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Autore: telesette    04/03/2013    1 recensioni
Satomi vuole scoprire cosa si nasconde dietro al silenzio di Marika, desideroso di proteggerla da colui che ha osato minacciarla.
Diviso tra l'amore e la collera, tra la rabbia e la passione, Satomi difenderà il bene della sua vita vendicandosi di chi l'ha fatta soffrire...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Meiko/Marika, Nuovo personaggio, Satomi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Marika x Satomi'
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Il motivo per cui le guardie di sorveglianza all'esterno non rispondevano, nonostante la trasmittente accesa e funzionante, era perché giacevano tutte prive di sensi nel giardino. Qualcuno le aveva tramortite violentemente, lasciandoli pesti e sanguinanti come bestie da macello, e tuttavia le telecamere non avevano ripreso nulla di sospetto.
Come aveva ordinato Kanizawa, ogni uomo presente all'interno della villa mise mano alla propria arma e si parò dinanzi all'ingresso. Venti gingilli calibro '45 erano tutti puntati contro la porta della villa, pronti a far fuoco contro chiunque si fosse fatto avanti da quella parte, ma nel giardino non sembrava esserci veramente nessuno. Le telecamere continuavano a riprendere solo il fogliame, assieme ai resti di una macchina semidistrutta contro un albero, mentre non vi era traccia alcuna delle sentinelle o di chi era riuscito a tramortirle.
L'attesa era snervante.
Molti degli uomini di Kanizawa non erano tipi da andare molto per il sottile, avvezzi più che altro a sparare senza un motivo vero e proprio, cosicché la tensione nell'atrio della villa era evidente. Ognuno di loro era convinto che, se il tizio che aveva accoppato i loro compagni era tanto stupido da cercare di introdursi attraverso la porta principale, sarebbe stato un gioco da ragazzi ucciderlo sul colpo.

- Chiunque sia, non la passerà liscia - commentò il capo della sorveglianza. - Il signor Kanizawa si è raccomandato di sparare a vista: se vedete quella porta muoversi anche solo di un centimetro, sparate!

Silenzio.
I minuti trascorsero, lenti ed estenuanti, ma nessuno si fece avanti attraverso la soglia.
Nessuno riusciva a concepire come accidenti avesse fatto il misterioso intruso ad avere la meglio sui loro colleghi.
Poiché non si sentiva volare una mosca, anche il minimo suono proveniente dall'esterno risuonava chiaro e acuìto.
Quello che giunse alle orecchie degli uomini armati sembrava niente di più che un innocuo scricchiolìo sui gradini davanti l'ingresso. D'un tratto la porta cominciò a cigolare leggermente ( segno che qualcuno le aveva dato una lieve spinta ), e nello stesso momento una scarica micidiale di proiettili si abbatté contro il legno mandandolo in pezzi. Anche se la porta era piuttosto spessa, nulla poteva fermare i buchi di venti pistole automatiche tutte assieme. Convinti che l'intruso si trovasse esattamente dall'altra parte, gli uomini di Kanizawa perseguirono con la loro scarica mortale senza neppure riflettere. Solo quando ebbero scaricato completamente le armi, qualcuno si arrischiò ad avvicinarsi per controllare se il cadavere dell'intruso fosse lì fuori.
Niente sangue.
Oltre la porta semidistrutta, non vi era assolutamente nessuno.
Nervosi com'erano, avevano sparato centinaia di colpi al vuoto.

- Accidenti - esclamò uno di loro, abbassando l'arma ormai scarica. - E adesso chi glielo dice a Kanizawa?
- Io no di certo - rispose un altro, tremando al solo pensiero.
- Quello è capace di ridurci proprio come la porta...

Avanzando cautamente sul pianerottolo, il tizio incaricato di controllare la situazione fece scivolare il caricatore esausto della pistola per sostituirlo. Col proiettile in canna e il grilletto alzato, l'uomo si guardò attorno senza riuscire a scorgere alcunché. Fuori sembrava tutto calmo e tranquillo quando, con uno schianto impressionante, qualcuno sbucò fuori dall'ombra ov'era nascosto per assestargli un violento colpo sul polso e disarmarlo.
Gli uomini dentro la villa non fecero in tempo a rendersi conto della situazione, che già Satomi aveva steso il loro compagno con una bastonata sulla fronte. Subito alcuni cercarono freneticamente di ricaricare a loro volta le armi ma, nel mentre che sostituivano i caricatori, Satomi prese la mira e scagliò il bastone verso l'alto centrando in pieno il lampadario.
L'improvvisa mancanza di illuminazione, unita all'imprevedibilità di tale gesto, gettò gli uomini di Kanizawa nel panico e nella confusione più totale. Qualcuno provò istintivamente a sparare alla cieca, mancando però totalmente il bersaglio, e Satomi ne approfittò per cambiare velocemente posizione e guadagnare così il vantaggio della sorpresa.
Doveva agire in fretta, prima che qualcuno accendesse il quadro-luci di emergenza, e allo stesso tempo doveva abbassarsi il più possibile per evitare i proiettili che fischiavano ovunque. Dalla sua posizione, Satomi poteva intravedere delle sagome avvolte nella penombra; stringendo dunque la spranga e affidandosi al proprio istinto, scivolò coraggiosamente di fianco agli ignari pistoleri per colpirli uno dopo l'altro con rabbia inaudita.
Roteando furiosamente la spranga nel buio, nell'assestare colpi durissimi a destra e a manca, Satomi si sbarazzò così di quelle carogne.
Qualcuno riuscì a recuperare un paio di torce elettriche, gettandone il fascio luminoso un po' ovunque, ma Satomi fu più svelto di loro nel metterli a nanna a colpi di catena. Il rinforzo sul suo braccio era come un pesante maglio d'acciaio, con una forza tale da frantumare le mascelle, e di fatto Satomi riuscì a tramortirne molti. Uno o due proiettili lo beccarono di striscio, costringendolo a buttarsi a terra per non offrire un facile bersaglio, ma un attimo dopo i pistoleri giacevano privi di sensi con le mascelle rotte e gli arti fratturati.
Satomi si fermò a riprendere fiato, non appena l'ultimo degli uomini di Kanizawa crollò sotto i suoi colpi, e gli ci volle un po' per realizzare che nell'atrio della villa non era rimasto più nessuno in grado di ostacolarlo. Recuperata dunque una torcia dal pavimento, il giovane puntò il fascio luminoso in direzione delle scale che davano sul primo piano. Stanco e ferito, ma ugualmente determinato ad andare fino in fondo, fece appello a tutte le forze rimastegli e cominciò a salire lentamente i gradini che ancora lo separavano dalla meta.

 

( continua col prossimo capitolo )

   
 
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