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Autore: Mattie Leland    27/02/2013    4 recensioni
Alla fine dei conti era colpa sua. Non si era sottratto al pericolo appena in tempo, ed ora si ritrovava appoggiato ad una porta chiusa nel tentativo di ripararsi da oggetti volanti più o meno identificati (identificati come: una lampada, dei cuscini, un libro e una sveglia) lanciati dal biondo contro di lui. Ogni tiro era accompagnato da un insulto più o meno offensivo, e a Silvestro fu dato di scoprire che Tweety ne possedeva un grande repertorio.
[ Seguito di My oasis in the desert, Silvestro x Tweety, Gijinka no Furry! ]
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Okay, prima di iniziare volevo dire “grazie”. Non credevo che la mia prima FF sui Looney, ovvero Put the fucking R in a place of the fucking L avrebbe mai avuto un seguito, figuriamoci due!

Chi segue questo fandom sa che mi sono dedicata anche a Wile e Road, e ho in mente di farlo di nuovo, ma non credo che nessuna coppia potrà mai sostituire quelli che sono oramai i MIEI Silvestro e Tweety.

Quindi grazie a tutti per il supporto!

Hope it gives you hell!

 

 

Strano. Era successo in modo davvero strano, quella mattina.
Non che di solito i loro incontri fossero particolarmente dediti alla consuetudine. Avevano quasi sempre luogo durante (non prima, non dopo, durante) una litigata, o nel bel mezzo della notte;  uno svegliava sempre l’altro in modo molto brutale. Certo, a volte Silvestro non si degnava nemmeno di svegliare Tweety. Semplicemente lui iniziava, e il biondo si destava dopo qualche momento ed esclamava:

Ma che cazzo stai facendo!?

In ogni loro rapporto la tensione e l’astio reciproci erano tangibili. Vuoi perché Silvestro non faceva che mordere Tweety sapendo quanto questo lo irritasse, vuoi perché il biondo pronunciava i suoi soliti appellativi cordiali tra un gemito e l’altro ( i-idio… ah! Idiota! ), il tipo di relazione che intercorreva tra loro era ben intesa da entrambi.
Ma quella mattina era diverso. Strano, appunto.

 

Vide le sue mani artigliare le coperte e la sua testa spostarsi di lato, come se volesse esporsi. Solitamente non lo faceva, ma, a dire il vero, non era nemmeno solito accondiscendere ad un posizione tanto intima. 
Ma Silvestro non faceva caso a certi particolari, non quando si trattava di Tweety in certe situazioni.
Per lui, in quei momenti, non esisteva altro che il biondo, ma non era un pensiero romantico.
Era come un drogato che riesce a bucarsi dopo aver passato la giornata circondato da cocaina pura senza poterla nemmeno sfiorare.
Spesso Tweety gli aveva fatto notare quanto quegli sguardi da tossico in astinenza fossero inquietanti, ma a lui non importava granché. A dire il vero, quasi non udiva quei commenti.
I suoi pensieri erano un vortice fatto di fantasie e semi – allucinazioni, di appetiti e desideri incontrollabili.

«Ah! »

Ma persino in quelle condizioni notò l’inusuale gemito di Tweety. Non era solito lasciarsi andare a queste dimostrazioni d’apprezzamento; a suo dire “frantumavano la sua dignità” o roba del genere.
La posizione (missionario? Poteva chiamarla così? ) gli permetteva anche di vedere bene il viso del più giovane, ed anche se la trovava una cosa parecchio strana, non poté fare a meno di apprezzarla… un poco.
Tweety aveva il viso arrossato, gli occhi lucidi e la bocca semiaperta (dalla quale continuavano ad uscire gemiti e non, stranamente, insulti o commenti sarcastici ).
Esteticamente parlando, era una cosa gradevolissima, ma conoscendo la vera indole del biondo, Silvestro trovò la situazione anche un po’ inquietante ed innaturale.
Tuttavia non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello di fermarsi o fare domande; non faceva parte della sua natura.
Non era, inoltre, in quello che si poteva definire uno stato di concentrazione e lucidità; benché si rendesse conto di tutti questi particolari che avrebbero dovuto azionare un campanello d’allarme. Da quel punto di vista era come se stesse semplicemente guardando un film (un film molto coinvolgente). Era assorto, ecco tutto.
Ma persino in quelle condizioni si rese conto di quando Tweety protese le braccia verso di lui, guardandolo dritto negli occhi.

Che cosa… bizzarra

Pensò

ed inquietante

aggiunse dopo.

«Sil-Silvestro…»

Mi ha chiamato col mio nome. Altra cosa bizzarra.

«… abbracciami.»

Allarme! Questo non è un film, questo non è un film!

«… eh?»

 

Alla fine dei conti era colpa sua. Non si era sottratto al pericolo appena in tempo, ed ora si ritrovava appoggiato ad una porta chiusa nel tentativo di ripararsi da oggetti volanti più o meno identificati (identificati come: una lampada, dei cuscini, un libro e una sveglia) lanciati dal biondo contro di lui.
Ogni tiro era accompagnato da un insulto più o meno offensivo, e a Silvestro fu dato di scoprire che Tweety ne possedeva un grande repertorio.
Non credeva che se la sarebbe presa fino a quel punto per la sua fuga dal letto in stile 40 giorni e 40 notti.

