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Autore: VeraNora    27/02/2013    6 recensioni
Mi cimento nel mio primo "What If": Damon lascia Mystic Falls due giorni dopo la scelta di Elena. Lei non è morta, non è diventata vampiro. Lui va via senza dire niente, senza salutare nessuno e nel lasciare quella vita, si ritrova a dover prendere una decisione, come già accaduto nella 2x12 con Jessica. Questa decisione si ripercuoterà sul suo futuro, e 20 anni dopo quella notte, capirà che al destino non si sfugge, mai.
*****************
«Ho avuto 20 anni per pensare ai “forse”, ed ho capito che il destino non si evita. Niente e nessuno avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, niente e nessuno avrebbe potuto evitare di farci trovare qui e ora, così. Nemmeno tu»
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena, Damon/Katherine, Elena/Katherine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A mammaesme,
per la sua disponibilità a supervisionare questo piccolo progetto.
Se si rivelerà essere un buon lavoro, sarà soprattutto grazie a LEI.

 
 
Damon era seduto nel salotto dell’appartamento di Denver in cui si era trasferito da un paio d’anni. Si rigirava il paletto di legno tra le mani mentre pensava al suo passato, 20 anni da quando se lo era lasciato alle spalle: Mystic Falls, Stefan, Elena.
A questo si riducevano i suoi ricordi. Un posto e due persone, le più importanti della sua vita.
Stefan era sicuramente in giro per il mondo, anche lui costretto a lasciare Elena, non avrebbe potuto starle accanto per troppo tempo
ma almeno le è stato accanto
pensò con dolore.
 
Damon era andato via due giorni dopo la fine di quella guerra:  Klaus era mummificato nella sua bara in fondo all’oceano, gli originali spariti ed Alaric chiuso nella cripta ad aspettare che Elena morisse per terminare la sua esistenza.
Con Stefan il patto era che, chiunque Elena avesse scelto, l’altro sarebbe andato via.
Damon lo aveva trovato stupido, ma aveva acconsentito. Quando lei scelse di stare con Stefan, questo si presentò alla porta della stanza di Damon dicendogli che il patto poteva essere revocato
«Ma dai! Ora che lei ha scelto te, ti sei reso conto che in fin dei conti sono tuo fratello?»
gli aveva detto sarcasticamente. Stefan abbozzò qualche scusa, ma a Damon non importava, la verità era che aveva così bisogno d’affetto che avrebbe accettato di fare da testimone di nozze, se questo avesse significato avere ancora la sua famiglia accanto e la possibilità di vedere lei, ogni giorno.
Quello con cui non aveva fatto i conti era il dover vivere all’ombra della loro felicità.
Due giorni dopo la scelta, ed uno dopo la proposta di rimanere di Stefan, Damon era tornato a casa dopo una serata passata a bere da solo al Grill.
Appena messo piede in casa il suo udito da vampiro carpì un suono delizioso: la risata di Elena.
Un sorriso gli si stampò in automatico in faccia, tramutandosi  in smorfia di dolore quando alla risata di lei si sovrappose quella del fratello. I due erano in camera da letto a viversi ed amarsi, mentre lui era lì, sull’uscio, ubriaco, solo. La misura era colma.
Damon salì in camera  e prese le cose essenziali, tornò in macchina ed andò via. Nessun biglietto, nessun addio.
A qualche chilometro fuori da Mystic Falls frenò bruscamente.
Una specie di angoscia lo colse improvvisa. Scese dall’auto e si sentì perso.
 
Era già accaduto, si trovava quasi nelle stesse condizioni. Quella volta aveva dovuto uccidere Rose che si era parata tra lui ed il lupo che lo stava attaccando. Si era sacrificata per lui.
Una donna che lo aveva conosciuto poco e per poco, ma che lo aveva ritenuto meritevole a sufficienza per morire al posto suo. Anche quella sera finì con lui ubriaco e disperato, perso in mezzo alla strada.
Si era sdraiato a terra, in attesa che il mondo smettesse di traballare. Una ragazza si era fermata a soccorrerlo.
 
