Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _Pocahontas_    28/02/2013    3 recensioni
Allyson è una scrittricedi trent'anni.
Dave, il ragazzo che stava per sposare, l'ha piantata alcuni giorni prima del loro matrimonio; nonostante la delusione e la rabbia che Allyson prova verso il ragazzo, i sentimenti positivi che per lui provava, non sono scemati.
I due sono costretti a vedersi ai pranzi e durante le feste organizzate dalla madre di Allyson, che segretamente, ancora spera in un ritorno di fiamma dei due.
Ma se un giorno Dave si presentasse a casa con un'altra ragazza?
E se Allyson si riscoprisse desiderosa di volerlo riconquistare?
E se ad aiutarla ci fosse un affascinate quanto irritante vicino di casa?
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il tempo mi è nemico.
Lui scorre, veloce, i secondi passano e poi i minuti, le ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni.
Tu credi di averne ancora e non ti rendi conto che sfugge e che i momenti che hai perso non possono essere recuperati.
Odio il tempo, è sempre troppo poco, anche quando sembra non passare mai.
 
Ho iniziato a pensare al mio futuro intorno alle scuole medie quando la professoressa Wilson, insegnante di italiano, ci diede un tema da svolgere a casa, dal titolo:
"Come immagini la tua vita tra una quindicina d'anni?"
All'epoca, sognavo di diventare medico, di avere una bella casa con il giardino, due bambini biondi, un maschio e una femminuccia e un marito che mi baciava la sera tornando a casa da lavoro.
Con il tempo e alla veneranda età di trent'anni, ho scoperto che niente di quello che programmi si realizza.
I sogni costano fatica e molte volte la vita ti costringe a metterli da parte.
Spazzolo i capelli bruni abbandonando i pensieri negativi che vorticano nella testa senza limiti e censure; sono in ritardo, un ritardo fottuto!
Questa volta la mamma non avrà pietà!
Sbuffo guardando il mio riflesso nello specchio appannato dal vapore del bagno; i miei capelli assomigliano a una balla di fieno scura, cadono lunghi e scomposti lungo le spalle fino alla base della schiena, senza alcuna forma.
Dovrei tagliarli.
Inspiro profondamente e persa ogni speranza di rendere quanto meno decente la parrucca di lana che mi ritrovo in testa, abbandono la spazzola sul marmo nero del lavandino.
Come ogni domenica, mi trovo costretta a prendere parte ad un pranzo di famiglia con i miei genitori e parenti al seguito.
Un vero strazio.
Potrebbe andare peggio di così?
La risposta è sì!
Essendo un caro amico di famiglia, Dave, il figlio della migliore amica storica di mia madre nonché mio ex ragazzo, sarà presente.
Sono passati sei mesi, venticinque giorni, due ore, diciassette minuti e quindici secondi da quando ci siamo lasciati o meglio, da quando mi ha mollata qualche giorno prima del matrimonio con la patetica scusa che non si sentiva pronto, che per lui era troppo.
Quando lo chiamano tempismo!
Mi ha abbandonata insieme ad un vestito troppo caro e una serie infinita di invitati da avvisare.
Insieme ad un’ondata di sentimenti diversi da gestire, che non hanno trovato ancora posto e mi sono rimasti nel cuore.
Indosso una camicia bianca, un maglioncino color crema e un paio di pantaloni neri dal taglio classico. Raccolgo i capelli in una coda alta e mi dedico al trucco.
Terminate le operazioni di restauro, ammiro soddisfatta il risultato allo specchio; la mia pelle dall’incarnato olivastro è leggermente coperta da uno strato di fondotinta, gli occhi neri sono ricoperti da una sottile linea di matita nera e le labbra carnose da un lucidalabbra alla pesca.
Sorrido.
Esco dal bagno e corro a recuperare il cappotto nero malamente lasciato sulla sedia in sala da pranzo, lo indosso, afferro la borsa dal tavolo e controllo che cellulare e chiavi di casa e dell’auto siano al suo interno, impresa alquanto ardua vista la vasta quantità di buchi di cui è dotata; più che una borsa, all’interno, è simile ad un groviera!
Devo comprarne delle nuove e sperare che non si rompano subito come le altre.