 

Quasi ringraziò il cielo che Tweety non avesse fatto nulla durante il viaggio in macchina.
Lo aveva visto appollaiarsi sul sedile, circondare le gambe con le braccia e sbattere ripetutamente e lentamente le lunghe ciglia bionde; aveva quindi temuto che fosse entrato in modalità canarino, e per quanto ne sapeva avrebbe anche potuto farlo schiantare contro un albero per puro diletto quando si trovava in quello stato ( ed iniziare a parlare con quello storpiato accento asiatico).
Fortunatamente si era limitato a fissarlo con aria indifferente, eppure allo stesso tempo furiosa. Silvestro non sapeva come ne fosse capace, ma Tweety era in grado di irritarti anche stando muto ed immobile.
Arrivati agli studi, il biondo era sceso dall’auto senza proferire verbo e si era diretto verso il portone. Silvestro, come al solito, era logorato dal bisogno di corrergli dietro appena si allontanava, ma anche in mezzo alla frenesia dello chiudere a chiave le portiere dell’auto, riuscì a notare un particolare che quella stessa mattina lo aveva fatto praticamente cadere in ginocchio sull’asfalto.
A deturpare la superficie liscia e nera della sua Fiat Punto, c’erano tre linee orizzontali quasi perfettamente parallele e di un color grigio chiaro.
Quello era il tipo di avvertimento che avrebbe potuto dare un mafioso di bassa lega; ma se doveva essere onesto con sé stesso, Silvestro trovava quello sfregio quasi rassicurante se paragonato alla strana richiesta che gli era stata fatta a letto.
Guardò il biondo con gli occhi ridotti a due fessure e gli corse dietro, ispirando ed espirando velocemente, come per prepararsi ad un ardua giornata.
Quando si trovarono entrambi davanti alla porta d’ingresso, Tweety aprì la porta per far entrare prima Silvestro come di consueto dato che doveva fungergli da scudo umano; tuttavia, quando Silvestro varcò la soglia, sentì un violento spintone e poi il rumore della porta che si chiudeva.
Si voltò, e vide che Tweety era (volutamente) rimasto fuori.

Oh, no! No, no, no!

Si diresse verso la porta, dando le spalle al set.
Non era in pensiero per un suo eventuale malumore, ma la presenza di Tweety mitigava le pazzie di quel francese per la quale lavorava, quindi…
Sentì delle braccia che gli cingevano i fianchi.

«Mon…»

L’odore di colonia gli impregnò le narici.

«… cher.»

Si rese conto del fatto che quel matto lo stava praticamente tenendo bloccato contro la porta. A pensarci bene, da quando lavorava lì era la prima volta che si faceva sorprendere “alle spalle” da Pepé Le Peu, il troppo affettuoso regista che dirigeva la Sit-com in cui Silvestro aveva un ruolo da protagonista.
Dopo l’iniziale momento di semi-panico, Silvestro si rilasso per qualche secondo pensando:

Beh, dai, almeno in questo modo non può baciarmi.

La cosa durò, appunto, qualche secondo, poiché Pepé gli schioccò una bacio sul collo facendolo rabbrividire ed emettere un suono che somigliava molto alla sgommata di un’auto.

«Sembri nerveux, trésor.»

«N-no, che dici! Ahahaha... devo andare in camerino!» Asserì con aria nervosa e un sorriso forzato.

Sgusciò via dalla sua presa (come se stesse sfilandosi un salvagente) e si diresse velocemente verso i camerini.
Quando si fu allontanato, Tweety si decise ad entrare, ostentando un’aria tranquilla ed indifferente.

«Oh, Tweety» Titì «mi chiedevo dove fossi finito.» Disse Pepé, senza tuttavia mostrarsi realmente interessato.

Sì, certo, come no.

«Ti voglio qui pronto tra mezz’ora, comprendre?»

Tweety mise i pugni sui fianchi e sfoggiò un sorriso a trentadue tendi, accompagnati da un civettuolo battito di ciglia.

«Oui

Disse per poi allontanarsi quasi saltellando. Pepé non seppe come interpretare quel comportamento, in fondo lui non conosceva il Canarino. Non quanto Silvestro, almeno.

