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Autore: Alex_J    03/03/2013    1 recensioni
Au ispirata a un photoset trovato vagando per tumblr. Una sola parola: Anastasia.
-Consideralo come una promessa-sussurrò dolcemente la nonna, scompigliandogli lievemente i capelli, nonostante le proteste del nipote. A Blaine ,quello sguardo corrucciato ,sembrò semplicemente la cosa più tenera che avesse mai visto.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Blaine Anderson, Cooper Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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And bring me home, at last.

 

 

 

Prologo

 

1916, San Pietroburgo.

 

Il salone principale del Palazzo di Santa Caterina non era mai stato così bello. Decorato dai suoi lampadari accessi da mille candele, dai nobili che volteggiavano nelle loro preziose e colorate vesti, dalle risate e dalla musica sublime.Un mondo incantevole si riversava in quella sala, quella sera. Un mondo invidiabile, un mondo che ogni cittadino russo sognava: il palazzo di Santa Caterina rappresentava la Russia, la parte più bella, la parte più ricca, la parte più felice. Il malcontento e i problemi non esistevano, all'interno del palazzo reale.

Quella sera il palazzo sembrava splendere ancora di più, per il ritorno della madre dello zar da uno dei suoi lunghi viaggi. Forse era il sorriso del piccolo principe a far risaltare lo splendore della corte degli Hummel.

-Nonna-gridò nel bel mezzo della sala, senza badare alle occhiate di rimprovero dello zar, anche se con il sorriso sulle labbra. Correva il piccolo,con occhi del colore del cielo russo in primavera sempre più lucidi, mentre una donna dai capelli ,in origine biondi e ormai ingrigiti, lo abbracciava.

-Ehi piccolo unicorno, come stai?- disse la donna, accarezzando i capelli castani del piccolo, che nel frattempo non la smetteva di sorridere.

-Bene nonna, sono felice che tu sia qui- rispose, con la spontaneità priva di qualsiasi formalità di un bambino di soli otto anni. Prese la mano della nonna e si avvicinò al trono, sedendosi sulle gambe della nonna.

-Guarda cosa ti ho portato-disse poi la nonna, con i suoi occhi vispi e verdi. Prese dalla sua borsa un oggetto a dir poco meraviglioso.

Blaine spalancò i suoi piccoli occhi color miele quando lo vide, nonostante fosse nascosto dietro una delle grandi scalinate e non poté vedere l'oggetto nel suo massimo splendore.

-No..no..na, è un portagioie ed è verde, proprio come i tuoi occhi- la nonna annuì, con fare amorevole, accarezzando i capelli del piccolo e poi portarsi una mano delicatamente alla bocca per poi frugare con grazia nella piccola borsa.

-Mi stavo dimenticando della parte più importante di questo regalo- gli disse, prendendo un elegante collanina con un ciondolo in tono al portagioie e legandolo al candido collo del piccolo.

-Ma nonna, io non ho compiuto gli anni, non ho bisogno di nessun regalo- per essere un reale, Kurt Hummel non desiderava essere viziato e coccolato come le sue sorelle, almeno non in quel senso. Preferiva mille volte un caldo abbraccio dello zar in uno dei suoi pochi momenti liberi, che uno schiaccianoci decorato in oro da ventiquattro carati.

-Consideralo come una promessa-sussurrò dolcemente la nonna, scompigliandogli lievemente i capelli, nonostante le proteste del nipote. A Blaine ,quello sguardo corrucciato ,sembrò semplicemente la cosa più tenera che avesse mai visto.

 

Insieme a Parigi.

 

Blaine non poté vedere altri sguardi come quello di pochi secondi prima, non quella sera. Suo fratello Cooper lo trascinò via di la, riportandolo nelle cucine.

-Quante volte ti ho detto di non muoverti di qui, eh Blaine? Quante volte?- gli disse, con gli occhi azzurri accesi d'ira. Non sembravano affatto fratelli: di cosa doveva preoccuparsi? Sopratutto perché avrebbe dovuto preoccuparsi del suo fratellastro ?

-Tante Coop, tante- disse flebile il bambino, guardando triste il passaggio che portava al salone.

-E allora perché non mi ascolti Blaine, dimmi perché? Nostro padre non vorrebbe che tu ti esponessi a certi rischi-continuò il maggiore,ammorbidendo la propria voce.

