranquillità, ma
così non è stato.
«Dunque
ritieni strano che per una volta io mi comporti in modo
affettuoso? Mi chiedi in continuazione di fare meno lo stronzo, e
quando ci
provo ti impressioni e mi dici che sono strano.» Dice Bob,
anche se non sembra
sia più lui a parlare.
Friz
sembra irritato. Non dovrebbe.
«Bè,
devi convenire con me che non è proprio normalissimo; mi
sono
semplicemente sorpreso.»
«Sei
scappato via!»
Okay,
a questo punto decisamente non è più Bob a
parlare.
«Era
una cosa inquietante, va bene!?» Sbotta Friz…
anzi, Silvestro.
«Ehm… garçon?» Nessuno dei due lo sentì, o comunque fece caso a lui.
«E’
l’ultima volta che faccio uno
sforzo per un idiota come te, dal momento che non sai nemmeno
apprezzare le mie
magnifiche doti recitative!»
«D-doti
recitative?» Silvestro tentennò,
come se non si aspettasse una frase del genere.
«Cos’è?
Ci sei rimasto male, per
caso? Non mi dispiace peL niente, caLo micione.»
Silvestro non
rispose. Serrò le
labbra e strinse i pugni. Quello del biondo era davvero un colpo basso,
e per
di più gliela stava facendo pagare sul posto di lavoro.
Ecco
perché in macchina aveva
trattenuto tutta la sua acida rabbia; per potergliela riversare addosso
quando
fosse stato più vulnerabile.
E
poi… voleva forse insinuare che
quando stava con lui… fingeva? A Silvestro non sembrava
proprio; non è che gli
uomini possano fingere più di tanto quando si parla
di… questioni intime.
Frugò
nella sua mente in cerca di
qualcosa di offensivo da dire, ma non trovò nulla che
potesse battere le parole
di Tweety. Fortunatamente Pepé non gli diede la
possibilità di mostrare questa
sua improvvisa lacuna.
«
Ragazzi, ça suffit!»
Questa volta il
francese usò un tono
di voce alto e autoritario, che fino ad allora non era mai stato
costretto ad
utilizzare con Tweety e Silvestro (specialmente con
quest’ultimo).
I due attori si
girarono verso di
lui, resesi conto del fatto di avere mandato a puttane
l’intera scena.
Pepé
diede segno di fermare le
riprese e di tagliare l’ultima parte, per poi avvicinarsi a
Silvestro e Tweety
con le mani sui fianchi e una faccia non proprio felice.
«Allora?»
Entrambi
evitarono di guardarlo,
imbarazzati.
*
Pepé
aveva rifilato una bella
ramanzina ad entrambi… oh meglio, quella di Tweety era stata
un vera ramanzina,
quella a Silvestro non era stata nemmeno vicina ad una sgridata.
Gli aveva
sorriso, aveva cercato
contatto fisico con lui, e gli avevano rivolto frasi che (velatamente,
ma non
troppo) gli intimavano di non farsi trascinare troppo dai malumori del
biondo,
specialmente se questi non erano utili alle riprese e non sapeva come
gestirli.
Il regista era
stato comunque l’unico
a prendersela con Tweety, perché era anche l’unico
immune al suo fascino. Il
resto della troupe non si era lamentata, ma anzi si era preoccupata per
Tweety
e molti dei suoi componenti gli avevano chiesto se andasse tutto bene o
se gli
servisse qualcosa.
E
così, mentre Silvestro veniva
semi-molestato da Pepé e Tweety coccolato dalla troupe, la
tensione cresceva
attraverso gli sguardi che di tanto in tanto i due, furtivamente, si
lanciavano.
Alla fine
riuscirono a girare la
scena in modo corretto, ma nonostante ciò il clima tra loro
due non migliorò
per niente.
In sala
doppiaggio, Tweety pestò i
piedi a Silvestro più di una volta per farlo sbagliare, e
quest’ultimo non si
lamentò solamente per il fatto che lì non era nel
“Regno di Pepé” ma in quello
di Granny, e se lei era la regina, Tweety era l’adorabile
principino.