 

*

I camerini di Silvestro e Tweety erano uno di fronte all’altro. Nonostante ciò, essere lì dentro era come rifugiarsi in un mondo a parte e Silvestro ci passava molto tempo.
Non si teneva, però, impegnato come il biondo. Si cambiava subito, camminava avanti e indietro per il camerino (a volte strusciava la testa contro i vestiti passandoci in mezzo), si osservava allo specchio senza tuttavia curarsi troppo dell’immagine riflessa e si stendeva sulla poltrona per qualche minuto per riposarsi.
Tweety invece occupava la metà del tempo nell’indossare i vestiti e sistemarli a dovere, e l’altra metà a specchiarsi e sistemarsi i capelli.
La loro notorietà non era tale da possedere un parrucchiere un truccatore personali, ma non è che sarebbero serviti a molto. L’aspetto disordinato e leggermente trasandato di Silvestro conferiva a Friz (il suo personaggio) quell’aria stanca e leggermente rassegnata che lo caratterizzava, mentre Tweety era perfettamente in grado di curare il proprio aspetto da solo, ed aveva affermato più volte di non necessitare del trucco per essere bello (a quell’affermazione, Silvestro si era chinato vicino al suo orecchio sussurrando: correggi occhiaie ricevendo in premio una gomitata nel fianco).
Il moro si prese più minuti del solito per riposarsi sulla poltrona, quel giorno, poiché dopo le riprese sarebbe dovuto andare con Tweety in sala doppiaggio per cimentarsi in quello che era a tutti gli effetti il suo lavoro parallelo.
Ancora gli risultava ignoto il motivo per la quale si era ritrovato invischiato in quella che sarebbe dovuta essere l’opportunità televisiva di Tweety. A dire del biondo, era stato merito di Speedy Gonzales, ma era sempre rimasto sul vago, dicendo che il suo nome era semplicemente balzato fuori probabilmente per il fatto che “era stato a letto con entrambi”.
Scosse la testa e strizzò gli occhi, cercando di risvegliarsi dal torpore.
Si alzò in piedi e aprì la porta, e per poco non gli venne un infarto.
La porta del camerino di Tweety era spalancata, e lui era seduto sullo sgabello davanti allo specchio ma il suo sguardo era rivolto verso di lui. Era come se avesse atteso che Silvestro uscisse solo per poterlo fissare in modo glaciale, poiché subito dopo gli dette le spalle come se nemmeno l’avesse notato.

«Che stLano. Mi eLa sembLato di vedeLe un gatto.»

Disse per poi iniziare a canticchiare in falsetto.
Silvestro s’irrigidì e digrignò i denti, facendosi male. Dio solo sapeva quanto detestava gli isterismi e le stranezze di quel… pennuto!

 

Persino durante le riprese la tensione era palpabile. In realtà Silvestro non si sarebbe dovuto stupire più di tanto; capitava di sovente che Tweety condizionasse la scena con il suo umore.

Le parole ambigue che gli erano uscite di bocca in un momento di “estrema attrazione” verso Silvestro, avevano fatto sì che il pubblico pensasse che tra i loro due personaggi ci fosse qualcosa di più in una amicizia accompagnata da una semi-rivalità.

L’unico a cui questa cosa aveva dato fastidio (anche se solo un poco) era stato Silvestro; Pepé era stato entusiasta di questo sviluppo, e Tweety lo era stato del suo momento di gloria.

Ma ora, visto l’umore strano ed imprevedibile del biondo, Silvestro temeva che il nuovo sviluppo sarebbe potuto essere un omicidio.

 

«E così secondo te sarei strano, Friz.» Dice accigliato Bob. Non dovrebbe essere accigliato.

«Cosa? No, ho solo detto che è inusuale che tu sia gentile con me.» Risponde Friz, evidentemente preoccupato.

Bob gli ha appena chiesto se va tutto bene, se si sente meglio, e lui si è stupito e ha detto “ perché me lo chiedi? E’ strano.” e si era allontanato leggermente dal collega. Bob avrebbe dovuto rispondere con tranquillità, ma così non è stato.

«Dunque ritieni strano che per una volta io mi comporti in modo affettuoso? Mi chiedi in continuazione di fare meno lo stronzo, e quando ci provo ti impressioni e mi dici che sono strano.» Dice Bob, anche se non sembra sia più lui a parlare.

Friz sembra irritato. Non dovrebbe.

«Bè, devi convenire con me che non è proprio normalissimo; mi sono semplicemente sorpreso.»

«Sei scappato via!»

Okay, a questo punto decisamente non è più Bob a parlare.

«Era una cosa inquietante, va bene!?» Sbotta Friz… anzi, Silvestro.

 

«Ehm… garçon?» Nessuno dei due lo sentì, o comunque fece caso a lui.

«E’ l’ultima volta che faccio uno sforzo per un idiota come te, dal momento che non sai nemmeno apprezzare le mie magnifiche doti recitative!»

«D-doti recitative?» Silvestro tentennò, come se non si aspettasse una frase del genere.

«Cos’è? Ci sei rimasto male, per caso? Non mi dispiace peL niente, caLo micione.»

Silvestro non rispose. Serrò le labbra e strinse i pugni. Quello del biondo era davvero un colpo basso, e per di più gliela stava facendo pagare sul posto di lavoro.

Ecco perché in macchina aveva trattenuto tutta la sua acida rabbia; per potergliela riversare addosso quando fosse stato più vulnerabile.

E poi… voleva forse insinuare che quando stava con lui… fingeva? A Silvestro non sembrava proprio; non è che gli uomini possano fingere più di tanto quando si parla di… questioni intime.

Frugò nella sua mente in cerca di qualcosa di offensivo da dire, ma non trovò nulla che potesse battere le parole di Tweety. Fortunatamente Pepé non gli diede la possibilità di mostrare questa sua improvvisa lacuna.

