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Autore: Umiko_chan    04/03/2013    3 recensioni
Io volevo solo che qualcuno giocasse con me...
Perché il suo sogno era quello di creare un nuovo mondo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A whole new world
Umiko-chan.

 

«Io volevo solo che qualcuno giocasse con me...»

«Eddai, salta più in alto, Kayaba!», lo intimavano, ridacchiando. «Non ti stai impegnando affatto!»
Il bambino ci provava, piegandosi sulle ginocchia per darsi la spinta, per andare sempre più alto. Il suo obbiettivo era il piccolo computer palmare che i tre ragazzi, ridacchiando, si lanciavano tra loro come fosse un pallone.
Glielo aveva regalato il padre appena il mese prima, e lo aveva sempre trattato come fosse il gioiello più raro e prezioso della Terra: il suo primo computer.
Aveva sempre sognato di averne uno, e ora la sua speranza volava in aria pericolosamente.
«Siete degli idioti, smettetela!», urlò, arrabbiato. «È fragile, finirete per romperlo!»
Sentì le lacrime salire aggressivamente. Succedeva ogni giorno, durante la pausa pranzo, quei tre lo avvicinavano per importunarlo. Era il loro svago giornaliero.
Avrebbe voluto picchiarli, ma lui era così piccolo in confronto a quei tre colossi di quinta. Cosa avrebbe potuto fare un bambino di appena otto anni contro quei ragazzi, più grandi, più forti, più numerosi?
«Sentilo, il piccoletto!», esclamò uno, piuttosto divertito.
«Ma tu sai con chi hai a che fare, microbo?», domandò un altro, provocandolo.
«Ridatemi il mio computer!», ribatté il piccolo Akihiko, ignorandoli.
«Di cosa te ne fai?», gli chiese il terzo. «Sei solo un moccioso!»
Afferrò il piccolo palmare che il compagno gli aveva lanciato, nascondendolo dietro la schiena.
Il bambino gli si lanciò contro, iniziando a coprirlo di pugni pieni di rabbia.
«Basta, basta!» urlava, mentre le lacrime scorrevano furiosamente sulle sue guance.
Il bullo scoppiò a ridere. «Lo vuoi davvero? Allora prendilo!»
Il palmare volò in aria per qualche metro, indirizzato ad uno dei suoi compagni; ma questo, che non se l’aspettava, mancò la presa e il computer cadde a terra.
«Ops!», mormorò ironico, osservando quello che rimaneva dell’oggetto.
I tre si allontanarono, ridendo soddisfatti. Akihiko si avvicinò, prendendo tra le mani il piccolo rottame che fino a poco tempo prima era il suo tesoro più grande.
Lo schermo era incrinato e la scheda interna irrimediabilmente danneggiata: non c’era modo di ripararlo.
Le spalle gracili erano scosse dai singhiozzi, le guance rigate dalle copiose lacrime cariche di odio e di rabbia.
L’avrebbero pagata cara, quegli idioti. Non capivano quando quell’oggetto fosse importante per lui, non capivano niente. Ma lui era stufo di farsi mettere i piedi in testa, di farsi trattare in quel modo.
Si sedette sulla sua panchina preferita, all’ombra del mandorlo in fiore. Osservava i bambini, i suoi compagni di classe, giocare: ridevano, si rincorrevano - sembravano divertirsi così tanto!
Lui, invece, era sempre così solo...
«Ehi, Akihiko-kun!»
Si voltò verso quella voce, asciugandosi freneticamente le lacrime con la manica.
«Oh, Azusa-chan...»
La bambina gli sorrise amorevolmente, sedendosi accanto a lui.
«Hai già mangiato? Se vuoi possiamo dividere il mio bento...»
L’occhio della piccola cadde sul computer semidistrutto che l’amico stringeva possessivamente a sé. Sembrava essere così triste...
Gli strinse forte la mano, cercando di infondergli un po’ di energia. Il piccolo Akihiko arrossì, evitando lo sguardo serio della bambina.
«Ancora loro, Akihiko?», gli chiese, preoccupata. «Devi parlarne con qualcuno, con la maestra, magari...»
«Io... voglio creare un nuovo mondo, Azusa. Un mondo in cui non ci siano ingiustizie, dove tutti possano divertirsi e vivere serenamente, dove anche i più deboli possano diventare forti e possano combattere per quello in cui credono», dichiarò. La bambina lo osservava, stupita.
«Sai, il mio papà mi ha raccontato che è possibile creare dei mondi con il computer e poi, tramite internet, le persone potrebbero accedervi. Ti rendi conto, Azusa?».
Le prese le mani tra le sue; nei suoi occhi brillava la speranza di un sogno.
La piccola sorrise, contagiata dall’entusiasmo dell’amico.
«Allora, lo vuoi un po’ del mio bento o no?»

 

Umiko’s moment.
Be’, eccomi qua. Finalmente sono riuscita a scrivere qualcosa su SAO. Personalmente, non so da dove mi sia uscita questa cosa, ma il personaggio di Kayaba mi ha sempre affascinata, e mi piaceva approfondire qualche aspetto della sua vita. Come ha finito per creare un MMORPG? Qual era la risposta alla domanda che Kirito gli rivolge durante il crollo di Aincrad? Questa è la mia versione, per quanto breve. Spero che questa storia vi sia piaciuta, per quello che può valere.
Magari fatemi sapere, lasciate una piccola recensione.
Alla prossima!
Un bacio.
   
 
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