Ogni volta che
tornava in quel posto
si sentiva come retrocesso di grado, come se non avesse mai fatto alcun
passo
avanti da qualche mese a quella parte.
E quel giorno,
l’atteggiamento di
Tweety contribuiva ad accrescere quella sensazione.
Silvestro non
riusciva nemmeno a
capire perché fosse tanto arrabbiato. Insomma, Tweety non
teneva tanto a lui da
infuriarsi fino a quel punto per un semplice rifiuto; doveva dunque
dedurre che
il biondo aveva semplicemente subito un piccola, fastidiosa ferita
all’ego?
Ed era in grado
di fargli passare
l’inferno solo per quello?
«Ahi!»
Gli aveva pestato un piede.
«Oh,
micione, che peccato. Hai
Lovinato la scena!»
Sì,
era perfettamente in grado di farlo.
Quando si
trovarono in macchina, a
Silvestro quasi venne un colpo quando si sentì afferrare il
braccio mentre
stava guidando. Pensava che i suoi incubi si stessero realizzando, ce
che
Tweety avesse finalmente deciso di ucciderlo facendolo schiantare
contro un
albero e facendo sembrare il tutto un incidente.
Tuttavia
ciò non accadde. Il gesto di
Tweety era stato un semplice segnale per avvertire Silvestro di
accostare.
«Perché
vuoi che ci fermiamo? Non
siamo arrivati a casa.» Disse Silvestro, accostando vicino ad
un parcheggio.
«No,
non siamo arrivati a casa tua.
Ma a casa mia sì.»
Il moro
sbarrò gli occhi sorpreso ed
assumendo un aria parecchio stupida (cosa che non stupì
minimamente Tweety).
Vide l’altro aprire la portiera ed apprestarsi a scendere e,
istintivamente,
allungò la mano verso la sua spalla e lo trattenne.
Tuttavia non
disse nulla, questo
perché non aveva la minima idea di cosa dire. La sua solita
preparazione alla
loquacità.
«Bè,
che c’è?»
Chiese Tweety
alzando un sopracciglio
e mettendo una gamba fuori dalla portiera, cosa che fece aumentare la
forza
della presa di Silvestro.
«P-perché
vai a casa tua?»
Sembrava quasi
smarrito.
«Perché…
è, appunto, casa mia?»
«Ma in
tutto questo tempo hai sempre
dormito da me!»
«E
allora?»
Bella domanda.
In effetti non c’era
motivo per la quale Tweety non dovesse dormire a casa
propria… no, bè, a dirla
tutta secondo la logica di Silvestro (logica che in realtà
non meritava di
essere chiamata tale) un motivo c’era; in quel modo sarebbe
stato troppo
lontano da lui! Irraggiungibile, protetto, e Silvestro non avrebbe
avuto la
possibilità di… averlo.
E lui aveva un
bisogno fisico, un
bisogno malato di avere quel biondino.
«Se
non hai una risposta, puoi anche
lasciarmi andare.»
Disse Tweety
inarcando entrambe le
sopracciglia e osservandolo come si osserva una fastidioso senzatetto
che ti
chiede la carità in maniera insistente.
Silvestro aveva,
in effetti, lo
sguardo di un povero barbone in cerca di spiccioli.
Il biondo lo
vide farsi più agitato;
le pupille stavano restringendosi, senza accorgersene mise in mostra i
canini
ed iniziò ad avere uno sguardo allucinato. E le ultime due
cose, non avevano
mai smesso di mettere i brividi a Tweety anche dopo tutto quel tempo.
«Vado.»
Disse con tono
volutamente
distaccato, per poi spostare bruscamente il braccio nel tentativo di
liberarsi
dalla presa di Silvestro che, invece, si fece improvvisamente
più ferrea, e che
lo tenne ancorato
al suo posto.
«Lasciami
anda…»
Era raro che le
sue frasi venissero
interrotte; era una cosa che gli dava terribilmente fastidio. Quando
qualcuno
interrompeva una sua frase, voleva dire che si stava imponendo su di
lui, e nessuno poteva imporsi su
Tweety in
nessun modo. Eppure Silvestro in quel momento lo stava facendo, in un
modo che
tra l’altro perfettamente si adattava alle sue
capacità comunicative.