« Ragazzi, ça suffit!»

Questa volta il francese usò un tono di voce alto e autoritario, che fino ad allora non era mai stato costretto ad utilizzare con Tweety e Silvestro (specialmente con quest’ultimo).

I due attori si girarono verso di lui, resesi conto del fatto di avere mandato a puttane l’intera scena.

Pepé diede segno di fermare le riprese e di tagliare l’ultima parte, per poi avvicinarsi a Silvestro e Tweety con le mani sui fianchi e una faccia non proprio felice.

«Allora?»

Entrambi evitarono di guardarlo, imbarazzati.

 

*

 

Pepé aveva rifilato una bella ramanzina ad entrambi… oh meglio, quella di Tweety era stata un vera ramanzina, quella a Silvestro non era stata nemmeno vicina ad una sgridata.

Gli aveva sorriso, aveva cercato contatto fisico con lui, e gli avevano rivolto frasi che (velatamente, ma non troppo) gli intimavano di non farsi trascinare troppo dai malumori del biondo, specialmente se questi non erano utili alle riprese e non sapeva come gestirli.

Il regista era stato comunque l’unico a prendersela con Tweety, perché era anche l’unico immune al suo fascino. Il resto della troupe non si era lamentata, ma anzi si era preoccupata per Tweety e molti dei suoi componenti gli avevano chiesto se andasse tutto bene o se gli servisse qualcosa.

E così, mentre Silvestro veniva semi-molestato da Pepé e Tweety coccolato dalla troupe, la tensione cresceva attraverso gli sguardi che di tanto in tanto i due, furtivamente, si lanciavano.

Alla fine riuscirono a girare la scena in modo corretto, ma nonostante ciò il clima tra loro due non migliorò per niente.

In sala doppiaggio, Tweety pestò i piedi a Silvestro più di una volta per farlo sbagliare, e quest’ultimo non si lamentò solamente per il fatto che lì non era nel “Regno di Pepé” ma in quello di Granny, e se lei era la regina, Tweety era l’adorabile principino.

Ogni volta che tornava in quel posto si sentiva come retrocesso di grado, come se non avesse mai fatto alcun passo avanti da qualche mese a quella parte.

E quel giorno, l’atteggiamento di Tweety contribuiva ad accrescere quella sensazione.

Silvestro non riusciva nemmeno a capire perché fosse tanto arrabbiato. Insomma, Tweety non teneva tanto a lui da infuriarsi fino a quel punto per un semplice rifiuto; doveva dunque dedurre che il biondo aveva semplicemente subito un piccola, fastidiosa ferita all’ego?

Ed era in grado di fargli passare l’inferno solo per quello?

«Ahi!» Gli aveva pestato un piede.

«Oh, micione, che peccato. Hai Lovinato la scena!»

Sì, era perfettamente in grado di farlo.

Quando si trovarono in macchina, a Silvestro quasi venne un colpo quando si sentì afferrare il braccio mentre stava guidando. Pensava che i suoi incubi si stessero realizzando, ce che Tweety avesse finalmente deciso di ucciderlo facendolo schiantare contro un albero e facendo sembrare il tutto un incidente.

Tuttavia ciò non accadde. Il gesto di Tweety era stato un semplice segnale per avvertire Silvestro di accostare.

«Perché vuoi che ci fermiamo? Non siamo arrivati a casa.» Disse Silvestro, accostando vicino ad un parcheggio.

«No, non siamo arrivati a casa tua. Ma a casa mia sì.»

Il moro sbarrò gli occhi sorpreso ed assumendo un aria parecchio stupida (cosa che non stupì minimamente Tweety). Vide l’altro aprire la portiera ed apprestarsi a scendere e, istintivamente, allungò la mano verso la sua spalla e lo trattenne.

Tuttavia non disse nulla, questo perché non aveva la minima idea di cosa dire. La sua solita preparazione alla loquacità.

«Bè, che c’è?»

Chiese Tweety alzando un sopracciglio e mettendo una gamba fuori dalla portiera, cosa che fece aumentare la forza della presa di Silvestro.

«P-perché vai a casa tua?»

Sembrava quasi smarrito.

«Perché… è, appunto, casa mia?»

«Ma in tutto questo tempo hai sempre dormito da me!»

«E allora?»

Bella domanda. In effetti non c’era motivo per la quale Tweety non dovesse dormire a casa propria… no, bè, a dirla tutta secondo la logica di Silvestro (logica che in realtà non meritava di essere chiamata tale) un motivo c’era; in quel modo sarebbe stato troppo lontano da lui! Irraggiungibile, protetto, e Silvestro non avrebbe avuto la possibilità di… averlo.

E lui aveva un bisogno fisico, un bisogno malato di avere quel biondino.

«Se non hai una risposta, puoi anche lasciarmi andare.»

Disse Tweety inarcando entrambe le sopracciglia e osservandolo come si osserva una fastidioso senzatetto che ti chiede la carità in maniera insistente.

Silvestro aveva, in effetti, lo sguardo di un povero barbone in cerca di spiccioli.