«Jessica…»
disse Damon ricordando quel volto terrorizzato, e si sdraiò nuovamente a terra.
Jessica aveva pagato con la vita l’essersi preoccupata per lui, uno sconosciuto
«Ne hai fatte fuori due in un giorno, bel record, amico!»
si disse con gli occhi chiusi e le braccia spalancate. Pensò a quella notte di poco tempo prima e si sentì bloccato in un deja-vù. Poi il rumore di una macchina attirò la sua attenzione, aprì gli occhi e vide qualcuno scendere da un pik-up, osservò delle gambe femminili avvicinarsi a lui
«Signore? Sta bene? Le serve un’ambulanza?»
disse una voce gentile. Damon sorrise amaramente
«Come ti chiami?»
le chiese. La donna lo osservò stranita, non ebbe il tempo di rispondere che Damon scattò in piedi sfruttando la sua velocità da vampiro e gli si piazzò davanti
«Lascia stare, non lo voglio sapere. Non ho bisogno di un altro nome da ricordare… perché io voglio solo dimenticare… ci sono già passato, so come va a finire… perdonami, questa volta mi risparmierò lo sfogo esistenziale!»
la donna non ebbe il tempo di realizzare cosa stesse accadendo che Damon si avventò sulla sua carotide e ne succhiò il sangue, che caldo fluì nella sua bocca, scendendo vellutato nella sua gola. Bevve da lei finché non sentì la vita abbandonare quel corpo poi  la lasciò cadere a terra. Si sentì sazio e vuoto al contempo.
Per un secondo la sua mente pensò a cosa avrebbe detto Elena
«Si fotta! Lei ha il suo principe azzurro pronto a non deluderla»
sbottò cercando di convincersi che non gliene importava. Un suono strano attirò la sua attenzione, un vagito… sembrava provenire dal pik-up, si avvicinò lento con il viso sporco di sangue.
Sul sedile posteriore, sveglia e sorridente, c’era una bambina, lo guardava con occhi grandi e privi di quell’ombra che solo il conoscere il mondo dà. Damon si sentì spezzato in due, guardò il corpo esanime della donna che aveva ucciso e di cui non sapeva il nome, ed un dolore inaspettato gli esplose nel petto. La bambina fece un altro verso ed il vampiro tornò a guardarla sconvolto, poi agì senza quasi pensare: prese il seggiolino con dentro la bambina e lo mise in macchina, recuperò il borsone con dentro il necessario per accudirla e partì. Guidò per ore prima che il pianto della piccola lo riportasse alla realtà. Accostò in un’area di servizio e guardò quella creatura quasi come se si fosse materializzata accanto a lui dal nulla. La piccola piangeva, forse aveva fame, Damon recuperò il borsone che aveva preso dall’auto della sua vittima, scese dall’auto e poggiandolo sul cofano si mise a cercare qualcosa di utile: trovò un biberon e due confezioni di latte in polvere. Non ne sapeva assolutamente niente di bambini ed un principio di terrore si impossessò di lui
che diavolo ho fatto?”
Continuò a ripetere nella sua testa mentre cercava di capire come preparare quell’intruglio per placare il pianto sempre più acuto della bambina
«Le sarà difficile preparare quella roba qui»
disse una voce maschile alle sue spalle, Damon si voltò tenendo in mano biberon e latte in polvere
«Cosa?»
chiese ancora lontano da se stesso
«Dicevo… non le sarà possibile preparare quella roba qui per la sua bambina… le conviene usare le pappe pronte, ne avrà in quella borsa no?»
disse un uomo panciuto e con il volto gentile. Poi si avvicinò e Damon continuò a fissarlo intontito.  Lo sconosciuto si mise a cercare nel borsone, rovistò un attimo e tirò fuori degli omogeneizzati, li mise in mano al vampiro e disse:
«Ho dovuto crescere da solo la mia bambina, mia moglie è morta durante il parto… mi sono trovato nella stessa situazione ai tempi… avrei voluto che qualcuno mi dicesse cosa fare»
L’uomo sorrise e si congedò da Damon che riuscì a stento a ricambiare il sorriso. Il vampiro si guardò le mani per un po’, poi la piccola tornò a piangere e lui tornò in sé. Aprì il vasetto di pappa e sperò la piccola non facesse troppe storie, e non ne fece, anzi, si rivelò essere molto collaborativa. Appena finito di mangiare si addormentò. Damon la osservò a lungo, poi disse:
«Se non ti rovino la vita prima, un giorno ti racconterò tutto e tu sarai libera di vendicare tua madre»
La bambina fece una strana smorfia col naso continuando a dormire, il che strappò un sorriso a Damon
«Jessica…»
disse piano il vampiro osservandola
«Ti chiamerò Jessica»
 