-Il fuoco e i coltelli presenti nelle cucine non sono abbastanza rischiosi ,Coop?-Blaine provò ad essere acido nella risposta , ma risultò come un respiro forzato. Quegli occhi, quegli occhi. Anche Cooper aveva gli occhi azzurri, ma non erano così bello. Anche suo fratello rideva a volte, scompigliandogli i capelli ricci, ma il suo viso non era così bello e il sorriso o la risata di suo fratello non assomigliava per niente ai dei trilli soavi, forse a volte sembrava quasi come le campane della chiesa della città. Era proprio vero che i principi hanno un sangue diverso da quello delle persone normali, hanno il sangue blu.

Proprio come gli occhi di Kurt.

-Blaine ne abbiamo già parlato, io ti voglio qui accanto a me, ma non voglio che tu corra inutili rischi mostrandoti. La gente potrebbe pensare male- la gente pensa sempre male, si ricordò il piccolo, che in dieci anni della sua vita aveva imparato tanto. Annuì, mentre suo fratello sorrideva, si sistemava la sua giacca cosparsa di medaglie e tornava alla festa.

Forse Kurt non pensava male.

 

*

 

 

Toc, toc. Potevano sembrare degli innocui suoni, il suono di un estraneo benevole che bussa alla tua porta, chiedendo solo un bicchiere d'acqua. Toc, toc.

Ma chi poteva bussare al palazzo reale alle due del mattino?

Da quel momento ci fu solo confusione, urla e scalpiti, persone che raccoglievano ciò che avevano di più caro e scappavano. Scappavano.

-Kurt sbrigati-gli disse lo zar in persona, svegliando il suo primogenito.

-Umm -rispose questi, ancora assonato.

Burt Hummel, scosse il figlio con più forza, una forza disperata mentre cercava di mantenere il contegno degno di uno zar. Non poteva dimostrarsi debole, altrimenti lo avrebbero distrutto ancora più in fretta.

-Papà perché indossi il colbacco e quella pelliccia così pesante?- biascicò il piccolo, stropicciandosi gli occhi.

-Dobbiamo fuggire, il popolo sta insorgendo, stanno attaccando il palazzo-

Le parole risuonarono così dure nell'inconscio del piccolo Kurt, che non si alzò e preparò i vestiti più pesanti e preziosi con uno scatto fulmineo, forse esagerato per un ragazzino di solo otto anni.

 

-Samuil- sbottò lo zar, vedendolo arrivare nel bel mezzo della festa in onore dei trecento anni del dominio russo della sua famiglia.

-E' contento Zar, di quello che ha fatto?E' contento di aver accusato un innocente di cospirazione?- rispose viscido quest'ultimo. Indossava un mantello lungo e logoro, del colore della pece. I capelli color grano risplendevano alla luce delle candele, mentre le labbra carnose si tendevano in un sorriso spietato.

-Innocente?Dopo essere stato colto sul fatto! E poi , dovresti essere nelle prigioni, domani è il giorno della tua esecuzione- il tono dello zar era irato e deciso. Non era possibile scappare dalle sue prigioni.

-Arriverà prima la tua fine, caro Burt.Non morirò finché prima ogni singolo membro della famiglia Hummel non sarò morto e tutto il tuo impero distrutto per sempre-

Lo zar fece per richiamare le guardie, ma Samuil sparì in una grassa risata.

 

-Burt vai a prendere Elizabeth e tutte le tue figlie, io prendo Kurt- lo zar non rispose all'ordine della madre, che trascinava con forza e correva pochi secondi con il piccolo Kurt.

I soldati erano vicini, troppo vicini. Non avevano più scampo, la fine era vicina. Ma almeno erano insieme.

-Di qua, presto- una voce li guidò dentro un passaggio segreto, cercando di spingerli dentro rudemente, con una disperazione connessa.

Blaine ricorderà per sempre la scintilla provocata dall'incontro dei suoi occhi con quel cielo troppo profondo che erano le iridi del più piccolo, prima di ricevere una dolorosa botta in testa.

 

*

1926, Parigi.

 

-Quella notte furono distrutte molte vite. Quello che era sempre stato, adesso era scomparso per sempre. E il mio Kurt, il mio adorato nipote, da quel giorno non l'ho mai più visto- la voce della imperatrice non è più solida come all'inizio del racconto. La giornalista finisce di scrivere e congeda con un inchino la donna. Si avvia verso la porta, voltandosi per un ultima volta.

-Vedrà, lo ritroveranno- sussurra l'intervistatrice mentre la donna annuisce.

Chissà se si ricorda di me, chissà se mi cercherà prima o poi.

 

  
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