Il biondo lo vide farsi più agitato; le pupille stavano restringendosi, senza accorgersene mise in mostra i canini ed iniziò ad avere uno sguardo allucinato. E le ultime due cose, non avevano mai smesso di mettere i brividi a Tweety anche dopo tutto quel tempo.

«Vado.»

Disse con tono volutamente distaccato, per poi spostare bruscamente il braccio nel tentativo di liberarsi dalla presa di Silvestro che, invece, si fece improvvisamente più ferrea, e che lo  tenne ancorato al suo posto.

«Lasciami anda…»

Era raro che le sue frasi venissero interrotte; era una cosa che gli dava terribilmente fastidio. Quando qualcuno interrompeva una sua frase, voleva dire che si stava imponendo su di lui, e nessuno poteva imporsi su Tweety in nessun modo. Eppure Silvestro in quel momento lo stava facendo, in un modo che tra l’altro perfettamente si adattava alle sue capacità comunicative.

Gli stava mordendo (barra baciando) il collo.

Lo aveva trascinato verso di sé e aveva allungato il viso fino a far finire la sua bocca poco sotto il suo orecchio.

Nonostante Tweety sapesse la facile tendenza di Silvestro a “scaldarsi”, aveva intuito subito che non era per quello che lo stava facendo.

Gli stava dando fastidio apposta, lo stava volutamente irritando, perché sapeva che lui odiava quando qualcosa gli veniva imposto, e odiava anche quei suoi maledetti canini che si stavano sfregando senza ritegno contro la sua pelle.

Indispettito e anche abbastanza arrabbiato, Tweety mise entrambe le mani sulla testa di Silvestro per allontanarlo più facilmente. Pensò, per un attimo, che era miracoloso il fatto che non gli si fossero mai impigliate le dita in quella zazzera di capelli semi brizzolati, nonostante li utilizzasse spesso come “maniglia” per far sottostare Silvestro al proprio volere. Spesso il moro lo aveva additato come sadico per questa cosa.

«Allontanati.»

Silvestro lo fece, ancora prima che il biondo iniziasse a spingerlo via, come a dimostrargli che il suo era stato un dispetto temporaneo, e che aveva deciso da sé di smettere.

Lo guardò con sguardo stranamente deciso e al contempo indispettito, lo sguardo di qualcuno che non ha fatto nulla di male ma che si è semplicemente vendicato di un torto subito.

Tweety si mise una mano sul collo, dove Silvestro lo aveva morso, sicuro che sarebbe spuntato un segno che avrebbe, in qualche modo, dovuto nascondere, e si precipitò fuori dall’auto con le sopracciglia bionde corrugate e il labbro inferiore tra i denti.

Quando si fu allontanato, Silvestro poggiò la testa sul volante, attivando per sbaglio il clacson.

Trasalì, spaventato, e si mise alla guida di un auto che, ora, gli sembrava troppo sicura.

 

*

 

Ringraziò il cielo di avere, il giorno dopo, solo un turno sul set a pomeriggio inoltrato.

Quella notte non aveva dormito molto bene. Anzi, non aveva proprio chiuso occhio.

Si guardò allo specchio; se ci fosse stato Tweety, gli sarebbe arrivata addosso una valanga di commenti decisamente poco gradevoli (e questa volta avrebbe riconosciuto di meritarseli) ma il biondino non si trovava nella disordinata quando accogliente camera di Silvestro, ma nella sua suite imperiale (un appartamento arredato bene).

Ma se la presenza di Tweety, al mattino e durante il resto della giornata, risultava alquanto fastidiosa, durante la notte invece si faceva molto gradevole e particolarmente apprezzabile.

Questa presenza notturna, gli era mancata.

Fortunatamente, Silvestro pur non essendo esattamente una cima, aveva dell’inventiva, e “simulare” almeno parzialmente la presenza di Tweety non era stato troppo complicato. Tuttavia si era sentito alquanto patetico, e la cosa era stata anche più sfiancante del previsto, nonché molto meno coinvolgente.

E ora la sua faccia riportava quei segni di un uomo distrutto che si dovrebbero sviluppare a distanza di anni, ma che sul suo volto erano affiorati dopo una sola notte.

Per un attimo ripensò alla sensazione dell’essere ripiegato su se stesso nel letto, incurvato sulle lenzuola disordinate e la mente piena di immagini che potessero dargli un qualche “conforto”, per poi ritrovarsi sudato e poco soddisfatto una volta finito.

Che… tristezza.

Già, si sentiva decisamente patetico, e non gli capitava spesso. Cioè, spesso non si accorgeva di esserlo, ecco perché non lo realizzava.

La presenza di Tweety gli era sempre stata, in un certo qual modo, indispensabile. Non sapeva perché, forse era semplicemente madre natura che aveva fatto uno scherzo al suo sistema nervoso, ma anche prima che iniziassero la loro… la loro…

Cosa c’è tra noi?

Vabbeh, ad ogni modo, anche prima che iniziassero a fare sesso, era abbastanza dipendente da Tweety. Non era una cosa normale, perché il biondo non gli faceva bene ai nervi, ne lo metteva di buon umore o altre cose positive… ma era fondamentalmente come la droga. Ti rendeva assuefatto e poi ti uccideva lentamente. Però negli ultimi tempi quella lenta morte aveva anche assunto dei lati fisicamente piacevoli, e per Silvestro la situazione era solo peggiorata.