Rassegnata e leggermente irritata mi precipito fuori casa sperando e pregando di aver già ricevuto la mia sana dose di disgrazie per questa mattina, speranza che so già essere inutile. Traffico con le mani nella borsa andando alla ricerca delle chiavi perdute e troppo impegnata nella mia missione non mi accorgo dell’individuo alto un metro e ottantacinque, dalle spalle larghe, il sorriso smagliante, gli occhi verde oliva e la folta capigliatura bruna perennemente scomposta, che mi fissa divertito dal penultimo scalino che lo separa dal mio pianerottolo.
-Ciao ranocchietta, scappi da mamma e papà anche questa mattina? –
Ethan è il mio fastidioso, irritante e affascinante vicino di casa da due mesi a questa parte; non abbiamo un gran rapporto di amicizia, ci limitiamo a scannarci tutte le volte che ci incontriamo per le scale. La colpa? Sua, naturalmente!
Per un breve periodo, molto breve a dir la verità, ho creduto di esserne profondamente affascinata, poi ha aperto la bocca e ha rovinato tutto.
Non solo è irritante come un’ortica nel sedere ma conduce uno stile di vita sessuale dalla dubbia moralità!
Tuttavia, anche lui ha un lato positivo: sua sorella.
Abby, è una ragazza deliziosa, piena di entusiasmo e vitalità; l’ho conosciuta il giorno stesso in cui mi sono trasferita in questo palazzo, lo stesso giorno in cui sono scappata da casa dei miei in cui mi ero precedentemente rifugiata dopo la rottura con Dave. Aveva bussato alla mia porta con la scusa di chiedermi un po’ di sale, abbiamo chiacchierato, mi ha fatto alcune domande, mi è sembrata subito invadente ma anche deliziosa nella sua curiosità, mi è piaciuta da subito e siamo diventate grandi amiche nonostante per un mese intero abbia cercato di farmi frequentare suo fratello Ethan, troppo entusiasta all’idea di imparentarci.
Sorrido sarcastica alzando per pochi secondi lo sguardo verso di lui prima di ritornare con gli occhi sulla borsa.
-Come mai così mattiniero? Ieri sera hai fatto cilecca e sei andato a dormire presto?!-
Sorride sghembo storcendo il naso in una smorfia infastidita.
Ah, l’ego maschile!
-Non ho di questi problemi, dovresti saperlo ormai-
Le mie labbra si piegano in una smorfia disgustata.
-Già, un giorno di questi chiamerò la polizia per i tuoi rumori molesti in piena notte. Potresti trovarti amanti silenziose d’ora in avanti?!-
Si avvicina, lo sento alle mie spalle.
-Vuoi forse offrirti volontaria? –
Soffia nel mio orecchio con voce roca procurandomi dei brividi.
Mi giro guardandolo con disgusto.
-Piuttosto che venire a letto con te preferisco non farlo mai più con nessuno! –
Una sua mano mi accarezza la guancia, quasi con dolcezza, si china verso di me ed i suoi occhi oscillano dai miei alle mie labbra.
“Fermalo, fermalo!”
Ad un passo dalla mia bocca, slitta sfiorandomi la pelle con la sua guancia ispida.
-Non lo fai già ranocchietta? –
Sussurra.
Sorride guardandomi con gli occhi accesi di scherno, volta le spalle e se ne va.
Posso respirare di nuovo.
Nonostante non sia affatto il mio tipo ideale, nonostante il suo carattere così insopportabile, ogni volta che mi è così vicino, le mie gambe tremano, il respiro si spezza e il cuore aumenta i suoi battiti.
Che seccatura!
Finalmente trovo le chiavi, si erano infiltrate all’interno di un buco striminzito nascosto dalla trousse dalla forma improbabile che mi ha regalato mia madre per il mio trentesimo compleanno, la porto sempre con me, non che la usi poi molto, ma non voglio essere colta in fallo da lei.
Potrebbe offendersi terribilmente.
Chiudo a chiave la porta chiedendomi mentalmente se ho lasciato da mangiare al cane, interrogativo che ha breve vita nella mia testa, scompare non appena i miei occhi incontrano per puro caso il quadrante dell’orologio che porto al polso, sempre un regalo di mia madre per ricordarmi di non fare tardi. Non è servito a granché!
Ripongo le chiavi nella borsa e mi precipito già dalle scale attenta a non cadere visti i tacchi alti.