Fu così che Damon si ritrovò a fare prima da padre, e poi da fratello maggiore alla piccola.
La crebbe cercando di dare a lei quello che a lui era mancato: amore, fiducia, possibilità.
A causa del suo essere vampiro furono costretti a trasferirsi spesso, ma Jessica non diede mai a vedere di provare dispiacere per quella vita nomade, anzi. Era eccitata da tutti quei cambiamenti ed ogni volta che vedeva Damon sfogliare un atlante chiedeva entusiasta: «Fai scegliere a me dove andare?»
Damon puntualmente le rispondeva di no, che era troppo piccola, e lei metteva il muso per un po’, almeno finché lui non le portava una tazza di latte caldo e dei biscotti.
Inoltre la bambina dimostrò sin da subito di possedere una mente elastica: qualsiasi altro bambino si sarebbe stranito nel vedere il proprio ‘genitore’ non invecchiare mai, avrebbe spifferato la cosa in giro. Jessica no. Fece qualche domanda, certo, ma qualsiasi cosa Damon le dicesse, per lei andava bene. Anche il fatto di averlo sempre chiamato “D” non fu per lei un problema.
Agli amichetti, agli insegnanti, agli altri, ripeteva la storia imparata a memoria: «lui è il mio papà, è un uomo d’affari, ci spostiamo spesso a causa del suo lavoro. La mia mamma è morta di parto, siamo solo io e lui».
Tutti ci credevano e chiunque facesse troppe domande, veniva soggiogato a non avere problemi. Una vita che filò liscia fino a quando non fu il momento di decidere per il college, Damon le lasciò scegliere il posto in cui vivere e quando lei indicò sulla mappa “Denver” a lui quasi scoppiò il cuore.
 
Le aveva parlato vagamente della sua vita a Mystic Falls:  Jessica sapeva solo di avere uno zio in giro per il mondo di nome Stefan.
Di Elena non sapeva nulla, o quasi… era riuscita a scoprire che una donna aveva spezzato il cuore a Damon, ma nient’altro. Di Katherine, invece,  sapeva tutto: il vampiro non si risparmiò nei dettagli, l’unica cosa che le fu omessa era il suo essere la copia spiccicata di Elena… quel particolare Damon lo tenne per sé.
Quando Jessica disse entusiasta: «Denver! Voglio andare a Denver!»
Lui non poté spiegarle perché trasferirsi lì non lo avrebbe reso felice, non poté raccontare della notte in cui, per la prima volta, Elena gli era saltata addosso  accendendolo di una elettricità che strideva con i neon di un motel scassato. Fu costretto ad ingoiare il rospo, ed inoltre si era ripromesso di non permettere al suo passato di rovinare il futuro di Jessica. Così accettò Denver come destinazione, premurandosi di non passare mai nei pressi di quel motel.
 