Senza accorgersene, aveva fatto entrare Tweety nella sua vita quotidiana, lo aveva avuto sempre più vicino, sempre più spesso e… qualcosa dentro di lui era degenerato.

Ora per lui era impossibile stare tranquillamente a casa propria senza pensare che mancasse qualcosa… come se fosse sparito il televisore, per intenderci.

Sono un tossico di livello superiore… e ora se provo con qualcosa di più leggero non sento niente.

Accidenti! Quel biondo gli aveva anche portato via la capacità di donarsi piacere da solo!

Nonostante questa terribile conseguenza di quello che era a tutti gli effetti il loro primo litigio serio (anche se Silvestro non ci aveva ancora capito un’acca in proposito), non aveva la minima intenzione di andare da Tweety ed invocare il suo perdono per qualcosa che probabilmente esisteva solo nella sua testolina gialla.

Ad un certo punto, il suo sguardo cadde su una scatola posta ai piedi del letto, dalla parte in cui di solito dormiva Tweety.

Era piena zeppa di gadget del canarino dei cartoni, regalati al suo doppiatore quando erano stati messi in commercio. In teoria esisteva una scatola anche con i gadget del gatto, ma Silvestro presumeva che avesse fatto una brutta fine.

Conteneva magliette, cappellini, action figure e anche un peluche.

L’attenzione di Silvestro si concentrò su quest’ultimo. Era alto circa trenta centimetri e dava l’impressione di essere molto morbido. La scintilla di malvagità del pennuto si poteva scorgere anche in quegli occhi azzurri fatti di stoffa.

Allungò la mano verso il pupazzo e lo afferrò, portandoselo vicino.

Era strano, ma somigliava in maniera incredibile a Tweety, specialmente per lo sguardo da civetta ruffiana.

Lo morse. Sulle testa, affondando i denti nel tessuto morbido.

Non sapeva perché lo stava facendo, ma la cosa lo fece improvvisamente sentire meglio… nonostante fosse un comportamento abbastanza infantile.

Mollò la presa e vide che i suoi canini avevano lasciato dei piccoli segni sopra a due cuciture; buttò distrattamente il pupazzo sul letto e andò in bagno.

Anche dopo essersi dato una lavata, il suo viso stravolto non era migliorato. Pazienza, tanto avrebbe potuto dormire ancora prima di andare al lavoro, e non doveva incontrare nessuno prima di quel momento.

Dling Dlong

Oh, sinfonia di sogliole siamesi!

Okay, solitamente non utilizzava le battute da copione se non quando era in compagnia di Tweety, e anche in quei casi era piuttosto raro, perciò non capì da dove gli era uscita quella frase, ma non ci pensò troppo.

Andò all’entrata senza neanche preoccuparsi di com’era vestito, ovvero con una maglietta bianca tutta stropicciata con sopra scritto AC/DC (in realtà era di Tweety, che per dormire spesso portava magliette di qualche taglia più grande, ma Silvetro se l’era messa perché aveva un buono odore) e boxer neri con delle strisce bianche ai lati.

Aprì la porta mettendosi una mano nei capelli, e scompigliandoli ancora di più se possibile.

«Sì?»

«Bounjour!»

Momento di realizzazione fra tre, due, uno…

«AAAH!»

 

-

 

Pepè ci campava sui colpi di scena (anche in studio era solito spuntare all’improvviso), per tanto non si offese per la reazione di Silvestro; anzi, sembrò quasi non farci caso.

A Silvestro venne da chiedersi se ciò non volesse dire che il francese era abituato a sentire la gente urlare quando lo vedeva, anche se quel pensiero gli sembrò un po’ strano.

Quando poi notò che Pepè recava in mano un mazzo di fiori (di cui lui non conosceva il nome, ma erano di colore rosso) la cosa iniziò a diventare ambigua persino per lui, che appena sveglio faticava a distinguere la sua immagine riflessa nello specchio dal sé stesso reale.

«Sont pour toi.»

Disse all’improvviso il regista, porgendo il mazzo di fiori a Silvestro.

Silvestro accettò con riluttanza i fiori, guardandoli stranito e borbottando un:

«Grazie.»

Andò a posare il mazzo di fiori in cucina e poi tornò, notando come Pepè si stesse guardando attorno con un sorriso e l’aria di chi stava allegramente fantasticando.

Si avvicinò, un poco “intimorito” da quell’espressione esageratamente felice.

«Ehm, Pepè… perché sei venuto qui?»

L’altro sembrò come ridestarsi; si portò una mano sul viso con aria mortificata, come una gentil donzella che ha appena fatto una gaffe.

«Oh, oui! Est vrai, je suis desolé!»

Solo in quel momento Silvestro si accorse che Pepè aveva una tracolla nera nella quale ora stava trafficando velocemente.

Dopo poco ne tirò fuori un blocco di fogli pinzati tra loro.