Che giornata di merda!
 
Il tragitto per arrivare a casa di mia madre è lungo ma a me sembra infinitamente breve; l’ansia mi attanaglia lo stomaco, il cuore pulsa dolorosamente man mano che mi avvicino e una piccola vocina nella mia testa mi ricorda che tra poco lo rivedrò di nuovo.
Cuore e cervello mandano segnali opposti, come sempre, come per tutti; il cuore fa male, ma lo sento bruciare di desiderio, lui è vicino, la sua vicinanza mi piace. Il cervello mi ricorda di quanto sia stato incredibilmente stronzo mandandomi brevi ricordi su lui che mi lascia, su di me che scappo a casa dei miei, dei giorni passati chiusi nella mia stanza tra un mare di fazzoletti bagnati e una valanga di biscotti al cioccolato.
Posteggio, scendo dalla macchina, recupero le chiavi, chiudo lo sportello dell’auto.
I miei gesti sono meccanici, le orecchie fischiano e la testa è in palla.
Succede sempre, ogni volta che sono qui e so che lui è a pochi passi da me.
L’amore fa schifo, l’amore fa male.
Eppure mi piace la sensazione che dà.
Salgo le scale, mi fermo sul pianerottolo di casa, respiro profondamente, suono e il mio cuore si ferma in attesa che il mio inferno si apra e mi accolga tra le fiamme.
Il viso irritato di mia madre fa capolino da dietro la porta color mogano, mi guarda arrabbiata arcuando un sopracciglio e distorcendo le labbra in una smorfia frustrata.
-Alla buon ora! Siamo già tutti a tavola! -
Sorrido a mo’ di scuse mentre sento il cuore farsi più pesante: lui è qui, è così vicino, lo sento.
-Scusa mamma –
Mormoro colpevole sentendomi ancora una bambina colta in fallo con le mani nella cioccolata.
Spalanca la porta spostandosi di lato per permettermi di entrare, non dice nulla ma la sua espressione parla per lei.
Entro chiudendo la porta alle mie spalle e seguo mia madre che ha già preso il volo verso la stanza da pranzo.
-Finalmente è arrivata! –
Annuncia entrando in sala seguita da me.
Tutti, a turno, si alzano per venirmi a salutare; papà mi bacia le guance guardandomi con rimprovero e rassegnazione, Julia, la mamma di Dave, mi abbraccia e nel suo sguardo posso ancora leggere il rammarico per quello che è successo, suo marito, Matt, mi scompiglia i capelli in modo affettuoso sorridendomi con tenerezza, poi è il suo turno, mi guarda da sotto le lunghe ciglia incantandomi con i suoi occhi scuri, sorride mesto, impacciato, come me.
-Ciao –
Mormora.
-Ciao –
Sussurro ancora frastornata fingendo un sorriso.
-Come stai? –
“Male, razza di cretino!”
-Bene grazie, tu? –
Mento.
Sorride e fa per parlare ma la voce di una ragazza appena entrata nella stanza lo interrompe.
-Amore-
Si gira verso di lei lanciandomi qualche occhiata di sottecchi.
-Amore-
La afferra per i fianchi spingendola verso di sé per poi darle un casto bacio sulla fronte.
Lei mi guarda, gli occhi azzurri troppo grandi rispetto al viso piccolo, il corpo minuto, le labbra rosse e lucide dal rossetto troppo scuro per il suo incarnato pallido, l’espressione sorridente.
Io rimango impietrita, il fiato si spezza, il cuore si placa, la mente si svuota.
-Lei e Mary, la mia nuova ragazza –
Sorride incerto osservando la mia reazione.
Mi schiarisco la gola e mostro il mio sorriso finto più convincente, troppo orgogliosa per mostrare i miei sentimenti reali, troppo spaventata dall’apparire debole, troppo ferita per mostrare come mi sento davvero.
-Piacere Mary, io sono Allyson-
Mi sorride mostrando una fila di denti piccoli e bianchi.
-Piacere mio Allyson –
Sorridiamo, come fossimo davvero entusiaste di esserci conosciute, come se la sua gioia non nascondesse la sua gelosia, come se non stesse marcando il territorio, come se io non stessi soffrendo, ancora una volta.
 

 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Pocahontas_