Gli stava
mordendo (barra baciando)
il collo.
Lo aveva
trascinato verso di sé e
aveva allungato il viso fino a far finire la sua bocca poco sotto il
suo
orecchio.
Nonostante
Tweety sapesse la facile
tendenza di Silvestro a “scaldarsi”, aveva intuito
subito che non era per
quello che lo stava facendo.
Gli stava dando
fastidio apposta, lo
stava volutamente irritando, perché sapeva che lui odiava
quando qualcosa gli
veniva imposto, e odiava anche quei suoi maledetti canini che si
stavano
sfregando senza ritegno contro la sua pelle.
Indispettito e
anche abbastanza
arrabbiato, Tweety mise entrambe le mani sulla testa di Silvestro per
allontanarlo più facilmente. Pensò, per un
attimo, che era miracoloso il fatto
che non gli si fossero mai impigliate le dita in quella zazzera di
capelli semi
brizzolati, nonostante li utilizzasse spesso come
“maniglia” per far sottostare
Silvestro al proprio volere. Spesso il moro lo aveva additato come
sadico per
questa cosa.
«Allontanati.»
Silvestro lo
fece, ancora prima che
il biondo iniziasse a spingerlo via, come a dimostrargli che il suo era
stato
un dispetto temporaneo, e che aveva deciso da sé di smettere.
Lo
guardò con sguardo stranamente
deciso e al contempo indispettito, lo sguardo di qualcuno che non ha
fatto
nulla di male ma che si è semplicemente vendicato di un
torto subito.
Tweety si mise
una mano sul collo,
dove Silvestro lo aveva morso, sicuro che sarebbe spuntato un segno che
avrebbe, in qualche modo, dovuto nascondere, e si precipitò
fuori dall’auto con
le sopracciglia bionde corrugate e il labbro inferiore tra i denti.
Quando si fu
allontanato, Silvestro
poggiò la testa sul volante, attivando per sbaglio il
clacson.
Trasalì,
spaventato, e si mise alla
guida di un auto che, ora, gli sembrava troppo sicura.
*
Ringraziò
il cielo di avere, il
giorno dopo, solo un turno sul set a pomeriggio inoltrato.
Quella notte non
aveva dormito molto
bene. Anzi, non aveva proprio chiuso occhio.
Si
guardò allo specchio; se ci fosse
stato Tweety, gli sarebbe arrivata addosso una valanga di commenti
decisamente
poco gradevoli (e questa volta avrebbe riconosciuto di meritarseli) ma
il
biondino non si trovava nella disordinata quando accogliente camera di
Silvestro, ma nella sua suite imperiale (un appartamento arredato bene).
Ma se la
presenza di Tweety, al
mattino e durante il resto della giornata, risultava alquanto
fastidiosa,
durante la notte invece si faceva molto gradevole e particolarmente
apprezzabile.
Questa presenza
notturna, gli era
mancata.
Fortunatamente,
Silvestro pur non
essendo esattamente una cima, aveva dell’inventiva, e
“simulare” almeno
parzialmente la presenza di Tweety non era stato troppo complicato.
Tuttavia si
era sentito alquanto patetico, e la cosa era stata anche più
sfiancante del
previsto, nonché molto meno coinvolgente.
E ora la sua
faccia riportava quei
segni di un uomo distrutto che si dovrebbero sviluppare a distanza di
anni, ma
che sul suo volto erano affiorati dopo una sola notte.
Per un attimo
ripensò alla sensazione
dell’essere ripiegato su se stesso nel letto, incurvato sulle
lenzuola
disordinate e la mente piena di immagini che potessero dargli un
qualche
“conforto”, per poi ritrovarsi sudato e poco
soddisfatto una volta finito.
Che…
tristezza.
Già,
si sentiva decisamente patetico,
e non gli capitava spesso. Cioè, spesso non si accorgeva di
esserlo, ecco
perché non lo realizzava.
La presenza di
Tweety gli era sempre
stata, in un certo qual modo, indispensabile. Non sapeva
perché, forse era
semplicemente madre natura che aveva fatto uno scherzo al suo sistema
nervoso,
ma anche prima che iniziassero la loro… la loro…
Cosa
c’è tra noi?