Dopo due anni in quel posto, con Jessica quasi in odore di laurea, decise che era giunto il momento per lei di sapere e per lui di morire. Attese il ritorno della ragazza pensando a tutto quello che lo aveva condotto lì, cercò di arginare il pensiero di Elena il più a lungo possibile e quando fu sull’orlo del ricordo di loro due insieme, Jessica aprì la porta di casa, scaraventandolo via da quel dolce dolore
«Sono a casa!»
urlò gettando lo zaino per terra
«Hey?»
chiese lei, Damon si schiarì la gola e rispose:
«Sono qui, in salotto»
Dopi pochi istanti, la testa bruna e riccioluta di Jessica, sbucò dal corridoio
«E cosa ci fai lì? Sto morendo di fame! Mangiamo fuori  o mi hai fatto una sorpresa cucinandomi una delle tue specialità?»
fece lei sorridendo sorniona. Damon pensò a quanto le sarebbe mancato tutto questo una volta detta la verità. Anche se Jessica non lo avesse ucciso, sicuramente non avrebbe più voluto vederlo.
«Jess, devo dirti  una cosa»
fece lui calmo, la ragazza inclinò la testa e capì che si trattava di qualcosa di serio, uscì completamente dal corridoio ed avanzò nel salotto
«Tutto bene D?»
Damon provò a sorridere, ma riuscì solo a fare una smorfia. Lui a cui non erano mai mancate le parole, tranne in rarissime occasioni che riguardavano una certa doppleganger, si ritrovò a non sapere come iniziare. Ci pensò attentamente e tutto quello che riuscì a dire fu:
«Hai presente quel che ti dico sempre?»
«Non importa quanto ti sembra fantastico, è sicuramente un imbecille?»
fece lei incrociando le braccia sul petto
«L’altra cosa…»
disse il vampiro riuscendo a sorridere davvero
«Uhm… hanno tutti 15 anni quando si tratta di donne?»
«Aaaah… sono serio… la cosa che ti dico sempre… quella seria…»
disse lui sentendo la tensione salirgli in gola, Jessica lo guardò, lasciò cadere le braccia lungo il corpo e disse
«D, non serve…»
Damon si mise dritto sulla sedia
«Sì, serve… è il momento»
Jessica indicò il paletto che lui stringeva tra le mani
«A cosa dovrebbe servire quello?»
chiese, il vampiro abbassò lo sguardo sull’oggetto e riguardandola rispose:
«Potresti volerlo usare dopo che ti avrò detto la verità»
Jessica sollevò la testa ed espirò
«Credo mi siederò sul divano allora»
disse sedendosi, poi poggiò i gomiti sulle gambe e fissò Damon con i suoi enormi occhi verdi
«Allora? Dimmi tutto»
lo incitò. Il vampiro prese coraggio ed iniziò:
«Saprai che c’è stato un periodo della mia vita di cui non parlo volentieri… e che in quel periodo è successo qualcosa… qualcosa che mi ha portato a fare tante cose buone, ma altrettante brutte…»
Jessica lo fissò in silenzio, lui continuò:
«Ecco... una sera... la sera che decisi di andare via… non ero in ottima forma e quando non sono in ottima forma faccio cose stupide… quella volta ho fatto una cosa orribilmente stupida… io… io ho… »
«Hai aggredito mia madre uccidendola,  e  poi hai rapito me che dormivo nel mio seggiolino sul sedile posteriore del pik-up?»
lo interruppe lei. Damon si sentì gelare, spalancò la bocca senza riuscire a dire nulla, provò ad articolare un pensiero ma riuscì soltanto a fissarla, poi finalmente riuscì a sputare fuori qualcosa:
«C-come… quando…»
«Come lo so? Beh, internet è fantastico! Puoi scoprire di tutto se sai come usarlo… ed io lo so usare benissimo! Quando? Direi quattro anni fa, una sera di particolare noia mentre tu ti ubriacavi al piano di sopra…»
Damon continuò a guardarla sbalordito, Jessica sorrise e continuò:
