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Autore: Maya89    27/02/2013    5 recensioni
Piccola One shot sul triangolo Efesto- Afrodite- Ares, che riprende il mito del tradimento e della rete d'oro.
Dal testo:
"Era la sua musa, la sua bellezza non poteva che essere la sua ispiratrice.
Purtroppo, però, essa sarebbe stata anche la sua rovina. L’aveva sempre saputo. Era consapevole che la sua natura sensuale l’avrebbe spinta tra le cosce di un dio più avvenente, se il padre Zeus non avesse combinato il loro matrimonio."
Scritta per il  contest "Sul Monte Olimpo - Contest dell'antichità" di EndlessBlue, in cui ha vinto il terzo premio.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Efesto, il Dio del fuoco, si asciugò la fronte bagnata dal sudore e ammirò la perfezione delle frecce appena forgiate. Apollo sarebbe stato soddisfatto, come al solito.
La fucina era la sua vita, e Dei se era bravo! Tutti i suoi fratelli gli chiedevano aiuto, quando si trattava di fabbricare qualcosa. Anche la sua sposa, la bellissima Afrodite, portava una cintura creata da lui.
Era la sua musa, la sua bellezza non poteva che essere la sua ispiratrice.
Purtroppo, però, essa sarebbe stata anche la sua rovina. L’aveva sempre saputo. Era consapevole che la sua natura sensuale l’avrebbe spinta tra le cosce di un dio più avvenente, se il padre Zeus non avesse combinato il loro matrimonio. Lei era così bella, così ammaliante. Lui, invece? Un fabbro storpio e zoppo.
Era stato bandito dall’Olimpo fin da piccolo, a causa del suo aspetto ripugnante. Una volta tornato, per volere della madre Era, aveva ricevuto in sposa la dea della bellezza.
Ma lei non era felice, questo lo sapeva bene. Non pensava, però, che sarebbe arrivata a condividere il letto con un altro uomo. Il loro letto.
Eppure era successo.
Quando Helios lo aveva informato, tempo prima, di averla vista avvinghiata al fratello Ares nel loro talamo, aveva perso le staffe e aveva distrutto metà del suo laboratorio. Solo dopo aver smaltito la rabbia degna di un dio, aveva iniziato a pensare alla vendetta.
Oh, dolci Erinni. Voi, che fate della vendetta la vostra vita, cosa proponete di fare?
La sua supplica probabilmente arrivò alle orecchie delle tre sorelle, perché un’idea aveva subito preso forma nella sua mente. Come i pesci che si impigliano nelle reti dei pescatori, così i due traditori sarebbero stati fermati.
Aveva lavorato giorni interi per fabbricare una rete dorata, perfetta e diabolica, da piazzare nella sua camera da letto. Con il sudore che scendeva sulla schiena e le mani che dolevano, aveva continuato ininterrottamente nella sua impresa. Nulla poteva distoglierlo dal suo intento.
Nulla sarebbe stato più importante della vergogna, scolpita sul viso dei due amanti colti in fragrante.
Con questo pensiero, che gli fece affiorare un macabro sorriso sul viso stanco, si diresse alla casa che condivideva con la meretrice.
Presto, presto sarà tutto finito. La voce di Tisifone “la vendicatrice” gli risuonò nella testa, come la risata gioiosa di un bambino. Efesto chinò la testa, come muto ringraziamento alla Dea che lo accompagnava nella sua vendetta.
In attesa, fuori dalla porta che conduceva alla stanza da letto, il Dio del fuoco strinse la presa sul bastone che portava sempre con sé. Sentiva la voce appassionata della moglie, le parole infuocate che Ares le lanciava, il rumore delle vesti che cadevano sull’immacolato pavimento bianco.
Presto si sarebbero avvicinati al letto e la rete li avrebbe bloccati sul posto.