Silvestro capì che si trattava del copione, perché le pagine erano di colore diverso tra di loro. Era un metodo che usavano spesso, così da far sì che nessuno si confondesse o che i fogli non si mischiassero con qualcosa che non c’entrava.

Le pagine assegnate a Tweety erano di un giallo molto chiaro, quelle di Silvestro invece erano azzurrine. Ma il moro notò che c’era un altro colore che non aveva mai visto nemmeno sui copioni degli altri attori; un arancione un po’ spento.

«Scusami, mon amour, ma abbiamo fatto alcune modifiche e dovevo portarti il nuovo copione.» glielo porse, sorridendogli.

Silvestro lo osservò come se si trovasse davanti a qualcosa mai visto prima.

«Come mai ci sono questi fogli arancioni?»

«Te l’ho detto, cher, abbiamo fatto delle modifiche. Abbiamo inserito un nuovo personaggio.»

«Eh!?» fu colto totalmente di sorpresa «Così, da una giorno all’altro?»

«Il tempo non ha mai fermato i miei lampi di genio, jamais! Ho avuto un’idea e l’ho subito messa in pratica!»

Sembrava davvero emozionato e felice, probabilmente si sentiva soddisfatto di sé stesso, del proprio estro artistico e della grande quantità di idee che ogni giorno sorgevano nella sua mente.

Silvestro invece era solo allibito e un poco confuso; senza accorgersene iniziò a mordersi leggermente il labbro, esponendo uno dei canini.

«E che personaggio sarebbe?»

«Lo vedrai oggi. Ho incontrato l’attore adatto proprio ieri sera, e ha accettato subito!»

Batté le mani, entusiasta.

Silvestro si fece pensieroso, e Pepè non mancò di notarlo.

«Qualcosa non va, amour?»

«Pensavo… » tu pensi? La voce di Tweety si fece sentire nella sua testa, Silvestro la scacciò «… è successo come con me? Cioè…»

Non sapeva come esprimersi, automaticamente mosse la mano roteando il polso, come a dire “capisci cosa intendo”. Pepè si passò una mano nei capelli, sistemandosi il ciuffo in segno di riflessione, per poi sorridere all’improvviso, con gli occhi che quasi brillavano e le mani congiunte al petto.

«Ooh, je comprends. Sei jaloux, cher?»

A Silvestro ci volle qualche secondo per capire cosa volesse dire la parola “jaloux”. Quando ci arrivò, rimase con un’espressione instupidita sul volto; la bocca semiaperta, le sopracciglia inarcate e lo sguardo fisso.

«NO!» riuscì a dire dopo quelli che sembrarono minuti interi di silenzio «No, per niente! Non sono … geloso!»

Non riuscì ad essere molto convincente nel suo tono di voce, forse perché Pepè lo metteva sempre un po’ in soggezione, o forse perché lui stesso non era sicuro di cosa aveva voluto intendere con quelle parole. Ovviamente non era geloso di Pepè, poteva anche farsi tutti i componenti del cast per quanto lo riguardava, bastava che non si spingesse troppo in là con lui… quindi perché gli importava che potesse aver tentato un approccio iniziale con un altro attore simile a quello che aveva avuto con lui ai provini?

«Dici così, però a me sembra di sì.»

Disse Pepè con tono lascivo, che a Silvestro mise i brividi. Indietreggiò di un paio di passi, vedendo che il regista si stava avvicinando a lui con una faccia che conosceva fin troppo bene e che vedeva praticamente tutti i giorni.

Il francese gli gettò le braccia al collo, e Silvestro si ritrovò praticamente inchiodato al muro.

Okay, questa non è una zona sicura

Pensò, notando che per la prima volta si trovava in un posto isolato con Pepè, e che se quest’ultimo era tanto espansivo in pubblico, in privato poteva diventare quasi pericoloso.

Un lampo gli attraversò il cervello, il suo sguardo andò per un attimo al proprio vestiario:

Maglietta e boxer.

Sembrò realizzare in quel momento di poter apparire… “provocante” agli occhi di una persona che da quando lo conosceva non aveva fatto altro che fargli delle avance e cercare contatto fisico con lui.

«Ehm… Pepè, c-credo che ora dovresti…»

Indicò la porta.

«…andare.»

Ma l’altro non si mosse di un millimetro. Anzi, in realtà si mosse, ma non verso la direzione suggerita da Silvestro, si sporse verso il viso di quest’ultimo.

«Non devi essere geloso, mon cher.» sussurrò, avvicinandosi ancora.

Silvestro avrebbe potuto spingerlo via, o dirgli chiaramente che non ci stava… ma il punto era che si sentiva come impietrito, e aveva ancora un certo timore nei riguardi della posizione che occupava Pepè. Non credeva fosse il tipo di persona che ti caccia se non ci vai a letto, ma la verità era che…

«Non devi esserlo perché a me» c’era meno di un centimetro di distanza tra le loro labbra «piaci solo tu.»

Quella distanza fu annullata da Pepè.

Non era la prima volta che Silvestro riceveva un bacio da lui… cavoli, quel tipo gli era praticamente saltato addosso al loro primo incontro, senza nemmeno chiedergli il nome e dicendo parole in francese che tutt’oggi Silvestro non riusciva a decodificare!