«Sul serio pensavi avrei aspettato che tu mi ritenessi pronta per sapere la verità? Tu che mi hai ritenuto grande abbastanza da poter scegliere il posto in cui vivere solo quando ho compiuto 18 anni, e solo perché la scelta del College spettava a me? Andiamo Damon, mi hai cresciuta molto più furba di così»
Il vampiro continuò a tacere pensando ai quattro anni in cui lei non si era mossa dal suo fianco nonostante sapesse la verità, Jessica proseguì:
«Così ho preso il computer, ho cercato notizie interessanti di quel periodo ed ho trovato una storia molto particolare: estate 2010 “Tragedia sulla route 126, alle porte di Mystic Falls - donna aggredita e bambina scomparsa” e si parlava di questa povera donna, Ally Jane Smith, uccisa da qualcuno o da una bestia, non sono mai riusciti a capirlo, e della sua bambina, Rose Lea Smith: 11 mesi, occhi verdi, scomparsa nel nulla. Tu sei scappato da Mystic Falls quell’estate e sei un vampiro. Ho fatto due più due e… »
«E non mi hai detto niente…»
disse Damon con un filo di voce
«Cosa avrei dovuto dirti? “Hey Damon, per caso hai ammazzato la mia madre biologica e mi hai rapita?” Andiamo!»
«E non mi odi? Non vuoi vendetta?»
Jessica sospirò, si poggiò contro lo schienale del divano e guardò il soffitto
«Non lo so se ti ho odiato… forse sì, appena l’ho scoperto, appena l’ho capito… ma, mentre una parte di me moriva dalla voglia di venire da te ed urlarti contro, l’altra non riusciva a capire perché avrei dovuto farlo. Hai ucciso una donna di cui non ho ricordi e non mi hai mai fatto mancare niente…  sei sempre stato onesto con me, non mi hai mai mentito e quando ti chiedevo di mia madre mi hai sempre detto che un giorno mi avresti detto la verità… ed è stato così, o meglio, sarebbe stato così, a prescindere dall’averlo scoperto da sola. Insomma, non so perché, ma non ho ritenuto necessario avercela con te, sei l’unica famiglia che ho, l’unica famiglia che conosco. A che pro odiarti? Ucciderti? L’unica cosa che non so, che non ho scoperto, è perché lo hai fatto… quella è l’unica parte della tua vita che mi hai sempre taciuto. Ecco! Questo voglio sapere, cosa ti ha spinto a fare quello che hai fatto quella notte… ma so che non ne vuoi parlare, so che una donna ti ha spezzato il cuore… per questo non insisto, ma è l’unica cosa che vorrei sapere»
Damon l’ascoltò in religioso silenzio e pesò ogni sua parola come se da ognuna dipendesse il loro destino… ed era così in un certo senso. Jessica voleva sapere qualcosa che lui tentava, senza riuscire, di dimenticare.
«Tutto qui? Vuoi solo sapere cosa mi è successo? Non vuoi spezzarmi un braccio, tagliami un dito… ficcarmi questo paletto almeno nello stomaco? Io ti ho privato della tua vita!»
esclamò lui ancora un po’ confuso da quella situazione surreale
«Au contraire, D! Me ne hai regalata una ricca, piena di avventure! Voglio dire, ho fatto più cose io in soli 20 anni di vita che tutti quei professori vecchi e smunti che si ostinano a volerne sapere più di me!»
Damon le lanciò un’occhiataccia
«Non posso credere tu stia prendendo il discorso proprio ora. Non lascerai il college, non a meno di un anno dalla laurea!»
Jessica sbuffò
«Ci ho provato!»
disse guardandolo con un espressione di falsa ingenuità così tipica di Damon
«E non ci sei riuscita, nemmeno questa volta… ma… sul serio, non sei arrabbiata neanche un po’?»
Insisté lui un’ultima volta