Pregustando la scena, Efesto si perse nei suoi pensieri e non sentì il meccanismo che si azionava e le pesanti maglie che aderivano ai corpi nudi. Fu l’urlo scioccato della moglie a riportarlo al presente.
Stringendo la presa sulla sua arma sfondò la porta, che si aprì come se fosse fatta di candide nuvole.
L’evidenza lo colpì come uno dei fulmini di Zeus, diretto e letale: sua moglie, nuda, che cavalcava Ares.
Lui era bellissimo e possente, proprio come doveva essere il Dio della guerra, ma aveva messo le mani su qualcosa che non gli apparteneva.
Avrebbe voluto ucciderlo.
No, prima l’avrebbe costretto a guardare mentre si accaniva su Afrodite. Solo dopo gli avrebbe fornito un biglietto per l’Ade.
Purtroppo, però, era un immortale.
Niente viaggio negli Inferi, per il porco schifoso.
Sopraffatto dall’impotenza, Efesto si lasciò scivolare lungo la parete di fronte al letto, sotto gli sguardi allarmati dei due amanti.
Cosa pensavo di fare? Nulla potrà ridarmi ciò che ho perso… Il triste pensiero della sconfitta si fece largo nella sua mente, lasciandolo stremato e debole.
Non puoi fermarti, Efesto. Lei ti ha tradito. Lui ti ha ingannato. Tisifone non se n’era mai andata, era ancora nella sua testa.  A consolarlo, a incitarlo.
Hai ragione, mia Dea. Ma cosa posso fare? Sono solo un Dio storpio, buono solo a forgiare.
E’ tuo diritto vendicarti dell’offesa con l’offesa. Esci dalla tua casa, urla a tutti il suo tradimento, fai in modo che tutti vedano l’infedeltà della tua sposa.
Efesto fissò i due amanti e una nuova ondata di rabbia e disgusto gli infuocò lo sguardo, scuotendogli di dosso il torpore che lo aveva avvolto. Si alzò sulle gambe non più malferme, ma rinvigorite dalla sete di vendetta che pensava essersi dileguata. Era lì, invece, sepolta sotto sensi di colpa che non doveva provare. Era lei ad aver sbagliato, lui le era stato fedele.
Uscendo di gran lena, percorse l’Olimpo zoppicando e sbraitando.
«La mia musa è una gran baldracca! Accorrete, Dei dell’Olimpo, e ammirate la mia sposa che stringe tra le cosce mio fratello Ares!»
Continuò così in lungo e in largo, conducendo gli Dei alla sua casa. Una gran folla si radunò nella sua camera da letto, anche se nessuna Dea prese parte allo spettacolo, forse per pudore, forse per paura di essere la prossima.
Non erano poi tanto diversi dai mortali di cui si facevo beffe. Anche gli Dei avevano vizi e difetti, amavano e odiavano come gli uomini. Litigavano, si vendicavano, tradivano.
Provò piacere nell’assistere all’umiliazione pubblica della sua sposa e del suo amante. Nulla gli era mai sembrato più giusto e adeguato.
In quel momento, riuscì a perdonare la madre Era per averlo abbandonato. Anche lei era stata costretta a punire le amanti del marito. E si sapeva, Zeus amava infilarsi nelle lenzuola di numerose donne. Non importava se fossero mortali o meno. Eco, Callisto, Io… Erano troppe per essere nominate.
Ciò che era davvero importante, però, è che la vendetta era arrivata per tutte, alla fine.
Anche per la sua sposa infedele.




NdA:
Ciao a tutti! Questo è il mio primo esperimento epico, per cui non linciatemi...
Ho poco da dire sulla storia, poichè è una sorta di missing moment del mito di Efesto e Afrodite.
E' arrivata terza al contest di EndlessBlue "Sul Monte Olimpo - Contest dell'antichità", traendo ispirazione dalla frase " La mia musa è una gran baldracca" (Andrea Mucciolo).
Penso di aver detto tutto ;)
A presto!
   
 
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