All’epoca non l’aveva respinto perché era stato colto del tutto di sorpresa… ma questa volta perché se ne stava fermo, immobile, lasciando che Pepè facesse i suoi comodi?

Okay, non stava ricambiando, e teneva le mani alzate come se gli fosse stata puntata contro un’arma; ma l’unica reazione che ebbe fu quella di serrare le palpebre per poi aspettare che tutto finisse.

La verità era che se… se avesse respinto definitivamente Pepè, non sarebbe più stato il preferito di nessuno. Voleva continuare ad essere trattato meglio degli altri, in particolare voleva essere trattato meglio di Tweety!

Col tempo le attenzioni di Pepè erano diventate una sorta di rituale che voleva mostrare a tutti gli altri che quello a cui sarebbero state dedicate più attenzioni e complimenti sarebbe stato lui, Silvestro J. Pussycat Senior.

In qualunque altro posto lui era la pezza da piedi, l’idiota bisognoso di lavoro e attenzioni, quello con la pronuncia strana (suo unico pregio) e la tendenza a farsi male anche nei modi più stupidi.

Ma da quando faceva l’attore, da quando Pepè si era preso una cotta per lui, si sentiva segretamente un po’ meglio.

Stava ancora pensando a quello quando il bacio finì.

Pepè si allontanò da lui lentamente, tenendo le mani sulle sue spalle e guardandolo con un’espressione strana sul volto; l’espressione di chi ha appena beccato qualcuno con le mani nel sacco. Almeno, così sembrava, anche se Silvestro non capiva perché Pepè dovesse guardarlo a quel modo.

Non aveva fatto niente di male o di strano… no?

«E dire che… credevo che mi avresti respinto, cher.»

Silvestro non seppe che dire, perciò rimase impietrito, ancora con le mani alzate e uno sguardo semi-allucinato.

D’improvviso realizzò ciò che aveva detto Pepè, ovvero che era convinto che sarebbe stato respinto… cazzo, allora forse avrebbe potuto farlo davvero! Ma soprattutto, visto che era andato contro le aspettative di Pepè… forse quel francese ora poteva... farsi strane idee.

«Beh, ora devo andare, amour» si diresse verso la porta e salutò con un cenno della mano (in modo un po’ effeminato) «ci vediamo dopo… pensami, okay?» gli mandò un bacio e se ne andò.

Silvestro rabbrividì ed iniziò a maledirsi per non aver fatto resistenza; ora poteva solo sperare che Pepè semplicemente continuasse a comportarsi come al solito, che non toccasse l’argomento “bacio fra le quattro mura” e che si concentrasse unicamente sul proprio lavoro di regista… speranze vane, Silvestro se ne rendeva conto.

Buttò uno sguardo ai fogli del copione, cercando di distrarsi e di dimenticarsi del contatto con le labbra di quel francese dalla colonia orribile.

Un nuovo personaggio, eh?

No, non gli piaceva molto come idea. Non tanto perché temeva di essere oscurato o qualcosa del genere (dopo quel bacio, probabilmente Pepè gli avrebbe lanciato addosso dei brillantini pur di farlo risaltare rispetto agli altri), ma perché in fondo Silvestro rimaneva comunque una persona molto… territoriale. E quando qualcuno di nuovo entrava di prepotenza nel suo territorio, poteva solo prevedere eventi negativi.

 

 

Continua…

 

Hope it gives you hell: Letteralmente “Spero che ti dia l’inferno”, ma è più corretto tradurre con “Spero che ti faccia dannare”. E’ una canzone degli All American Rejects. Setsuka mi ha fatto notare quanto questa si abbinasse bene al rapporto tra Tweety e Silvestro, ed è diventata la loro canzone.

 

40 giorni e 40 notti: E’ un film che ha per protagonista un ragazzo per il periodo della quaresima decide di astenersi da qualunque pratica sessuale. Una volta venuti a conoscenza di ciò, amici e colleghi scommettono sul giorno in cui il ragazzo cederà, e per sottrarsi alle attenzioni di alcune ragazze che cercano di farlo perdere per intascare i soldi, il protagonista è spesso costretto a delle fughe strategiche dalle tentazioni.

 

Sinfonia di sogliole siamesi: E’ un’esclamazione utilizzata da  Silvestro nel film Space Jam.

 

AC/DC: Gruppo principalmente Hard Rock, ma anche Heavy Metal. In realtà la maglietta reca il loro logo, ma Silvestro pensa ad una semplice scritta perché non li conosce.

 

Gamer: E’ un modo per indicare i videogiocatori.

 

Dovrete avere MOLTA pazienza. Ve lo dico ora, così da non illudervi. Ho un sacco di roba da scrivere e ho pubblicato questo capitolo più che altro per soddisfazione personale, e perché ero lontana dal fandom dei Looney da troppo tempo. Il secondo ci metterà un bel po’ ad arrivare, spero che comunque vogliate continuare a seguirmi. (p.s. eventuali errori sono dovuti alla mia pessima vista, non esitate a segnalarmeli)

 Baci Mattie

  
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