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Autore: StillAnotherBrokenDream    01/03/2013    1 recensioni
Emma non avrebbe mai immaginato di arrivare a quel punto, ma non poteva fare altrimenti. Aveva bisogno di soldi e quell'uomo era l'unico che poteva darglieli. Poco importava che fosse un usuraio, doveva mettere i propri principi da parte. E anche il proprio orgoglio.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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N.d.A. Non ho idea di dove questa storia andrà a parare, non so nemmeno in realtà se la continuerò, ma è un pensiero che ho da qualche mese e vorrei provare a inseguirlo. Spero che qualcuno lo insegua con me. Ogni riferimento a fatti, persone o situazioni reali, è puramente casuale, tutto frutto della mia mente.

NB: il rating potrebbe cambiare...


 

 

 

Prologo

 

 

 

 

Quando finì di leggere i resoconti del contabile, Emma richiuse la cartella di pelle nera lentamente, come se avesse paura di romperla. O di svegliare il mostro che dormiva in essa.

Dio santo.

L'azienda era in rosso, non c'erano soldi a sufficienza per pagare gli operai. Avrebbe dovuto licenziare delle persone, mandare in rovina delle famiglie. Suo padre non l'avrebbe mai permesso, com'era potuto capitare a lei?

“Signora, sta bene?”

La voce di Claude le arrivò ovattata, come se le parlasse attraverso una porta. “Signora Stan?”

Emma trasse un respiro profondo e annuì. “Sì Claude, va tutto bene.”

No, andava tutto male. La Stan&Co, l'azienda di produzione ceramiche che suo padre aveva creato dal nulla quarant'anni prima, era sul lastrico.

Forse aveva ragione suo padre, forse impuntarsi sulla tipologia di ceramiche era stata una stronzata immensa!

Perchè l'aveva fatto? Perchè insistere sull'aggiunta delle figure? Riproduzioni di opere d'arte famose, opere di artisti emergenti, tutte prodotte in serie, per gli amanti dell'arte!

Peccato che su centinaia e centinaia di pezzi, ne era stati ordinate poche decine.

“Vada pure” disse all'anziano uomo che continuava ad osservarla preoccupato. “Ora...ora penserò sul da farsi e poi le farò sapere. Grazie.”

Claude accennò un sorriso. “Va bene. E per qualunque cosa non esiti a chiamarmi.”

Ora le dava del lei per esigenze lavorative, ma lui quella donna bella e triste l'aveva tenuta sulle ginocchia da piccola. L'aveva vista crescere e diventare adulta, e prendere le redini in mano di quell'azienda dopo la morte improvvisa del padre. E saperla e vederla in difficoltà gli faceva male al cuore.

Povera ragazza mia, pensò tra se mentre con discrezione, la lasciava ai suoi pensieri.

Emma Stan era in guai seri, e non importava come ci si fosse cacciata. Doveva uscirne e aveva maledettamente bisogno di soldi.

Non c'erano solo gli stipendi degli operai, ben centodieci, ma doveva pagare i fornitori, e i collaboratori esterni, e i pubblicitari, e tutti quelli che le ruotavano attorno e aspettavano i loro compensi, meritati o meno.

Si massaggiò la fronte e si passò una mano nei folti capelli castani. Doveva trovare dei soldi, subito. Nessuna banca le avrebbe concesso un prestito, non forniva nessuna garanzia a parte la propria casa. E quella era già ipotecata per via di quel prestito che aveva chiesto solo sei mesi prima, alle prime avvisaglie di crisi.

Aveva bisogno di soldi ma non poteva chiederli ad una banca. Restava una sola opzione: lui.

“Merda!” imprecò con rabbia, serrando i pugni fino quasi a ferirsi i palmi con le unghie.

Chiedere soldi a quell'uomo era un suicidio in piena regola, un'idea che solo il giorno prima le sarebbe sembrato a dir poco scellerato.

Robert Black era un usuraio. Ovviamente non in modo esplicito, nessuno stamperebbe biglietti da visita con su scritto “usuraio” anche se il suo mestiere è quello.

Sui biglietti di Black c'era scritto “Avvocato”, ma nessuno l'aveva mai visto in tribunale, né aveva uno studio legale. Robert Black era ricco, molto ricco e nessuno sapeva come aveva fatto a diventarlo, ma stava di fatto che ad un certo punto aveva iniziato a prestare denaro a chi ne aveva bisogno, e a volerlo indietro con interessi importanti.

Con tutta probabilità si era ritrovato a fare lo strozzino per caso, non aveva certo studiato legge per poi finire a prestare soldi a strozzo, ma indubbiamente gli piaceva farlo.

Forse lo prendeva più come un divertimento, che come un lavoro. Dopotutto lui era già ricco.

“No...cosa sto pensando? Non posso andare da lui, maledizione. Mi rovinerà del tutto!” si disperò Emma, sul punto di piangere.

A trentacinque anni si ritrovava già fallita, e costretta a chiedere aiuto ad uno strozzino pur di poter pagare i conti. Non era giusto, non era questo ciò che aveva immaginato.

Guardò la foto di suo padre, morto sei anni prima. Prese la cornice in mano e ne accarezzò i bordi.

Lei e suo padre si somigliavano molto, sia nel fisico che nel carattere. Testardi, orgogliosi, intraprendenti. Avventati.

Sì, era stata avventata molte volte in quegli anni, investendo anche dei soldi in titoli che poi si erano rivelati un disastro. Ma si era sempre ripresa, era riuscita a rimanere a galla. Ora però era diverso, la marea era troppo alta e non ci riusciva. Doveva chiedere aiuto, anche se la terrorizzava.

Robert Black prestava soldi a chiunque, non era per nulla amato ma era temuto. Non sapeva cosa facesse a chi non pagava i propri debiti, anche perchè che lei sapesse, nessuno aveva ancora estinto i propri debiti. Prestiti vitalizi, in pratica. I malcapitati doveva pagare per il resto della loro vita, da quello che le era stato raccontato.

E ora lei pensava di cacciarsi nello stesso guaio. Ma era molto meglio dovere dei soldi per tutta la vita ad un usuraio come Black, piuttosto che non pagare tutta quella gente che aspettava soldi da lei.

Sì, era l'unica cosa da fare: chiedere un prestito a quell'uomo.

Deglutì come a voler mandare giù un boccone amaro e drizzando la schiena, raggiunse l'appendiabiti per prendere il proprio cappotto. Ora che la decisione era presa, doveva farlo al più presto. Prima rimetteva in piedi l'azienda, prima avrebbe iniziato a pagare.

Magari Black avrebbe tenuto conto di chi era lei, di chi era suo padre e dell'importanza che la loro azienda rivestiva in quella città da quattro decenni, e non avrebbe preteso troppo e subito.

E sopratutto, avrebbe mantenuto il necessario riserbo. Aveva il terrore che si sapesse, che la gente sapesse che non era stata in grado di preservare l'opera di suo padre Arthur, l'uomo che aveva risollevato l'economia di quella cittadina inglese ancora un po' arretrata, dando lavoro a centinaia di persone, a volte a più generazioni di persone. Nessuno doveva saperlo, doveva essere una clausola del loro contratto. O accordo. O qualunque cosa sarebbe stato.

“Sta uscendo, signora?” le domandò Lara, la segretaria.

“Sì, torno tra un paio d'ore. Se mi cercano, dì che sono uscita per delle commissioni personali, per favore” le disse seria, mentre si sistemava il cappotto abbottonandolo per bene.

Faceva molto freddo, ma era un freddo che veniva da dentro.

Aveva paura, ma non aveva altra scelta.

   
 
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