Vabbeh, ad ogni
modo, anche prima che
iniziassero a fare sesso, era abbastanza dipendente da Tweety. Non era
una cosa
normale, perché il biondo non gli faceva bene ai nervi, ne
lo metteva di buon
umore o altre cose positive… ma era fondamentalmente come la
droga. Ti rendeva
assuefatto e poi ti uccideva lentamente. Però negli ultimi
tempi quella lenta
morte aveva anche assunto dei lati fisicamente piacevoli, e per
Silvestro la
situazione era solo peggiorata.
Senza
accorgersene, aveva fatto
entrare Tweety nella sua vita quotidiana, lo aveva avuto sempre
più vicino,
sempre più spesso e… qualcosa dentro di lui era
degenerato.
Ora per lui era
impossibile stare
tranquillamente a casa propria senza pensare che mancasse
qualcosa… come se
fosse sparito il televisore, per intenderci.
Sono
un tossico di livello superiore… e ora se provo con qualcosa
di più
leggero non sento niente.
Accidenti! Quel
biondo gli aveva
anche portato via la capacità di donarsi piacere da solo!
Nonostante
questa terribile
conseguenza di quello che era a tutti gli effetti il loro primo litigio
serio
(anche se Silvestro non ci aveva ancora capito un’acca in
proposito), non aveva
la minima intenzione di andare da Tweety ed invocare il suo perdono per
qualcosa che probabilmente esisteva solo nella sua testolina gialla.
Ad un certo
punto, il suo sguardo
cadde su una scatola posta ai piedi del letto, dalla parte in cui di
solito
dormiva Tweety.
Era piena zeppa
di gadget del canarino
dei cartoni, regalati al suo doppiatore quando erano stati messi in
commercio.
In teoria esisteva una scatola anche con i gadget del gatto, ma
Silvestro
presumeva che avesse fatto una brutta fine.
Conteneva
magliette, cappellini,
action figure e anche un peluche.
L’attenzione
di Silvestro si
concentrò su quest’ultimo. Era alto circa trenta
centimetri e dava
l’impressione di essere molto morbido. La scintilla di
malvagità del pennuto si
poteva scorgere anche in quegli occhi azzurri fatti di stoffa.
Allungò
la mano verso il pupazzo e lo
afferrò, portandoselo vicino.
Era strano, ma
somigliava in maniera
incredibile a Tweety, specialmente per lo sguardo da civetta ruffiana.
Lo morse. Sulle
testa, affondando i
denti nel tessuto morbido.
Non sapeva
perché lo stava facendo,
ma la cosa lo fece improvvisamente sentire meglio…
nonostante fosse un
comportamento abbastanza infantile.
Mollò
la presa e vide che i suoi
canini avevano lasciato dei piccoli segni sopra a due cuciture;
buttò
distrattamente il pupazzo sul letto e andò in bagno.
Anche dopo
essersi dato una lavata,
il suo viso stravolto non era migliorato. Pazienza, tanto avrebbe
potuto
dormire ancora prima di andare al lavoro, e non doveva incontrare
nessuno prima
di quel momento.
Dling
Dlong
Oh,
sinfonia di sogliole siamesi!
Okay,
solitamente non utilizzava le
battute da copione se non quando era in compagnia di Tweety, e anche in
quei
casi era piuttosto raro, perciò non capì da dove
gli era uscita quella frase,
ma non ci pensò troppo.
Andò
all’entrata senza neanche
preoccuparsi di com’era vestito, ovvero con una maglietta
bianca tutta
stropicciata con sopra scritto AC/DC (in realtà era di
Tweety, che per dormire
spesso portava magliette di qualche taglia più grande, ma
Silvetro se l’era
messa perché aveva un buono odore) e boxer neri con delle
strisce bianche ai
lati.
Aprì
la porta mettendosi una mano nei
capelli, e scompigliandoli ancora di più se possibile.
«Sì?»
«Bounjour!»
Momento di realizzazione fra tre, due, uno…
«AAAH!»
-
Pepè
ci campava sui colpi di scena
(anche in studio era solito spuntare all’improvviso), per
tanto non si offese
per la reazione di Silvestro; anzi, sembrò quasi non farci
caso.