«Perché dovrei esserlo? Me lo hai insegnato tu che non ha senso piangere sul latte versato… cosa dovrei rimpiangere? Una vita che non so come sarebbe stata? Una famiglia che non ho idea di cosa avrebbe potuto offrirmi? Non sono arrabbiata… però…»
«Ti racconterò tutto, prima o poi… ma non ora… te lo prometto»
la interruppe lui, pensando che quell’ultima obiezione fosse riferita a quel discorso, ma Jessica lo spiazzò di nuovo:
«No, no. Lo so che mi dirai tutto prima o poi… non è quello… volevo solo proporti una cosa»
Damon la fissò curioso
«Così, per curiosità… mi sono messa a cercare tutti i parenti che ho… da quelli che non hanno mai smesso di cercarmi a quelli che non sanno nemmeno che esisto e…»
«E?»
la incalzò lui
«E sono sparsi qua e là… e vorrei conoscerli, non dico di presentarmi  tipo “piacere, sono Jessica ma voi potreste pensare a me come la piccola Rose Lea”, no… però vorrei andare in giro a conoscerli, vederli, sapere come sono fatti»
«Certo… se è quello che vuoi…»
fece lui con una nota di tristezza. Era pronto a morire per mano sua ed ora non riusciva ad accettare l’idea di vederla andare via, ma Jessica non aveva finito di sorprenderlo:
«Non capisci… io voglio tu venga con me! Voglio fare un viaggio! Voglio andare a trovare  quello che abita più lontano ed arrivare a…»
Jessica  ingoiò il resto della frase mentre Damon la guardava avido
«Continua, ti prego»
disse quando il silenzio di lei si prolungò. La ragazza sembrò dosare le parole; poi, finalmente, disse:
«Damon… mia zia, la sorella di mia madre, e mio padre, quelli che ancora vanno in giro con ricostruzioni al computer della mia faccia come potrebbe essere ora… abitano a Mystic Falls»
Damon deglutì
«Ascolta, hai detto tu che mi avresti raccontato tutto, no? Sei stato tu a dirmi che, prima o poi, lo avresti fatto… bene! È giunto il momento! Partiamo dai parenti che abitano più lontano e, durante i viaggi, mi racconterai tutto quel che c’è da sapere. per quando dovremo andare a Mystic Falls, tu avrai esternato la tua storia e magari capirai che non hai più nulla da temere, no? Ed io avrò conosciuto tutta la mia famiglia, compreso te»
Il vampiro valutò la proposta e, benché sentisse un dolore fisico al solo sentir nominare il luogo da cui era scappato, provò anche una forte voglia di fare quel viaggio con lei. Per la prima volta, da 20 anni, ebbe sul serio voglia di raccontarle tutto.
Forse aveva ragione lei, magari raccontando, a distanza di anni, si sarebbe reso conto che era più la paura dei ricordi a fargli male che non i ricordi stessi.  
Jessica vide il suo volto cambiare espressione e capì di averlo convinto, prima ancora che lui dicesse  sì o no, si alzò saltando dal divano e si mise ad esultare, Damon la placò subito:
«Prima ti laurei! Poi partiremo!»
Jessica si bloccò dal suo saltellare e le braccia, tese in aria in segno di vittoria, caddero penzoloni lungo i fianchi
«Ma…»
iniziò ad obiettare lei, Damon si alzò gettando il paletto sul tavolo:
«Niente ma. Si fa così e basta»
Poi si diresse verso l’uscita
«Dove stai andando?»
chiese lei
«Stavi morendo di fame no?»
rispose lui facendole un sorriso storto, poi aggiunse:
«Andiamo a pranzo fuori, e prima di tornare a casa ci fermiamo a comprare gli ingredienti per il chili… stasera festeggiamo»
E le sorrise, Jessica rispose al sorriso e lo seguì.

 

                  disegno By Chiara Zappia
   
 
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