A Silvestro
venne da chiedersi se ciò
non volesse dire che il francese era abituato a sentire la gente urlare
quando
lo vedeva, anche se quel pensiero gli sembrò un
po’ strano.
Quando poi
notò che Pepè recava in
mano un mazzo di fiori (di cui lui non conosceva il nome, ma erano di
colore
rosso) la cosa iniziò a diventare ambigua persino per lui,
che appena sveglio
faticava a distinguere la sua immagine riflessa nello specchio dal
sé stesso
reale.
«Sont
pour toi.»
Disse
all’improvviso il regista,
porgendo il mazzo di fiori a Silvestro.
Silvestro
accettò con riluttanza i
fiori, guardandoli stranito e borbottando un:
«Grazie.»
Andò
a posare il mazzo di fiori in
cucina e poi tornò, notando come Pepè si stesse
guardando attorno con un
sorriso e l’aria di chi stava allegramente fantasticando.
Si
avvicinò, un poco “intimorito” da
quell’espressione esageratamente felice.
«Ehm,
Pepè… perché sei venuto qui?»
L’altro
sembrò come ridestarsi; si
portò una mano sul viso con aria mortificata, come una
gentil donzella che ha
appena fatto una gaffe.
«Oh,
oui! Est vrai, je suis desolé!»
Solo in quel
momento Silvestro si
accorse che Pepè aveva una tracolla nera nella quale ora
stava trafficando
velocemente.
Dopo poco ne
tirò fuori un blocco di
fogli pinzati tra loro.
Silvestro
capì che si trattava del
copione, perché le pagine erano di colore diverso tra di
loro. Era un metodo
che usavano spesso, così da far sì che nessuno si
confondesse o che i fogli non
si mischiassero con qualcosa che non c’entrava.
Le pagine
assegnate a Tweety erano di
un giallo molto chiaro, quelle di Silvestro invece erano azzurrine. Ma
il moro
notò che c’era un altro colore che non aveva mai
visto nemmeno sui copioni
degli altri attori; un arancione un po’ spento.
«Scusami,
mon amour, ma abbiamo fatto
alcune modifiche e dovevo portarti il nuovo copione.» glielo
porse,
sorridendogli.
Silvestro lo
osservò come se si
trovasse davanti a qualcosa mai visto prima.
«Come
mai ci sono questi fogli
arancioni?»
«Te
l’ho detto, cher, abbiamo fatto
delle modifiche. Abbiamo inserito un nuovo personaggio.»
«Eh!?»
fu colto totalmente di
sorpresa «Così, da una giorno
all’altro?»
«Il
tempo non ha mai fermato i miei
lampi di genio, jamais! Ho avuto un’idea e l’ho
subito messa in pratica!»
Sembrava davvero
emozionato e felice,
probabilmente si sentiva soddisfatto di sé stesso, del
proprio estro artistico
e della grande quantità di idee che ogni giorno sorgevano
nella sua mente.
Silvestro invece
era solo allibito e
un poco confuso; senza accorgersene iniziò a mordersi
leggermente il labbro,
esponendo uno dei canini.
«E che
personaggio sarebbe?»
«Lo
vedrai oggi. Ho incontrato
l’attore adatto proprio ieri sera, e ha accettato
subito!»
Batté
le mani, entusiasta.
Silvestro si
fece pensieroso, e Pepè
non mancò di notarlo.
«Qualcosa
non va, amour?»
«Pensavo…
» tu pensi? La voce di
Tweety si fece sentire nella sua testa,
Silvestro la scacciò «… è
successo come con me? Cioè…»
Non sapeva come
esprimersi,
automaticamente mosse la mano roteando il polso, come a dire
“capisci cosa
intendo”. Pepè si passò una mano nei
capelli, sistemandosi il ciuffo in segno
di riflessione, per poi sorridere all’improvviso, con gli
occhi che quasi
brillavano e le mani congiunte al petto.
«Ooh,
je
comprends. Sei jaloux, cher?»
A Silvestro ci
volle qualche secondo
per capire cosa volesse dire la parola “jaloux”.
Quando ci arrivò, rimase con
un’espressione instupidita sul volto; la bocca semiaperta, le
sopracciglia
inarcate e lo sguardo fisso.
«NO!»
riuscì a dire dopo quelli che
sembrarono minuti interi di silenzio «No, per niente! Non
sono … geloso!»
Non
riuscì ad essere molto
convincente nel suo tono di voce, forse perché
Pepè lo metteva sempre un po’ in
soggezione, o forse perché lui stesso non era sicuro di cosa
aveva voluto
intendere con quelle parole. Ovviamente
non era geloso di Pepè, poteva anche farsi tutti i
componenti del cast per
quanto lo riguardava, bastava che non si spingesse troppo in
là con lui… quindi
perché gli importava che potesse aver tentato un approccio
iniziale con un
altro attore simile a quello che aveva avuto con lui ai provini?
«Dici
così, però a me sembra di
sì.»
Disse
Pepè con tono lascivo, che a
Silvestro mise i brividi. Indietreggiò di un paio di passi,
vedendo che il
regista si stava avvicinando a lui con una faccia che conosceva fin
troppo bene
e che vedeva praticamente tutti i giorni.
Il francese gli
gettò le braccia al
collo, e Silvestro si ritrovò praticamente inchiodato al
muro.
Okay,
questa non è una zona sicura
Pensò,
notando che per la prima volta
si trovava in un posto isolato con Pepè, e che se
quest’ultimo era tanto
espansivo in pubblico, in privato poteva diventare quasi pericoloso.
Un lampo gli
attraversò il cervello,
il suo sguardo andò per un attimo al proprio vestiario:
Maglietta e
boxer.
Sembrò
realizzare in quel momento di
poter apparire… “provocante” agli occhi
di una persona che da quando lo
conosceva non aveva fatto altro che fargli delle avance e cercare
contatto
fisico con lui.
«Ehm…
Pepè, c-credo che ora dovresti…»
Indicò
la porta.
«…andare.»
Ma
l’altro non si mosse di un
millimetro. Anzi, in realtà si mosse, ma non verso la
direzione suggerita da
Silvestro, si sporse verso il viso di quest’ultimo.
«Non
devi essere geloso, mon cher.»
sussurrò, avvicinandosi ancora.
Silvestro
avrebbe potuto spingerlo
via, o dirgli chiaramente che non ci stava… ma il punto era
che si sentiva come
impietrito, e aveva ancora un certo timore nei riguardi della posizione
che
occupava Pepè. Non credeva fosse il tipo di persona che ti
caccia se non ci vai
a letto, ma la verità era che…
«Non
devi esserlo perché a me» c’era
meno di un centimetro di distanza tra le loro labbra «piaci
solo tu.»
Quella distanza
fu annullata da Pepè.
Non era la prima
volta che Silvestro
riceveva un bacio da lui… cavoli, quel tipo gli era
praticamente saltato
addosso al loro primo incontro, senza nemmeno chiedergli il nome e
dicendo
parole in francese che tutt’oggi Silvestro non riusciva a
decodificare!
All’epoca
non l’aveva respinto perché
era stato colto del tutto di sorpresa… ma questa volta
perché se ne stava
fermo, immobile, lasciando che Pepè facesse i suoi comodi?
Okay, non stava
ricambiando, e teneva
le mani alzate come se gli fosse stata puntata contro
un’arma; ma l’unica
reazione che ebbe fu quella di serrare le palpebre per poi aspettare
che tutto
finisse.
La
verità era che se… se avesse
respinto definitivamente Pepè, non sarebbe più
stato il preferito di nessuno.
Voleva continuare ad essere trattato meglio degli altri, in particolare
voleva
essere trattato meglio di Tweety!
Col tempo le
attenzioni di Pepè erano
diventate una sorta di rituale che voleva mostrare a tutti gli altri
che quello
a cui sarebbero state dedicate più attenzioni e complimenti
sarebbe stato lui,
Silvestro J. Pussycat Senior.
In qualunque
altro posto lui era la
pezza da piedi, l’idiota bisognoso di lavoro e attenzioni,
quello con la
pronuncia strana (suo unico pregio) e la tendenza a farsi male anche
nei modi
più stupidi.
Ma da quando
faceva l’attore, da
quando Pepè si era preso una cotta per lui, si sentiva
segretamente un po’
meglio.
Stava ancora
pensando a quello quando
il bacio finì.
Pepè
si allontanò da lui lentamente,
tenendo le mani sulle sue spalle e guardandolo con
un’espressione strana sul
volto; l’espressione di chi ha appena beccato qualcuno con le
mani nel sacco.
Almeno, così sembrava, anche se Silvestro non capiva
perché Pepè dovesse
guardarlo a quel modo.
Non aveva fatto
niente di male o di
strano… no?
«E
dire che… credevo che mi avresti
respinto, cher.»
Silvestro non
seppe che dire, perciò
rimase impietrito, ancora con le mani alzate e uno sguardo
semi-allucinato.
D’improvviso
realizzò ciò che aveva
detto Pepè, ovvero che era convinto che sarebbe stato
respinto… cazzo, allora
forse avrebbe potuto farlo davvero! Ma soprattutto, visto che era
andato contro
le aspettative di Pepè… forse quel francese ora
poteva... farsi strane idee.
«Beh,
ora devo andare, amour» si
diresse verso la porta e salutò con un cenno della mano (in
modo un po’
effeminato) «ci vediamo dopo… pensami,
okay?» gli mandò un bacio e se ne andò.
Silvestro
rabbrividì ed iniziò a
maledirsi per non aver fatto resistenza; ora poteva solo sperare che
Pepè
semplicemente continuasse a comportarsi come al solito, che non
toccasse
l’argomento “bacio fra le quattro mura” e
che si concentrasse unicamente sul
proprio lavoro di regista… speranze vane, Silvestro se ne
rendeva conto.
Buttò
uno sguardo ai fogli del
copione, cercando di distrarsi e di dimenticarsi del contatto con le
labbra di
quel francese dalla colonia orribile.
Un
nuovo personaggio, eh?
No, non gli
piaceva molto come idea.
Non tanto perché temeva di essere oscurato o qualcosa del
genere (dopo quel
bacio, probabilmente Pepè gli avrebbe lanciato addosso dei
brillantini pur di
farlo risaltare rispetto agli altri), ma perché in fondo
Silvestro rimaneva
comunque una persona molto… territoriale. E quando qualcuno
di nuovo entrava di
prepotenza nel suo territorio, poteva solo prevedere eventi negativi.
Continua…
Hope
it gives you hell: Letteralmente
“Spero che ti dia l’inferno”, ma
è più
corretto tradurre con “Spero che ti faccia
dannare”. E’ una canzone degli All
American Rejects. Setsuka mi ha fatto notare quanto questa si abbinasse
bene al
rapporto tra Tweety e Silvestro, ed è diventata la loro
canzone.
40
giorni e 40 notti: E’ un
film che ha per protagonista un ragazzo per il periodo della
quaresima decide di astenersi da qualunque pratica sessuale. Una volta
venuti a
conoscenza di ciò, amici e colleghi scommettono sul giorno
in cui il ragazzo
cederà, e per sottrarsi alle attenzioni di alcune ragazze
che cercano di farlo
perdere per intascare i soldi, il protagonista è spesso
costretto a delle fughe
strategiche dalle tentazioni.
Sinfonia
di sogliole siamesi: E’
un’esclamazione utilizzata da
Silvestro nel film Space Jam.
AC/DC: Gruppo
principalmente
Hard Rock, ma anche Heavy Metal. In realtà la maglietta reca
il loro logo, ma
Silvestro pensa ad una semplice scritta perché non li
conosce.
Gamer: E’ un
modo per indicare i videogiocatori.
Dovrete avere
MOLTA pazienza. Ve lo
dico ora, così da non illudervi. Ho un sacco di roba da
scrivere e ho
pubblicato questo capitolo più che altro per soddisfazione
personale, e perché
ero lontana dal fandom dei Looney da troppo tempo. Il secondo ci
metterà un bel
po’ ad arrivare, spero che comunque vogliate continuare a
seguirmi. (p.s. eventuali errori sono dovuti alla mia pessima vista, non esitate a segnalarmeli)